Quantcast
Channel: Gambero Rosso
Viewing all 5335 articles
Browse latest View live

SnapFood: l'app per condividere le proprie esperienze culinarie

$
0
0

Raccontare i pasti, gli assaggi, le degustazioni e le diverse esperienze gastronomiche è ormai una moda che impazza da tempo sul web. Ora esiste una app specifica per poter condividere le proprie opinioni e creare così una classifica dei migliori piatti proposti dai ristoranti. 

Mangiare ai tempi dei social network

Scatta, assaggia, condividi. Tre semplici regole che sono entrate già da tempo a pieno ritmo nella vita di tutti gli appassionati gastronomi. Quella di pubblicare sui vari social network, blog e pagine web le foto delle esperienze culinarie più interessanti sembra ormai essere diventata un'esigenza imprescindibile per tutti coloro che amano sperimentare nuovi locali. Istantanee di croissant e cappuccini dell'ultima boulangerie aperta in città, immagini di taglieri e calici di bollicine durante la pausa aperitivo, foto di piatti d'autore di un menu degustazione del ristorante stellato di turno. Con tag, commenti, recensioni: sono le nuove e più moderne forme di passaparola digitale, sistemi immediati e veloci per scambiarsi idee e opinioni sulle insegne più o meno valide presenti in città. Creando così una rete di consumatori interessati all'universo del cibo in costante ricerca dei piatti migliori.

 

L'applicazione

Facebook, Twitter e soprattutto Instagram, il social network che consente di condividere immagini in tempo reale: sono queste le piattaforme più utilizzate, specialmente dai giovani, per mostrare cene, ricette e fornire consigli a tutti gli instancabili golosi. Ma esistono anche applicazioni per smartphone pensate appositamente per stilare un elenco degli indirizzi più gustosi delle varie località, come Food Spotting, Tastd e molte altre. Ora, un nuovo nome si aggiunge alla lista: è SnapFood, app nata dalla volontà della digital agency Glooxy Plus con sede a Malta e disponibile per Ios e Android. Con SnapFood si possono condividere le proprie esperienze gastronomiche positive, entrando a far parte della community della piattaforma e inserendosi così all'interno di un circuito a tutti gli effetti in grado di classificare i ristoranti. L'app è gratuita e si propone di creare una sorta di sfida fotografica fra gli utenti: per tutti i gastronomi della community sono previsti infatti bonus, trofei da sbloccare, concorsi, eventi. Un sistema che permette, dunque, non solo di scoprire i piatti più buoni nelle immediate vicinanze, ma anche di conoscere altre persone con la stessa passione per il cibo e scambiarsi pareri e giudizi. Per trovare le pietanze più gustose, si possono utilizzare una serie di filtri studiati dai creatori dell'app, che suddividono la ricerca a seconda della zona, tipologia di cucina, fascia di prezzo e tipo di piatto. Un modo originale e divertente per scoprire nuove insegne, in Italia e all'estero.

www.snapfood.com/

 

a cura di Michela Becchi

 

 

 


Le ricette di Nonna Marisa. La pagina Facebook di una 86enne che fa sorridere il web

$
0
0

Dopo le scosse di terremoto, del gennaio scorso, si è trasferita da Rieti a Roma, dove vivono figli e nipoti. E per passare il tempo ha iniziato a registrare dei video con le Ricette di Nonna Marisa.

Classe 1931, originaria di Roma, vive da tanti anni in provincia di Rieti. Però omette il paese Nonna Marisa: “Preferisco non dirvelo, non si sa mai, vivo da sola.”. Come darle torto. E come non stupirsi del fatto che alla veneranda età di 86 anni viva ancora da sola, in un paesino di poche anime abbarbicato su un colle (a onor di cronaca: questo lo abbiamo dedotto).

La storia

Maria Luisa, per tutti Marisa, è nata a Roma ma si è trasferita nel reatino quando era ancora una bambina, “mio papà faceva il ferroviere, quindi ci si spostava in base alle sue esigenze”. Ed è proprio in uno dei paesi in cui ha vissuto con la famiglia che conosce il futuro marito. “Luigi ed io ci siamo sposati che non eravamo proprio giovanissimi! Era il 20 ottobre del '57. Con lui mi sono data alla vita da contadina: sveglia presto e subito dietro ai fornelli per preparare la colazione, poi a mungere le vacche, per vendere il latte nel piccolo negozio di proprietà, dove ci scappava anche qualche uova delle nostre galline”. Con Luigi c'è rimasta una vita intera, Marisa, fino a un anno e mezzo fa, quando l'uomo è venuto a mancare. “I miei figli e i miei nipoti, che vivono a Roma, hanno insistito tanto affinché mi trasferissi a casa loro. Io non me la sono sentita, volevo stare nel mio paese, nella mia casa, con i nostri ricordi”. Probabilmente ricordi di giornate lunghe, intense, faticose, ma ricche di condivisione con gli altri. È la vita di paese. Che si è letteralmente fermata con le scosse di terremoto, che hanno colpito la provincia di Rieti il gennaio scorso. “In quei momenti ho avuto paura, forse per la prima volta in vita in mia, allora ho deciso di trasferirmi momentaneamente a Roma”. Una volta arrivata nella Capitale, le giornate di Marisa passavano tristi, così la nipote Eleonora Rinaldi ha cominciato a riprenderla mentre spignattava e raccontava le sue ricette. Ne sono nati una pagina Facebook, un canale YouTube e un account Instagram. Pochi numeri, per carità, ricette semplici, ma tanta tanta genuinità. E tenerezza. Oggi Marisa è ritornata “a paese” ma ogni giorno domanda alla nipote come stanno andando le sue ricette nel web.
 


Come anticipato, le ricette sono molto semplici e, a volte, utilizzano ingredienti abbastanza criticabili, come per esempio il dado. E non c'è stato verso di farglielo sostituire: a detta della nipote “in cucina comanda lei”. Per noi rappresenta però uno spunto per fare una riflessione sulle abitudini delle nostre nonne, che erroneamente si pensa siano, per partito preso, sempre più sane e genuine delle attuali. Eppure non facciamo i conti con il retaggio del dopoguerra, l'era del baby boom e della comodità. Gli anni in cui gli specialisti della trasformazione alimentare svilupparono un gran numero di metodi per coltivare, incrementare, precuocere, conservare e imballare i cibi. Si legge in Storia dell'alimentazione a cura di Jean-Louis Flandrin e Massimo Montanari: “Dal 1949 al 1959 i chimici presentarono più di 400 nuovi additivi per permettere agli alimenti di resistere ai nuovi procedimenti”. Furono delle innovazioni che non lasciarono indifferenti i consumatori, specie la casalinga che scopriva per la prima volta una bustina che magicamente rendeva frizzante l'acqua del rubinetto o un piccolo cubetto, già pronto all'uso, capace di regalare istantaneamente sapidità e umami alle pietanze. Alzi la mano chi non lo ha mai visto nella dispensa di nonna.

 

www.facebook.com/lericettedinonnamarisa

 

a cura di Annalisa Zordan

 

Goldman Prize 2017. Il Nobel per l'ecologia premia i contadini coraggiosi: riconoscimenti in Guatemala e Slovenia

$
0
0

Due storie di impegno per rivendicare il diritto alla terra e all'agricoltura, due battaglie estenuanti contro istituzioni e multinazionali, due agricoltori divisi da un oceano e migliaia di chilometri di distanza. A Rodrigo Tot e Uros Macerl il Nobel per l'ecologia 2017. Chi sono. 

Ufficialmente si chiama Goldman Environmental Prize, uno dei più prestigiosi riconoscimenti inerenti tematiche ambientali, ma per tutti è di fatto il Nobel dell'ecologia. Ogni anno, dal 1990, il premio riconosce l'impegno degli attivisti ambientali più meritevoli. Ma spesso i riflettori si appuntano su personalità inaspettate, di insospettabile estrazione sociale, valorizzate proprio per il carisma e la tenacia che sanno dimostrare in condizioni difficili, davanti alla forza di multinazionali e alla corruzione di amministratori locali. Nel 2016, per esempio, il premio era finito in Perù, illuminando la battaglia della contadina andina Maxima Acuna, impegnata a rivendicare il diritto alla terra e all'agricoltura contro gli interessi di una potente compagnia mineraria. E non molto distante – per orizzonti geografici e similitudini socio-economiche – è la storia di Rodrigo Tot, appena insignito del Nobel 2017 in occasione della cerimonia andata in scena a San Francisco.

 

Rodrigo Tot. Il contadino maya contro le compagnie minerarie

Il contadino guatemalteco appartiene alla comunità maya Q'eqchi, che abita le montagne di El Estor nel distretto di Izabal a 300 chilometri di distanza dalla capitale Città del Guatemala. Qui, da più di un trentennio (oggi di anni ne ha 59), Rodrigo porta avanti le rivendicazioni di una sessantina di campesinos che hanno subìto l'esproprio di terre e proprietà per agevolare gli interessi commerciali di diverse imprese minerarie che nella zona si riforniscono di oro e nichel. Pagando a caro prezzo il suo impegno: nel 2012, uno dei suoi quattro figli è rimasto ucciso durante un agguato intimidatorio, tragica conclusione per nulla inedita in molti Paesi del Sudamerica, dove le battaglie di tanti attivisti finiscono nel sangue. Oggi la lotta di Rodrigo e della sua comunità continua – nel 2001 la Corte Costituzionale gli ha riconosciuto il diritto di proprietà, ma il governo ancora tergiversa nell'applicare la sentenza -  e il campesino ben rappresenta la realtà di tante comunità agricole locali che spesso si vedono negare il diritto alla terra.

