Quantcast
Channel: Gambero Rosso
Viewing all 5335 articles
Browse latest View live

Massimo Bottura e i refettori di Food for Soul. Napoli a settembre, il Messico nel 2019

$
0
0

Si è concretizzato negli ultimi giorni l'accordo con la Fondazione Palace della famiglia Chapur, in Messico, per la realizzazione di un refettorio a Merida, capitale dello Yucatan, entro il 2019. Intanto è tutto pronto al Chiostro di Santa Caterina a Formiello, a Napoli, dove la mensa di Bottura esordirà alla fine di settembre, con i tavoli d'artista di Mimmo Paladino. 

 

Massimo Bottura in Messico

All'inizio dell'anno è stato l'ospite d'onore del Merida Fest, protagonista delle giornate dedicate alla cultura gastronomica per raccontare la sua idea di impegno sociale (e culturale) in cucina. Ma quello di Massimo Bottura al Messico è un avvicinamento per tappe, che passa dal colpo di fulmine per la vivace capitale dello Yucatan in occasione di una vacanza in famiglia, alla più recente esperienza in cucina al Moon Palace Resorts di Cancun, dove il 18 e 19 agosto scorsi lo chef della Francescana ha guidato la brigata del pop up messo in scena a scopo benefico. Costo della cena 600 dollari a persona, obiettivo raccogliere fondi per la causa di Food for Soul. Non a caso il movimento attivato a partire dal primo ambizioso Refettorio meneghino in occasione di Expo 2015 presto metterà radici anche in Messico, e proprio a Merida, entro il 2019. La conferma arriva in queste ore come risultato di un sodalizio con la locale Fondazione Palace, e il progetto, in cantiere da tempo (sin da quando si è concretizzata la possibilità di attingere al fondo della Rockefeller Fundation per replicare l'idea del refettorio in molteplici città ed aree disagiate del Nord America) asseconda un percorso che procede senza soluzione di continuità, passando da Rio a Londra e Parigi, prossimo pure a raggiungere Napoli, in collaborazione con l'associazione Made in Cloister nel chiostro di Santa Caterina a Formiello.

 

Il refettorio di Merida

La Fondazione Palace, fondata nel 2004, è un'istituzione di beneficenza nata dall'iniziativa del consiglio direttivo della catena alberghiera Palace Resorts (la stessa che ha ospitato Bottura a Cancun), che fa capo all'imprenditore Jabib Chapur, e quando il refettorio sarà completato metterà a disposizione anche i suoi cuochi – compatibilmente con i turni nei ristoranti che gestiscono sulla Riviera Maya - per servire pasti gratuiti a Merida, offrendo così conforto alle persone svantaggiate della città. Come di consueto la cucina utilizzerà ingredienti e prodotti di recupero, impegnata in prima linea anche nella lotta allo spreco alimentare, in collaborazione con associazioni che lavorano sul territorio per recuperare scarti ancora commestibili e derrate alimentari accantonate dalla grande distribuzione. Ancora in via di definizione lo spazio che ospiterà il refettorio di Merida – diversi sono i sopralluoghi condotti personalmente da Bottura in occasione dell'ultimo viaggio, una decina di giorni fa - certo invece l'approccio consolidato nelle precedenti esperienze, che punta a offrire agli avventori non solo un pasto caldo, ma anche uno spazio dove ritrovarsi con piacere.

 

A Napoli da fine settembre, con i tavoli di Paladino

Lo stesso succederà già alla fine di settembre a Napoli, a Porta Capuana, dove le operazioni per offrire il servizio settimanale negli spazi dell'ex lanificio borbonico di Santa Caterina a Formiello, sui tavoli sociali allestiti da Mimmo Paladino (4 tavoli da 3 metri, per accogliere 40 persone), sono in fase completamento. Chi ha visitato nelle ultime settimane il progetto espositivo curato dalla fondazione Made in Cloister e da Flavio Arensi all'interno del chiostro cinquecentesco, ha già avuto qualche anticipazione: all'ingresso uno dei tavoli forgiati da Paladino, destinato a diventare parte permanente della collezione della Fondazione, e a catturare l'attenzione il grande quadro dell'artista intitolato Pane e Oro, secondo una messa in scena che privilegia “gli elementi essenziali, la terra, l'acqua e il fuoco per ottenere l'argilla, la farina per il pane”, ha spiegato Paladino. L'esposizione terminerà il 15 settembre, poi, nel giro di pochi giorni, partirà il refettorio, con il sostegno di Carrefour (che donerà le eccedenze) e degli chef che vorranno prestare gratuitamente servizio. E sempre il prossimo anno, all'inizio della primavera, anche San Francisco dovrebbe poter contare sul suo refettorio.

 

www.foodforsoul.it

 

a cura di Livia Montagnoli

 


Inizia il Pantelleria Doc Festival. 10 giorni per scoprire l'isola tra vino, cibo e terme naturali

$
0
0

Dal 31 agosto al 9 settembre va in scena a Pantelleria un festival per scoprire la vocazione agricola e naturalistica dell'isola, in concomitanza con la raccolta dell'uva zibibbo. Gli appuntamenti da non perdere. 

 

Valorizzare il territorio

Da venerdì 31 agosto a domenica 9 settembre, il Pantelleria Doc Festival offre un intenso programma di appuntamenti, rivolto al pubblico, con iniziative culturali, percorsi naturalistici e termali, pratiche sportive all’aria aperta, degustazioni di vino e di cibo, approfondimenti tematici legati all’identità dell’isola. Saranno 10 giorni per conoscere in tutte le sue sfaccettature l'isola agricola per eccellenza del Mediterraneo durante la fase culminante della vendemmia. Infatti siamo nel periodo della raccolta dell’uva zibibbo, il momento migliore per visitare l’isola ma anche il più importante per i viticoltori impegnati nel taglio dei grappoli, nello stendimento delle uve al sole e nella sgrappolatura dell’uva passa. Il Festival, alla sua prima edizione, è promosso dal Consorzio dei Vini Doc di Pantelleria e dal Consorzio turistico Pantelleria Island, con il patrocinio del Comune e del Parco nazionale isola di Pantelleria. “La manifestazione – dice Benedetto Renda, Presidente del Consorzio vini Doc – intende promuovere i vini insieme a tutto quello che di eccezionale l’isola offre. Il nostro è un territorio, scrigno di biodiversità, che si presta a essere vissuto nella sua profonda integrità, come modello produttivo storico e ad alto contenuto culturale". Tutti i giorni, dalle 9.30 alle 12, sono previsti percorsi guidati: per i più sportivi, il trekking e la bicicletta permetteranno di conoscere alcuni degli angoli più nascosti dell’isola così come le gite in kayak e in barca (10-12 o 10-17); per gli amanti dell’archeologia, sono invece previste escursioni nei siti che raccontano la storia dell’isola, dai Sesi preistorici, sino all’epoca dei Romani con gli straordinari reperti quali le teste imperiali di Giulio Cesare, Antonia Minore e Tito.

I bagni termali

Non meno interessante – sempre nella stessa fascia oraria - è l’ampio percorso dedicato al benessere attraverso i vari fenomeni termali che fanno dell’isola una Spa a cielo aperto. La prima tappa dell'escursione è Gadìr, piccolo borgo di pescatori. Qui è possibile rilassarsi con un bagno caldo termale. Le acque delle sorgenti hanno una temperatura che va dai 39°C fino ai 50°C, e il loro potere terapeutico è riconosciuto da secoli mentre nell’azzurro Lago di Venere, alimentato dalle acque piovane e da sorgenti di origine vulcanica, saranno da sperimentare i fanghi sulfurei. Poi, nella particolarissima grotta di Benikulà, si potrò invece fare il cosiddetto “bagno asciutto”, una vera e propria sauna naturale alimentata dal calore residuo del vulcano. L'isola esprime tuttora una cultura agricola straordinaria che, dovendo superare condizioni estremamente difficili (territori vulcanici aspri e scoscesi, assenza di sorgenti d’acqua dolce, costante spirare dei venti) ha saputo interpretare la natura dei luoghi, ricorrendo all’utilizzo dei terrazzamenti e dei muretti a secco, costruendo i dammusi e i maestosi giardini panteschi che insieme a raffinate pratiche colturali hanno permesso la coltivazione della vite, dell’ulivo, del cappero e degli alberi da frutto.

Viticoltura eroica e cucina dell'isola

I percorsi e gli eventi si concluderanno presso le cantine associate al Consorzio: Basile, De Bartoli, Donnafugata, Coste di Ghirlanda, Murana, Pellegrino e Vinisola. Sempre le cantine potranno essere visitate tutte la mattine dalle 9.30 alle 11.30, mentre nel pomeriggio, dalle 18 alle 19.30, approfondimenti sui temi della viticoltura eroica e vulcanica, sulle tecniche di vinificazione e degustazione dei vini ottenuti dalle uve zibibbo. Non può mancare la cucina, con gli appuntamenti dedicati ai sapori panteschi con la scuola di cucina (10-15) e le cene laboratorio (21-23) ideate per far scoprire la storia e le ricette di alcuni celebri piatti come il cous cous e l’insalata pantesca. Il medievale Castello di Pantelleria, simbolo dell'isola interamente costruito in blocchi pietra lavica, accoglierà i seminari dedicati alla cultura del territorio: seminari sui prodotti d’eccellenza come i vini o le pregiate lenticchie di Pantelleria, proiezioni e presentazioni di libri; il 3 settembre sarà la volta della lettura dei testi vincitori del “Concorso per brevi storie sull’isola e sul vino”, il 5 settembre il Castello ospiterà la “Notte bianca della Poesia” a cura del Comitato Preziosa Pantelleria; l’8 settembre si discuterà del “Parco che vogliamo” e delle opportunità di sviluppo del territorio che l’istituzione del Parco Nazionale può offrire. Il Castello sarà anche la sede del “Mercato Pantesco” che permetterà ai visitatori di scoprire i vini e tante altre specialità prodotte sull’isola: dalle conserve all’olio, dai prodotti dell’orto ai capperi e ai prelibati formaggi vaccini. Il Pantelleria Doc Festival 2018 inaugura una nuova stagione di sinergie tra aziende, territorio, strutture turistiche e alberghiere, con l'obiettivo di sviluppare un turismo in armonia con l’identità dell'isola.

 

Per il programma completo https://consorziodipantelleria.it/programma_estate_2018.pdf

Info e prenotazioni presso Pantelleria Island tel. 0923 911 266 – 912695

 

a cura di Andrea Gabbrielli

 

 

 

Robot.He. Il ristorante di Shangai dove i camerieri sono robot: anche Alibaba investe sull'automazione della ristorazione

$
0
0

Ha inaugurato all'interno del supermercato Hema di Shanghai da qualche settimana, e fa parlare di sé per l'alto livello di automazione nella gestione di ordini e servizio. Tramite smartphone il cliente prenota il tavolo, sceglie il prodotto, interagisce con il robot-cameriere che porta il piatto. Ma i cuochi sono in carne e ossa. 

 

I robot nella ristorazione

Si fa un gran parlare, in America, di automazione della ristorazione, e di quanto la progressiva sostituzione di macchine intelligenti all'operato umano possa rappresentare una soluzione utile per l'abbattimento di sprechi e costi di gestione, suscitando per contro preoccupazione per le ricadute occupazionali. Diversi sono stati gli esperimenti che hanno preso forma negli ultimi mesi, da Boston a San Francisco, proponendo al pubblico format gastronomici amministrati da robot, con cucine a vista ipertecnologiche e diavolerie hi tech programmate per operare in catena di montaggio, fino a completamento del piatto ordinato. Molto limitato l'intervento umano (invece indispensabile per la messa a punto delle ricette), specie quando il ristorante propone una formula self service. Ancora diversa è l'esperienza proposta da qualche settimana a questa parte ai clienti del supermercato Hema di Shanghai (il gruppo è stato acquistato da Jack Ma, fondatore di Alibaba, circa un anno fa): chi vuole fermarsi a mangiare, può farlo sperimentando il servizio automatizzato di Robot.He, futuristico ristorante inaugurato all'interno della struttura. Le istruzioni per l'uso? Quasi tutto passa attraverso gli input impartiti direttamente dal cliente attraverso il proprio smartphone, che interagisce con i robot programmati per eseguire ognuno un compito specifico, a supporto del personale umano, ottimizzando così l'esperienza di chi mangia.

 

I camerieri robot di Shangai

La novità più evidente, però, riguarda proprio il momento del servizio al tavolo, operato tramite robot-navetta che consegnano le vivande al commensale destinatario dell'ordine, muovendosi su nastri trasportatori seguendo algoritmi codificati, che triangolano le informazioni tra clienti (che interagiscono tramite l'app dedicata), cucina e robot. La preparazione dei piatti, infatti, resta demandata a cuochi in carne e ossa, a differenza dei precedenti casi americani; quel che cambia radicalmente, però, è l'esperienza al ristorante nel suo insieme, che diventa altamente interattiva, dalla prenotazione via app del tavolo alla gestione dell'ordine, alla scelta del pesce – il menu è tutto dedicato ai prodotti del mare, scelti tra i banchi del supermercato – e della cottura preferita, indicata sempre tramite smartphone a chi si occuperà di portarla a termine prima del servizio. Ma il rapporto diretto con il personale impiegato da Robot.He resta centrale: con lo staff, prima di accomodarsi al tavolo, il commensale può confrontarsi per scegliere il pesce, acquistarlo e ricevere un QRCode che lo aggiorna sui tempi di preparazione mentre attende al tavolo, dove eventualmente può procedere con l'ordine di pietanze di accompagnamento, come una ciotola di riso. Il robot navetta completerà il servizio, sollevando la “cloche” (o perlomeno qualcosa che le assomiglia molto, seppur in materiale trasparente) solo una volta arrivato a destinazione, ai tavoli posizionati lungo il percorso dei nastri trasportatori.

E il progetto lanciato a Shangai sembra destinato a moltiplicarsi rapidamente in altri punti vendita del Paese, dove il diretto competitor di Alibaba, JD.com ha recentemente annunciato l'obiettivo di aprire ben 1000 ristoranti completamente automatizzati in Cina, entro il 2020.

Settembre 2018 del Gambero Rosso, numero 320. Si fa presto a dire pane

$
0
0

Ricco di storie, luoghi e sapori da scoprire, approfondimenti e curiosità il numero di settembre del Gambero Rosso, da oggi in edicola. Tra assaggi in vigna, ricette, viaggi alla scoperta di nuove mete, interviste ai protagonisti della ristorazione. E il focus sulla nuova era della panificazione italiana. 

 

La nuova era del pane, titola la copertina del numero di settembre del Gambero Rosso dove campeggia una delle foto che Francesco Vignali ha scattato nel laboratorio romano di Gabriele Bonci immortalando il momento in cui prendono vita impasti e forme plasmati da mani abili.
 

La nuova era del pane

Ma perché parlare di una nuova era del pane? E chi lo rende possibile? È un lungo approfondimento sugli ultimi esiti delle ricerche portate avanti in Italia (e nel mondo) sulla panificazione quello che si muove tra radici culturali ed evoluzione tecnologica della disciplina, valori artigianali e necessità di conciliarli con le esigenze di consumo del mercato contemporaneo. Livia Montagnoli e Annalisa Zordan hanno interpellato vecchi e nuovi protagonisti del settore, maestri riconosciuti e giovani (più che) promesse, insieme protagonisti di una new wave del pane votata alla qualità della materia prima, alla consapevolezza imprenditoriale, alla sperimentazione al servizio del gusto, all'urgenza di fare circuito per restituire dignità al mestiere. E sono molti i temi toccati con Davide Longoni, Gabriele Bonci, Piergiorgio Giorilli, Franco Palermo, Eugenio Pol e i professionisti della nuova generazione, da Aurora Zancanaro ai ragazzi di Brisa, da Adriano del Mastro a Nicolò Grazioli, Luca Scarcella e Stefano Priolo. A loro abbiamo chiesto anche come riconoscere il pane buono, mentre Laura Lazzaroni ci porta alla scoperta dei panifici di ricerca nel mondo. In aggiunta il glossarietto sulle parole della panificazione, le biografie dei protagonisti, mappe e infografiche di Alessandro Naldi.

