Gabriele D'Annunzio, il Vate come venne chiamato, riportò la poesia ai temi dell’antichità classica greca e romana, quando vino e amore erano in stretta simbiosi.
Un temperamento sanguigno, una personalità forte e volitiva, con la passione per le grandi imprese e l'epica dei gesti e dei pensieri. Gabriele D'Annunzio (1863 – 1938), il Vate, fu il cantore più ardito e vibrante degli anni a cavallo tra '800 e '900. Una vita dispendiosa, trasgressiva, sempre sotto i riflettori, per le sue imprese artistiche come per quelle militari e per la burrascosa vita sentimentale, con personaggi noti dell'epoca. E le liriche che celebravano l'Italia umbertina. Non mancavano, però, poesie dedicate al connubio tra vino e amore.
Fior de la bocca
Con il fior de la bocca umida a bere
ella attinge il cristallo. Io lentamente
le verso a stille il vin dolce e ardente
entro quel rosso fiore de’l piacere
e chinato su lei, muto coppiere
guardo le forme difettosamente :
la sua testa d’Emète adolescente
e la sagliente spira de ‘l bicchiere.
Or, poi che le pupille a l’amorosa
concordia da le due forme stupende
io solo, io solo, io solo ho dilettate,
godo infranger la coppa preziosa;
e improvviso un desio vano mi prende
d’infranger le membra bene amate.”
D’impianto ancora più classicheggiante è
Il dono di Dioniso
E il grappolo più grande
colsi avidamente,
che pesava d’ambrosia
come la mammella
ineffabile d’una dea
data all’adolescente
per gioire e morir quivi.
Gli acini eran vivi
d’inesausto calore
alle mie dita di gelo.
Sentii ne’ precordi l’odore
del pampino lacerato
come d’un velo
arcano che si fendesse.
O Vita, quel parvemi il primo
e l’ultimo tuo dono,
e che i miei giovini denti
mai polpa d’opimo
frutto avesser mosso
né mai bevuto agreste
sorso le mie labbra sanguigne.
L’odore di tutte le vigne
sentii ne’precordi capaci
e di tutti i mosti il sapore,
ebbi le vendemmie spumanti
di tutti gli autunni feraci
nel cuore e le feste e i canti
l’urto dei piè danzanti il suono
dei flauti frigi e Lesbo
rossa di faci pel natale
del vino e l’onda corale
e il passo del lidio coturno.
O Vita, quando la mia bocca
Vergine di baci
Diedi al tuo grappolo notturno.
a cura di Giuseppe Brandone
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