 

Uros Macerl. La battaglia (vinta) contro il cementificio

Ma pure non troppo lontano dal confine italiano, quello nord-est che separa la Penisola dalla Slovenia, il Goldman arriva a premiare la costanza di Uros Macerl, agricoltore biologico e allevatore della regione di Trbovlje, Slovenia Centrale. La fattoria di famiglia, che un tempo apparteneva a suo nonno, risente dell'inquinamento industriale di un cementificio alimentato a coke petrolifero, che ha compromesso la qualità di aria, suolo e acqua. Dal 2009 al 2015 l'uomo ha intrapreso contando solo sulle proprie forze una battaglia legale contro le istituzioni, che all'azienda avevano concesso l'autorizzazione di incenerire rifiuti industriali pericolosi. E solo l'intervento della Corte di giustizia europea, sollecitata dalla costanza dell'agricoltore, ha determinato la vittoria di Macerl, richiamando la Slovenia alle proprie responsabilità, nel rispetto degli standard comunitari sui parametri inquinanti. Tutto il mondo è paese, e l'impegno dell'agricoltura virtuosa può contribuire a salvarlo.

 

a cura di Livia Montagnoli

Il Rum è Servito. Ultimi appuntamenti con Ron Zacapa: a Lecce con i Bros, poi Bolzano al Parkhotel Laurin

$
0
0

Due cene inedite dedicate al rum guatemalteco, proposto in abbinamento con i piatti ideati da grandi chef. L’8 maggio la rassegna promossa da Ron Zacapa in collaborazione con Gambero Rosso fa tappa a Lecce; il 10 si chiude a Bolzano, alla tavola del Laurin. I menu delle serate. 

Si avvia verso la conclusione la quinta edizione de Il Rum è Servito, l’iniziativa itinerante che da qualche anno porta in giro per l’Italia il gusto di Ron Zacapa e la cultura del rum, ospite delle migliori tavole d’Italia. Insieme a Gambero Rosso, la celebre azienda di rum guatemalteco propone un’inedita esperienza all’insegna dell’abbinamento a tutto pasto, per concordanza o contrasto tra i piatti ideati da grandi chef e le tre varianti della gamma Zacapa protagoniste dell’iniziativa. Al termine di una lunga stagione di appuntamenti, entro la fine di maggio la rassegna offrirà ancora due occasioni per vivere una serata nel nome di un’accoglienza rilassata e della cucina d’autore di promettenti insegne della ristorazione italiana. L’8 maggio Zacapa fa tappa a Lecce, dove saranno i Bros, Floriano Giovanni Pellegrino, a cimentarsi con la sfida dell’insolito abbinamento sulla tavola di uno dei ristoranti emergenti più chiacchierati d’Italia. Alla giovanissima squadra di via Acaja, nel cuore della città salentina, il compito di condurre il gioco con la personalità che contraddistingue una cucina che è frutto di tante esperienze in giro per il mondo, come di un grande rispetto per il territorio, i suoi prodotti e le tradizioni locali:

 

Indivia, mandorla, bergamotto

Zacapa 23 yo

 

Linguina, pistacchio, colatura

Zacapa 23 yo

 

Sangunazzu royal

Zacapa Edicion Negra

 

Tarte al cioccolato, caramello, mandorla

Zacapa XO

Sangunazzu Royal, Bros. Ph Brambilla-Serrani

Solo due giorni dopo, il 10 maggio, si risale la Penisola alla volta di Bolzano, dove ancora una volta Il Rum è Servito approda alla tavola del Parkhotel Laurin, per sperimentare la cucina di Manuel Astuto, bolzanino con origini siciliane, da sette anni alla guida della brigata di uno dei più celebri hotel del capoluogo altoatesino. Questo il menu proposto per la serata Zacapa agli ospiti della manifestazione:

 

Come una Parmigiana di melanzane

Zacapa 23 yo

 

Ravioli di patate ripieni con fonduta

al parmigiano e tartufo nero

Zacapa Edicion Negra

 

Guancia di vitello brasata , purea di patate e carote baby

Zacapa Edicion Negra

 

Creme Brulee al Tabacco

Zacapa X.O.

Prenotazioni dirette al recapito dei ristoranti.

 

Bros | Lecce | via Acaja, 2 | l’8 maggio | tel. 0832 092601 | www.brosrestaurant.it

Parkhotel Laurin | Bolzano | via Laurino, 4 | il 10 maggio | tel. 0471 311000 | www.laurin.it

Pane al ristorante. Ecco come sta cambiando

$
0
0

Che pane mangiamo al ristorante? L’abbiamo chiesto ai diretti interessati inviando un questionario a oltre 500 locali. Risultato? C’è di tutto. Da quello congelato a quello fatto in casa, da quello acquistato dal panificatore di fiducia al pane assoluto, presentato come una portata vera e propria.

Il consumo

Ottantacinque grammi al giorno, poco più o poco meno per ognuno. I dati parlano chiaro: il consumo di pane in Italia negli ultimi 10 anni si è più che dimezzato. Lontani gli slogan come “pane e alfabeto”, oggi si fa fatica a definirlo bene primario e a valutarne la correttezza del prezzo, con ripercussioni sul resto dell'economia che gira intorno a questo alimento, dai campi ai mulini. Eppure sembra che al ristorante ci si lasci andare più facilmente al gusto di sgranocchiare un grissino prima dell'antipasto o alla scarpetta. E, proprio ora che di farine e impasti si parla ogni giorno, anche cuochi e ristoratori ripensano il pane in tavola. Chi con l'obiettivo di confezionare un cestino goloso, chi allargando la propria idea di cibo sano e di filiera alla panificazione, chi attribuendogli la giusta dignità con il supporto e la consulenza di veri professionisti.

Ad alcuni piace portare una pagnotta fumante, appena sfornata, da mangiare nel tempo dell'appetizer, magari tolta poco prima che si raffreddi e che il sapore tipico di un prodotto decongelato emerga inesorabilmente. Superati (ma non del tutto) i cestini del pane multicolor e dalle aromatizzazioni più disparate, la tendenza oggi sembra questa: offrire ai clienti il pane caldo, talvolta congelato e rinvenuto al momento. Eppure di strada se ne sta facendo e finalmente ricerca e sperimentazione si allargano anche a pane e farine.

Falsi allarmi, leggende metropolitane e nuove prospettive

Si consuma meno pane. Non solo: da un'indagine che Italmopa (Associazione Industriali Mugnai d'Italia) ha commissionato a Doxa, su un campione di 1.000 persone emerge che il 63% degli intervistati percepisce come pericoloso il grano che arriva dall'estero, il 47% è convinto che eliminare o ridurre prodotti contenenti glutine, anche per chi non è celiaco o intollerante, sia vantaggioso per la salute. Approssimazione, scarsa informazione e completa mancanza di responsabilità dei comunicatori e degli organismi non ufficiali di informazione, il 42% degli intervistati per scegliere quali alimenti consumare si affida ai programmi televisivi: serve una comunicazione esaustiva, completa e responsabile.

Serve anche un cambio di prospettiva. Il 2016 è stato un anno nero per il grano e per il latte il cui mercato ha subito un tracollo che lascia poche speranze di risalite dei prezzi. Roberto Rubino, tra i massimi esperti internazionali di latte e altri prodotti alimentari, non ha dubbi: latte e grano sono compagni di crisi e necessitano di soluzioni simili. Per risollevarne le sorti serve una nuova classificazione dei prodotti che consideri un fattore determinante l'alimentazione dell'animale per l'uno e quel che accade nel campo per l'altro. Si dimentichino W, proteine, glutine e raffinazione. “Parto da una teoria universale semplice: le leggi della natura sono uguali per tutti, dal vino ai formaggi, dalla frutta agli ortaggi”. Se per aumentarne la qualità e quindi le proprietà organolettiche di vino e formaggi occorre abbassarne la produzione, lo stesso va fatto per il grano. Ricominciando con metodi di coltivazione e molitura che ne preservino aromi, profumi e proprietà nutritive. E di forza, proteine e tutti gli altri valori tecnologici? “È la cultura dominante e si deve lavorare per cambiarla. Siamo arrivati al paradosso per cui chi fa qualità, per come la intendiamo noi, o la fa senza riconoscimento o la fa per sbaglio! Occorre cambiare i parametri che determinano il prezzo del grano: abbassare le produzioni ma alzarne il prezzo almeno di tre volte”. L'Italia continuerà a importare grano dall'estero: un danno per la nostra sicurezza alimentare? “Chi ne è convinto persegue un’inutile e insensata caccia allo straniero”.

 

Il pane nei ristoranti

Abbiamo posto a circa 500 ristoranti (i Due e Tre Forchette e Tre Gamberi nella guida Ristoranti d’Italia 2017) alcune domande per capire come concepiscono il pane a tavola: dalle materie prime, agli spazi dedicati e agli addetti alla produzione, senza tralasciare costi e riflessioni a margine.