 

In vigna. Dal Tavoliere alla Francia

Poi ecco i consueti racconti dalle vigne, con Emiliano Gucci alla scoperta del Nero di Troia e del suo regno pugliese, in piena Capitanata. La mappa delle cantine meritevoli dell'area e gli indirizzi per rintracciare le cinque tavole da non perdere in Puglia tra l'Adriatico e il Tavoliere. Sempre tra i filari, ma oltreconfine, si muove Alessio Turazza nel raccontare i vini di Chateauneuf-du-Pape: tra assaggi in cantina, tavole da non perdere, paesaggi e borghi da visitare per un tour che integra cultura ed enogastronomia.

 

La galassia Cerea

Ma continua anche la ricerca delle grandi famiglie della ristorazione italiana capaci di conciliare l'impegno in cucina con strategie imprenditoriali di successo: con Gabriele Zanatta (e le foto di Matteo Zanardi) ci fermiamo alla corte dei fratelli Cerea, per scoprire un'holding di famiglia di lunga data che oggi valorizza il made in Italy gastronomico dentro e fuori la Penisola. Dal ristorante di Brusaporto (il mitico Da Vittorio) ai catering dei grandi numeri il fatturato dell'impresa lombarda raggiunge i 15 milioni e mezzo di euro l'anno: cerchiamo di capire perché.

 


Kissaten. Cosa sono?

Per il capitolo curiosità in arrivo dall'altro capo del mondo, Tokyo Cervigni ci racconta cosa sono i kissaten, le caffetterie giapponesi nate all'inizio del Novecento e oggi alla ribalta sulla scena internazionale, col loro mix di buon caffè a lenta estrazione, comfort food, musica di sottofondo e atmosfera informale. Le foto sono di Marco Crisari. Tra le pagine anche gli indirizzi delle migliori kissaten di Tokyo e suggerimenti sui piatti da non perdere, tra tonkatsu e curry giapponese.

 

Viaggio a Malta

E viaggiamo all'estero, pur restando nelle acque del Mediterraneo, anche con Federico Geremei alla scoperta dei sapori di Malta (quest'anno Capitale della cultura europea). Per muoversi agili tra le tavole dell'isola anche 11 piatti della tradizione locale e gli indirizzi utili per assaggiarli.

 

Ricette, classifica, miniguida

Per la rubrica di cucina, le ricette di Federico Delmonte – talentuoso chef di Acciuga a Roma – il piatto della tradizione di Antichi Sapori (Andria) e del suo chef Pietro Zito, la ricetta illustrata da Valentina Scannapieco di Sentaku (Bologna), con il Toriniku Ramen. Mentre l'appuntamento con le classifiche di Mara Nocilla indaga tra i rigatoni dei più famosi pastifici artigianali italiani in 16 assaggi. Di rigore la rubrica sull'olio, a cura di Stefano Polacchi, con i 9 Laudemio dell'ultima annata. Chiusura affidata a Valentina Marino con la miniguida cittadina dedicata a Cagliari e ai suoi numerosi indirizzi golosi.

 

Potete leggere Il nostro mensile anche su tablet e smartphone in versione digitale (App Store o Play Store) a soli 2,49 euro o in abbonamento annuale. L'abbonamento al mensile cartaceo (39 Euro), include anche la versione digitale.
https://store.gamberorosso.it/it/abbonamenti/

 

La Mytiliade di Lerici. Nel Golfo dei Poeti per scoprire quanto sono buoni muscoli e ostriche verdi della Liguria

$
0
0

Due settimane alla scoperta delle bellezze paesaggistiche e dei sapori del Golfo dei Poeti, nella provincia di La Spezia, dove una voce importante dell'economia locale è costituita dagli allevamenti di mitili e ostriche (dal caratteristico colore verde). Ospiti d'onore? Mauro Uliassi, Marco Sacco, Claudio Sadler e molti altri. 

 

Il Golfo dei Poeti e l'allevamento dei mitili

In viaggio nel Golfo dei Poeti, nella Liguria della “sesta terra” che anticipa le altre Cinque, siamo stati di recente per raccontare un territorio dove tutto si tinge di verde, ostriche comprese. E proprio sulla voglia di scoprire l'evoluzione di una coltura storica del mare spezzino (documentata sin dal 1887) come quella delle ostriche verdi - che da una decina d'anni a questa parte si è riaccesa con la nascita dei primi allevamenti locali - si muoveva il nostro itinerario al seguito della Cooperativa dei Miticoltori Spezzini. Da Lerici – che con Portovenere e La Spezia divide l'affaccio privilegiato sul Golfo – ripartiamo per tornare a parlare di frutti del mare, protagonisti di una maratona del gusto che ogni anno si ripete alla fine dell'estate, con la complicità di grandi chef e ospiti del mondo enogastronomico. Si chiama Mytiliade, e il nome non potrebbe essere più intuitivo: dal 1 al 16 settembre, nella cittadina ligure, tutti gli sforzi saranno protesi a valorizzare muscoli (le cozze come si chiamano nel dialetto del posto) e ostriche del Golfo.

 

La Mytiliade. L'epica dei frutti del mare

La manifestazione è un appuntamento fisso per gli appassionati del genere, e quest'anno festeggia la sua nona edizione, alternando ricette della tradizione, spunti creativi degli chef e suggestioni esotiche in arrivo da molto lontano. La kermesse – una delle poche in Italia dedicate esclusivamente ai mitili – del resto si prefigge di rappresentare non solo la cucina locale, ma pure di valorizzare un territorio di grande valore artistico e paesaggistico, che su testimonianze come il Castello di Lerici fa perno per raccontare la sua storia. Proprio negli spazi del Castello prenderà vita il festival, alternando momenti di cucina, spettacolo, musica, letture e intrattenimento per tutta la famiglia. Ci sarà spazio anche per il Mercatino delle eccellenze liguri, animato da una selezione di artigiani e produttori locali, che proporranno al pubblico i prodotti del mare e della terra, dal pesto ai gamberi rossi di Sanremo, alla focaccia ligure. Gli occhi però saranno puntati sui cuochi chiamati a omaggiare i frutti del mare in un ideale gemellaggio tra regioni d'Italia: Mauro Uliassi, ambasciatore dal mare di Senigallia, Marco Sacco, esperto d'acqua dolce (ora anche su Gambero Rosso Channel, con l'inedito programma in 6 puntate Gente di Lago, dal 14 agosto, ogni martedì alle 21.30, sul canale 412 di Sky), Claudio Sadler da Milano,Andrea Incerti Vezzani da Reggio Emilia, Sara Chiriotti da Acqui Terme. Con loro anche Vittorio Castellani, alias Chef Kumalè, gastronomade portatore sano di sapori del mondo, con due spettacoli di cucina dedicati al Sud Est asiatico: i mitili (al latte di cocco) nella cucina thailandese e le ostriche (cotte al vapore) nella cucina vietnamita. Ma tutto il paese si trasformerà in teatro di degustazioni guidate, laboratori sensoriali, show cooking, tra escursioni in battello per visitare vigneti a picco sul mare e impianti dei miticoltori e visite gratuite ai pescherecci che escono in mare, cocktail bar estemporanei e corsi di cucina amatoriale.

 

Mytiliade – Lerici – dal 1 al 16 settembre 2018 – Il programma completo su www.mytiliadelerici.it/

 

a cura di Livia Montagnoli

I festival gastronomici di settembre. 12 appuntamenti da non perdere

$
0
0

Il rientro dalle vacanze si apre con una serie di eventi e iniziative a tutto gusto, che coinvolgono diverse città italiane. I festival imperdibili del mese. 

 

Taste of Roma - Roma

17 chef coinvolti, 4 giorni all'insegna del gusto e tante portate. Sono i numeri del Taste of Roma, l'evento dedicato all'alta cucina capitolina giunto ormai alla sua settima edizione. Da AngeloTroiani ad Adriano Baldassare, da Cristina Bowerman a Heinz Beck, da Roy Caceres a GiulioTerrinoni, sono tanti i protagonisti della manifestazione più attesa dai buongustai romani, che porteranno con loro alcuni dei piatti presenti nei menu dei loro ristoranti, in versione monoporzione. Piccoli assaggi a prezzi contenuti, questa la formula vincente del Taste, che anno dopo anno continua a raccogliere l'entusiasmo del pubblico, sempre più attento alla qualità delle materie prime, e curioso di provare piatti ricercati. Laboratori, workshop, area kids e degustazioni vanno a comporre il ricco programma dell'edizione 2018.

Taste of Roma – Roma – dal 20 al 23 settembre 2018 - www.tasteofroma.it/

Cous Cous Fest – San Vito lo Capo

L’appuntamento con il Cous Cous Fest, tra gli eventi gastronomici più celebri nel mondo, porta con sé ogni anno grandi aspettative e buon cibo, ma anche un gigantesco carrozzone folcloristico che trasfigura la quiete di San Vito lo Capo, in provincia di Trapani. Un tempo borgo silenzioso di pescatori trapanesi, oggi il paese è una delle mete turistiche più gettonate di tutta la regione, che ancora una volta si trasforma, dal 21 al 30 settembre, in un villaggio gastronomico a tutti gli effetti. Tante le varianti del piatto simbolo della manifestazione che saranno proposte dagli chef locali, e altrettanti gli showcooking dei volti noti della ristorazione italiana.Tra i protagonisti di questa edizione, Giorgione, lo chef Filippo La Mantia, Giancaro Morelli, il volto de La Prova del Cuoco Sergio Barzetti e la food blogger Chiara Maci.

Cous Cous Fest – San Vito lo Capo (TN) – dal 21 al 30 settembre 2018 - www.couscousfest.it

Sana - Bologna

Cresce il sistema alimentare biologico italiano, e aumenta di pari passo il numero dei visitatori del Sana, festival ormai consolidato dedicato ai prodotti naturali e biologici, dal cibo ai cosmetici. Un'occasione unica per ricevere tutti gli aggiornamenti in termini di trend di mercato, consumi e vendite. Cambiano, infatti, le scelte dei consumatori, sempre più consapevoli e orientati a una dieta sana, basata su prodotti controllati e a filiera certa, e continua a crescere anche la schiera di persone che sceglie di intraprendere uno stile di vita diverso, come quello del vegetarianismo. Fra seminari, forum e convegni, dal 7 al 10 settembre Bologna diventa una città green a tutti gli effetti, attenta al territorio e all'ambiente.

Sana – Bologna – dal 7 al 10 settembre 2018 - www.sana.it/home/1229.html

Rural Festival – Lesignano de' Bagni

Torna la manifestazione che raduna agricoltori e allevatori della Food Valley parmense, a Lesignano de' Bagni: il Rural Festival è un appuntamento imperdibile per tutti gli amanti del buon cibo attenti alla qualità, che fa luce sull'ampia biodiversità emiliana e non solo. Spazio ai prodotti dell'Appennino Tosco-Emiliano, dalla carne fresca di cinta senese agli arrosticini di pecora Cornigliese, in una mostra-mercato che si propone come esperienza di cultura gastronomica a tutti gli effetti. Novità di quest'anno, le specialità della vicina Liguria. Il motto? Tornare indietro per andare avanti e guardare al futuro. Si potranno quindi assaggiare le prelibatezze degli stand gastronomici, confrontandosi direttamente con i produttori, ascoltando le loro storie, e recuperando quel legame innato con la natura che spesso dimentichiamo.

Rural Festival – Lesignano de' Bagni (PR) – 8-9 settembre 2018 - www.rural.it/festival/

Sweety of Milano – Milano

A Milano ci hanno preso gusto. E mai considerazione è stata più calzante, visto il parterre di maestri pasticceri che si ritroveranno ancora una volta a Palazzo delle Stelline per presenziare a Sweety of Milano. Il 15 e il 16 settembre torna nel capoluogo meneghino il weekend più dolce che ci sia, con la quarta edizione della manifestazione dedicata all'alta pasticceria italiana. Novità di quest'anno, l'area degustazioni, dove sarà possibile assaggiare in anteprima i prodotti degli artigiani acquistabili nel punto vendita, e poi tante masterclass con i professionisti del settore, laboratori e dimostrazioni. Andrea Besuschio, Luigi Biasetto, Maurizio SantinGuido Castagna, Davide Comaschi, Sal De Riso, Denis Dianin, Ernst Knam e naturalmente Iginio Massari: sono solo alcuni dei protagonisti impegnati a promuovere l'arte dolciaria della Penisola.

Sweety of Milano – Milano – 15-16 settembre 2018 - sweety.italiangourmet.it

Mutina Boica - Modena

Un'iniziativa originale giunta alla nona edizione, che si propone di far rivivere ai visitatori l'atmosfera di un'antica taverna romana. Come? Con la ricostruzione a cura di Crono organizzazione eventi, in collaborazione con i Musei Civici di Modena. Dal 31 agosto al 9 settembre saranno diverse le tematiche affrontate dalla manifestazione: “Il tempo degli eroi”, una tre giorni incentrata sull'Iliade, con un campo storico ispirato all'Antica Grecia e un mercato artigianale con oltre 20 espositori. E poi “I signori dei cavalli”, dimostrazione di equitazione d'epoca a cura dei cavalieri della Fenice, e ancora “Il delitto persiano”, cena con delitto romana ambientata nella corte persiana. Torna, infine, la “Caupona Mutinensi”s, l'osteria dell'Antica Roma che propone un menu rielaborato delle storiche ricette romane, e molto, molto altro ancora.

Mutina Boica – Modena – dal 31 agosto al 9 settembre 2018 - www.facebook.com/mutinaboica/

Peperoncino Festival – Diamante

Ventiseiesima edizione per il Peperoncino Festival di Diamante, in provincia di Cosenza, che ogni anno fa luce su uno dei prodotti di punta dell'agroalimentare calabrese. Un evento che si propone di raccontare usi e costumi di una popolazione che ha trovato nel peperoncino un ingrediente in grado di mettere tutti d'accordo. Tante le iniziative all'interno del programma: teatro di strada, spettacoli, cooking show, gara di disegnatori, e l'assaggio di tante varietà di peperoncino da tutto il mondo.

Peperoncino Festival – Diamante (CS) – dal 5 al 9 settembre 2018 - www.peperoncinofestival.org

Festa del Bacalà alla Vicentina – Sandrigo

Non esiste piatto più rappresentativo del bacalà alla vicentina per descrivere la tradizione gastronomica della provincia di Vicenza. Per celebrare la storica ricetta, da 31 anni a questa parte a Sandrigo va in scena la Festa del Bacalà alla Vicentina, in programma dal 21 settembre al 1 ottobre. Un'occasione per scoprire origini ed evoluzione di una pietanza che ha fatto la storia della cucina regionale, e per assaggiare tante diverse interpretazioni del piatto. Da non perdere il Gran Galà del Bacalà, martedì 18 settembre, una cena di gala organizzata in collaborazione con il Gruppo Ristoratori della Confraternita, Bacco & Baccalà, il banco d'assaggio di domenica 23 settembre, e la Cerimonia di investitura dei nuovi confratelli della Venerabile Confraternità del Bacalà, domenica 30 settembre.

Festa del Bacalà alla Vicentina – Sandrigo (VI) – dal 21 settembre al 1 ottobre 2018 - festadelbaccala.com/

Pantelleria Doc Festival - Pantelleria

Da venerdì 31 agosto a domenica 9 settembre, il Pantelleria Doc Festival offre un intenso programma di appuntamenti, con iniziative culturali, percorsi naturalistici e termali, pratiche sportive all’aria aperta e degustazioni di vino e di cibo. Saranno 10 giorni per conoscere in tutte le sue sfaccettature l'isola agricola per eccellenza del Mediterraneo durante la fase culminante della vendemmia. Gli eventi si concluderanno presso le cantine associate al Consorzio: Basile, De Bartoli, Donnafugata, Coste di Ghirlanda, Murana, Pellegrino e Vinisola. Sempre le cantine potranno essere visitate tutte la mattine dalle 9.30 alle 11.30, mentre nel pomeriggio, dalle 18 alle 19.30, approfondimenti sui temi della viticoltura eroica e vulcanica, sulle tecniche di vinificazione e degustazione dei vini ottenuti dalle uve zibibbo. Non può mancare il fronte gastronomico, con i sapori panteschi con la scuola di cucina (10-15) e le cene laboratorio (21-23) ideate per far scoprire la storia e le ricette di piatti celebri.

