Il neo presidente illustra i punti del mandato triennale: incrementare i soci, proseguire il dialogo col mondo politico e le associazioni. E chiede un più attento uso delle risorse per la promozione sui mercati internazionali
Quando Giacomo Rallo, poco più di due settimane fa, ragionava sulla possibile elezione di suo figlio Antonio alla presidenza dell'Unione italiana vini, in modo scherzoso diceva: “Mi porterete via uno dei migliori collaboratori per la mia Donnafugata”. In realtà, era ben felice di pensare a un siciliano che, come lui fece in passato, avrebbe lavorato al progresso del vino italiano nel segno del dialogo.
E Antonio Rallo questo messaggio se lo porterà dentro, assieme agli insegnamenti di papà Giacomo - scomparso da pochi giorni - in questo lungo triennio di presidenza che gli si è appena aperto davanti, nell'anno in cui l'Italia piazza il nuovo record di esportazioni, torna al primo posto nel mondo per volumi prodotti e introduce nuove norme per semplificare il lavoro dei produttori grazie al Testo unico del vino.
Il Consiglio nazionale, riunito a Milano, lo ha nominato all'unanimità, dopo il mandato (e mezzo) di Domenico Zonin, che prese il posto di Lucio Mastroberardino, e che ora rimane membro del Consiglio all'interno della Federazione degli industriali. Venuta meno l'ipotesi di una candidatura alternativa, nel segno di Ettore Nicoletto (ad di Santa Margherita, a cui è possibile venga chiesto un contributo), è prevalsa la logica dell'alternanza Nord-Sud. Gli ex presidenti Uiv sono, andando a ritroso nel tempo: Domenico Zonin (2013), Piero Mastroberardino (2010), Andrea Sartori (2004), Ezio Rivella (2001), Vittorio Vallarino Gancia (1995), Gianni Zonin (1992), Leone De Castris (1989), Luigi Cecchi (1983). E ora Antonio Rallo già pensa alle priorità del suo mandato: “Il primo punto del mio programma è accrescere il ruolo di Uiv aumentando la compagine sociale”, dice intervistato dal Gambero Rosso.
Chi è Antonio Rallo
Siciliano, classe 1967, Antonio Rallo compie le prime esperienze con Donnafugata, azienda creata dai genitori Giacomo e Gabriella, con vigneti e cantine a Contessa Entellina, Pantelleria e a Marsala (2,2 milioni di bottiglie). Quinta generazione di una famiglia dal 1851 nel vino di qualità, Antonio si laurea in Scienze Agrarie col massimo dei voti, si trasferisce in Germania dove approfondisce la conoscenza di questo mercato. Ritornato nell'isola, si dedica alla sua passione: la vigna e il vino. Sposa Barbara Pezzano e come wine-maker sovrintende alla produzione di Donnafugata, di cui oggi è amministratore delegato assieme alla sorella Josè. “Chevalier du Tastevin” di Borgogna dal 1999 e Accademico dei Georgofili dal 2014, è stato presidente di Assovini dal 2011 al 2014. Nel 2011, entra nel Consiglio di Uiv e dal 2013 è vice presidente. Da giugno 2012 è presidente del Consorzio Doc Sicilia. All'estero ha esperienze in Germania, Svizzera e Inghilterra, Stati Uniti, Canada e Giappone.
Antonio Rallo e la Uiv
Ma le prime parole del neo presidente sono per quello uscente: “Quella di Zonin è stata una presidenza di svolta. È anche merito suo se Uiv è riuscita a conquistare quel ruolo di punto di riferimento per il settore italiano. Con i suoi 500 soci (120 in più in tre anni: ndr), tra piccole e medie imprese, marchi storici e grandi cooperative, la nostra associazione rappresenta oggi quasi l'85% del valore dell'export nazionale. Anche grazie a questa forza siamo riusciti mai come in passato a fare gli interessi di tutta la filiera”. Merito anche di un Mipaaf, guidato da Maurizio Martina, che sembra avere una particolare sintonia col mondo vitivinicolo: “Sicuramente si sta dimostrando un interlocutore affidabile, attivo, capace di ascoltare le nostre esigenze. Allo stesso tempo, bisogna riconoscere che i suoi interlocutori hanno parlato con una voce unitaria”.
Le prospettive
Qualcosa di importante il Mipaaf e, più in generale, il mondo politico devono ancora fare, secondo Rallo: “Cosa chiederei oggi? Sicuramente un migliore uso dell'Ocm vino. Me ne sono occupato da vice presidente Uiv in questi anni e penso che sia un'esigenza molto sentita dalle aziende. Consideriamo che il mondo sta cambiando a una velocità notevole e che ci si deve saper adattare alle nuove tendenze. Faccio solo un esempio: pensiamo alla Cina e a quanto poco fosse interessante 20 anni fa questo mercato; oggi, invece, spingere il made in Italy in Cina è un'esigenza primaria, anche se siamo in ritardo rispetto ai vini francesi. Per aprirsi a questi mercati del futuro c'è bisogno delle istituzioni. Il Mise è stato in questo senso lungimirante, dando vita al primo progetto di promozione istituzionale in questo Paese. Ecco: abbiamo bisogno, da un lato, di essere ascoltati e, dall'altro, di iniziative concrete”.