Partiamo da cosa arriva in tavola. Dalle 3 alle 13 tipologie diverse fatte in casa (filone di segale con cipolla e fichi, panini alla curcuma, alle noci e alle olive, panbrioche, focacce, grissini e sfoglie) nei ristoranti di albergo. Molte meno nei ristoranti di livello medio/alto e nelle grandi trattorie italiane.

C'è chi, come Ai Cacciatori di Cavasso Nuovo (PN) acquista il filone grande cotto nel forno a legna dal bravo panificatore di zona, contribuendo a preservare artigianato e tradizione locale. A El Coq di Vicenza Lorenzo Cogo produce un solo tipo di pane, in pezzi interi da 1 kg, con lievito madre di 63 anni, tramandato da generazioni. Alla Pergola del Rome Cavalieri, Heinz Beck ha fatto una scelta precisa: produrre tipologie di pane che giochino su consistenze, lievitazioni e tipologie di grano differenti, all'insegna della salute e del benessere. Dal pane bianco alla ciabatta di semola con sesamo, dal pane integrale ai semi a lievitazione naturale alla pizza bianca, quest'ultima con acqua di pomodoro, che conferisce sapidità senza aggiungere sale e ha spiccate proprietà nutritive.

Al Reale di Casadonna, Castel di Sangro (AQ), l’attività di panificazione (cui è dedicato un laboratorio ad hoc) ha sempre rivestito un ruolo fondamentale. “Da un lungo lavoro di ricerca sulle farine e sugli impasti è scaturita l’idea di produrre un pane 'assoluto'. Oggi rappresenta una portata a sé nel percorso di degustazione: arriva in tavola sotto forma di pagnotta intera, ancora calda, con l'invito ad assaporarla in purezza, senza condimenti, lentamente. Tutto è studiato: la proporzione tra crosta e mollica, la nota tostata della prima, l'umidità e la leggera acidità della seconda, e la digeribilità per cui giocano un ruolo cruciale la scelta delle farine, la qualità del lievito madre e la curva di lievitazione”, racconta lo chef Niko Romito (il responsabile della panificazione al Reale è Dino Como, ndr).

Cuochi e ristoratori il pane preferiscono farlo in casa, per questioni pratiche, commerciali, o per pura soddisfazione. A panificare, nella maggior parte dei casi, ci pensa il pasticcere supervisionato dallo chef. In pochi si avvalgono della consulenza di un panificatore professionista, in pochissimi hanno un addetto esclusivamente alla panificazione, si contano sul palmo di una mano i ristoranti con uno spazio dedicato, con celle di lievitazione, forni e ambiente a temperatura e umidità controllati. Tra questi il D'O di Davide Oldani, a Cornaredo (MI), che nella sua nuova sede ha una camera con la climatizzazione adeguata, dove si conserva la farina e si realizzano gli impasti. Poi una camera di lievitazione, che assicura una temperatura costante nella fase di fermentazione naturale, che dura dalle 10 alle 12 ore.

 

Le farine

Sulla scelta delle materie prime si comprende realmente a che punto sia la conoscenza e la ricerca dei cuochi italiani su grano e derivati. C'è chi usa “farina integrale e semintegrale ricca di manitoba solo ed esclusivamente da grani italiani” (peccato che la manitoba non sia un grano italiano bensì canadese, ndr), mentre un ristorante ligure dichiara di non poter reperire farine nella propria regione, “perché in Liguria grano non se ne coltiva” (in realtà si registra un'interessante attività di recupero di grani autoctoni come il grano di Rocchetta di Vara, e vicino a Portofino c'è l'area chiamata la Valli dei Mulini, con mulini ad acqua, alcuni ancora attivi, impiegati soprattutto per la farina di castagne ma che slavorano ancheil grano). Affermazioni che evidenziano scarsa informazione.

 

In molti (noi pensavamo accadesse solo tra le pizzerie) sono così legati e “indottrinati” da medi e grandi mulini italiani che nello spiegare le proprie scelte sulle farine si limitano a indicare numeri e colori legati a marchi, difficilmente decifrabili dai non addetti ai lavori. Qualcuno (pochissimi) non esita a dichiarare che cerca semplicemente il prezzo più basso.

Fortunatamente cresce il numero di professionisti che si concentra sulla provenienza del grano, sul metodo di coltivazione e di molitura. Che, oltre alla forza e ad altre caratteristiche tecniche, ne ricerca profumi, sapori e proprietà nutritive. Il territorio, ben setacciato e valorizzato, si esprime anche nel pane. Importanti segnali arrivano soprattutto da Piemonte e Sicilia. Qui trovano spazio piccoli e medi mulini con varietà autoctone dalle proprietà organolettiche uniche, come tumminia e perciasacchi, che – per esempio - si ritrovano lavorate come si deve alle tavole di Ludovico De Vivo, del Capofaro Malvasia Resort di Salina (ME), e di Accursio Craparo, dell'Accursio Ristorante a Modica (RG), che ribadisce l'importanza del simbolo spirituale del pane in tavola.

 

Prezzi & costi

Sul prezzo delle farine si trova un ventaglio comune: dai 0.70 a 4 euro al kg per il grano tenero, da 1.50 a 7 euro per il grano duro. Il prezzo del pane, invece? È compreso nel coperto, si paga a parte o è incluso nel prezzo dei piatti? Di solito non si paga, perché nonostante i clienti ne mangino molto (in media il refill del cestino del pane avviene dalle due alle tre volte a pasto) sul conto proprio non lo vogliono vedere. Il costo, consistente, si spalma sul prezzo complessivo dei piatti. Il dibattito è aperto e per restituire dignità e valore a questo alimento si potrebbe partire da qui.

pane

Degustazione e abbinamenti

Contaminazione, tecnica e un grande, grandissimo pane, esaltato nel valore simbolico e nel ruolo in tavola. Roy Caceres,del ristorante Metamorfosi di Roma, ci ha pensato sin dall'inizio: scelta delle materie prime, spazio e personale dedicato. “All’arrivo dei nostri ospiti serviamo 'streghette' all'olio extravergine e sale di Cervia. Dopo, con l’amuse bouche, arriva la nostra pagnotta ai semi, realizzata con farine siciliane macinate a pietra e accompagnata con 'burrolio' da spalmare. In seguito, nel cestino viene offerto un pane casereccio di grano duro siciliano (biancolilla) macinato a pietra; serviamo anche un pane di segale con pere e noci tostate e per finire una ciabatta con finocchietto e scorza d'arancia”. Un giro del mondo, tra tecniche e suggestioni, accompagnato con un grande pane, che sa confortare, esaltare e arricchire l'esperienza. E che è sano e allo stesso livello del resto.

Lina Martone ha scelto l'Irpinia per raccontare la sua idea di cucina, per valorizzare il territorio e tutto ciò che regala, di stagione in stagione. E il pane non poteva restarne fuori: solo farine di qualità selezionate con cura e competenza dai piccoli mulini locali e ingredienti che non sfuggono ai valori sacri del Megaron: tempo e spazio come natura comanda. La cuoca abbina pane realizzato con lievito madre in pezzature da almeno 1 kg ai piatti, lasciando al cliente la possibilità di portare in casa quello che non consuma a ristorante. Perché il pane vale. Il pane alla zucca accompagna una zuppa di porcini con zucca gialla e castagne; un filone al tartufo con farina macinata a pietra si abbina a patata viola con stracciata di Montella a latte crudo, olio di ravece con tartufo di Bagnoli. Il piatto delle sette verdure arriva con pane di farina di grano duro, pomodori secchi e broccolo aprilatico di Paternopoli.

 

Ai Cacciatori | Cavasso Nuovo (PN) | via A. Diaz, 4| tel. 0427 777800|

El Coq e Caffè Garibaldi | Vicenza | piazza dei Signori, 1 | dal 19 luglio (solo il gourmet) | per info e prenotazioni tel. 0444 330681 | www.elcoq.com

La Pergola | Roma | Rome Cavalieri, Waldorf Astoria Hotels & Resorts | via Alberto Cadlolo, 101 | tel. 06.35092152 | www.romecavalieri.it/lapergola.php

Reale | Castel Di Sangro (AQ) | piana Santa Liberata | tel. 0864 69382 |www.ristorantereale.it

D'O | San Pietro all'Olmo, Cornaredo (MI) | piazza della Chiesa | tel. 02 9362209 | dal 14 giugno | www.cucinapop.do

Capofaro Malvasia Resort | Salina (ME) | Comune di Malfa | via Faro, 3| tel. 090 984 4330| http://capofaro.it/it/

Accursio Ristorante | Modica (RG) | Via Clemente Grimaldi, 414| tel. 0932 941689| http://www.accursioristorante.it/

Metamorfosi | Roma | via G. Antonelli, 30 | tel. 06 807 6839| http://www.metamorfosiroma.it/

Megaron | Paternopoli (AV) | via Neviera, 13 | tel. 0827 71588 | www.ilmegaron.it

 

 

a cura di Sara Bonamini

foto di Andrea Di Lorenzzo

 

 

Educazione alimentare e dieta sana. Obama parla a Milano, negli Usa Trump cancella le linee guida per le mense

$
0
0

Contrordine dell'amministrazione Trump in materia di educazione alimentare e regole antiobesità infantile: niente più restrizioni su sodio e grassi per le scuole americane. La campagna sostenuta da Obama e sua moglie Michelle rischia di essere invalidata, mentre l'ex presidente arriva a Milano per parlarne. 