Pantelleria Doc Festival – Pantelleria – dal 31 agosto al 9 settembre 2018 - www.facebook.com/events/208646819750265/

Sagra degli spaghetti all'amatriciana – Amatrice

Fino a due anni fa, ad Amatrice, fra tutte era la Sagra degli spaghetti all'amatriciana la festa per antonomasia che radunava non solo gli abitanti del comune ma anche tanti romani e buongustai dei dintorni, che si recavano nel borgo reatino appositamente per un assaggio del celebre primo laziale. Un appuntamento interrotto bruscamente nel 2016, poco prima di spegnere la 50esima candelina, ma che quest'anno torna, in una nuova, rinnovata veste che mantiene ben saldo il legame con il passato, ma che si propone come un punto di luce, una speranza per tutti gli abitanti, oltre che un esempio per le altre regioni colpite dal sisma. La Ripartenza è l'inequivocabile slogan dell'edizione 2018, in scena dal 31 agosto al 2 settembre, che simboleggia ancora una volta la tenacia degli abitanti del luogo e la loro voglia di ricominciare.

Sagra degli spaghetti all'amatriciana – Amatrice – dal 31 agosto al 2 settembre 2018 - www.facebook.com/events/286080982181443/

Street Food Fest – Lughetto di Campagna Lupia

La frazione di Lughetto nel comune di Campagna Lupia, in provincia di Venezia, si prepara a trasformarsi per la prima volta in polo gastronomico dedicato allo street food. Domenica 9 settembre va in scena la prima edizione dello Street Food Fest del Nordest, in un'insolita location: una parrocchia. L'idea originale è di Lionello Cera, dell'omonimo ristorante, che ha scelto di organizzare il festival nello spazio antistante la parrocchia Santi Gregorio Magno e Tommaso apostolo della piccola località veneziana. Una serata di beneficenza che raduna 30 professionisti del cibo da strada del territorio, che porteranno in assaggio le loro specialità, il cui ricavato sarà devoluto al patronato per i giovani della parrocchia di Lughetto.

Street Food Fest – Lughetto di Campagna Lupia (VE) – 9 settembre 2018 - www.facebook.com/events/278349072969009

Sapori di Malga - Caldes

Lunedì 3 settembre torna in Trentino Sapori di Malga, con l'insolita asta che vede come protagonisti i formaggi di malga. Una manifestazione organizzata nel suggestivo Castel Caldes in Val di Sole, volta a valorizzare le malghe, ovvero i tradizionali soggiorni estivi delle vacche, che, durante i mesi più caldi dell’anno, vengono portate in alta quota. Sono 20 i formaggi stagionati tra 1 e 13 anni protagonisti dell'asta, prodotti da altrettante malghe da latte delle Valli di Sole, Pejo e Rabbi e da altre vallate trentine, portati a stagionatura dall’affinatore. Fra gli chef ospiti, Norbert Niederkofler, Antonia Klugmann, Alfio Ghezzi, insieme al giornalista Paolo Marchi, ideatore e curatore di Identità Golose, e il professore Silvio Barbero, vice presidente dell'Università delle Scienze Gastronomiche di Pollenzo.

Sapori di Malga – Caldes – 3 settembre 2018 - www.saporidimalga.com/

a cura di Michela Becchi

Food and Wine Tourism. FactorYmpresa cerca idee innovative per il turismo enogastronomico

$
0
0

C’è tempo fino al 10 settembre per presentare il proprio progetto d’impresa nel settore del turismo enogastronomico al programma FactorYmpresa. 20 saranno selezionati e aiutati a crescere, per entrare sul mercato. Ecco come. 

 

FactorYmpresa. Cos’è

Non c’è sfida più attuale, per chi voglia investire nel settore del turismo in Italia, che valorizzare lo sconfinato patrimonio enogastronomico della Penisola, e scommettere su nuove forme di promozione territoriale che tengano conto di tradizioni culinarie radicate, produzioni artigianali e attitudine all’ospitalità diffusa. Dunque proprio nell’Anno del Cibo italiano che volge al termine, FactorYmpresa Turismo lancia la volata a chi crede di avere idee innovative da sviluppare a beneficio della causa: il progetto, con il supporto di Invitalia (Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa SpA), nasce infatti in attuazione del Piano Strategico di Sviluppo del Turismo 2017-2022, e si prefigge di premiare le migliori idee d’impresa per favorire la crescita del turismo in Italia. Come farlo? Affrontando di volta in volta specifiche sfide tematiche. Food and Wine Tourism è una di queste, una chiamata rivolta agli innovatori che vogliono mettersi in gioco su un tema di grande attualità per la valorizzazione turistica del Paese – proprio l’unicità del patrimonio culturale intangibile è oggi un fattore sempre più discriminante della competitività turistica, e l’enogastronomia si è evoluta fino a costituirsi come pratica culturale e ad includere aspetti etici e di sostenibilità del territorio -  che selezionerà i 20 migliori progetti tra le proposte pervenute entro il 10 settembre 2018.

 

20 progetti per il turismo enogastronomico

Chi passerà la selezione avrà l’opportunità di partecipare all’Accelerathon del 20 e 21 settembre che prenderà forma a Torino: 36 ore di lavoro sotto la guida di mentori e tutor che aiuteranno gli innovatori a focalizzare le proprie idee. Le 10 proposte più convincenti e pronte per spiccare il volo riceveranno 10mila euro da investire per sviluppare il business e il supporto di Invitalia per favorire il loro ingresso sul mercato. Ma quali sono gli elementi su cui scommettere per guadagnare l’attenzione dei selezionatori? L’obiettivo è quello di concretizzare soluzioni sostenibili e innovative per stimolare l’integrazione tra operatori turistici sul territorio, facendo leva sui valori enogastronomici, dal momento che il cibo è la porta di accesso più immediata di un territorio. Dunque ai candidati è richiesto di lavorare ad ampio spettro su territorio, esperienza e marketing. Chi saprà sviluppare percorsi turistici che preservino l’autenticità dello stile di vita e delle tradizioni di territori e comunità italiane, ampliare il portafoglio di prodotti turistici delle destinazioni della Penisola scommettendo sul cibo, attivare azioni di ingaggio della domanda e di marketing in modo integrato sui mercati del turismo e dell’enogastronomia avrà la possibilità di accedere alla seconda fase, partecipando alle due giornate torinesi.

 

Come candidarsi

Possono candidarsi singoli o gruppi organizzati in team che in caso di ammissione si impegnino a costituire impresa, imprese fondate non prima del 2014, startup innovative iscritte al registro delle imprese. Con la domanda dovrà pervenire anche il progetto, ed eventuale racconto video della proposta. Entro il 14 settembre, sul sito di FactorYmpresa sarà pubblicata la graduatoria relativa alle idee di business presentate. “È importante che il cibo diventi il mediatore culturale di un'esperienza turistica di qualità assoluta in Italia”, dice a tal proposito Francesco Palumbo, Direttore generale turismo del Mibac. Perché non provare a partecipare alla sfida?

 

Per consultare il regolamento e partecipare alla Call http://www.factorympresa.invitalia.it/factory-turismo/sfide-2018/sfide

Sauce Forum a Helsinki. Ancora un congresso su come migliorare il mondo attraverso il cibo

$
0
0

È la capitale della Finlandia a ospitare la quarta edizione del forum che discute sul valore sociale, culturale, economico del cibo e della ristorazione. Ospiti dal mondo, cene speciali e una festa della cucina multiculturale con gli chef rifugiati che lavorano nel Paese. Temi e protagonisti.

 

Sauce. Il forum

La scorsa edizione, la terza dalla fondazione di quel movimento di chef e ristoratori intenzionati a migliorare il futuro attraverso il proprio lavoro riuniti sotto il vessillo del Sauce Forum, si era svolta a Tarte, Estonia. Quest’anno, invece, è la capitale della Finlandia, Helsinki, a ospitare relatori e ospiti del congresso, a pochi giorni dalla conclusione del più celebre simposio di MAD, a Copenaghen. Una vicinanza culturale, ancor prima che geografica che ribadisce una volta di più quanto i Paesi del Nord Europa siano sensibili alla causa del cambiamento che scaturisce dalle buone pratiche, anche in cucina. Così, in passato, il forum ha ospitato personalità del calibro di Massimo Bottura e Ana Ros, Christian Puglisi, Magnus Nilsson, Adeline Grattard e Daniel Berlin. Dal 1 al 3 settembre i riflettori si accendono su nuovi protagonisti, chiamati a intervenire sul tema del Potere del cibo con l’obiettivo di confrontarsi, tranne ispirazione l’uno dall’altro, coinvolgere il pubblico della manifestazione che può sedersi in platea o prendere parte alle cene speciali organizzate in città. Sostenibilità – ambientale, culturale, economica – è la parola chiave. Il cibo, del resto, esercita un grande ascendente su molti settori della società, ed è bene che i suoi attori principali agiscano per migliorare le condizioni sociali, culturali ed economiche di intere comunità. La strada per farlo la indica chi si avvicenda sul palco, ognuno col suo punto di vista e l’esempio di ciò che si impegna a realizzare ogni giorno.

 

 

L’incontro di Helsinki e la festa del cibo

Quindi nel corso della giornata dedicata al dibattito, lunedì 3 settembre, si parlerà di social eating con Seni Glaister, di innovazione tecnologica e digitalizzazione in cucina con Niklas Loven, ma anche di identità e tutela dei valori culturali di una comunità a tavola, con chef Maksut Askar da Istanbul, dove guida il ristorante Neolokal. E ancora di cultura gastronomica finlandese con Kenneth Nars e Andrea Petrini (che al forum porterà anche il racconto dell’esperienza Gelinaz), del reale valore delle classifiche e di stereotipi della ristorazione. Di impegno sociale, con Kamal Mouzawak, attivista e chef libanese. Tutto il weekend, però, sarà incentrato sulla valorizzazione della cucina come collante sociale e portatrice di valori culturali. Succederà alla No borders Dinner, in compagnia di Maksut Askar, Mohammad Orfali, Adrian Klonowsi (due siriani e un polacco) e sei chef rifugiati che oggi lavorano regolarmente in Finlandia, ma non dimenticano le proprio origini, chi in arrivo dall’Iraq, chi dalla Siria e dall’Afghanistan. Il risultato? Una grande festa del cibo mediorientale sull’isola di Njk. Prima però i fortunati ospiti della cena - sold out – con Dmitri Magi ospite del Palace Restaurant potranno scoprire i segreti della cucina dell’Eleven Madison Park di New York: da uno dei ristoranti più acclamati del mondo, infatti, arriva il giovane chef de cuisine originario dell’Estonia. Coinvolti nella festa anche i ristoranti di ricerca di Helsinki, che apriranno le porte agli chef ospiti nella serata conclusiva di Sauce, al termine del forum.

 

Sauce – Helsinki – Dal 1 al 3 settembre 2018 – www.sauceforum.com

 

a cura di Livia Montagnoli

video di Massimiliano Tonelli

 


Il forno comune di Tussillo torna a funzionare. A più di nove anni dal sisma dell'Aquila

$
0
0

Nei piccoli borghi italiani, i forni collettivi hanno rappresentato per tempo un punto di ritrovo fondamentale per le comunità. Quest'estate, quelli della provincia abruzzese si sono riaccesi per ridare speranza alle località colpite dal sisma. L'esempio del pane di Tussillo. 

 

Il paese

Incastonata fra i maggiori monti abruzzesi, la Valle dell'Aterno, in provincia dell'Aquila, custodisce un antico borgo di poco più di 400 anime: Villa Sant'Angelo. Un paesino di epoca medioevale dalla storia antica, che nel tempo, insieme alla frazione di Tussillo, ha saputo conservare le tradizioni del passato. Il 2009, però, l'anno del terribile terremoto dell'Aquila che nella notte del 6 aprile distrusse la vita di centinaia di persone, abbattendo abitazioni ed edifici storici, ha profondamente trasformato la geografia del comune. Il paese, infatti, è stato uno dei centri maggiormente colpiti dal sisma, con 17 vittime e circa il 90% delle strutture crollate.

Il forno

Come abbiamo avuto modo di constatare più volte, però, è proprio a seguito di tragedie simili che le popolazioni dell'Italia Centrale hanno dimostrato non solo di saper reagire, ma di costruirsi una nuova vita, ripartendo da zero, senza perdere la speranza e l'attaccamento alla propria terra. Per farlo, si ricorre alle abitudini di sempre, quei rituali di vita collettiva che scandiscono il tempo, che pulsano di nuova energia. Quelli della tavola, per esempio. A Tussillo, a quasi 9 anni e mezzo da quel 6 aprile 2009, ora si riparte dall'arte della panificazione, con un forno speciale. Utilizzato fin dall'inizio del Novecento, il forno collettivo di palazzo Marcotullio, l'edificio seicentesco ristrutturato da un paio di mesi, torna a funzionare, portando una nuova luce in tutto il paese.

Il ruolo dei forni collettivi

Si è riaccesa lo scorso venerdì 24 agosto la fiamma del forno, insieme alla speranza della gente del luogo, che si è riunita nella piazzetta del palazzo aspettando la prima infornata. Un rituale antico che affonda le proprie radici nei primi anni del Novecento, quando il panificio del paese rappresentava un luogo di ritrovo per tutti gli abitanti, e la cottura di pane e dolci era un momento di condivisione che coinvolgeva adulti e bambini, e profumava le strade dell'aroma inconfondibile del pane fresco, che preannunciava un momento di festa. Non è la prima volta, infatti, che gli abruzzesi scelgono di riproporre questo rito per ritrovare il senso della convivialità: proprio quest'estate, la manifestazione “Il Forno racconta. Per le strade del pane, il sentiero che unisce” ha raccolto l'entusiasmo del pubblico da Pescomaggiore a Petogna, passando per Picenze, con attività e laboratori a tema a corredare il momento dell'accensione degli antichi forni della provincia dell'Aquila.

La nuova vita del forno

Ma torniamo a Tussillo, a quel piccolo forno benedetto da monsignor Orlando Antonini, nunzio apostolico emerito, restaurato nel 1980, anno in cui venne completamente rifatto con i mattoni, e che oggi vive una nuova, terza vita. A inaugurarlo, il pizzaiolo di San Demetrio ne' Vestini Vittorio Liberatore, che si è destreggiato tra pani e focacce di farine integrali locali, dando il via alla riaccensione del forno, che d'ora in poi sarà gestito dalle massaie del paese, le nonne custodi delle ricette più antiche, che porteranno in paese i profumi di una volta. A dimostrare, se ancora ce ne fosse bisogno, l'incredibile risolutezza delle genti abruzzesi, persone dal carattere forte e gentile, proprio come la loro terra, a tratti aspra ma anche tanto generosa. Che torna a splendere, sempre di più, a cominciare dai piccoli gesti di ogni giorno, dalle abitudini di una comunità, da un'infornata che rinfranca gli animi. Una tradizione che – ci auguriamo – perdurerà nel tempo, per dare conforto e stimolo a chi, quella terra fertile e ferita, ha scelto di non abbandonarla.

a cura di Michela Becchi

Prodotti del mese. Settembre: i fichi e la ricetta di ??

$
0
0

Morbidi e dolcissimi, i fichi sono il frutto più tipico del mese di settembre. Si impiegano in preparazioni dolci e salate, come questa ricetta d'autore che vi regaliamo oggi.

 

 

Non c'è un prodotto che si identifica più con il mese appena cominciato dei fichi, al punto da assorbirne il nome.Settembrini sono detti infatti i fichi che maturano a partire dalla fine agosto (anche chiamati forniti), differenti da quelli di giugno, detti fioroni, che in genere maturano dalle gemme dell'anno precedente. Ci sono poi i cimaruoli, fichi tardivi di pieno autunno, molto più rari e di rilievo minore. Il momento di maturazionedipende dalla varietà: alcune producono solo fioroni, altre solo forniti, altre fruttificano due o tre volte.

