4 box, 270 minuti di tempo, 12 partecipanti e 33 giurati di grande livello. Questi i numeri delle selezioni italiane del Bocuse d'Or.
Quattro ore di tempo per il piatto di pesce, mezz'ora in più per quello di carne. Il regolamento del Bocuse d'Or non ammette imprecisioni. Ma cos'è il Bocuse d'Or? Per molte nazioni rappresenta l'Olimpiade degli chef. Per l'Italia, non proprio. Noi siamo stati alle selezioni italiane svoltesi nel teatro ottocentesco di Alba. Ecco come è andata.
Cos'è il Bocuse d'Or
Nasce nel 1987 per volontà di Paul Bocuse, leggenda della ristorazione francese, padre della Nouvelle Cuisine e detentore delle Tre Stelle per ben cinquant'anni consecutivi nel suo ristorante a Collonges-au-Mont-d'Or. Dicevamo, era il gennaio del 1987 quando lo chef indisse per la prima volta un rivoluzionario concorso gastronomico. Protagonisti? Ventiquattro chef di altrettante nazioni. Come un mondiale, con tanto di tifosi sugli spalti, si svolge ogni due anni (in quelli dispari) durante il Sirha, fiera biennale professionale a Lione. E come in ogni competizione i partecipanti sono valutati da una selezionatissima giuria, composta da dodici chef e da un presidente di giuria che non vota, ma interviene in caso di parità. Dal 2007 i partecipanti sono selezionati sia a livello continentale, con Bocuse D’Or Europe, Bocuse D’Or America Latina e Bocuse D’Or Asia, sia a livello nazionale.
Chi parteciperà a Lione nel 2017?
A oggi sono oltre 60 le nazioni che vogliono partecipare (e che quindi hanno previsto le selezioni) ma solo 24 potranno andare a Lione a gennaio nel 2017. Di queste ventiquattro, 11 posti sono riservati alle nazioni europee e due sono decise a priori dall'organizzazione. Per decidere le nazioni europee che potranno partecipare rimaniamo in attesa del Bocuse D’Or Europe che quest'anno si terrà a Budapest il 10 e 11 maggio prossimi. Di certo non c'è nulla, ma le papabili finaliste sono Francia, la Nazione che finora ha vinto più Bocuse d'Or, e Norvegia, il Paese che sta vincendo negli ultimi anni. Cosa che ha incrementato gli introiti dei ristoranti scandinavi.
Il Bocuse d'Or in Italia
In Italia se ne parla poco. È colpa della stampa italiana? Provoca dal palco Luigi Cremona, giornalista e critico gastronomico che ha presentato (e voluto) la selezione italiana. O forse non c'è mai stato un appoggio da parte delle istituzioni e degli sponsor? Probabile. Fatto sta che in Italia questa prestigiosa competizione non ha mai ricevuto alcun investimento dalle istituzioni, non ha avuto nessuno che ci si dedicasse in maniera stabile, e non ha visto la nascita di nessun sistema attorno ai partecipanti italiani. Per non parlare degli istituti alberghieri, molti dei quali proprio non ne fanno menzione. Sembra però che le cose stiano cambiando in quanto ora, dietro alla selezione italiana, c'è un progetto voluto direttamente da Cremona e Lorenza Vitali di Witaly, agenzia che da oltre dieci anni organizza eventi e gare nel settore gastronomico. È un passo in avanti, come lo è il coinvolgimento dell'Alma, scuola internazionale di cucina italiana, della Regione Piemonte, dell'Ente Turismo Bra Langhe Roero e del Comune di Alba che, nonostante le sue dimensioni ridotte, è stata in grado di ospitare una tale manifestazione.
Il meccanismo
Nelle postazioni di cucina si sono alternati, divisi in tre turni, i 12 chef sfidanti: Marco Acquaroli, Lorenzo Alessio, Riccardo Basetti, Debora Fantini (l'unica donna in competizione), Francesco Gotti, Andrea Alfieri, Daniele Lippi, Giovanni Lorusso, Michelangelo Mammoliti, Leonardo Marongiu, Stefano Paganini, Giuseppe Raciti.
In giuria, a rotazione, chef illustri come Davide Oldani, Claudio Sadler, Maurizio Serva, Mauro Uliassi, Oliver Glowig, Anthony Genovese, Valeria Piccini, Massimo Spigaroli. A capo c'era una triade d'eccellenza composta dal presidente Bocuse Italia Giancarlo Perbellini, Enrico Crippa in veste di presidente di giuria e l’ospite d’onore, Orjan Johannessen, vincitore del Bocuse d’Or a Lione lo scorso gennaio che ha spiegato al pubblico presente come è riuscito a raggiungere l'obiettivo: “Ben quattro anni di allenamento a tempo pieno, reso possibile dagli sponsor, sia pubblici che privati”. Cosa impensabile in Italia, afferma Paolo Lopriore, assistente tecnico di giuria (e chef italiano arrivato più in alto al Bocuse, con il premio per il miglior piatto di pesce): “I concorrenti scandinavi e francesi si dedicano a tempo pieno al Bocuse d'Or, perché per vincere non sono sufficienti i ritagli di tempo e non basta la bravura. Ci vogliono spirito atletico e mente ossigenata, genio e regolatezza. E ci vogliono strutture che consentano agli chef di potersi applicare”. Perché il Bocuse è rigore.“Ne va della nostra reputazione”, aggiunge Enrico Crippa. “Il Bocuse d’Or difende la nostra professione e soprattutto la nostra professionalità, mostrando a tutti cos’è davvero il lavoro di cuoco”.