Obama a Milano. Col suo chef-consigliere

Il volo privato fino a Linate Prime, domenica prossima, 8 maggio. Poi il trasferimento al Park Hyatt, hotel 5 stelle che accoglierà Barack Obama in vista dell'appuntamento per il pomeriggio di lunedì 9, quando l'ex presidente degli Stati Uniti salirà sul palco di Seeds&Chips, il summit sulla Global Food Innovation di scena alla Fiera di Rho, dall'8 all'11 del mese. Un'edizione importante per la quattro giorni di conferenze ideata da Marco Gualtieri, che quest'anno fa il punto su  nuove tecniche di produzione alimentare, nutrizione del futuro, food security e diritto al cibo, sano, sostenibile e accessibile a tutti, coinvolgendo più di 200 speaker internazionali, investitori e policy maker. Con tanti ospiti d'eccellenza, primo fra tutti l'attesissimo Obama, ma pure Sam Kass, chef-consigliere della Casa Bianca fino all'insediamento di Donald Trump, e artefice di quella rivoluzione salutista che ha fatto della residenza presidenziale più “spiata” del mondo un modello da imitare grazie all'impegno di Obama e sua moglie Michelle in ambito alimentare. E nel pomeriggio di lunedì prossimo, dalle 14 alle 16.30, i riflettori saranno tutti puntati sul palco di Rho per il Keynote Speech di Barack Obama, chiamato a dialogare proprio con Sam Kass sul diritto al cibo, l'accesso a un'alimentazione sana e consapevole, l'importanza dell'educazione alimentare, in una giornata dedicata alle coltivazioni sostenibili e alle soluzioni innovative di food&agtech per i Paesi in via di sviluppo.

 

Ai ragazzi non piacciono frutta e verdura? Trump li accontenta

Peccato però che dall'altra parte dell'oceano qualcuno lavori per cambiare il corso degli eventi, prendendo di mira i provvedimenti varati durante l'era Obama. E stavolta Donald Trump, che ha recentemente “festeggiato” i suoi primi 100 giorni alla Casa Bianca, si pronuncia in merito alla campagna in favore dell'alimentazione sana nelle scuole voluta e caldamente sponsorizzata da Michelle Obama. È stato il nuovo ministro dell'Agricoltura Sonny Perdue, durante la visita a una scuola elementare della Virginia, a segnalare la marcia indietro dell'amministrazione sulle linee guida che finora (in vigore dal 2012) hanno regolato l'offerta dei pasti negli istituti scolastici che ricevono fondi governativi: per decisione del governo Trump, le mense non saranno più obbligate a investire le risorse in pasti bilanciati, ricchi di farine integrali, poveri di sodio e grassi. Contrordine dunque rispetto alle misure varate dall'ex first lady per contribuire alla diffusione di una cultura alimentare salutare e democratica, che ai ragazzi di un Paese duramente colpito da obesità, diabete e malattie cardiovascolari legate alla cattiva alimentazione indicasse una strada alternativa al junk food, promuovendo frutta, verdura, latte e derivati senza grassi e a basso contenuto di sale.

Il motivo? Semplice, quanto sconsolante, e riferito allo scarso appeal del cibo salutare riscontrato nelle mense scolastiche negli ultimi anni: “Se i ragazzi non lo mangiano, quel cibo va a finire nella spazzatura e loro finiscono per non mangiare, minando alla base il programma stesso”.

Dietro al provvedimento, in realtà, ci sarebbero soprattutto interessi economici, legati alle rimostranze della School Nutrition Association, che riunisce i principali fornitori di derrate alimentari delle mense scolastiche, in passato più volte contro l'amministrazione Obama per le regole alimentari imposte nell'ambito della campagna anti obesità infantile Let's Move. Ma il cambio di rotta non mancherà di suscitare polemiche, e i più pessimisti aspettano solo che anche l'orto presidenziale orgoglio di Michelle sia smantellato. Come preannunciato subito dopo la vittoria elettorale dall'attuale inquilino della Casa Bianca, nonostante le rassicurazioni della first lady Melania, che qualche mese fa si affrettava a garantire la salvaguardia dell'orto, come imperativo morale in quanto madre e first lady degli Stati Uniti. Quanto resisteranno i suoi buoni propositi?
 

a cura di Livia Montagnoli

Mangiare gli insetti. Ora c'è anche un grande libro edito da Phaidon

$
0
0

L'idea è nata da Phaidon, la casa editrice di libri d'arte, che ha voluto pubblicare un volume che testimoniasse l'uso alimentare degli insetti. E lo ha fatto raccontando il progetto del Nordic Food Lab di Copenaghen alla scoperta delle storie e delle tradizioni delle comunità entomofaghe e delle prospettive future di questi alimenti.

Phaidon

La casa editrice è quella dei cataloghi e delle monografie dei grandi pittori, di The Art Book e dei Cahiers du Cinéma. Ma è anche quella che una decina di anni fa, a quasi un secolo dalla sua nascita, si è lanciata nell'editoria gastronomica accreditandone, di fatto, il suo posto al fianco di scultura, architettura e fotografia, ma anche moda e viaggi, in un panorama composito di creatività, arte, lifestyle. Tra la riedizione del Cucchiaio d'argento e Un giorno a El Bulli, passando per libri di ricette e cultura gastronomica di mezzo mondo, monografie di grandi chef o ristoranti, focus su alimenti, filosofie alimentari e piatti tipici, anno dopo anno ha messo a segno alcuni dei volumi più noti del panorama dell'editoria di settore. Non ultimo quello che – nel titolo originale – invita a non fidarsi mai di un cuoco italiano magro, e che nella nostra lingua è stato tradotto (purtroppo) Vieni in Italia con me. Autore Massimo Bottura.

 

copertina

La copertina del libro

 

Il progetto editoriale

In questo excursus sul cibo e sul mangiare, stavolta Phaidon affronta e sdogana uno dei tabù alimentari occidentali: l'entomofagia. E lo fa chiamando in causa alcuni dei maggiori esperti in materia, quelli del team del Nordic Food Lab di Copenaghen, che declinano il tema, ancora oggi scabroso nonostante le molte riflessioni che loro stessi hanno contribuito ad aprire negli ultimi anni, attraverso uno sguardo composito. E proprio questo approccio è il vero protagonista del libro On eating insect che si apre con la prefazione di René Redzepi, chef del Noma cui il Nordic Food Lab è legato a doppio filo, e un'introduzione di Mark Bomford, il direttore del Yale Sustainable Program. C'è poi una parte, quella firmata da Michael Bom Frøst, direttore del Lab, che affronta l'analsi sensoriale di questi alimenti. Non è il primo libro sul tema, ma è forse quello che lo tratta in modo più complesso e con uno stile estremamente raffinato.

Il volume nasce su iniziativa della casa editrice” spiega Roberto Flore, uno degli autori insieme a Michael Bom Frøs (direttore del Lab) e Josh Evans (collega di Flore al Lab per il progetto sugli insetti) .“L'obiettivo dichiarato è far conoscere la ricerca svolta in questi anni”. Non una raccolta di ricette pura e semplice, ma una sintesi di questo progetto, come suggerito dal sottotitolo che recita Essays, stories, recipes. È stata necessaria una selezione, “anche perché”, spiega Flore “è difficile mettere in un solo libro tutta la complessità di questi 4 anni: siamo andati 4 volte in Messico, 2 in Kenya, poi in Thailandia, in Australia, in Giappone, nei paesi del Nord Europa e in moltissimi altri posti”. Ogni viaggio la scoperta di una parte di mondo, con tutto quel che contiene, con un lavoro esplorativo e documentario che ha riunito tecniche di raccolta degli insetti, tradizioni di consumo, valore simbolico e relazione con le comunità di riferimento. “Il libro è un buon frame di quanto fatto, ma ci sarebbe molto ancora da raccontare”. E non si esclude certo che tutto questo lavoro non dia vita ad altre pubblicazioni, anche di taglio diverso. In questo c'è la storia del centro ricerca e la storia di questo progetto, il motivo per cui il Lab è arrivato a occuparsi di insetti e i racconti legati ai viaggi. “Il focus è il progetto nella sua complessità”, ribadisce Flore. 

 

Raccolta di insetti dal Messico

Il progetto

Il libro nasce dal progetto Deliciousness of insects che l'organizzazione no profit danese ha condotto dal 2012 al 2016 con l'intento di approfondire ed espandere l'orizzonte alimentare del paese nord europeo attraverso l'esplorazione del pianeta. L'approccio multidisciplinare del centro ricerche di Copenaghen unisce analisi scientifiche e riflessioni umanistiche, cucina e antropologia, chimica, ecologia, storia. Con questo sguardo olistico sposta più in alto l'asticella della conoscenza e della comprensione del cibo non solo dal punto di vista nutrizionale e organolettico, ma per il suo valore alimentare, culturale, sociale, con una profonda attenzione per l'ambiente, naturale e umano, da cui origina.

Per questo progetto il team si è spinto nei quattro angoli del mondo per conoscere, da vicino, le popolazioni più diverse e i loro costumi alimentari, tra questi è finito sotto osservazione anche il casu marzu, il famoso formaggio sardo con i vermi, e proprio quello ha portato Flore dritto nei laboratori di Copenaghen dove ora riveste il ruolo di head chef: “sono il responsabile dello sviluppo gastronomico”. Si occupa di come trasformare un'idea e delle informazioni in qualcosa di tangibile. In piatti. “Significa anche cercare il modo di adattare materie prime inusuali a piatti familiari, come per esempio il taco”. Come avvenuto nella dimostrazione al Parlamento Europeo un poco più di un anno fa.