La loro origine va cercata in Caucaso, molto indietro nel tempo, ma oggi sono diffusi in tutta Italia e nel bacino del Mediterraneo, in America, Estremo Oriente e in altre zone del mondo, ma – per definizione – questo (falso) frutto è detto Fico Mediterraneo. Falso, perché in realtà quel che si mangia è il ricettacolo, ovvero una infruttescenza carnosa, il siconio, mentrei granellini interni sono i veri frutti.

 

Varietà e impiego

Di fichi esistono numerose varietà – oltre un centinaio quelle commestibili - differenti per forma, colore (dal verde, al viola al nero), dimensione e momento di maturazione. Tra i verdi ci sono sono il dottato, forse il più famoso, considerato il più pregiato e il più adatto per produrre fichi secchi, dell'abate(dolce ma non mieloso, piuttosto resistente), mentre il della monaca è anch'esso verde, ma tendente al viola chiaro, con l'interno rosso-arancio non troppo granuloso; il rigato del Salento invece è giallo-verde. Il collummu nero ha carni rosate e pelle scura, come scura è quella del tardivo bellone, zuccherino e delicato, tendente al vola invece il brogiotto. Si potrebbe continuare a lungo. Per avere una panoramica dei diversi tipi, consigliamo una visita ai Giardini di Pomona, a Cisternino in Valle d'Itria, agriturismo e conservatorio botanico che accoglie una delle più grandi collezioni di alberi di fico d'Europa: 600 piante provenienti da tutto il mondo. Un vero tesoro per chi ama questo frutto dolcissimo e versatile. Perché proprio la grande nota zuccherina lo rende perfetto per composte, confetture, salse, ma anche per accompagnarsi a piatti salati, in abbinamento a formaggi, carni (maiale, anatra, manzo, ma anche selvaggina e frattaglie), salumi: classico è l'abbinamento al prosciutto, a farcire la pizza bianca.

 

I fichi secchi

Oltre che in confetture, si usa conservare i fichi seccandoli per consumarli nel periodo natalizio (e non solo), impiegati in ricette dolci e salate oppure consumati così, da soli, magari arricchiti con mandorle, talvolta anche con arancia candita o ricoperti di cioccolato, o composti a formare un salamino come nel caso del lonzino di fichi marchigiano. L'essiccazione al sole, su graticci di canne (i crocicchi), o al forno, deve asciugarli preservandone morbidezza e freschezza aromatica. Tra i più pregiati, per questo impiego, i fichi dottato, le Dop Cosenza e Cilento: una vera specialità cui abbiamo, qualche tempo fa, voluto dedicare una prova di assaggio alla cieca per trovare i migliori.

 

Proprietà e curiosità

I frutti del Ficus carica sono ricchi di fibre, sali minerali, vitamine, soprattutto B e K. Sono antiossidanti, digestivi, lassativi e antinfiammatori, alleati della pelle se impiegati per impacchi. Così come il latticello presente nelle foglie e nei rami, efficace per risolvere alcune patologie ma impiegato anche nell'industria casearia per la produzione di formaggi a caglio vegetale. Le foglie, invece, si usano nella fase di affinamento per avvolgere i formaggi - per esempio la robiola di Roccaverano - trovano impiego nella medicina naturale anche in infuso, come rimedio per contrastare il diabete.

La ricetta. Fico ghiacciato, gelato gorgonzola, brodo di foglie di fico di Moreno Cedroni

Fichi neri
50 g. di foglie di fico
5 g. di zucchero
1000 g. di latte
350 g. di panna
30 g. di latte magro in polvere
100 g. di glucosio
300 g. di gorgonzola dolce
100 g. di yogurt magro
muesli
 
Prendere fichi neri e congelarli. 
Frullare 50 g di foglie di fico con 300 g di acqua e 5 g di zucchero, filtrare.
Per il gelato scaldare sul fuoco 1000 g di latte con 350 g di panna, poi aggiungere frustando  30 g di latte magro in polvere, con 100 g di glucosio, filtrare e raffreddare. Prima di mettere in gelatiera aggiungere 300 g di gorgonzola dolce e 100 g di yogurt magro, frullare  immersione e mantecare.
Mettere alla base del piatto un cucchiaino di muesli, sopra il gelato, intorno un cucchiaio di brodo di foglie e finire al tavolo grattando il fico congelato con la microplane.

 

La Madonnina del Pescatore - Senigallia (AN) - Via Lungomare Italia, 11 - 071 698267 - http://www.morenocedroni.it/la-madonnina-del-pescatore/il-locale/

I Giardini di Pomona - Cisternino (BR) - Contrada Figazzano 114 – +39 0804317806 +039 3333670653 - https://www.igiardinidipomona.it/

 

 

a cura di Antonella De Santis

Prodotti del mese. Settembre: i fichi e la ricetta di Moreno Cedroni

$
0
0

Morbidi e dolcissimi, i fichi sono il frutto più tipico del mese di settembre. Si impiegano in preparazioni dolci e salate, come questa ricetta d'autore che vi regaliamo oggi.

 

Non c'è un prodotto che si identifica più con il mese appena cominciato dei fichi, al punto da assorbirne il nome.Settembrini sono detti infatti i fichi che maturano a partire dalla fine agosto (anche chiamati forniti), differenti da quelli di giugno, detti fioroni, che in genere maturano dalle gemme dell'anno precedente. Ci sono poi i cimaruoli, fichi tardivi di pieno autunno, molto più rari e di rilievo minore. Il momento di maturazionedipende dalla varietà: alcune producono solo fioroni, altre solo forniti, altre fruttificano due o tre volte.

La loro origine va cercata in Caucaso, molto indietro nel tempo, ma oggi sono diffusi in tutta Italia e nel bacino del Mediterraneo, in America, Estremo Oriente e in altre zone del mondo, ma – per definizione – questo (falso) frutto è detto Fico Mediterraneo. Falso, perché in realtà quel che si mangia è il ricettacolo, ovvero una infruttescenza carnosa, il siconio, mentrei granellini interni sono i veri frutti.

 

Varietà e impiego

Di fichi esistono numerose varietà – oltre un centinaio quelle commestibili - differenti per forma, colore (dal verde, al viola al nero), dimensione e momento di maturazione. Tra i verdi ci sono sono il dottato, forse il più famoso, considerato il più pregiato e il più adatto per produrre fichi secchi, dell'abate(dolce ma non mieloso, piuttosto resistente), mentre il della monaca è anch'esso verde, ma tendente al viola chiaro, con l'interno rosso-arancio non troppo granuloso; il rigato del Salento invece è giallo-verde. Il collummu nero ha carni rosate e pelle scura, come scura è quella del tardivo bellone, zuccherino e delicato, tendente al vola invece il brogiotto. Si potrebbe continuare a lungo. Per avere una panoramica dei diversi tipi, consigliamo una visita ai Giardini di Pomona, a Cisternino in Valle d'Itria, agriturismo e conservatorio botanico che accoglie una delle più grandi collezioni di alberi di fico d'Europa: 600 piante provenienti da tutto il mondo. Un vero tesoro per chi ama questo frutto dolcissimo e versatile. Perché proprio la grande nota zuccherina lo rende perfetto per composte, confetture, salse, ma anche per accompagnarsi a piatti salati, in abbinamento a formaggi, carni (maiale, anatra, manzo, ma anche selvaggina e frattaglie), salumi: classico è l'abbinamento al prosciutto, a farcire la pizza bianca.

 

I fichi secchi

Oltre che in confetture, si usa conservare i fichi seccandoli per consumarli nel periodo natalizio (e non solo), impiegati in ricette dolci e salate oppure consumati così, da soli, magari arricchiti con mandorle, talvolta anche con arancia candita o ricoperti di cioccolato, o composti a formare un salamino come nel caso del lonzino di fichi marchigiano. L'essiccazione al sole, su graticci di canne (i crocicchi), o al forno, deve asciugarli preservandone morbidezza e freschezza aromatica. Tra i più pregiati, per questo impiego, i fichi dottato, le Dop Cosenza e Cilento: una vera specialità cui abbiamo, qualche tempo fa, voluto dedicare una prova di assaggio alla cieca per trovare i migliori.

 

Proprietà e curiosità

I frutti del Ficus carica sono ricchi di fibre, sali minerali, vitamine, soprattutto B e K. Sono antiossidanti, digestivi, lassativi e antinfiammatori, alleati della pelle se impiegati per impacchi. Così come il latticello presente nelle foglie e nei rami, efficace per risolvere alcune patologie ma impiegato anche nell'industria casearia per la produzione di formaggi a caglio vegetale. Le foglie, invece, si usano nella fase di affinamento per avvolgere i formaggi - per esempio la robiola di Roccaverano - trovano impiego nella medicina naturale anche in infuso, come rimedio per contrastare il diabete.

La ricetta. Fico ghiacciato, gelato gorgonzola, brodo di foglie di fico di Moreno Cedroni

Fichi neri
50 g. di foglie di fico
5 g. di zucchero
1000 g. di latte
350 g. di panna
30 g. di latte magro in polvere
100 g. di glucosio
300 g. di gorgonzola dolce
100 g. di yogurt magro
muesli
 
Prendere fichi neri e congelarli. 
Frullare 50 g di foglie di fico con 300 g di acqua e 5 g di zucchero, filtrare.
Per il gelato scaldare sul fuoco 1000 g di latte con 350 g di panna, poi aggiungere frustando  30 g di latte magro in polvere, con 100 g di glucosio, filtrare e raffreddare. Prima di mettere in gelatiera aggiungere 300 g di gorgonzola dolce e 100 g di yogurt magro, frullare  immersione e mantecare.
Mettere alla base del piatto un cucchiaino di muesli, sopra il gelato, intorno un cucchiaio di brodo di foglie e finire al tavolo grattando il fico congelato con la microplane.

 

La Madonnina del Pescatore - Senigallia (AN) - Via Lungomare Italia, 11 - 071 698267 - http://www.morenocedroni.it/la-madonnina-del-pescatore/il-locale/

I Giardini di Pomona - Cisternino (BR) - Contrada Figazzano 114 – +39 0804317806 +039 3333670653 - https://www.igiardinidipomona.it/

 

 

 

a cura di Antonella De Santis

Settembre di solidarietà in cucina: la Cena dei Mille a Parma, la Charity Night di Firenze, l’Ischia Safari

$
0
0

Riprende a pieno ritmo il calendario degli eventi enogastronomici, e numerose saranno le occasioni di fare del bene partecipando a grandi feste corali del cibo e della cucina d’autore. Si parte a Parma, con la tavolata sotto le stelle della Cena dei Mille; poi Firenze e i 16 chef impegnati contro la violenza di genere. E il mare di Ischia alla metà di settembre, per la quarta edizione di Ischia Safari. 

 

Con l’inizio di settembre il calendario degli appuntamenti gastronomici inizia nuovamente a popolarsi (qui i nostri suggerimenti). E riprende forza anche l’impegno a fare bene, non solo in cucina, di quei cuochi che sempre più spesso si mettono al servizio di cause benefiche, sfruttando a vantaggio di obiettivi comuni e solidali il (perdurante) momento di popolarità raggiunto dalla categoria.

La Cena dei Mille a Parma

Così nell’ambito del settembre gastronomico con cui Parma celebra la sua investitura a Città creativa della Gastronomia – il riconoscimento arriva dall’Unesco e per tutto il mese sarà onorato con cene speciali, degustazioni e percorsi culinari tra giardini e luoghi nascosti della cittadina emiliana – prende vita tra qualche ora un appuntamento che è ormai consuetudine nel tracciato che si snoda lungo Strada della Repubblica a partire da piazza Garibaldi. La Cena dei Mille è prima di tutto un’occasione spettacolare per onorare la buona cucina e il valore della convivialità a tavola: un progetto nato nel 2009 dalla volontà della comunità parmense di aiutare le famiglie in difficoltà attraverso una raccolta fondi subordinata al materializzarsi, per una sera, di un ristorante sotto le stelle molto particolare. Gli ospiti che martedì 4 settembre prenderanno parte alla serata, saranno quindi parte di un happening gastronomico corale, ospiti intorno alla lunga tavolata per mille persone per provare la cucina di grandi chef accorsi per l’occasione. I proventi confluiranno nelle casse dell’Emporio Solidale di Parma, ai fornelli sono attesi Massimo Spigaroli dell’Antica Corte Pallavicina con i cuochi di Parma Quality Restaurants e con loro Isa Mazzocchi, Filippo Chiappini Dattilo, Andrea Incerti Vezzani, Carlo Cracco. Si parte con l’aperitivo al tramonto con i prodotti tipici del territorio, per prendere posto a tavola alle 20.30 e scoprire un menu giocato sull’interpretazione creativa della tradizione locale, tra un gazpacho alla parmigiana e un omaggio a Bargnocla (burattino del folclore parmense); piatto simbolo dell’evento sarà lo Scrigno di Parma, una ricetta moderna che punta a diventare icona della tavola locale, con la sfoglia tirata a racchiudere ravioli ripieni di pomodoro, parmigiano reggiano e una fonduta di caciotta di Vacca Rossa di Urzano. A Carlo Cracco il compito di chiudere la serata con il dessert, “un dolce ricordo di Parma”.

Italian Chef Charity Night. Contro la violenza di genere

Pochi giorni dopo i riflettori si accendono su Firenze, per una manifestazione non altrettanto longeva, ma ugualmente consolidata: per il terzo anno consecutivo, infatti, il Forte Belvedere ospiterà l’Italian Chef Charity Night (organizzazione a cura di Marco Gemelli e One Sense), animata da un collettivo di 16 chef toscani insieme per una sera per raccogliere fondi a favore del centro Artemisia, impegnato nella lotta al femminicidio e alla violenza di genere. L’appuntamento è fissato per giovedì 6 settembre, l’ingresso prevede una quota di partecipazione di 25 euro a persona che apre le porte alla cena a buffet concertata dai cuochi che hanno risposto alla chiamata solidale. Tra loro celebri rappresentanti della ristorazione fiorentina, da Annie Feolde Marco Stabile eSimone Cipriani, da Karime Lopez (giovane rivelazione dell’Osteria Gucci di Massimo Bottura) a Ombretta Giovannini Peter Brunel. Una squadra che rivendica la parità anche nei numeri, con 8 uomini e altrettante donne a lavorare insieme in rappresentanza di una categoria disposta a rompere gli indugi per ribadire che il talento in cucina non ha genere.

Ischia Safari. 200 in cucina sull’isola verde

Il terzo e ultimo appuntamento benefico del mese va in scena il 16 e 17 settembre a Ischia, con vista sul mare del Golfo: a idearlo, quattro anni fa, sono stati Nino Di Costanzo Pasquale Palamaro, che rappresentano il volto gastronomico dell’isola verde. La manifestazione è cresciuta nel tempo, raccogliendo un numero sempre maggiore di adesioni, e per l’edizione 2018 dell’Ischia Safari sono attesi ben 200 interpreti della cucina nazionale, ognuno intenzionato a raccontare un pezzetto dell’eccellenza gastronomica italiana. Ci saranno i cuochi - nomi dell’alta ristorazione, giovani talenti, veterani della tradizione regionali – i pizzaioli, i pasticceri e gli artigiani del gusto; e i fondi raccolti saranno devoluti alla causa della ristorazione di domani, che vuole alimentare se stessa provvedendo alla formazione delle giovani promesse. Quindi i proventi finanzieranno una scuola alberghiera siciliana, poiché la Sicilia è stata eletta quest’anno a fonte d’ispirazione per gli chef impegnati sul campo a Ischia. L’evento più atteso è il Charity Gala Dinner al ristorante Indaco dell’Hotel Regina Isabella, in programma per domenica 16 settembre: in cucina Andrea Migliaccio eSalvatore Elefante, fratelli Cerea, Gaetano Trovato, Gennaro Esposito, Giancarlo Morelli, Giuseppe Biuso, Giuseppe Costa, Paolo Barrale, Pino Cuttaia, Remo Capitaneo e i padroni di casa Pasquale Palamaro e Nino Di Costanzo. Costo della serata 150 euro a persona. Il 17 settembre, invece, le porte del Parco Termale Negombo si aprono per una grande festa del cibo en plein air tra piscine naturali e panorami mozzafiato. Lunghissimo l’elenco dei partecipanti, con un centinaio di professionisti in rappresentanza di tutte le regioni d’Italia. Il biglietto costa 50 euro, e dà diritto a 30 consumazioni di cibo e 5 assaggi di vino.

