Cambiare le proprie abitudini di vita per contribuire alla tutela dei mari. Secondo un sondaggio di Greenpeace/Ixé, 9 italiani su 10 sarebbero disposti a modificare i propri comportamenti d’acquisto per avere la garanzia che il pesce sia sostenibile. Ma lo scollamento fra quanto dichiarato e i comportamenti effettivi dei consumatori è evidente.
Il sondaggio di Greenpeace
Secondo l’analisi condotta da Ixè per Greenpeace,il 77% degli intervistati italiani ha dichiarato di essere disposto spendere di più per acquistare pesce pescato in maniera sostenibile, mentre il 91% è pronto a modificare le proprie abitudini alimentari per ridurre lo sfruttamento eccessivo delle risorse ittiche.
L’analisi è stata condotta su un campione di mille intervistati per ogni Paese oggetto del sondaggio, Italia, Spagna e Grecia. L’obiettivo era quello di scoprire il grado di consapevolezza e informazione che i consumatori hanno rispetto all’acquisto del pesce. Secondo i dati, la metà degli intervistati mangia pesce almeno una volta alla settimana, comprandolo prevalentemente nei supermercati.
Ma il livello di informazione dei consumatori rispetto alle caratteristiche basilari per riconoscere il pesce sostenibile è molto basso: solo il 28% degli intervistati è al corrente delle nuove norme sulle etichette del pesce fresco, mentre l’11% è consapevole che si deve indicare in etichetta anche la categoria degli attrezzi utilizzati per la pesca.
Inoltre la gran parte dei consumatori è abituato ad acquistare solo alcune varietà, come tonno, merluzzo, acciughe e pesce spada.
Lo sfruttamento dei mari
Circa il 90% degli stock ittici mondiali è già sfruttato al collasso o, in molti casi, in maniera eccessiva. Dagli anni '60 a oggi il consumo di pesce pro capite è quasi raddoppiato, minacciando l’equilibrio degli ecosistemi marini. I problemi sono di diverso tipo. Da un lato c'è la pesca industriale che porta in tavola le varietà di pesce più “popolari”, sempre a disposizione nei banchi dei supermercati. Dall’altro c’è il problema della pesca illegale, “non dichiarata e non regolamentata” (INN). Secondo i dati forniti dalla Commissione Europea nel 2015, il valore globale annuale stimato della pesca illegale sarebbe di 10 miliardi di euro. Ogni anno tra gli 11 e i 26 milioni di tonnellate di pesce vengono catturati illegalmente.
Cosa vuol dire pesce sostenibile
Pescare in maniera sostenibile significa considerare la vitalità delle specie cacciate e il benessere dei mari nella loro globalità. Dagli anni ‘90 in poi, la consapevolezza sui metodi distruttivi della pesca industriale e sull’eccessivo sfruttamento dei mari è cresciuta, fino a formulare una serie di regole che, se seguite in maniera efficace, permetterebbero di ridurre notevolmente il peso delle attività umane sugli oceani.
È sostenibile quel tipo di pesca che utilizza attrezzi che non non danneggiano i fondali e gli habitat marini, che rispetta i ritmi biologici del pesce per quanto riguarda maturità sessuale e riproduzione, consentendo alle specie di proliferare. È fondamentale operare solo nelle zone in cui la pesca è autorizzata ed esclusivamente nei periodi ammessi.
Come orientarsi nella scelta del pesce
Dalla fine del 2014 l’Unione Europea ha imposto nuove norme sull’etichettatura dei pesci (Regolamento 1169/2011). Secondo la legge sull’etichetta, devono obbligatoriamente comparire il nome commerciale e quello scientifico del pesce, l'indicazione precisa del luogo di pesca, gli attrezzi usati per la cattura, l'eventuale scongelamento. Utili informazioni per orientarsi nel mare magnum delle offerte.
Per avere qualche indicazione in più si possono anche tenere a mente alcune semplici norme. Tra le più importanti la stagionalità. Altrettanto valida come regola è quella di preferire mercati ittici o supermercati il più possibile vicino al luogo di pesca, per avere un pesce più fresco ed economico, ma anche sottoposto a controlli più trasparenti.
a cura di Francesca Fiore
Dati pesca http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-16-1460_en.htm