In pratica Flore è lo chef di una squadra che è ben lontana dall'essere una brigata di cucina, piuttosto un gruppo di ricerca eterogeneo e superspecializzato che include e gira attorno alla cucina. Ed è forse proprio questo l'aspetto più interessante: la possibilità di aprire, in modo concreto, le porte che collegano il cibo al resto della vita delle persone e della società. Di mettere in pratica una ricerca antropologica che non lesina esperimenti o prove di laboratorio, ma che nasce dalla conoscenza delle diverse comunità entomofaghe nel mondo. E sono moltissime, in ogni continente. Ognuna con un patrimonio di saperi, di tradizioni, tecniche e racconti che sono tenute in altissima considerazione dal Lab. 

 

taco di larve di apiTaco di larve di api

Cibo, gusto e società

Perché il ragionamento sul cibo non può prescindere dal suo complesso di significati e riferimenti. Ancora di più nel caso in questione. Un esempio? Nei gruppi entomofagi, ci raccontava Flore in una precedente occasione, è raro che qualcuno dica di mangiare insetti, i più ne sono disgustati al solo pensiero, quando se ne parla si usa il termine alimentare (come nel caso del casu marzu a proposito dei vermi del formaggio), come se questo scarto lessicale mantenesse unicamente l'identità gastronomica del prodotto eliminandone il legame con il mondo di sotto rappresentato da bruchi e larve; confermando l'attualità del testo di Michael Harris per cui buono da mangiare deve essere prima di tutto buono da pensare, mettendo in luce il ruolo che ha la parola nel definire il pensiero, nel dare forma e sostanza alle cose. Soprattutto quelle di cui ci nutriamo. Non è un caso, inoltre, che in alcune comunità la raccolta degli insetti sia delegata a donne o bambini, a testimonianza del peso emblematico del cibo e in particolare di certi alimenti nelle strutture sociali.

Questioni non secondarie nella costruzione del valore simbolico del cibo che, nelle ricerche del Lab, non viene mai scollegato da quello, concretissimo, dell'applicazione reale: nell'elaborazione di piatti che sintetizzano un mix di scienza e conoscenza estremamente affascinante. Il libro racconta molto di questo approccio.

 

Piccione, erbe selvatiche e garum di cavallette

Piccione, erbe selvatiche e garum di cavallette

 

Il libro

Ecco dunque che il volume (336 pagine) unisce racconti, storie, informazioni scientifiche, aneddoti e ricette che legano il prodotto al suo territorio. E poco importa se il prodotto è una larva o una cavalletta. Così, uno dietro l'altro, si alternano fotogrammi e appunti di viaggio a piatti come Piccione, erbe selvatiche e garum di cavallette o Ceviche di larve di api o Grilli piccanti con asparagi. Ricette belle, raffinate, perfettamente allineate con i canoni estetici (e verrebbe da dire gastronomici, se non ci fossero di mezzo quelle bestioline) dell'alta cucina internazionale. Che ha, nelle sue migliori istanze, la capacità di fare proprie tradizioni e culture diverse, senza svuotarle di significato ma elaborandole alla luce della conoscenza tecnica. Una cucina che stringe legami con i territori e la loro storia.

Questi piatti sono replicabili al di fuori del Lab? “La maggior parte sono realizzati con insetti reperibili da noi, nei vari canali di vendita e comunque comuni in Europa” spiega Flore. E non solo perché quelli asiatici o africani sono difficili da trovare quando non illegali. “Scegliendo animali che si trovano normalmente anche qui, come api o formiche, abbiamo voluto scardinare l'idea che gli insetti come cibo siano qualcosa di esotico, ma legarli, invece al territorio”.

 

Roberto Flore al Nordic Food Lab

 

In Europa ancora non si esce dalla scandalistica, dai biscotti di Halloween, dalle provocazioni, oppure dal discorso legato alla malnutrizione o all'emergenza fame. “Ma gli insetti sono ormai inseriti nei Novel Food ed entro il 2018 tutti gli stati membri dovranno accettarli come cibo”. Serve forse un passaggio ulteriore per normalizzarli, per valorizzarne le qualità nutrizionali e organolettiche, difficile se si trovano in commercio solo prodotti liofilizzati: “È sbagliato gastronomicamente, oltre che irrispettoso nei confronti di tutto il sapere che c'è dietro a questa pratica alimentare, alla storia dei popoli, all'incredibile ricchezza di questi alimenti, al loro sapore”. Al Lab si lavora con insetti raccolti o allevati e consegnati vivi, poi lavorati secondo i diversi processi scelti.

Ci sono cotture da privilegiare per una specie o per l'altra? “Esattamente come per tutti i cibi ci sono diverse tecniche”. Le larve sono ricchissime di proteine. E si comportano alla stregua delle materie prime di simile struttura: come le uova coagulano intorno ai 62 gradi e per certi versi le ricordano in cucina, fritti diventano croccanti come la pelle del maiale, emulsionati possono dare vita a una maionese, fermentati sviluppano un sapore molto umami. “Le abbiamo fermentate usando il koji, il fungo che si usa per la salsa di soia, il sake, il miso, e abbiamo ottenuto una specie di garum” impiegato in diversi piatti: ci sono enormi potenzialità dal punto di vista gastronomico, ma anche economico. “Noi usiamo le le larve di api” racconta “perché quando, per contrastare l'attacco della varroa, molti apicoltori sono stati obbligati a ridurre i fuchi, si sono trovati con un prodotto diventato di scarto”. A quel punto lo hanno iniziato a usare Flore e i suoi a Copenaghen. “Lo abbiamo trasformato in un elemento ad alto valore gastronomico e di mercato, così le larve sono diventate uno dei prodotti dell'apicoltura, come miele o pappa reale”

 

C'è moltissima strada da fare se davvero si vuole un approccio più attento a questo tema, e la proposta di saggi insieme a piatti gourmet può essere la chiave di volta per cambiare il modo di guardare queste materie prime . Che è strettamente legato a quello dell'apertura culturale verso ciò che non si conosce.

 

Il volume viene presentato giovedì 4 maggio a Milano alle ore 19 al Mercato del Suffragio, all'interno del programma Food Wanted: Gastronomic Adventure, la rassegna cinematografica dedicata al cibo inserita nell'ambito della Milano Food City. Alla presentazione, a ingresso gratuito, segue la proiezione di proiezione di Bugs  di Andreas Johnsen (5 euro).

Mercato del Suffragio | Milano | piazza Santa Maria del Suffragio, 2 | tel. 02 55184461 | giovedì 4 maggio h.19

 

On eating insect | Roberto Flore, Michael Bom Frøst, Josh Evans | ed. Phaidon | pp. 336 | 49.95 euro | http://it.phaidon.com/store/food-cook/on-eating-insects-9780714873343/

 

 

 

a cura di Antonella De Santis

foto di Chris Tonnesen

 

 

Cibum Nostrum a Milano. Le Tavole Italiane ieri e oggi: tra storia e arte anche le copertine del Gambero Rosso

$
0
0

Una rassegna a Palazzo del Senato in occasione di Milano Food City, per raccontare il legame degli italiani con la tavola e l'eccellenza dell'enogastronomia nazionale. All'Archivio di Stato un percorso inedito, tra sculture e carte geopittoriche, fotoreportage e viaggi spirituali lungo la Penisola. Con il contributo di Gambero Rosso: 30 copertine per 30 anni di storia nella comunicazione del food. 

Italia a tavola. Com'è cambiata

Le Tavole italiane ieri e oggi. C'è un modo migliore per raccontare usi e costumi del BelPaese se non fotografandone le abitudini alimentari, e l'avvicendarsi di gusti, riti e tendenze a tavola? Con questo proposito si muove la ricerca di Cibum Nostrum, che corre sulla linea del tempo per rappresentare e approfondire la celebrazione del desco, fulcro della vita familiare e sociale per secoli di storia della civiltà. Un excursus storico in pieno regola, dunque, che ricorre a documenti, fotografia, creatività artistica per raccontare l'Italia e il mondo alle prese con il cibo, in occasione della settimana che Milano dedicherà proprio al cibo e alla consapevolezza alimentare, oltre che alle eccellenze enogastronomiche e ai grandi protagonisti della ristorazione d'autore. La rassegna, nata da un'idea di Angelo Cucchetto e Serenella Scarpa Bulgari, è realizzata in collaborazione con l'Archivio di Stato di Milano e prenderà forma dal 5 al 13 maggio nell'ambito del ricco calendario di appuntamenti a tema offerti da Milano Food City. A Palazzo del Senato, storico edificio meneghino che ospita l'Archivio di Stato, saranno diversi gli spunti raccolti per restituire l'idea di un progetto dinamico e multidisciplinare, tra cibo, arte, musica, editoria.