Poi non resterà che attendere la fine del mese per scoprire l’atteso refettorio napoletano di Massimo Bottura: un nuovo tassello per l’esperienza diventata simbolo dell’impegno etico in cucina su scala internazionale.

 

a cura di Livia Montagnoli

È morto Beppe “Citrico” Rinaldi, filosofo del Barolo

$
0
0

Il ricordo di chi Beppe Rinaldi, grande personaggio del vino italiano scomparso qualche ora fa dopo una malattia feroce, lo conosceva bene. L'omaggio a Citrico nelle parole di Vittorio Manganelli. 

 

La sua vera passione era parlare con la gente. Non come ripetitivo passatempo ma per cogliere, da ogni discorso, qualche aspetto che lo aiutasse a capire abitudini, mentalità, speranze e frustrazioni dell’umanità che incrociava, per cercare di arricchire la propria visione del mondo e per trovare nuove riflessioni da distribuire ai sempre più numerosi visitatori della sua bella casa di Barolo, studenti o giornalisti che fossero.

Amava definirsi anarchico, ma in realtà non lo era affatto, sempre impegnato com’era nel cercare di capire i problemi della sua comunità, intesa come somma di persone che nelle Langhe vivono e operano producendo vino oppure pane. E sempre impegnato nel proporre soluzioni, che riguardassero l’amministrazione comunale o l’aumento della produzione di Barolo.

Le immagini più belle che abbiamo di lui sono quelle in cui, attorniato da libri e ritagli di giornali, preparava i suoi interventi per le riunioni del Consorzio del Barolo, con pagine e pagine scritte rigorosamente a mano per contestare qualche scelta scellerata ma anche, sempre, per proporre una sua personale visione del problema.

Si era trovato, suo malgrado, a essere uno dei più ricercati intellettuali di Langa, lui che aborriva questo termine e che preferiva gli esempi concreti e i progetti alle vane elucubrazioni. Era di certo un grande e poliedrico lettore, che intercalava la consultazione delle delibere del consiglio comunale con divertiti commenti sulle Bucoliche di Virgilio, alla ricerca sempre di una classicità che si potesse tradurre in un modo di vivere in piena sintonia con la natura.

In questo senso rifiutava telefonini e computer, come pure le barrique, visti come strumenti colpevoli di portare a un’inutile velocizzazione di quelli che sono i ritmi naturali delle persone, e dei vini. E niente grandi ristoranti, molto meglio due pomodori del proprio orto oppure l’ultima semplice trattoria sopravvissuta al dilagante e snaturante turismo enologico. E niente ricerca di maggiori ricchezze, sapendo che dai suoi pochi ettari si potevano ricavare i mezzi per una vita più che dignitosa e che quindi non era il caso di aumentare i vigneti o il prezzo delle bottiglie.

In tavola, con un piatto di pasta e qualche verdura, metteva i suoi vini più semplici, convinto com’era che una Freisa o un Dolcetto fossero ideali compagni di vivande e che la continua ricerca di nuove etichette e di nuovi assaggi fosse adatta agli enomaniaci, non a chi vede il vino come sereno e naturale completamento della tavola.

Non era un enologo in senso stretto, anche se era un buon esperto di vinificazione, sicuro com’era che “tanto il Barolo la malolattica prima o poi la fa” e che non servivano astruserie in cantina, dove i legni grandi e il trascorrere del tempo dovevano restare gli elementi determinanti. I suoi vini nascevano da quest’impostazione, spesso buonissimi e a volte problematici o scontrosi, forti di un’aura di naturalità e di purezza che ha conquistato schiere di ammiratori in ogni dove.

Tra tutte le immagini di Citrico che vedremo in questi giorni tristi, non dimentichiamo di cogliere il suo sguardo acuto, a volte canzonatorio e a volte preoccupato, sempre alla ricerca di qualche elemento che potesse far vivere con felicità e armonia gli abitanti, vecchi e nuovi, delle sue amatissime Langhe.

 

a cura di Vittorio Manganelli

La storia di César Ritz e curiosità sul Vallese

$
0
0

“Non diventerai mai un vero albergatore”, così disse a César Ritzil suo primo datore di lavoro. Mai auspicio fu così sbagliato, se si pensa che di lì a poco Ritz sarebbe diventato il portabandiera dell'accoglienza nel mondo. Tutta la sua storia e le cinque cose da vedere/mangiare assolutamente nel Vallese, il Canton che ne ha dato i natali.

 

Niederwald, a circa 1200 metri d'altezza, è tutt'oggi uno degli insediamenti più incontaminati del Goms in Svizzera. Eppure è proprio in questa valle che nel 1850 nasce il padre dell'hôtellerie moderna César Ritz, diventato sinonimo di lusso e ospitalità.

César Ritz, gli esordi non troppo rosei

Un nome celebre per tutti coloro che lavorano nell’ospitalità, e universalmente noto grazie alla famosa Ritz-Carlton Hotel Company (della cui creazione nel 1907 l'imprenditore svizzero fu direttamente responsabile), che oggi conta 91 hotel in tutto il mondo con un revenue che supera i 55 milioni di dollari. Ma qual è la vera storia di Ritz? Tredicesimo e ultimo figlio di contadini, César si mostra fin dagli esordi creativo, esuberante, non fatto per le faccende di famiglia. Tant'è che decide a soli quattordici anni di lasciare il piccolo paese natale alla volta di Sion per studiare il francese, un'esperienza durata ben poco a causa del temperamento vivace che lo costringe, per volontà del padre Anton, ad andare a fare un apprendistato come cameriere all'Hotel Couronne et Poste di Briga. È proprio qui che l'allora direttore Joseph Escher gli dice, senza mezzi termini, che non sarebbe mai diventato un vero albergatore, non stentiamo a credere che in quel frangente abbia avuto le sue valide motivazioni, ma è altrettanto innegabile che abbia preso una bella cantonata. Il giovane Ritz non si perde d'animo e, attratto dall'Esposizione universale del 1867, se ne va alla scoperta di Parigi, dove trova lavoro come cameriere all'Hotel de la Fidélité guadagnandosi il soprannome di César le rapide. Rapide come la sua carriera che lo vede a soli diciannove anni servire la crème de la crème parigina che frequentava il famoso hotel Voisin, dove tra l'altro Ritz conosce il celebre chef francese Auguste Escoffier, che diventerà presto confidente e amico.

Tutte le innovazioni introdotte da Ritz

Passano gli anni e Ritz fa diverse esperienze a Vienna, Nizza, Locarno, Sanremo, Monte Carlo dimostrando grande problem solving anche di fronte a situazioni limite, tipo quella volta in cui si ruppe il riscaldamento e ordinò allo staff di rimuovere le palme dai vasi di ottone per poterli riempire di olio bollente e trasformarli così in radiatori. Ma è a Lucerna, nel Grand Hotel National, che Ritz, insieme a Escoffier, dà il meglio di sé. I due amici trasformano l'hotel in un'opera d'arte - all'epoca era considerato il più elegante albergo d'Europa – tanto da attrarre avventurieri da tutti i paesi limitrofi. È proprio qui che avviene, nel 1880, l'incontro con la futura moglie Marie-Louise Beck, figlia di un noto albergatore. Da qui in avanti la storia di Ritz è un susseguirsi di successi e innovazioni. A lui dobbiamo l'introduzione del bagno in camera: sembra proprio che nel 1893 il Grand Hôtel Ritz di Roma fosse il primo hotel al mondo ad avere un bagno privato in ogni stanza. Sempre lui, maniaco della pulizia, propose di sostituire i tipici e pesanti drappeggi con vernici e tessuti lavabili, ed è stato il primo a dire “Le client n'a jamais tort”, che è diventato oggi “Il cliente ha sempre ragione”, ovvero il mantra di chiunque abbia a che fare con il mondo dell'ospitalità, dal fattorino al direttore. Sono molte altre le novità introdotte dall'imprenditore svizzero, pensiamo per esempio all'illuminazione indiretta per ingentilire i volti delle signore o all'importanza data all'esperienza gastronomica negli hotel, grazie ovviamente alla collaborazione con l'amico Escoffier.

Amico con il quale nel 1896 fonda la Ritz Hotel Development Company e apre, due anni più tardi, il primo Ritz Hotel ufficiale nell’elegante Place Vendôme di Parigi. “L'hotel Ritz è una piccola casa” dichiara César durante l'inaugurazione, dove c'era anche un certo Marcel Proust “e sono molto orgoglioso che porti il mio nome”. Il suo nome, e la sua filosofia, quella che diventerà per tutti la “Ritz-Philosophy”, ovvero attenzione ai dettagli, alla soddisfazione degli ospiti, alle tendenze, al lusso e all'esperienza gastronomica. Uno stile di vita e di pensiero talmente attuale da essere tutt'oggi all'avanguardia.

5 cose da non perdere nel Vallese

Tour di Cesar Ritz nel Vallese. Foto di Alberto Blasetti

Una vita intensa, quella di César Ritz, che vale la pena ripercorrere a cominciare da dove tutto iniziò, a Niederwald nel Canton Vallese; qui è infatti possibile visitare la casa natale godendo del magnifico paesaggio. Ma se siete nel Vallese, al di là di gustare la mitica raclette, non dovete assolutamente perdervi queste 5 chicche.

La torta salata Colhera

 torta salata Colhera tipica del Vallese. Foto di Alberto Blasetti

Sì, avete letto bene. Il nome risale al periodo in cui scoppiò il colera nel Vallese e venne bandito il commercio e lo scambio di qualsiasi genere alimentare. Così, come spesso avviene nei periodi di crisi, si iniziarono a creare ricette con quel che si aveva a disposizione, in questo caso i prodotti della fattoria: farina, porri, mele, patate e formaggio. Et voilà, ecco gli ingredienti della torta Colhera, che tutto è tranne che pericolosa. Per completezza di informazioni, c'è anche un'altra ipotesi sull'origine di questo nome: pare derivi dal tedesco vallese “chola” o “cholu”, ovvero il carbone con il quale veniva cotta la torta salata.

Le case “in bilico” sulle pietre

Tipici fienili del Vallese. Foto di Alberto Blasetti

Passeggiando per gli idilliaci paesi del Vallese, vi capiterà sicuramente di imbattervi in delle specie di case di legno in bilico su delle pietre piatte (vedi foto) - non temete, sono stabilissime: la più antica, che si trova a Mühlebach, risale al 1381- non sono altro che dei fienili dove il piano inferiore veniva (e viene tutt'oggi) adibito a deposito degli attrezzi e quello superiore era lo stoccaggio di fieno o altri alimenti per gli animali. La funzione delle pietre? Servivano ad evitare sgradevoli visite da parte dei topi.

Il Grand Hotel Glacier du Rhône

Grand Hotel Glacier du Rhône. Foto di Alberto Blasetti

Si trova ad Obergoms e vale sicuramente la visita, magari arrivateci in grande stile a bordo del treno a vapore dove la maggior parte dei passeggeri è vestita con abiti dell'Ottocento. Vi sentirete immediatamente catapultati in un film di Wes Anderson, fino a che non si visitano le stanze, in un attimo il registro cambia e l'atmosfera si fa più “spaventosa” con luci soffuse, porte scricchiolanti, tessuti rossi e un corridoio che quello di Shining è niente al confronto. Ma al di là dell'aspetto goliardico, è un hotel storico, risalente al 1835, che durante l'alta stagione organizza delle ottime cene dedicate ad Auguste Escoffier.

{gallery}Treno a vapore nel Vallese{/gallery}

Il caviale crueltyfree

Il caviale si ottiene principalmente dall'uccisione dello storione oppure con tecniche di taglio cesareo, mentre nel Vallese (ma la tecnica è stata brevettata in Russia) il pesce viene massaggiato, o meglio, munto. Caviar with life, così l'ha chiamato Kasperskian, l'azienda che lo produce, viene infatti ottenuto dalla mungitura, ma per via del segreto aziendale non è dato sapere esattamente come.

Il rye bread

{gallery}Lavorazione del pane di segale nel Vallese{/gallery}

Onnipresente in ogni casa e ogni tavola di qualsiasi tipologia di ristorante, il pane di segale del Vallese è un'AOP (la loro DOP) le cui testimonianze risalgono addirittura al 1209. D'altra parte in queste zone la segale è uno dei pochi cerali che può resistere alle condizioni estreme, dal freddo dell'inverno alle forti nevicate, ai periodi di siccità. In più il pane che si ottiene, usando tradizionalmente la pasta madre, si conserva anche per mesi, tant'è che i forni comunali di un tempo aprivano due o al massimo tre volte l'anno. Alcuni di questi forni sono rimasti attivi e organizzano corsi di panificazione, uno di questi si trova a Erschmatt ed è gestito dall'organizzazione Erlebniswelt Roggen. Consigliamo vivamente di provarlo con qualche fetta di carne secca Igp del Vallese.

 

a cura di Annalisa Zordan

foto di Alberto Blasetti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Daniel Giusti e il progetto Brigaid. Dal Noma alle mense americane per migliorare l’alimentazione nelle scuole

$
0
0

La sua scelta di campo, l’italo-americano di Washington l’ha fatta qualche anno fa, quando ha scelto di lasciare una promettente carriera al Noma per dedicarsi al progetto Brigaid. Circa 4mila ragazzi coinvolti nel programma, che ora è in procinto di approdare a New York. L’obiettivo? Conciliare risorse scarse e traguardi ambiziosi. Il racconto sotto il tendone di MAD6. 

 

Dal Noma a Brigaid

Nel 2017 il nome di Daniel Giusti, che rivela origini italiane nel sangue del cuoco di Washington, figurava nella rosa dei finalisti candidati al Basque Culinary World Prize, dedicato agli chef capaci di impegnarsi per migliorare la società. Alla fine il premio sarebbe finito meritatamente in Colombia, per riconoscere il coraggio e la forza di Leonor Espinosa. Ma la storia di Giusti, già dal 2015 al lavoro per realizzare un progetto molto ambizioso, merita ugualmente di essere raccontata, perché è innanzitutto frutto di una riflessione profonda sul mestiere del cuoco, che ha radicalmente cambiato la prospettiva di Daniel, dalla cucina blasonata del Nomaalla guida di un movimento capace di ripensare l’alimentazione delle mense scolastiche americane. Da zero a 100, accompagnato dalla perplessità di chi all’inizio considerò la decisione di abbandonare una posizione riconosciuta una scelta piuttosto bizzarra, e invece in grado di far crescere il progetto Brigaid raccogliendo numerose adesioni e scalando un ostacolo dopo l’altro in pochi anni.

L’alimentazione scolastica in America

L’obiettivo? Ben chiaro dall’inizio: migliorare la qualità dei pasti serviti ai ragazzi nelle scuole, educandoli a mangiare meglio, a supporto di un sistema abituato a fare i conti con scarsissime risorse economiche e poca voglia di intraprendere una crociata contro le malsane abitudini alimentari degli studenti americani. Dunque all’inizio si è trattato di stringere contatti, conquistare la fiducia di amministrazioni, insegnanti, istituti scolastici disposti a scommettere sul cambiamento nel perimetro di azione di New London, in Connecticut. Allo spirito filantropico della missione, sin dai primi passi, Giusti ha sempre affiancato un business plan che tenesse conto delle opportunità di crescita del movimento, così da farne un lavoro remunerativo e in grado di sostenersi. E questo è stato uno dei segreti del successo, considerando che diversamente da chi prima di lui aveva intrapreso la sfida (Jamie Oliver nel Regno Unito è l’esempio più celebre) Daniel è stato disposto a mollare tutto per dedicare tutte le sue energie al progetto. Farne un lavoro stabile, per sé e per la “brigata” riunita negli anni.

