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Paura e terrorismo hanno svuotato i ristoranti stellati di Parigi? Ducasse e Allenò lanciano l'allarme sul New York Times

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Parlano di sale deserte e calo del turismo, diffidenza e bilanci in crisi. E nell'anno travagliato che ha vissuto la capitale francese rintracciano la causa principale del difficile momento per la ristorazione che conta. A cominciare dalle tavole degli hotel più esclusivi di Parigi. 

Da Bordeaux a Parigi. Il calo del turismo

Tavoli vuoti per terrorismo, titolava qualche giorno fa il New York Times raccogliendo le preoccupazioni di alcuni grandi chef francesi, che di Parigi hanno fatto una piazza gastronomica tra le più ambiziose nel mondo. Solo allarmismo? Non proprio a sentir parlare chi sull'equilibrio precario tra domanda e offerta di alta ristorazione – sicuramente non accessibile a tutte le tasche – ci ha fondato una carriera di prestigio a suon di riconoscimenti e brigate imponenti. Qualche tempo fa il grido d'allarme, forse più per sfruttare un pretesto “eccellente” che per considerazioni riscontrate sul campo, era stato lanciato da Bordeaux, per giustificare l'addio di Joel Robuchon alle cucine dell'hotel Le Grand Maison, con tanto di comunicato della proprietà che annunciava un deciso ridimensionamento di ambizioni e prezzi, per contrastare un calo turistico (e delle prenotazioni) causato dal clima di terrore e sospetto post attentati. Proposito che ha avuto seguito con la conferma di un sostituto d'eccellenza, Pierre Gagnaire, che tramite uno dei suoi sous chef cercherà di restituire alla carta un profilo locale all'insegna di un buon rapporto qualità-prezzo.

 

Yannick Allenò e Alain Ducasse

Ma intanto a Parigi che succede? Anche Yannick Allenò, alla guida del tristellato Pavillon Ledoyen, ha dovuto riadattare l'offerta di una tavola così prestigiosa alla stato attuale delle cose. E senza mezze misure, alle pagine del New York Times affida una riflessione amara sulle conseguenze degli attacchi che hanno funestato l'ultimo anno e mezzo della capitale francese. Parla di vera e propria catastrofe, lo chef, di fronte al calo di prenotazioni per il ristorante; e così, per attrarre un maggior numero di commensali anche a pranzo ha introdotto un menu più economico senza ridurre la qualità dell'offerta. E come lui sono tanti i ristoranti ospitati all'interno degli alberghi più esclusivi in città a ritrovarsi con la sala praticamente vuota, soprattutto durante la settimana. Ne ha parlato anche Alain Ducasse, ammettendo che spesso il suo Le Cinq, all'interno del rinnovato Plaza Athenee, all'ora di pranzo può contare solo su un paio di tavoli (da due) da servire. Stessa sorte all'hotel George V, dove la mano che dirige la cucina è sempre del maestro Ducasse. Mentre le soddisfazioni più grandi arrivano dall'insegna meno ambiziosa del gruppo che fa capo allo chef, la nuova brasserie Champeaux aperta a Les Halles, sempre piena da quando ha aperto (circa un mese fa) per l'effetto novità, ma soprattutto per la convenienza dei prezzi.

Le soluzioni per far fronte alla crisi

E allora Ducasse sta pensando di rinnovare anche la proposta del ristorante abbarbicato sulla cima della Tour Eiffel, Le Jules Verne, che un tempo vantava una lista d'attesa di almeno un mese e oggi non più. Ma prima dovrà riaggiudicarsi la concessione (che scade il prossimo 24 maggio) di fronte ad altri validi concorrenti, e intanto si concentra sugli ultimi dettagli del caffè alla reggia di Versailles: apertura prevista per agosto. Mentre qualcuno, in città, prova a promuoversi in modo nuovo, come lo chef dell'elegante Citrus Etoile, Gilles Epié, che offre un 30% di sconto per la prenotazione online di un menu degustazione. Ma sono in tanti ad aver scelto la strada della pazienza, con la speranza che presto Parigi torni a ripopolarsi di turisti. Soprattutto quelle tavole che sul turismo facevano totale affidamento, come Les Bouquinistes fondato da Guy Savoy, che al ritorno di americani e giapponesi non può proprio rinunciare per risollevare un bilancio che negli ultimi mesi è stato piuttosto misero.  


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