La rassegna. Sculture, radici e pittura col vino

Si comincia con la disamina storica proposta dalle carte geopittoriche dedicate al cibo e ai prodotti italiani in arrivo dalla collezione De Agostini: l’esposizione racconta la tradizione alimentare italiana dal 1945 al 1960, illustrando nel contempo le attività di una famiglia di cartografi che ha dato un contributo fondamentale, non solo alla conoscenza della morfologia del territorio italiano e alla sua evoluzione, ma anche alla divulgazione e alla didattica della geografia fisica e politica.Ma ci sarà spazio anche per le opere dedicate al cibo di Silvano Bulgari, scultore in bronzo patinato, milanese di fama internazionale, che per l'occasione dialogherà nella sala affrescata del palazzo con gli scatti di Mario Lisi, fotografo pavese che interpreta le opere di Bulgari con foto di grande contrasto e intensità. E ancora il lavoro alla ricerca delle radici di Annamaria Fabbri, presente con To the Roots, un viaggio spirituale per le tavole d'Italia per scovare tradizioni e tipicità locali, ma anche curiosità legate al cibo da tutte le 110 province della Penisola. Elisabetta Rogai, invece, con il contributo di un professore di chimica organica, porta in scena dipinti realizzati con una tecnica pittorica insolita: l'EnoArte. L'artista fiorentina, in realtà, si ispira ai pittori dell'antichità, che di bacche, radici ed elementi naturali sfruttavano le proprietà coloranti: lei dipinge col vino. Pesach, invece, è il titolo del fotoreportage di Paolo Della Corte che immortala lo storico forno del Ghetto ebraico di Venezia, l'unico ancora aperto solo nel periodo che precede la Pasqua ebraica.

30 anni di Gambero Rosso

Ma porta il suo contributo anche il Gambero Rosso, che da trent'anni ripercorre e racconta la storia gastronomica d'Italia e del mondo. In mostra una trentina di copertine della rivista che nel 2016 ha spento 30 candeline, stampate in grande formato e proposte per valorizzare un trentennio di comunicazione del cibo italiano di qualità. Dal Gambero Rosso in arrivo anche una selezione di video dedicati alla cucina italiana d'autore. Si comincia il 5 maggio alle 11, con la tavola rotonda su Cibo, Arte e Musica con i protagonisti della rassegna e un excursus sul compositore gourmet Gioachino Rossini. A seguire l'aperitivo inaugurale con una selezione di vini del Gambero Rosso.

 

Cibum Nostrum | Milano | Palazzo del Senato, via Senato, 10 | dal 5 al 13 maggio | ingresso gratuito | www.shootfood.it

 

a cura di Livia Montagnoli


Milano Food City. Gli appuntamenti golosi della Food Week: tra orti e grandi chef arrivano pure Vito e Giorgione

$
0
0

Orientarsi a Milano durante la Food Week che trasformerà la città dal 4 all’11 maggio, in concomitanza con Tuttofood. Per la prima edizione di Milano Food City sono oltre 300 gli eventi previsti in città. Qualche suggerimento. 

Aspettando Milano Food City

Se Milano Food City è il grande contenitore che dal 4 all’11 maggio trasformerà il capoluogo lombardo in un festival diffuso del gusto, per promuovere temi come l’alimentazione consapevole e sostenibili e l’eccellenza gastronomica e agroalimentare, il cappello della Milano Food Week raccoglierà i moltissimi eventi collaterali che esulano dagli appuntamenti istituzionali e dalle principali macroaree individuate sulla mappa della manifestazione. In totale, dunque, si prevedono oltre 320 iniziative in tutta la città, con il coinvolgimento di mercati e musei, gallerie e spazi culturali, negozi e ristoranti. Alla Fondazione Feltrinelli, tra i centri più attivi durante l’intera rassegna, spetterà il compito di accogliere la cerimonia inaugurale nella serata del 3 maggio, quando ad animare l’incontro dedicato alle sfide del futuro in campo alimentare (diritto al cibo, sostenibilità, e tutte le urgenze anticipate da Expo) ci sarà Don Pasta con il suo Artusi Remix. Ma l’appuntamento inaugurale sarà anche occasione per fare del bene, aderendo alla campagna di solidarietà in favore di Banco Alimentare e Caritas. Poi, dal 4 maggio, ognuno potrà scegliere il percorso più incline alle proprie corde. Del programma ufficiale abbiamo anticipato molti dei ritrovi quotidiani che proporranno attività, degustazioni e incontri per tutta la rassegna. Di seguito qualche altro consiglio utile per orientarsi meglio in città. A cominciare dal distretto di Tortona, solitamente associato a moda e design, che per l’occasione presenterà una Food Week di quartiere ricca di appuntamenti.

La Food Week di Tortona

Già il 3 maggio, Coldiretti inaugurerà un orto urbano con sei tipi di ortaggi ed erbe aromatiche in rappresentanza delle sei vie principali del quartiere: 1200 piantine saranno donate agli abitanti coinvolti per dare vita simbolicamente a un grande orto condiviso e collettivo. E il giorno successivo spetterà sempre a Coldiretti coordinare il mercato ortofrutticolo ospitato all’interno di Base fino a sera, quando lo spazio si trasformerà in un djset aperto al pubblico. Tutti i giorni, invece, si rinnova il calendario dello Spazio Bergognone 26, dove per onorare la formula della storycooking – un po’ storytelling, un po’ cooking show – interverranno diversi chef, a cominciare da Enrico Bartolini, che il suo quartier generale, al Mudec, lo dirige a pochi metri di distanza. In programma anche l’intervento di Filippo La Mantia (il 6 maggio alle 12), Alessandro Negrini e Fabio Pisani (alle 18.30, sempre il 6 maggio), e poi il 7 Luigi Taglienti eTano Simonato, e lunedì 8 Daniele Canzian. Chiude la kermesse Sergio Mei, che durante il suo show festeggerà 50 anni di carriera in cucina. Ma gli highlight in zona non finiscono qui, con la Street Food Parade ospite di Base per tutta la durata della manifestazione, il Wunder Mrkt della Torneria Tortona il 6 e 7 maggio, le degustazioni di sake, la mostra collettiva di food photography De Cibo, con otto autori per raccontare l’eccellenza degli ingredienti italiani, negli spazi Archiproducts di fronte al Mudec.

Laboratori al museo

Partecipa alla manifestazione anche il Museo delle Scienza e Tecnologia di via San Vittore, che da tempo ospita la mostra per chi ha fame d’innovazione FoodPeople, dedicata ai cambiamenti, anche sociali, che hanno segnato il nostro modo di mangiare negli ultimi 150 anni. La mostra è compresa nel prezzo d’ingresso al museo. Durante il fine settimana, invece, in uno dei laboratori didattici del complesso ci sarà spazio per l’approfondimento sul Latte e i suoi derivati, per bambini dagli 8 anni in su. Tra ipotesi ed esperimenti, i più piccoli potranno assistere alla produzione del burro, scoprendo tante curiosità sul mondo di un alimento complesso e importante per la nostra alimentazione.

I volti di Gambero Rosso Channel a piazza Cordusio 

Ma Milano Food City sarà pure vetrina privilegiata per i protagonisti più amati di Gambero Rosso Channel, che animeranno lo Spazio Sky di piazza Cordusio con tre appuntamenti d’intrattenimento e cooking show. Venerdì 5 maggio sarà Maurizio Rosazza Prin ad aprire le danze: cucina conviviale al motto di Chissenefood. Il 9 maggio, invece, a condividere il palco sarà una coppia inedita: Max Mariola Fabrizio Nonis insieme ai fornelli per conquistare il pubblico dello Spazio Sky. Mentre mercoledì 10 Vito Giorgione si spalleggeranno a vicenda per dar vita a uno spettacolo di cucina all’insegna del divertimento, ricco di colpi di scena.

 

Per il calendario completo degli eventi www.milanofoodweek.com

 

a cura di Livia Montagnoli

In copertina Base Milano

Cinque norcini per un unico suino: il nero d'Aspromonte

$
0
0

Potremmo chiamarla sharing pig, la nuova sfida di cinque grandi norcini italiani in nome del suino nero d’Aspromonte.    

Un incontro fortuito durante la prima edizione di Salumi da Re, nel 2014, che ha dato i suoi frutti. In termini di capocolli, lonze, prosciutti, lardi e speck. È la bella storia di cinque produttori norcini che si sono conosciuti tra gli stand della manifestazione organizzata dal Gambero Rosso, in collaborazione con i fratelli Spigaroli, all'Antica Corte Pallavicina.

Il suino nero d'Aspromonte

Del maiale, specie se suino nero d’Aspromonte, non si butta via nulla. È il diktat dei cinque produttori che si sono messi assieme in nome del suino nero. Una razza rustica, autoctona (fa parte della razza Suino Nero di Calabria), dal mantello scuro, allevata in maniera semibrada dal Pollino all’Aspromonte e nutrita come si deve, grazie alla presenza di felci, castagni e roveri, che sorgono lungo la costa ionica e risalgono verso l'Aspromonte. Un suino che era in via di estinzione perché ritenuto economicamente non remunerativo rispetto agli altri, da allevamento intensivo e con crescita più veloce. È un dato di fatto che, alla nascita, i suinetti neri d’Aspromonte sono più piccoli rispetto alle razze rosa. E a confronto rimangono tali: a 5 mesi raggiungono circa 60 kg e a 12 arrivano massimo a 130 kg. Vien da sé che per ottenere un maiale pesante (180 kg) ci vogliono quasi due anni, di vita e di lavoro, a differenza dei 10/14 mesi necessari per un Large White, per esempio. Con conseguenze facilmente intuibili in fatto di prezzo. Ma se del suino non butti via nulla, la storia cambia.