Da New London al Bronx

Poco meno di 4000 gli studenti coinvolti nel progetto pilota a partire dalla primavera 2016, chiamato a fare i conti con un budget (quello previsto dal programma alimentare per le scuole negli Stati Uniti) che non arriva ai 3.50 dollari per pasto per ogni ragazzo, anche se di fatto il risultato differisce in modo significativo da un istituto all’altro, secondo la capacità dei dirigenti di stringere alleanze con società di servizi più o meno efficienti, e a molte altre variabili locali. L’idea di Brigaid – e molto deriva dall’esperienza con René Redzepi, che qualche mese fa ha investito personalmente sul progetto – è stata quella di lavorare sull’abbattimento del food cost in modo intelligente, partendo dalla selezione di ingredienti freschi e non lavorati e sfruttando le competenze tecniche dei cuochi del gruppo al lavoro stabilmente nelle mense, in cucina come in caffetteria, per offrire un servizio migliore sin dalla colazione. E nonostante gli ostacoli alla replicabilità del sistema siano ancora molti – in primis strumenti e spazi inadeguati ad agevolare il cambiamento, ma anche la necessità di ricorrere a strategie di autofinanziamento, come cene comunitarie e servizi aggiuntivi per ricavare qualcosa in più – i risultati raggiunti a New London hanno incentivato altri a credere nel progetto. Così a breve anche sei scuole del Bronx, a New York, avvieranno il programma, per l’anno scolastico 2018/2019.

 

Giusti a MAD6

Sotto il tendone di MAD6, a Copenhagen, qualche giorno fa, Dan Giusti ha raccontato, moderato da Chris Ying, la sua esperienza sin qui: anche lui, tra i relatori del simposio ideato da Redzepi nel 2011, ha voluto testimoniare che fare la differenza tra la ristorazione del presente e quella del futuro (Mind the Gap) si può. E da una prospettiva che poco ha a che fare con tavole esclusive e classifiche internazionali: “Il Noma è stato la più grande opportunità della mia vita – comincia lui punzecchiato da Ying (“Ma come ti è venuto in mente di lasciarlo?!”) – ma vengo da una famiglia italiana, per me il cibo ha sempre rappresentato uno stimolo a prendersi cura delle persone. E affrontare una sfida che deve tener conto dei gusti dei ragazzi, conciliarli con le linee guida nutrizionali e con il ridotto budget a disposizione oggi è un lavoro che mi impegna a tempo pieno, difficile perché porta il cambiamento sul piano del cibo che mangiamo tutti i giorni. Sento la grande responsabilità di fare del mio meglio, perché chi ho davanti non può scegliere quello che mangerà, io scelgo per loro. Ma ho il miglior lavoro che posso desiderare, perché sono felice”. Poi l’auspicio: “Ci sono molti modi per nutrire le persone, spero che qualcuno segua la nostra strada: c’è spazio per tutti”.

 

www.chefsbrigaid.com

 

a cura di Livia Montagnoli

 


Un gelato buono che fa bene? Lo studia un gelatiere con i nutrizionisti dell’Università di Palermo

$
0
0

Si può unire gusto e salute in un gelato? Ci prova un artigiano siciliano in collaborazione con i nutrizionisti dell’Università di Palermo firmando una collezione di gusti stagionnaali originnali e buoni. In ogni senso.

 

Molto di più di un semplice gelato artigianale, vegano e biologico, il gelato officinale del palermitano Maurizio Valguarnera si candida ad essere il primo gelato nutraceutico e officinale nato dallo studio scientifico, dalla tecnica e ovviamente dalla creatività. “Gelati dalla natura” è il tagline voluto da Valguarnera per sottolineare l’utilizzo di tutto quel complesso di piante officinali, erbe spontanee, frutti, che costituiscono la biodiversità siciliana e che hanno immensi benefici e proprietà.

 

Gusto e salute

Per raggiungere l'obiettivo della massima salubrità, la collaborazione l’Orto Botanico di Palermo e i nutrizionisti del dipartimento di Studi e tecnologia alimentare dell’Università di Palermo e l’Istituto per la promozione e valorizzazione della dieta Mediterranea (IDIMED). “Realizzo un gelato che non è solo un piacere per il palato” spiega “ma che ha un carico glicemico nettamente inferiore al classico gelato; che ha un equilibrio di gusto, ma svolge allo stesso tempo anche una funzione di prevenzione grazie anche all’utilizzo dei batteri lattici”. Così, la creatività e l'equilibrio dei sapori non sono che una parte – importante ma non l'unica - di questo gelato.

 

Dalla materia prima al gelato

A comporre la struttura c’è innanzitutto l’acqua minerale siciliana e gli oli essenziali, che Valguarnera ricava dalle erbe spontanee, piante officinali e agrumi attraverso il metodo dell’estrazione in corrente di vapore, una pratica già utilizzata dai frati carmelitani “spezial” nel Rinascimento.

Poi ci sono tanti altri ingredienti, scelti per il gusto e per i vantaggi per l'organismo. La frutta fresca e stagionale dei piccoli produttori dell’isola che fanno parte di una filiera biologica, l’olio extravergine di oliva di Nicola Clemenza (come base per la parte grassa al posto di latte e panna, un ingrediente che, in più, è un fenomenale vettore per gli oli essenziali), le fibre di limone perché rallentano l’assorbimento degli zuccheri da parte dell’intestino, lo zucchero d’uva biologico o agave per addolcire mentre come addensante Valguarnera utilizza i semi di carrubba. Importante è l’uso dei probiotici e prebiotici per il ripristino della flora batterica che consentono al gelato di assumere “la caratteristica nutraceutica ma non curativa”, ci tiene a precisare Valguarnera.

 

I gusti della memoria

Nell’attesa di avviare a pieno ritmo la distribuzione e la produzione a settembre,  affidata all’impianto produttivo di Carini, in grado di supportare un eventuale export, il gelato d Valguarnera si può trovare al Bar Albatros di Palermo.

Si pensa ad una produzione con cinque gusti stagionali, in edizione limitata. Ma finora ci sono state già diverse occasioni, eventi e manifestazioni gastronomiche, in cui è stato presentato al pubblico il gelato:finocchietto selvatico, espressione massima della Sicilia delle erbe aromatiche; fragola e rosmarino; Giardino Mediterraneo n.3 che nasce dall’equilibrio tra basilico, limone e gelsomino mentre il Mediterraneo n.1 (pistacchio, olio di oliva evo bio, olio essenziale di arancia dolce) è uno dei gusti che appartiene alla linea crema senza lattosio. Valguarnera, con il suo gelato, vuole anche rivalutare il patrimonio culinario storico siciliano e fare un omaggio alle tradizioni della terra sicula dove è nato il gelato. A partire dai suoi antenati: la “rattata” e lo “sherbet” ereditato dagli arabi,  entrambi riproposti dallo stesso Valguarnera all'Orto Botanico di Palermo all'evento “Orto in Arte”, con l'utilizzo della neve di piano principessa  nelle Madonie, antico sito delle neviere. Per la prima, il gelatiere ha utilizzato acqua di mandorla pizzuta d’Avola, miele di ape nera sicula, datteri a cubetti, chicchi di melograno e ovviamente il ghiaccio mentre per lo sherbet, il cui gusto Maurizio ha dedicato al sovrano Federico II, ha usato nepetella (detta anche mentuccia selvatica) gelsomino, olio essenziale di limone. 

L’ultima creazione di Maurizio, ribattezzato da alcuni il nuovo Procopio dei Coltelli, è l’omaggio a Santa Rosalia, patrona di Palermo e della biodiversità mondiale, con il gelato Le Rose gelate di Santa Rosalia che sarà presentato il 6 e il 7 Ottobre a Palermo e Monreale nel corso dell’Itinerarium Rosaliae. Si tratta di una ricetta che combina la rosa canina (una parte è presidio Slow Food genovese), gelsomino, colata di cioccolato Ruby, il cioccolato rosa ottenuto da una rarissima varietà che produce una fava di cacao rosa, utilizzato per la prima volta in Europa.

La filosofia del gelato officinale

Un nuovo modo di fare il gelato che però attinge dal passato e soprattutto dalla natura” lo definisce il gelatiere, che spiega la sua filosofia: “Voglio trasferire al palato ciò che abbiamo in natura. La mia idea è di riportare il sapore del gelato di una volta, con un prodotto salutare e nutriente, alleato nella prevenzione. Un gelato che sia un piacere, ovviamente, ma che rispetti anche il corpo e soprattutto la biodiversità della mia terra”. Così dunque il gelato di Valguarnera si apre a nuove prospettive, legate al benessere, alla salvaguardia della persona e della natura, alla valorizzazione delle materie prime locali, al recupero del patrimonio di erbe aromatiche e spontanee. Un gelato - “artigianale, non c’è bisogno di dirlo, perché segue i canoni del gelato artigianale di una volta, ma senza l’uso dello zucchero” - territoriale, sostenibile. "E" ci tiene ad aggiungere lui "il mio gelato è  anche etico perchè non solo rispetta la natura e il consumatore ma sceglie piccoli produttori etici come Nicola Clemenza, olivicoltore che ha puntato il dito contro la mafia e ha creato una piccolo cooperative di imprenditori.

Packaging e distribuzione

Sostenibile anche il packaging, un barattolino da 120 grammi che Valguarnera ha voluto in confezioni riciclabili, trasparenti, comode da tenere in mano, capaci di mantenere la temperatura e che consentono di identificare subito il gusto. Uno dei molti, stagionali, di una collezione destinata all’alta ristorazione e alle boutique del gusto. Nessun punto vendita proprio, almeno per ora: “Forse in futuro penserò anche a un format, una boutique del gelato a marchio Gelato Officinale, ma per ora mi sto concentrando sulla produzione e sulla creazione di nuovi gusti sperimentando abbinamenti diversi e l'uso di prodotti naturali come la mucillagine di fico d’India come addensante”. Project food designer e gelatiere, Valguarnera crede molto in questo progetto, soprattutto per un possibile sviluppo all’estero. Ma intanto al Cous Cous Festival di Settembre a San Vito lo Capo, Maurizio presenterà il cous cous Jasmine Ruby con acqua di rosa canina, melograno, miele di sulla di ape nera sicula, acqua di mandorla pizzuta d’Avola, purea di gelsi, granelli di mandorla, chicchi di melograno, sorbetto di anice stellato e gelsomino, pepite di cioccolato Ruby di Callebaut.

Sarà invece dedicato allo scrittore Andrea Camilleri, Senza Prescia, il sorbetto realizzato con un presidio slow food che Valguarnera porterà a bordo dei I treni storici del gusto.

 

 

a cura di Liliana Rosano

 

 

Cefalù e le Madonie. Guida ai nuovi ristoranti e ai prodotti tipici

$
0
0

Tra indirizzi storici e nuovi format ristorativi, la cittadina siciliana è oggi protagonista di un momento di rinnovamento gastronomico. Che vale la pena seguire da vicino.

 

Sovrastata da una rocca che è diventata il profilo della città, costellata da case colorate che si affacciano sul porticciolo, Cefalù, la greca Kefaloidion, cittadina arabo-normanna inserita nell’itinerario Unesco, si snoda tra le sue stradine medievali, prima di incontrare il mare.

I tesori delle Madonie

Dietro, il Parco delle Madonie: quarantamila ettari di boschi, sughereti, alberi di frassini, vigneti e viottoli di montagna. Un territorio dalla biodiversità unica che da vita a materie prime come la manna delle Madonie, la provola, l’arancia bionda di Isnello, il fagiolo di Badda (a Polizzi), il sale di Petralia Soprana, il miele di cardo ape nera sicula, l’origano vulgare, i funghi Basilisco, le nocciole di Polizzi Generosa, l’olio della cultivar autoctona Crastu.

Bagnata dal mare ma abbracciata dalle montagne, Cefalù vive una condizione geografica felix, che si traduce in un paniere di materie prime uniche. Come la Lumaca Madonita della vicina Campofelice di Roccella, incrocio tra una razza autoctona e l’escargot francese. Davide Merlino e i suoi soci (Giuseppe e Michelangelo Sansone) destinano il 90% delle quasi 20 tonnellate prodotte ogni anno al mercato mondiale, soprattutto quello francese e spagnolo. Nell’azienda elicicola di 40 mila metri quadri, che ha vinto nel 2013 il premio nazionale Oscar Green e il certificato di eccellenza Italiana, le chiocciole vengono allevate in maniera naturale, non intensiva, alimentate con prodotti biologici. Il risultato è una carne genuina dal gusto unico, ricca di proteine, magnesio e fosforo. Nelle tavole dell’alta ristorazione vanno a finire le Perle delle Madonie, uova di chiocciola che si adattano ad una cucina più ricercata.

Quando si parla delle Madonie non si può non parlare dei formaggi come la famosa provola delle Madonie - Presidio Slow Food - ma anche il pecorino, la scamorza e la scacciata prodotti, fra gli altri, dal Caseificio Mantegna a Geraci Siculo. Altro Presidio Slow Food è la manna delle Madonie, tra i territori di Castelbuono e Pollina, che ogni estate i frassinocultori o ntaccaluòru estraggono dalla corteccia degli alberi di frassino. Un mestiere antico che portano avanti con coraggio produttori come Giulio Gelardi di Pollina e il giovane Mario Cicero di Castelbuono. A Gangi, dopo ottanta anni, si torna a produrre il Nero delle Madonie, un grano antico recuperato da Giuseppe Dongarrà della cooperativa Madre Terra, che oggi lo utilizza per le farine da panificazione, dolci e pasta.

Cefalù

Cefalù, la città del Ritratto di ignoto marinaio di Antonello da Messina custodito al museo Mandralisca, e quella che Giuseppe Tornatore ha immortalato in una delle sue scene cult in Nuovo Cinema Paradiso, prova a trovare una nuova identità culinaria alternativa, rispetto alla ristorazione acchiappa turisti dei menu fissi e le trattorie che hanno perso il fascino autentico e i sapori di una volta. Una sorta di riscatto gastronomico che inizia lentamente dalla nuova generazione, da quei figli della ristorazione classica che cercano di svecchiare una cucina spesso di massa e superata.

Nella città dove lo scorso giugno è stato inaugurato il Club Med, che all’interno ospita il ristorante di Andrea Breton, si seguono diverse direzioni culinarie: dalla spinta verso la cucina moderna in versione gourmet, a quella classica di qualità, a una cucina moderna, pratica e veloce. E intanto è già partito il conto alla rovescia per il Sicily Food Fest, una tre giorni (dal 7 al 9 Settembre) dedicata al mondo del cibo in tutte le sue declinazioni: dagli show cooking alle masterclass, incontri formativi e seminari su focus tematici come la celiachia o le birre artigianali siciliane. A corollario di un panorama che segna un interessante fermento, tra insegne vecchie e nuove da tenere d'occhio.

Toti Fiduccia e il suo Cortile Pepe, pioniere del cambiamento

Il pioniere è lui, Toti Fiduccia, instancabile e appassionato ristoratore, figlio d’arte, che già a dieci anni serviva ai tavoli del ristorante dello zio, per poi seguire il papà, lo storico proprietario e chef de La Botte, un’istituzione a Cefalù. Toti scommette e punta in alto con il nuovo Cortile Pepe in via Nicola Botta, sede dello storico Palazzo Botta, ristrutturato sapientemente con un progetto che ha riportato alla luce la struttura originaria dei locali attraverso l’uso di materiali naturali come pietra e legno e dal lavoro degli artigiani locali.

In cucina Fiduccia sceglie una squadra di giovanissimi, guidata dal venticinquenne palermitano Giovanni Lullo, ex chef del Gagini di Palermo che si è formato nella scuola di Niko Romito dal quale - dice lui - ha imparato l’essenzialità. “Essenziale senza una ricerca estrema che stravolga l’autenticità della cucina siciliana. Questa la nostra cucina” dice Toti Fiduccia, che aggiunge: “ho voluto puntare sull’essenzialità che non significa estremismo nella sperimentazione. Tutt’altro. Ho scelto insieme allo chef e alla squadra di offrire una cucina di qualità per tutti, non elitaria, che punti sul territorio ma su piatti essenziali anche nella presentazione, al netto del barocco della cucina siciliana ma senza snaturare l’essenza del nostro patrimonio culinario. Puntiamo molto sulle tecniche di cottura a bassa temperatura, sulle fermentazioni e ovviamente sull’eccellenza della materia prima siciliana”.

