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La morte di Livio Felluga. Il contadino che ha fatto grandi i vini del Friuli

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Scomparso all'eta di 102 Livio Felluga, il patriarca della vitivinicoltura friulana. Lo salutiamo con un ricordo. Non solo di lui ma anche e soprattutto del suo grande, caparbio, amore verso la sua terra e i suoi frutti.

Se ne è andato il padre della viticoltura friulana all'età di 102 anni. Livio Felluga, spirito contadino e indomito visionario che, sin dal secondo dopoguerra non smise mai di credere nel suo territorio. Anche quando, nel pieno di una ricostruzione ancora tutta da fare, i più guardavano alle città e puntavano sull'industria, spopolando le campagne. Lui no. Scelse di continuare la tradizione di famiglia e scommettere sul vino e ancor più sul suo territorio, su quelle colline all'epoca in completo abbandono. Un ruolo fondamentale per tutta l'area, come ricordato anche nel 2009, quando l'Università di Udine gli conferì la laurea honoris causa in "Viticoltura, enologia e mercati vitivinicoli".

Nato a Isola d'Istria, oggi in Slovenia, nel 1914 dove si avvicinò sin da ragazzino alle vigne, fu negli anni '50 che acquistò i primi terreni a Rosazzo, seguendo un'intuizione che porterà a una delle aziende più floride della zona, con oltre 150 ettari di vigneti.

 

L'azienda con la carta geografica

Fondò l'azienda che porta il suo nome nel 1956 a Cormons e scelse un'etichetta che richiamava un'antica carta geografica del Friuli: dichiarazione d'intenti e d'amore che, però, parlava il linguaggio del marketing contemporaneo. Chiunque avrebbe preso in mano quella bottiglia (e negli anni a venire sarebbero stati tanti, e in tante parti d'Italia e del mondo) avrebbe saputo chiaramente il luogo di provenienza. Lungimirante anche nella scelta di non fermarsi solo alla tradizione, ma di fare suoi metodi di lavoro e idee innovativi. Per esempio non formandosi ai tre vitigni classici della zona, refosco, tocai (oggi friulano), malvasia; ma puntando su pinot e merlot e altre uve; dando corpo al sogno di portare di nuovo in vita la collina, opponendosi a quella trasformazione del panorama allora in atto. Ci riuscì, come riuscì a dare valore e fortuna a quell'angolo d'Italia e ai suoi frutti. Negli anni '70 arrivò fino in America, e poi ancora più in là.

Oggi la sua azienda è in mano ai figli: Maurizio, Andrea, Filippo ed Elda, e insieme a loro la moglie Bruna. A loro va il nostro saluto. Come lui amava raccontare, era orgoglioso che avessero ereditato passione e amore per questo lavoro, per il loro territorio, per la tradizione. In un'intervista che ci ha rilasciato in occasione dei suoi 100 anni (la potete leggere qui) raccontava che: “Ai miei figli che sono il mio presente e il mio futuro, ho sempre detto: sono generazioni che il vino ci dà il pane: producetelo con rispetto e passione”.

Oggi il patriarca della vitivinicoltura friulana non c'è più. Rimangono i suoi insegnamenti e il suo vino.

 

a cura di Antonella De Santis


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