Provvidenziale fu la prima edizione di Salumi da Re

Sono partiti da questo assunto i cinque produttori che condividono - letteralmente - il maiale. Nel senso che comprano i suini assieme, e poi li suddividono in base alle rispettive esigenze. Il progetto, imbastito tra il 2008 e il 2009 dalla Provincia di Arezzo, in collaborazione con le Università di Bologna, di Reggio Calabria e di Campobasso, per promuovere le antiche razze suine a rischio d'estinzione e la produzione di salumi di qualità, si è concretizzato nel 2014, durante la prima edizione di Salumi da Re, diventando una liaison imprenditoriale tra amici norcini, volta all'ottimizzazione produttiva nella filiera delle carni trasformate.

Capofila del progetto è il Salumificio Gerini, che si occupa dello stoccaggio: “Inizialmente compravamo i suini allevati dalla Cooperativa Valle del Bonamicodi Locri, con l'apporto scientifico del professore Piero Schirripa”. Una realtà, la cooperativa Valle del Bonamico di Locri, costituita sul finire del 1995 da giovani pastori, figli d'arte, con lo scopo di dare lavoro ai giovani della Vallate del Bonamico e del Careri (un contesto territoriale fortemente colpito da criminalità organizzata e potere mafioso) trasmettendo loro il sapere e le tecniche di allevamento, pastorizia e agricoltura. Purtroppo questa cooperativa, nel frattempo, ha chiuso i battenti per problemi finanziari, nonostante arrivasse a produrre, nei periodi da aprile a giugno e da novembre a gennaio, circa 1.500 quintali di lamponi, ribes e more. “Così, da circa un anno ci rivolgiamo direttamente alle singole aziende agricole, che più che allevare questa razza la monitorano, per tenere sotto controllo le nascite e integrarne l'alimentazione nei periodi di magra". Ci spiega Alessandra Gerini. "Si tratta di ceci durante il periodo dei parti, per proteggere e svezzare le cucciolate. E fave in pieno inverno, durante il periodo della cattura. Gli allevatori, poi, intensificano il foraggiamento soltanto negli anni in cui il bosco è povero di frutti, soprattutto di ghiande”. Sono sempre queste aziende che si occupano della cattura. “Attualmente tutti gli animali che abbattono ce li mandano, accontentando le nostre richieste in termini di peso (le prime volte ci mandavano animali troppo piccoli) e di macellazione, dato che per non rovinare la carne i suini vengono abbattuti e macellati in Calabria”. È stata dunque una selezione affinata nel tempo, “ora sanno perfettamente cosa mandarci”. E una volta arrivati in casa Gerini, i capi vengono suddivisi nei vari tagli e spediti ai diversi norcini, che li lavorano secondo l'uso delle rispettive zone di appartenenza.

La suddivisione

Gerini trasforma le cosce in prosciutti, secondo la tradizione toscana: “È l’interpretazione toscana del maiale nero calabro. Questa linea l'abbiamo chiamata “Suino nero Brado dell’Aspromonte”, stiamo inoltre sperimentando la combinazione di questo suino con prodotti della nostra terra, come ad esempio il Vitellone Chianino, il risultato per ora ottenuto è il salamino misto bovino e suino, e un ottimo ragù”. Produce soli prosciutti Simone Fracassi dell'omonima macelleria, fondata nel 1927 nel cuore del Casentino e balzata agli “onori della cronaca” per la valorizzazione del Grigio del Casentino, altra razza suina autoctona allo stato brado. Dalla parte superiore della schiena Fausto Guadagni ottiene il lardo di Colonnata, in trancio, affettato e macinato, e le sue creative variazioni stagionate in conche di marmo: dal Lardo Pic, aromatizzato con peperoncino dell'Accademia di Diamante, alla Selezione Mediterranea aromatizzata ai sapori regionali, come quello al bergamotto, al finocchio selvatico e alle erbe di macchia mediterranea calabrese. Mentre Francesco Carriero, norcino di Salumi Martina Franca, si occupa di trasformare i capocolli e le lonze lardate, e Massimo Corrà prende la mezzena intera per tutta la sua produzione trentina, a partire dallo speck naturale, fino alle pancette affumicate e i salami tagliati a coltello. “Avrei sempre voluto sperimentare prodotti con suini diversi, ma per me il problema era far salire i maiali calabresi fino in Trentino. Con questa cordata riesco ad ammortizzare i costi di trasporto”. Ci racconta il patron del negozio Dal Massimo il Goloso, nel cuore della Val di Non. È proprio il caso di definirla una cordata virtuosa della salumeria italiana.

 

 

Gerini | Pontassieve (FI) | v.le Hanoi, 50 | tel. 055 8368559 - 055 8315207 | www.gerinispa.it

Fracassi dal 1927 | Castel Focognano (AR) | Piazza G. Mazzini, 24 | tel. 0575 591480 | www.simonefracassi.com

Larderia Fausto Guadagni | Carrara | fraz. Colonnata s.da Comunale, 4 | tel. 0585 768 069 | www.larderiafaustoguadagni.com

Salumi Martina Franca | Martina Franca (TA) | via Tre Piantelle, F/20 | tel. 080.4490533 | www.salumimartinafranca.it

Dal Massimo Goloso - Massimo Corrà | Coredo (TN) | p.zza dei Cigni, 6 | tel. 0463.536129 - 338.1929010 - 340 7375185 | www.macelleriacorra.com

 

a cura di Annalisa Zordan

 

Pastifici a Torino. 9 indirizzi per comprare la pasta fresca in città

$
0
0

Ravioli, tajarin, agnolotti o gobbi, cabiette, macaron. Sono i formati di pasta della tradizione piemontese, alcuni nati grazie agli impulsi d’oltralpe, altri all'incontro con la gastronomia genovese e lombarda. Per la quinta puntata della rubrica sui pastifici vi portiamo a Torino, alla scoperta dei migliori indirizzi del capoluogo piemontese.

La pasta fresca a Torino

Ricette raffinate, grande tecnica, piatti aristocratici. Sono le prime cose che vengono in mente pensando alla pasta piemontese, specie quella del capoluogo, per lungo tempo importante centro di scambio gastronomico e culturale fra i cuochi provenienti dalle più blasonate corti europee. Ma questo non è del tutto vero: sono tanti i piatti - e i formati di pasta - che vengono dalla tradizione contadina, in particolare quelli nati sulle Langhe, nella gran parte dei casi con l’intento di riciclare residui di materie prime. Un esempio classico è quello dei ravioli Cavour: uno dei piatti preferiti del celebre politico italiano, insieme alla finanziera, nasce dall’esigenza di utilizzare il cervello di vitello, alimento non molto in voga all’epoca. Per la rubrica sui migliori pastifici in città abbiamo deciso di portarvi a Torino, alla scoperta di formati, tipologie e sapori locali, con i migliori 9 indirizzi per comprare la pasta fresca.

 

Bertoli & Turco

In attività da oltre 50 anni vicino al Parco del Valentino, è una bottega che propone pasta artigianale, ma anche sughi, piatti pronti da mangiare o da infornare. Qui si producono specialità all’uovo o senza, a partire dai classici agnolotti, fino a formati più distanti dalla tradizione piemontese come le orecchiette e le trofie, passando per tagliatelle, strozzapreti, gnocchi, tortelloni e cappelletti. Per chi non ha tempo, sono diverse le opzioni di gastronomia: oltre alle classiche lasagne, piatto forte del locale insieme alla bagna cauda, anche melanzane alla parmigiana, insalate di riso, polpette con piselli, fiori di zucca in pastella, frittate di vario tipo. Infine i condimenti, con in prima fila diversi tipi di sugo al pomodoro, i ragù, seguiti dal pesto di basilico e quello di rucola, fino ai condimenti alle melanzane e ai carciofi. I prezzi variano fra gli 8 euro degli gnocchi e i 19 dei ravioli al brasato.

Bertoli & Turco | Torino | via Madama Cristina, 10 | tel. 011 6505249 | www.bertolieturco.it

 

pastificio Bertoli & Turcopastificio Bertoli & Turco

 

De Filippis 1872

Un pastificio storico, che ha visto diverse famiglie torinesi avvicendarsi alla guida. Tutto nasce nel 1872 - come recita il nome - quando il cuoco dei Savoia, Domenico Toso, decide di aprire il suo laboratorio al numero 39 di via Lagrange. Nel 1939 subentra Maria Ferraris De Filippis, che regala a questa bottega il nome attuale. Nel 2008 arriva una nuova gestione, con la famiglia Damilano che apporta diversi cambiamenti, affiancando al pastificio la gastronomia e il ristorante, sempre mantenendo la vocazione artigianale e l’attenzione per la tradizione piemontese.

L’offerta spazia tra i tradizionali ravioli, gli agnolotti del plin, le margherite e i formati più classici - come fettuccine, gnocchi, lasagne - fino alla pasta secca di grano duro. Anche i ripieni variano molto. Ci sono i gusti più invernali come fonduta e tartufo, zucca, noci e gorgonzola, e farcie più fresche come quelle a base di pesce e di verdure. Ma il vero piatto di punta sono i ravioli della gran tradizione, preparati con tre 3 arrosti diversi, uno di fassone (o fassona che dir si voglia) piemontese, uno di coniglio e il terzo di carne di maiale.