Un menu stagionale con quattro primi e quattro secondi oltre gli antipasti, i dolci e il percorso degustazione. La Sicilia c’è tutta e c'è sempre. Nelle fettucce con gambero e aragostella, con zafferano, limone e zenzero, così come nel pesce spada alla carbonella con melanzana arrostita e Pomodoro affumicato. I tortelli sono con ricotta di bufala, crema di melanzana affumicata, pomodoro arrostito e limone candito e l’arancina è proposta con il lardo dei Nebrodi, cappesante e pesce spada. È stato Toti, forte dell’esperienza con il ristorante del papà, dove ha imparato la dedizione e il sacrificio per questo lavoro, ad aver iniziato un percorso di svolta nel panorama culinario di Cefalù, segnando il cammino verso una ristorazione di alto livello che cerca di collocare la perla del Tirreno nel circuito dei nuovi ristoranti siciliani di alta cucina.

Cortile Pepe – Cefalù (PA) – via Nicola Botta, 15 - 0921 421630 - cortilepepe.it

 

Qualia, la bistronomie siciliana

Una vera e propria bistronomie, che guarda alla Francia e alla Scandinavia mantenendo solide radici in Sicilia. Lo chef e co-proprietario Davide Catalano - studi alla Cast alimenti ed esperienze, tra le altre, al Maaemo di Oslo e al Relae di Christian Puglisi a Copenaghen – ha fatto sue le tecniche moderne del Nord Europa per tradurle in una cucina siciliana che rimanda ai bistrot di qualità. Parola d'ordine: rivisitare, sperimentare ma non troppo. Stravolgere mai. Ne sono un esempio il polpo su una spuma di patate o il gambero di Mazara con latte di mandorla e olio al basilico, il tataki di tonno con patate, pomodoro e olive nere e il rombo di caponata di melanzane e salsa di basilico e pistacchi. Anche gli interni riprendono il minimalismo nord europeo con un ambiente dove domina legno e ferro, con sedie vintage e lampade sui tavoli per esaltare il cibo. Vini siciliani esclusivamente naturali e biodinamici che privilegiano i piccoli produttori di nicchia dell’Isola.

Qualia - Cefalù (PA)- via G. Amendola, 16A - 0921 820104 - ristorantequalia.it

 

Lievita e la pizza gourmet con i grani antichi siciliani

Solo grani antichi siciliani e farine macinate a pietra per le pizze di Lievita, locale voluto dal giovane ristoratore Riccardo Provenza che ha chiamato il maestro pizzaiolo Salvatore La Martina per realizzare un impasto con lievito madre e lunga lievitazione (da 48 a 72 ore), leggerissimo e digeribile, da cui nasce una pizza gourmet dove gli ingredienti rendono omaggio alle vicine Madonie e tutto il territorio siciliano. In menu oltre 40 pizze, dalle classiche alle speciali come Al Gambero con gambero rosso, stracciatella, granella di pistacchio, pomodoro pachino, o l’Agricola con la ricotta fresca delle Madonie e la salsiccia dei Nebrodi.

E a un anno dall’apertura, Riccardo Provenza ha già pronto il bis: a fine anno aprirà un nuovo Lievita la cui cucina sarà affidata allo chef Gianni Lettica, executive chef e consulente del nuovo locale. Lettica, piemontese di origina ma siciliano di adozione, si è fatto conoscere nell’Isola per le sue esperienze al Gagini e al Cortile Pepe di Fiduccia ma anche per aver aperto i Cucci, bistrorante a Palermo e l’omonima bakery. Per la seconda sede di Lievita, non lontano dal lungomare di Cefalù, ci saranno 150 posti a sedere, la pizzeria curata dallo stesso La Martina, una braceria con carni locali e internazionali e il ristorante affidato a Lettica. “Un concetto di ristorazione moderna” dice Riccardo Provenza “che stiamo studiando insieme allo chef Gianni Lettica. Sarà un percorso culinario che valorizzerà la cucina siciliana, puntando sempre sull’eccellenza delle nostre materie prime”.

Lievita – Cefalù (PA) - via Giacomo Matteotti, 29- 0921 820377- facebook.com/lievitawoodfiredpizza

 

Cefalù e le taverne di lusso

La chiamano taverna di lusso siciliana per il modo semplice di proporre una cucina tradizionale e di qualità, ma con chiari segni di una cucina più moderna. Giuseppe Fiduccia, chef e patron del ristorante La Botte, ha all’attivo oltre 50 anni di esperienza nella ristorazione diventando un punto di riferimento per Cefalù e dintorni. Tra le sue creazioni, la rivisitazione del cous cous al nero di seppia accompagnato da un tortino di ricotta fresca di pecora, lo spiedino di spatola servito con salsa di arance fresche o il tortino di sarde a beccafico servite su un letto di vellutata di piselli.

Sul segno della tradizione della cucina siciliana, quella che non rinuncia mai alla freschezza del suo pesce e dei suoi ingredienti, è anche il nuovo ristorante Antares di Giancarlo Canale, sul lungomare di Cefalù. Giancarlo, siciliano della vicina Geraci, cambia volto e nome al ristorante che lui stesso ha aperto nel passato, proponendo attraverso i piatti dello chef Vincenzo Di Dio una cucina di mare leggera, versatile e fresca come le tagliatelle all’astice o i classici spaghetti ai ricci. “In una città difficile come Cefalù, sono diverse le strade che si possono sperimentare. Noi abbiamo scelto quella della classica cucina di mare lavorando soprattutto con una materia prima semplice ma fresca come il pesce”. Da Antares c’è anche l’angolo con il forno alla brace Josper per la cottura di carni e pesce, e un bar che combina lo stile e il design americano con quello mediterraneo. A poca distanza, nella vicina Castelbuono, Giancarlo ha inaugurato l’osteria enoteca Kilometrozero.Una formula diversa in sintonia con i sapori e la tradizione di Castelbuono e delle Madonie.

La Botte – Cefalù (PA) - Via Veterani, 20- 0921 424315 - facebook.com/pg/labottecefalu.fiduccia

Antares – Cefaù (PA) - Lungomare Giuseppe Giardina, 15 - 0921 921624 - facebook.com/Antares-Ristorante-Pizzeria-Braceria

Kilometro zero – Castelbuono (PA) - Via Sant'Anna - 0921 440706 - 320 0335237 -  osteriakilometrozero.it

 

La scommessa della nuova generazione

Studi, formazione all’estero, radici ben solide nella terra madre, tra vocazione cosmopolita e nostalgia sicula: la nuova generazione siciliana racconta anche storie di ritorno. Come quella di Alessandro Sciarrino, che dopo diversi anni trascorsi nel management dell’accoglienza del lusso a Londra, fa rientro nell’Isola e scommette sulla ristorazione con il nuovo ristorante Triscele. Alessandro in sala, il fratello Carmelo in cucina, insieme hanno studiato un menu fresco, dinamico, leggero, attingendo sempre al patrimonio siciliano e alla materia prima locale. “Una ristorazione moderna”dice “che non vuole essere pretenziosa e snob, piuttosto tradizionale con un occhio verso la rivisitazione e meno sperimentazione”. Domina il pesce con la tartare di tonno con fantasia di frutta, le linguine con bottarga di tonno, gambero rosso di Mazara del Vallo e ciliegino, i ravioli di cernia su vellutata di pesce spada e l’interessante versione della tagliata di seppia alla griglia su rucola e scaglie di grana.

Triscele – Cefalù (PA) - via Umberto I, 34 - 0921 921571 - triscelerestaurant.it

 

Abbazia Santa Anastasia: enoturismo con cucina

Incastonata in un parco di 450 ettari tra vitigni, coltivazioni biologiche e terrazze che guardano il mare l’Abbazia fondata da Ruggero d’Altavilla nel XII, oggi è un Relais che punta all’enoturismo verde, mescolando vino, cibo, cultura e natura. La sapienza dei monaci Teatini e poi Benedettini che producevano vino viene ereditata dalle cantine Abbazia Santa Anastasia, una produzione che si è convertita totalmente al biologico e che negli ultimi anni ha ritrovato la grinta con Terre di Anastasia, Metodo Classico brut 36 mesi da uve biologiche di grecanico mentre Passomaggio ha conquistato il premio Berebene del Gambero rosso.

La cucina dello chef Antonio Bonadonna è quella dice lui “custodita nel libro delle ricette della mamma e della nonna”, da lui rivisitata grazie alla freschezza dei prodotti biologici delle terre dell’Abbazia. Cucina popolare, insomma, quella di una volta ma anche quella di oggi, arricchita di spezie e di cotture moderne.

Abbazia Santa Anastasia - Castelbuono (PA) - Contrada Santa Anastasia, snc - 0921 672233 - 331 3248148 - abbaziasantanastasia.com

 

Street food, burger siciliani e pasticceria

Un po' cocktail bar - anzi smart Italian bar come dicono loro - un po' ristorante con piatti freschi e veloci, un po’ street food ma anche locale per aperitivi. Frì-Trafficanti del Gusto sono la Sicilia giovane e dinamica di oggi. Quella informale che non tradisce la tradizione ma si apre alle formule easy senza troppe pretese. Non più solo moda, insomma, quella del burger in versione siciliana, sta ormai prendendo piede in Sicilia incrociandosi con la tradizione.

Loro, quelli di Tivittibottega sicula sul lungomare di Cefalù, ci provano con gli hamburger di carne e pesce combinati con formaggi e verdure locali.

Tradizione classica a La Gallizza, indirizzo gastronomico di Cefalù dove regna sovrana la classica rosticceria di Palermo e provincia: arancine, aneletti, pizza rustica, sfincione, ravazzata (impasto ripieno di carne di ragù e piselli).

Dici Sicilia e non puoi dimenticare la pasticceria. Quella classica e iconica del Bar Duomo di Cefalù, con le sue vetrine in pieno centro, vicino la Cattedrale, dove si possono ammirare cannoli, cassate e le paste di mandorle e quella del rinnovato Gran Caffè Santa Lucia.

Frì-Trafficanti del Gusto - Cefalù (PA) - piazza Cristoforo Colombo, 9 - 320 907 2457 - facebook.com/frismartitaliancafe

Tivitti – Cefalù (PA) - Lungomare Giuseppe Giardina - 0921 922642 - bottegativitti.com

La Gallizza - Cefalù (PA) - SS113 - 0921 422407 - facebook.com/LaGallizzaCefalu

Bar Duomo – Cefalù (PA) - piazza del Duomo, 19 - 0921 421164- 338 751 8113

Grand Caffè Santa Lucia- Cefalù (PA) - SS. 113 Contrada Santa Lucia  - 0921 421565 - facebook.com/barsantaluciacefalu

 

a cura di Liliana Rosano

Una cantina in città per Giuseppe Zen, che riapre Mangiari di Strada a Milano

$
0
0

Ancora qualche settimana e i lavori di ripristino del quartier generale di Lorenteggio, chiuso dall’inizio del 2018, saranno completati. Con qualche sorpresa di cui gli estimatori di Giuseppe Zen dovranno tener conto: la nascita della prima cantina di produzione in città, con la complicità di Marco Tinessa; la possibilità che Mangiari, per i primi mesi, apra solo in concomitanza di occasioni speciali. Ci racconta tutto Zen. 

 

La buona nuova che attende al rientro in città i nostalgici di Mangiari di Strada– mecca dello street food di eccellenza chiusa da diversi mesi per l’allagamento che alla fine del 2017 ha coinvolto alcuni locali del quartier generale di Lorenteggio – dovrebbe essere l’imminente riapertura del pluripremiato tempio della cucina popolare ideato da Giuseppe Zen ormai 6 anni fa. La squadra si è rimboccata le maniche senza perdersi d’animo, nonostante i danni ingenti causati dall’acqua; lo spazio è stato completamente bonificato e tra qualche settimana, finalmente, sarà pronto per aprire nuovamente al pubblico con una insolita trovata in stile Zen.

 

Il futuro di Mangiari di Strada

Se non fosse che proprio l’imprevedibile patron, ambasciatore del cibo naturale a Milano, ama scombinare le carte in nome di una passione per il suo mestiere che non è esagerato definire totalizzante, e sempre lo porta a ragionare da artigiano, ancor prima che da imprenditore. Dunque tutto confermato: l’inaugurazione del caro, vecchio (ma nuovo) Mangiari di Strada di via Lorenteggio 269 si farà, e già alla fine di settembre, in concomitanza con una grande festa della vendemmia di cui riparleremo tra poco. Ma il futuro dell’insegna è tutt’altro che scontato: “Siamo pronti per aprire, già qualche tempo fa abbiamo avuto modo di organizzare un evento nei nostri locali rimessi a nuovo. Ma se devo essere sincero sto aspettando di trovare l’energia per fare bene. Il lavoro al Mercato in Darsena si è progressivamente intensificato, e di questo siamo molto felici, però ho cominciato a chiedermi come riuscissi, fino a qualche mese fa, a conciliare tutti gli impegni senza derogare alla mia idea di qualità e servizio al cliente. Io sono fatto così, devo mettere le mani in pasta in prima persona, non sono bravo a far lavorare gli altri per me, perché trasferire l’emozione del cibo è un obiettivo difficile da perseguire, e delegare non è nella mia indole”. Insomma, Zen è consapevole di essere l’anima della sua attività, i banchi al mercato di piazza Ventiquattro maggio (Macelleria Popolare, Resistenza Casearia, il Panificio Italiano) richiedono presenza costante e assorbono molte energie: “Per questo sto pensando di riaprire definitivamente Mangiari di Strada solo quando mi sentirò in grado di gestire entrambe le situazioni secondo i miei standard, forse chissà, non prima dell’inizio del 2019”. Niente paura però, perché il lavoro degli ultimi mesi non può andare sprecato, e al locale di Lorenteggio Zen è pur sempre molto affezionato. Tanto che di fare nuovi progetti, proprio per l’entusiasmo che ha sempre guidato la crescita del sistema Zen, non sembra essere mai stanco.

 

La cantina di Zen a Milano

E allora la riapertura – seppur temporanea, o più probabilmente con cadenza occasionale per eventi e cene speciali, almeno per i primi mesi di rientro – porterà con sé la presentazione a Milano della prima cantina per la produzione di vino in città. Una sfida nella sfida nata dalla collaborazione con il vigneron Marco Tinessa, che gestirà l’intero ciclo di vinificazione proprio negli spazi allagati lo scorso dicembre, ora attrezzati per consentire di seguire tutte le operazioni, dall’arrivo dell’uva in cantina al diraspamento, per procedere con la fermentazione e l’affinamento: “Mi piace l’idea di avere una cantina in città, anche se i detrattori non mancheranno. Ma la mia è la scienza della prova, prima di emettere sentenze bisogna lavorare sul campo; ho ragionato sull’idea, e non ho trovato nulla di ostativo alla sua realizzazione, l’uva può viaggiare per 500 chilometri nel giro di una decina di ore, arrivare qui ed essere pronta per la vinificazione”. Certo sarà una piccola produzione, “parliamo di qualche migliaia di bottiglie, e inizieremo con l’uva aglianico che è il segno distintivo dell’Ognostro di Marco Tinessa”, ma l’idea è quella di lavorare sul recupero di vini sviliti dalla tradizione, come la Bonarda: “Sarebbe bello produrre una Bonarda milanese, per farne un simbolo della città”.

 

In nome della naturalità

Quel che più conta, però, è preservare il metodo di lavoro che ha sempre guidato i progetti di Zen: “Siamo stati tra i primi a credere nel vino naturale anni fa, e la cantina non tradirà la nostra filosofia, sarà il luogo della naturalità, nessun aiuto della chimica in vigna e in fase di produzione”. Gli ultimi macchinari stanno arrivando – “in fondo ci vuole poco, un pigiadiraspatore e le cisterne per fermentazione e affinamento, asseconderemo un processo lineare, lo definirei pliniano per la naturalezza con cui si concretizza” – Tinessa è pronto a prendere il timone. La festa della vendemmia, tra qualche settimana, sarà l’occasione giusta per iniziare, e presentare lo spazio alla città: “Marco vendemmierà a Montesarchio, l’uva viaggerà durante la notte, il giorno dopo saremo pronti a Milano con la nostra festa, che sarà pure il vernissage di Mangiari di Strada”. Poi si navigherà a vista: in cantina i lavori procederanno a porte chiuse, ma su appuntamento sarà possibile visitarla con la guida di Tinessa; cosa sarà di Mangiari, invece, bisognerà scoprirlo col tempo, approfittando delle iniziative proposte di tanto in tanto, in attesa della riapertura definitiva. Anche questo, in fondo, significa assecondare l’evoluzione naturale delle cose.