I temi della gara
Gli ingredienti base saranno gli stessi della selezione europea a Budapest. Per il piatto di pesce l'Ungheria ha scelto storione e caviale. Per quello di carne, il cervo. I piatti presentati devono essere complessi, per consistenze e texture, e per colori. Un'ampia parte (il 50%) deve essere dedicata alle guarnizioni di verdure ed è poi obbligatorio inserire un elemento peculiare del territorio di provenienza. A giudicare gli chef, anche due presenze costanti nel dietro le quinte, Fabio Tacchella e Luciano Tona, che hanno controllano davvero tutto, dagli scarti (non devono essere eccessivi e vengono pesati) alla pulizia del piano di lavoro. Dopo la presentazione dei piatti, per gli chef partecipanti non è finita: i presidenti di giuria, prima di decretare il vincitore, li intervistano per giudicarne l'idoneità, perché oltre ad avere esperienza, bravura, talento, devono essere disposti ad allenarsi.
I 12 partecipanti del Bocuse d’Or Italia
Come sono stati selezionati? “I 12 chef sono stati scelti a fine novembre da un piccolo comitato - composto da Luigi Cremona, Giancarlo Perbellini ed Enrico Crippa - in base alle auto candidature ricevute. Per poter partecipare basta inviare il curriculum e una lettera di motivazione”. Spiega Luigi Cremona. Il vincitore di quest'anno è Marco Acquaroli (uno dei pochi a essersi allenato con un coach) che attualmente lavora a Ginevra al Four Season Des Bergues. Ha vinto con il Filetto di storione alle alghe, porro farcito di patata al caviale, cipolla rossa ai cavolfiori e consommè di cipolla e Cervo al ginepro tostato, barbabietola farcita di coscia brasata, flan di zucca, millefoglie di topinambur e tartufo, salsa all'aceto di barolo. Piatti che ha messo d'accordo tutti i giurati, compresi Crippa, Lopriore e Perbellini: “Il vincitore ha proposto una chiave di lettura vincente, ovvero saper realizzare piatti da ristorante per poi adattarli ai parametri del Bocuse. Altro aspetto che ci ha positivamente colpito è che non c'era un dislivello qualitativo tra la portata di carne e il piatto di pesce”. Parlando in generale? “L'approccio di quest'anno da parte di tutti i partecipanti è stato maturato in un'ottica più centrata, anche se i cuochi dovrebbero prestare maggior attenzione all'assemblaggio dei piatti per raggiungere una maggiore sintonia tra tecnica ed espressione gustativa. Nel complesso è stata una bella prova per l'Italia che ci fa ben sperare”. E lo speriamo anche noi, dato che gli chef italiani non hanno mai passato le selezioni europee.
L'Italia della cucina è andata a Lione solo due volte (e non per meriti)
Le uniche due volte che l'Italia ha partecipato è stato infatti per decisione dell'organizzazione che ha voluto invitare comunque il Bel Paese come nazione jolly. Ma perché in 14 edizioni non siamo mai riusciti a superare le selezioni? Perché l’Italia e gli chef non hanno mai sentito lo spirito di questa sfida, spiega Cremona: “In Italia non siamo a corto di chef bravi, quel che manca è il rigore, caratteristica che serve per applicarsi costantemente in una sola ricetta. Poi bisogna dire che i nostri chef non hanno le risorse, il tempo e il denaro per potersi allenare a tempo pieno”. Quello che invece si riscontra nei nostri pasticceri, campioni del mondo nel 2015. “In pasticceria il lavoro costante c'è stato: il maestro Iginio Massari ha allenato la squadra per ben sei anni e, dopo le prime due sconfitte, alla terza partecipazione lui e la squadra hanno raggiunto il gradino più alto del podio”. All'Italia della cucina fa dunque male l'eterna improvvisazione. Il Bocuse non è solo creatività, è soprattutto rigore, metodo, precisione, rispetto delle regole. I piatti devono avere le loro difficoltà tecniche e lo chef, con il commis, deve rispettare regole ben precise. “È una gara attenta a tutti i dettagli e questo rigore per noi italiani è difficile. Imparare a rispettare le regole farà bene a tutti”. Chiosa Cremona.
a cura di Annalisa Zordan e Lorenzo Sandano
foto di AromiCreativi