L'Osservatorio del vino italiano
Tangibili quanto la creazione dell'Osservatorio del vino italiano che, dopo aver messo insieme le competenze di Ismea, Sda Bocconi e Wine Monitor, di recente ha ottenuto il sì da Università di Padova e da Veronafiere: “Sarà uno strumento fondamentale per le imprese, che condivideranno dati economici e inediti come quelli sull'Horeca italiano, e sarà decisivo per noi che avremo maggiore capacità nelle fasi di concertazione sui tavoli che contano. Partire da una base comune anche nei numeri sarà un vantaggio. E questo non farà che favorire il dialogo – un altro punto del mio mandato – con le altre associazioni di categoria, ad iniziare dalla Federvini fino a Coldiretti, Cia, Confagri e tutto il mondo della cooperazione”. Uiv come casa del vino italiano, quindi: “Vuole essere questo, per portare con più forza le nostre istanze ai ministeri e alla Commissione europea”.
Il Testo unico, la semplificazione e il bere responsabile
Un'Italia che, sul fronte interno, è chiamata a fare i conti con la necessità di semplificare: “Il Testo unico” sostiene Rallo “è un grande passo avanti, con cui abbiamo gettato le basi della sburocratizzazione. Non sarà uno strumento perfetto ma tutto è migliorabile. L'Italia ha un problema di costi della burocrazia che gravano sulle aziende. Faccio un esempio, che non è un paradosso: oggi è più difficile e più costoso per una cantina trasformare in vino un grappolo d'uva che non per un farmacista vendere una dose di morfina a scopo terapeutico. Confidiamo in questo governo che sta dimostrando, al di là di ogni dubbio, di provare a fare le cose. Resto dell'opinione che sia meglio fare qualcosa che fare l'errore di restare fermi”.
Il Consiglio nazionale porterà avanti anche il progetto del bere responsabile: un tavolo di lavoro ad hoc, creato all'interno dello stesso sindacato, è coordinato da Sandro Sartor: “Il progetto wine in moderation è interessante. Occorre più cultura del vino nelle nuove generazioni” sottolinea Rallo “perché il bere consapevole porta ad avere consumatori che bevono per passione e non alla ricerca dello sballo. È chiaro che è compito delle imprese dialogare con le istituzioni per promuovere la cultura del vino, evitando di demonizzare il prodotto e soprattutto evitando fenomeni che, come vediamo in altri Paesi, possono diventare una piaga sociale”.
L'eredità d Domenico Zonin
E mentre Rallo prepara il suo nuovo ufficio romano, chiedendo a Domenico Zonin di continuare a collaborare attivamente, tracciamo un bilancio del mandato appena concluso: “Rallo sarà una guida sicura per Uiv”, premette Zonin. “Per quanto riguarda il triennio di presidenza, ricordo che nel 2013 avevo annunciato il potenziamento del Simei, il nostro salone tecnologico, e lascio la presidenza con un importante accordo con la fiera di Monaco, che ne favorirà l'internazionalizzazione. Abbiamo creato l'Osservatorio del vino, che darà i suoi pieni frutti tra qualche anno. Sul fronte interno, abbiamo istituito i tavoli di lavoro, come ad esempio quelli su promozione o su alcol e salute, consentendo all'associazione di specializzarsi in tematiche parallele e interdipendenti. Inoltre, si stanno per aprire i bandi del progetto Univir 2020, dedicato alle innovazioni e alla sostenibilità in viticoltura che, con fondi Psr, coinvolge un network di cantine, università e centri di ricerca italiani. Sul fronte europeo, ci siamo fatti conoscere e sentire nelle sedi istituzionali discutendo sui temi decisivi per il vino italiano. Diciamo che il nostro peso specifico è aumentato”.
Mentre non sono piaciute a Zonin le lungaggini della Conferenza Stato-Regioni, emerse sia sul tema delle autorizzazioni sia su quello della promozione: “Si è dimostrata un freno per il settore”. A preoccupare il presidente uscente è lo stallo nei negoziati Ttip sul libero scambio tra Usa e Ue: “Gli americani non mollano la presa sui loro marchi commerciali rispetto alle esigenze di protezione delle Ig europee. In ogni caso, il nostro Paolo De Castro deve provarci. Potremmo per esempio chiedere una riduzione delle incombenze non tariffarie, chiedendo di diminuire i permessi e la burocrazia in generale. L'obiettivo è poter competere ad armi pari con altri Paesi, come Cile, Argentina o California, che nel frattempo hanno chiuso importanti accordi di libero scambio sui mercati asiatici, che saranno fondamentali per tutto il vino italiano”.
a cura di Gianluca Atzeni
Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 19 maggio
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