 

a cura di Livia Montagnoli

Brda Home of Rebula 2018 report. I migliori assaggi dalla masterclass a Vila Vipolže

$
0
0

Un vitigno che unisce in un unico terroir Collio e Slovenia. È la ribolla gialla, che in oltreconfine si chiama rebula. Un'uva, e un vino, che stupisce per legame col territorio e capacità espressive.

 

Dopo il successo della prima edizione di Brda Home of Rebula, Vila Vipolže ha ospitato anche quest’anno la manifestazione dedicata al vino simbolo della Goriška Brda e del Collio goriziano. Tre giornate, da 28 al 30 agosto, dedicate a una masterclass sulla Rebula, alla scoperta del territorio e dei suoi vini per la manifestazione nata dalla collaborazione di un gruppo di produttori sloveni e italiani, con l’intento di valorizzare le caratteristiche tipiche di questo vino prodotto nella zona storica e farne conoscere le migliori eccellenze.

 

Il vitigno

La rebula è coltivata da secoli in questa regione e ha trovato nelle particolari condizioni pedoclimatiche del territorio il suo habitat ideale. La Brda è un piccolo lembo di terra incastonato tra le Alpi e l’Adriatico. Il clima è mediterraneo, sempre ventilato grazie alle dolci brezze del mare e alla Bora che soffia da nord-est. I suoli sono costituiti dal famoso Flysch, o ponca: stratificazioni sedimentarie di arenarie e marne d’origine eocenica, molto vocate per la viticoltura. Si tratta di terre povere, formate dal disfacimento di rocce friabili ricche di sostanze minerali, che si sono rivelate perfette per contenere la naturale generosità della rebula. La masterclass di quest’anno, condotta da Luca Gardini, ha proposto in degustazione non solo vini prodotti con diversi stili, dalle classiche vinificazioni in bianco alle lunghe macerazioni sulle bucce, ma anche annate dal 2017 al 2010, regalando una prospettiva temporale che ha messo in luce le interessanti evoluzioni aromatiche della Rebula.

 

Masterclass, i vini in degustazione

 

Rumena Rebula 2017 - Medot

Rumena Rebula 2017 - Ščurek

Rebula 2016 - Zanut

Rumena Rebula 2016 - Dolfo

Rebula Visvik 2016 - Jermann

Rebula Època 2016 - Ferdinand

Rebula 2016 - Edi Šimčič

Ribolla Opoka 2015 - Marjan Šimčič

Rebola Bagueri 2013 - Klet Brda

Rebula 2015 - Kristian Keber

Amfora Belo 2015 - Erzeti

Ribolla 2012 - Radikon

Ribolla Gialla 2010 - Gravner

 

I nostri migliori assaggi della masterclass

 

Rumena Rebula 2016 - Dolfo

Nasce da una macerazione sulle bucce di cinque ore, con fermentazione e successivo affinamento in acciaio per 10 mesi. Il profilo olfattivo è fresco e delicato, con profumi floreali e agrumati. Il sorso è elegante, con un frutto maturo, che si apre a sfumature tropicali e si distende verso una chiusura sapida e minerale.

 

Rebula Visvik 2016 - Jermann

Rappresenta la nuova sfida di Jermann. Una Ribolla prodotta da una giovane vigna situata in Brda. A una macerazione a freddo sulle bucce di tre giorni, segue la fermentazione in botti di rovere di Slavonia da 750 litri. Il vino matura sempre in botte per 8 mesi e si affina per un anno in bottiglia. All’olfatto esprime note di erbe aromatiche, accompagnate da sentori di eucalipto e pino marittimo, su un sottofondo di frutta bianca e agrumi. Al palato è piacevolmente sapida, con aromi delicatamente fruttati, sfumature citrine e un finale caratterizzato da note balsamiche.

 

Rebula Època 2016 - Ferdinand

Matjaz Četrtič produce la Ribolla Època con le migliori uve di vigne di circa 30 anni d’età. Dopo una macerazione a freddo di 24 ore, la fermentazione si svolge in tonneau di rovere francese. Il vino matura sui lieviti per circa un anno in tonneau e si affina per 6 mesi in bottiglia. Il bouquet è elegante e complesso, con aromi fruttati e delicati sentori di morbide spezie. Il gusto è ricco, armonioso e persistente, con un finale caratterizzato da limpide sensazioni minerali.

 

Rebula 2016 - Edi Šimčič

La Rebula di AleksŠimčič nasce da un’accurata selezione dei suoi migliori vigneti. Dopo una macerazione di qualche ora, la fermentazione e l’affinamento avvengono in legno, con una sosta sulle fecce fini di circa 10 mesi. Il quadro olfattivo è intenso e ricco, con aromi fruttati, note agrumate e morbide sensazioni speziate. Il sorso, ampio e denso d’aromi, s’allunga armonioso e persistente verso un finale in cui tornano ad affacciarsi ricordi speziati

 

Ribolla Opoka 2015 - Marjan Šimčič

Le vecchie vigne di oltre 60 anni coltivate sulla migliore ponca, fanno di quest’etichetta una vera eccellenza di livello assoluto. La macerazione sulle bucce dura 6 giorni, con fermentazione in tini di rovere. Segue una maturazione di 8 mesi in botti di rovere da 4000 litri e di 11 mesi in tonneau. Il lungo affinamento si completa con 12 mesi di bottiglia. I profumi sono eleganti e sfaccettati, con note di erbe officinali, frutta bianca matura, agrumi e sensazioni balsamiche. Il sorso è teso e profondo, con un frutto espressivo e un finale molto persistente sulle note salate tipiche del terroir.

 

Rebula 2015 - Kristian Keber

La Ribolla di Kristian Keber è prodotta con una macerazione di un mese e fermentazione con lieviti indigeni. Segue una maturazione di 2 anni in botti di rovere e un affinamento di 7 mesi in bottiglia. Il profilo olfattivo si apre su sottili note di erbe aromatiche e tè, su un sottofondo di frutta gialla matura e scorza d’agrumi. Il sorso è profondo e persistente, con frutto ricco, sensazioni sapide e una piacevole freschezza finale.

 

Ribolla Gialla 2010 - Gravner

Frutto di una vendemmia particolare, con parte delle uve attaccate dalla Botrytis Cinerea, il vino esprime una tavolozza d’aromi complessa e seducente, con morbide note di frutta gialla matura, scorza d’arancio, sfumature tropicali, ricordi di erbe officinali e sfumature muffate. Al palato è avvolgente, con un frutto intenso, che si distende verso un finale lungo e armonioso.

 

Le cantine del territorio e i loro vini

Le giornate di Brda Home of Rebula sono state anche l’occasione per visitare alcune delle Aziende che hanno partecipato all’evento. La Cantina Ščurek produce un’ampia gamma di vini monovarietali e alcune cuvée particolarmente interessanti. Il bianco Stara brajda belo 2014 (60% ribolla gialla, 20% pikolit, 20% pika, glera, tržarka e malvasia) è il classico assemblaggio del territorio, maturato in legno per un anno. È un vino intenso, con aromi di frutta gialla, sentori speziati e un finale molto persistente. Il Kontra 2016 (50% ribolla gialla, 50% chardonnay) nasce da una macerazione di 10 mesi in botti di rovere da 300 litri e viene imbottigliato senza filtrazione. È un bianco che esprime un frutto fragrante, con sentori di resina, miele, spezie e un finale salato, delicatamente tannico.

I vini di Jermann non hanno bisogno di presentazioni. Sono ormai dei classici senza tempo. Se il W… Dreams 2016 ha ancora bisogno di un po’ di affinamento per trovare la giusta maturità, il Vintage Tunina 2016 è sembrato più pronto. Ma al momento il vino più piacevole e armonioso è sicuramente il Capo Martino 2015.

La Cantina Zanut di Borut Kocijančič si trova a Neblo, in una zona molto soleggiata e costantemente battuta dalla bora. In questo particolare microclima, il friulano e il sauvignon blanc si esprimono molto bene. Il bianco Zakaj è uno dei sauvignaunasse più sfaccettati e profondi del territorio e il Sauvignon regala una ricchezza aromatica, intensa, armoniosa e mediterranea.

Visitare la Cantina di Josko Gravner vuol dire entrare in un’altra dimensione temporale. Qui sono gli eterni ritmi della natura che scandiscono l’esistenza con paziente armonia. Col passare degli anni i suoi vini si fanno sempre più autentici e assoluti, quasi concettuali. Il Bianco Breg 2007 è austero ed essenziale, dal profilo sottile ed elegante, mentre il 2010 unisce alla freschezza dell’annata, un frutto dolce con raffinate sfumature di Botryris. Ottima la Ribolla 2009 ma insuperabile la 2008, un vino di rara armonia ed equilibrio espressivo.

La Cantina Medot è specializzata nella produzione di Metodo Classico e propone diverse cuvée con la ribolla protagonista, insieme a chardonnay e pinot noir. Sono spumanti caratterizzati da una vibrante freschezza e da piacevoli note sapide. Tra le diverse etichette, segnaliamo la Cuvèe Extra-Brut per la finezza dei profumi e lo slancio verticale del sorso e il Brut Millesimato 2010, che grazie a un affinamento sui lieviti di almeno 6 anni, regala aromi complessi e profondi, conservando una tensione espressiva di grande vitalità.

Erzetič propone una gamma d’interessanti vini affinati in anfora, che dimostrano anche un ottimo potenziale d’invecchiamento. È il caso dell’Amfora Sivi Pinot 1997, che esprime armoniosi e complessi aromi di frutta gialla, scorza d‘agrumi, spezie dolci e sensazioni tropicali.

Marko Skočaj, titolare della Cantina Dolfo, produce vini dallo stile rigoroso ed essenziale, con un profilo secco e fresco. Il suo Metodo Classico Spirito 2013, a base di chardonnay e pinot noir, rispecchia perfettamente la sua filosofia. È un Pas Dosé tagliente, con aromi eleganti, sottili e un piacevole finale sapido. Tra i suoi vini fermi segnaliamo il Gredič belo 2012 una cuvée di chardonnay, pinot grigio, sauvignonasse, sauvignon blanc e pinot bianco maturata 4 anni in barrique. Grazie a un buon uso del legno, il vino si presenta ancora vibrante, con aromi complessi, che chiudono sulle note minerali e salate tipiche del terroir.

Chiudiamo con i vini di Matjaž Četrtič, che gestisce con la moglie Jasmina la Cantina Ferdinand. I suoi vini rappresentano una delle migliori eccellenze del territorio. Il Metodo Classico Brut Nature Sinefinis, prodotto in collaborazione con l’amico Robert Prinčič dell’azienda del Collio Gradis’ciutta, è una ribolla gialla in purezza affinata 60 mesi sui lieviti, che regala note d’agrumi, frutta gialla e sentori tostati, attraversati da un’intatta vena d’acidità citrina. La Rebola Època 2016, presentata alla masterclass, si è rivelata una delle etichette più interessanti della degustazione per la raffinata eleganza e il suo perfetto equilibrio gustativo. Tuttavia il vino più emozionante di Matjaž è la Ribolla Gialla Brutus 2015, che nasce da una macerazione in botte degli acini con il mosto per 12 mesi, a cui seguono ulteriori 12 mesi di affinamento in botte del vino, una volta separato dalle bucce. Una Ribolla che esprime aromi intensi e complessi, con note di rosmarino, lavanda, sentori balsamici di pino marittimo, ricordi di spezie dolci e aromi maturi di frutta gialla. Il finale è armonioso e molto persistente, con note saline e una piacevole sensazione di lieve ruvidità tannica.

 

a cura di Alessio Turazza

 

 

La Danimarca investe sull'alta ristorazione. 5 milioni di euro per sostenere lo sviluppo del settore: ecco perché

$
0
0

40 milioni di corone in 4 anni, a partire dal 2019, per sostenere l'industria fine dining danese nell'ascesa costante dell'ultimo decennio. Gli obiettivi? Prestigio internazionale e ricadute importanti sul fronte economico e occupazionale, con benefici per la collettività. Un esempio da seguire. 

 

Nella Danimarca delle ultime settimane il cibo è stato protagonista su più palcoscenici, e per motivi molto diversi tra loro. Quel che ne viene fuori tirando le somme, però, è un messaggio univoco dettato dalla consapevolezza di quanto il settore gastronomico possa crescere in seno alle dinamiche sociali, culturali, economiche (e politiche) di uno Stato moderno, alimentando il benessere collettivo non meno di quello individuale. E la Danimarca sembra procedere coesa in questa direzione: l'avvento del movimento della New Nordic Cuisine, ormai più di 10 anni fa, ha decisamente influenzato la crescita della ristorazione locale, offrendo alle nuove generazioni un terreno di riferimenti comuni da cui partire per spingersi oltre, e non è un caso che proprio a Copenaghen, intorno al faro del Noma e di René Redzepi, sia nata e maturata l'esperienza di MAD, simposio che indaga le prospettive future della ristorazione internazionale, andato in scena una settimana fa. In parallelo l'impegno statale per il miglioramento delle politiche alimentari da un lato, e il sostegno alla crescita economica del settore dall'altro, non è mai venuto meno.

 

Il sostegno all'industria della ristorazione e le politiche alimentari

Due le linee guida che indirizzano la Casa Reale della Regina Margherita II e il Parlamento danese: la lotta allo spreco alimentare, con il sostegno a produzioni sostenibili e l'incentivo ad abitudini di consumo coerenti con l'obiettivo di ottimizzare le risorse; la valorizzazione del turismo enogastronomico, con evidente sostegno all'impresa della ristorazione, per puntare alla crescita di un'importante voce di bilancio nazionale. E se il primo punto si è concretizzato alla fine di agosto in occasione del World Food Summit 2018 ospitato proprio all'interno del Palazzo di Christiansborg (sotto la direzione della Principessa Marie, che da tempo si è fatta portavoce del movimento Better food for more people), è l'annuncio del ministro dell'Environment of Food Jakob Ellemann-Jensen a conquistare le cronache per la lungimiranza delle misure a sostegno dell'alta ristorazione danese messe a bilancio per il 2019.

 

5 milioni di euro per l'alta ristorazione. Dalla formazione al lavoro qualificato

Ammonta a 40 milioni di corone – più di 5 milioni di euro – lo stanziamento statale previsto per i prossimi 4 anni per favorire lo sviluppo del settore e incentivare l'occupazione nell'industria del fine dining. Duplice, dunque, l'obiettivo del Governo danese, che esplicita per bocca del ministro deputato l'intenzione di consolidare l'ascesa della ristorazione danese a livello globale, partendo dai riconoscimenti ottenuti negli ultimi anni – sono 26 le insegne stellate del Paese, unico tristellato il Geranium di Copenaghen, senza contare l'autorevolezza conquistata dal Noma nell'ultimo decennio – per ambire alla conquista di un ruolo di leadership che la cucina francese detiene da prima della nascita delle ristorazione moderna. Come si lavora per farlo? In primis non bisogna avere paura di investire, ma è necessario pure mettere sul piatto le idee giuste. Partendo dalla formazione, nota dolente del sistema italiano, finora sordo alle esigenze (e alla potenzialità!) di crescita della nostra ristorazione. Il ministro danese, invece, è chiaro: mantenere un buon posizionamento sulla mappa mondiale delle mete gourmet è una priorità in grado di restituire benefici sul lungo periodo per la collettività, e non solo in termini di prestigio internazionale. “Sul versante del turismo e dello sviluppo agricolo la gastronomia di qualità è un traino fondamentale all'incremento occupazionale”, per questo tra le prime iniziative in agenda si provvederà a finanziare la nascita di una nuova accademia per la formazione di chef. Ma l'investimento, per chiudere il cerchio, riguarderà direttamente anche lo sviluppo di politiche alimentari volte alla riduzione di sprechi (e in questo sì, l'Italia è stata pioniera, con la legge Gadda) e all'incentivo di produzioni sostenibili. Insomma, la Danimarca ci crede e invita gli altri a farlo. Chi seguirà l'esempio?

 

a cura di Livia Montagnoli

Viewing all 5335 articles
Browse latest View live