Dalla gastronomia si può scegliere tra vitello tonnato, torte salate, flan assortiti, insalata di pollo, roast beef e arrosti, verdure cotte al vapore, grigliate o in carpione. E se non siete ancora soddisfatti, provate a dare un’occhiata al menu del ristorante.

De Filippis 1872 | Torino | via Lagrange 39 | tel. 011 542137 | www.pastificiodefilippis.it

 

Fratelli Bruzzone

Pastificio e bistrot allo stesso tempo, dove da quasi 4 anni si incrocia la tradizione piemontese con quella ligure. Le specialità della casa sono realizzate interamente a mano, racconta Martina Bruzzone, figlia della pastaia Alessandra, “impastiamo con farina macinata a pietra e tiriamo la sfoglia alla maniera bolognese. Produciamo tutto in piccole quantità, per preservare la qualità del prodotto ed evitare sprechi”. In negozio troverete sempre tagliatelle (preparate esclusivamente dalla signora Alessandra e tagliate al coltello) e agnolotti classici, per il resto i titolari mediano fra le richieste del cliente e la tradizione di famiglia. “Dalle 4 porzioni in su cerchiamo di assecondare le richieste, componendo il ripieno secondo i gusti personali, tenendo sempre d’occhio le nostre ricette. Ai clienti questo metodo piace molto”. E piace anche l'attenzione per le materie prime:“verdure di stagione del contadino Giovanni, che ha il negozio proprio vicino al pastificio, carne di un piccolo allevamento della valle di Susa, prodotti italiani certificati”.

Si può acquistare pasta fresca d’asporto o fermarsi per gustare una delle specialità della tradizione piemontese o genovese, come il filetto di fassone o il polpettone di fagiolini e patate. Ma la proposta è varia, si va dall’orata al pepe verde al salmone all’orientale. “Il piatto più gettonato, oltre agli agnolotti, rimane sempre il misto vegetariano: tutti prodotti locali, cotti al vapore o sbollentati, conditi con extravergine ligure e composti secondo i gusti del cliente”.

I prezzi non sono indicati al chilo, ma a porzione: dalle tagliatelle secche a 3 euro a porzione, ai ravioli al magro sui 4,50, fino agli agnolotti a 8 euro a porzione.

Fratelli Bruzzone | Torino | via Maria Vittoria, 34 | tel. 011 7633447 | www.fratellibruzzone.com

 

pastificio Fratelli BruzzoneFratelli Bruzzone

 

Pastificio Ferro

Una ricetta segreta per gli agnolotti e una grandissima varietà di proposte, che comprende piatti di gastronomia pronti da mangiare o da completare a casa. Al pastificio Ferro - aperto fin dagli anni ‘50 - la pasta viene prodotta in due versioni, a base di grano tenero ma anche di farina di riso. I ripieni di carne sono la specialità della casa: da quelli di reale pura(carne di manzo piemontese certificata) a quella al Parmigiano Reggiano stagionato 24 mesi, quella al coniglio o all’arrosto di maiale. In listino anche gnocchi, tajarin, fettuccine, trofie, pappardelle, tagliatelle, orecchiette e molto altro ancora. Per la sezione gastronomia, prodotto di punta è il sugo di arrosto, ideale per condire agnolotti e ravioli di carne, ma dalla cucina arrivano anche vitello tonnato, flan di verdure, insalata russa, lasagne, fondute, frittatine. C’è anche un goloso reparto pasticceria, dove i clienti possono scegliere fra prodotti di pasticceria secca tradizionale(savoiardi, brutti ma buoni, melighe) o fresca (mont blanc, tiramisù, profitterol e torte di vario tipo). Inoltre, il punto vendita è una vetrina per i prodotti del territorio: salumi, formaggi, conserve, sottoli e marmellate selezionate fra i migliori produttori della zona. I prezzi vanno dai 10 euro al chilo della pasta semplice (gnocchi, taglierini, tagliatelle) ai 28 euro al chilo dei plin ai 3 arrosti.

Pastificio Ferro | Torino | via Tonello, 2 | tel. 011 19645000 | www.pastificioferro.it

 

Pastificio FerroPastificio Ferro

 

Pastificio Gran Madre

È il 1968 e Lucia Accornero è una rimasta vedova da poco, con due figli a carico. Deve andare avanti e decide di aprire un negozietto di pasta artigianale, partendo senza neppure conoscere bene il lavoro. “È stata dura per lei, condue figli di 12 e 14 anni, in un periodo in cui l’imprenditoria femminile non era incoraggiata”, racconta Maria Francesca, nuora e attuale proprietaria del locale.“Piano piano, anche con il consiglio dei primi clienti, è riuscita a far crescere il pastificio, fino a renderlo l’attività di famiglia, ereditata poi dai figli. Sono passati 50 anni, ma noi continuiamo a lavorare nello stesso modo, con grande rispetto della tradizione piemontese e le migliori materie prime, selezionate presso produttori che in tanti anni hanno saputo guadagnarsi la nostra fiducia”. Così il pastificio Gran Madre è diventato un indirizzo sicuro, nel quartiere, per la pasta artigianale: tagliatelle, gnocchi, trofie - ma anche pappardelle al rosmarino o tegoline al pomodoro - per quanto riguarda i formati più semplici; raviolini, cappelletti e ravioloni tra le paste ripiene, senza scordare prodotti della tradizione come gli agnolotti di magro e quelli del plin, vera specialità della casa, che custodiscono una farcia di arrosto di vitello, prosciutto, parmigiano reggiano stagionato 24 mesi e sugo d'arrosto. I prezzi? Dagli 10 euro della pasta semplice ai 26 euro degli agnolotti del plin.

Pastificio Gran Madre | Torino | via Villa della Regina, 3 | tel 011 8193255 | www.pastificiogranmadre.it

 

Pastificio FerroPastificio Ferro

 

Pastificio Bolognese - Muzzarelli dal 1949

Da Modena a Torino per portare la tradizione della propria regione, ma anche per imparare tutto ciò che c’è da sapere sulla pasta piemontese. È così, con un trasferimento a guerra appena conclusa, che Alda e Giuseppe Muzzarelli iniziano quella che diventerà un’attività imprenditoriale a tutti gli effetti. Dopo oltre 60 anni, il pastificio è infatti un punto di riferimento per il quartiere Crocetta, una delle zone più prestigiose della città. Oggi alla guida del pastificio ci sono Cristina e Laura Muzzarelli, la terza generazione, sempre aiutate dal padre Achille, mentre nonno Giuseppe, che lo fondò nel 1949, sorride fiero dalla foto appesa in ufficio. La fedeltà alla tradizione regionale emiliana e la scoperta di quella piemontese non ha frenato i gestori, ma li ha spinti a confrontarsi con i cambiamenti nelle richieste dei clienti, trasformando l'offerta e adeguandola alla specializzazione del prodotto. Qui si produce pasta non solo in versione classica, ma anche con farina integrale o kamut e, su richiesta, senza uova. Tra le proposte dei Muzzarelli ci sono paste di diversi formati come garganelli, fusilli, calamarata, mezzi paccheri, anche nelle varianti colorate al nero di seppia, al pomodoro, allo zafferano o con farina di castagne. Tra le paste ripiene sono prodotti di punta i plin di Langa e gli agnolotti paesani, ma anche specialità che si discostano dalla tradizione locale come i tirolesi (con speck e fontina Dop) e i cappelletti di Modena. Ampio spazio alla gastronomia con insalata russa, verdure ripiene, vol-au-vent della casa con gamberi, acciughe alla piemontese, arancini al ragù, carciofi trifolati, ragù di vario tipo, torte salate e l’immancabile vitello tonnato.

I prezzi vanno dagli 8 euro al chilo dei formati più semplici ai 20 euro al chilo delle paste ripiene, secondo la farcia.

Pastificio Bolognese - Muzzarelli dal 1949 | Torino | via San Secondo, 69 | tel. 011 591360 | www.pastificiobolognese.it

 

Pastificio Bolognese - Muzzarelli  dal 1949

 

Sapori

Da oltre 30 anni in attività, Iva e Maurizio Tassinari rappresentano un approdo sicuro per gli appassionati di pasta fresca. Due le sedi: la prima, storica, nella centralissima via San Tommaso, a due passi da piazza Castello, l’altra vicino San Salvario, in via Mazzini. Molto vario il menu per quanto riguarda i formati semplici che rappresentano un viaggio nella Penisola: oltre a tagliatelle, tajarin e gnocchi, anche trofie liguri, pici toscani, busiati trapanesi, orecchiette pugliesi, tutte rigorosamente fatte a mano. Vero cavallo di battaglia del locale sono però gli agnolotti Cavour (con un ripieno misto di vitello e manzo, salsiccia scottata e cervello fatto insaporire con una noce di burro), i plin langaroli, e paste con ripieni più “moderni”, come quelli che abbinano caprino fresco e cipolle di Tropea, ricotta e agrumi, zafferano e spinaci. Tra le specialità anche quelle preparate con farine di grano Senatore Cappelli, farro, khorasan, orzo, grano arso, lino, canapa sativa e legumi. A queste si uniscono le proposte del reparto gastronomia, da mangiare anche il loco, a partire da un’insalata russa ormai famosa fra i clienti abituali, per arrivare a verdure al forno o in padella, torte rustiche, piatti a base di pesce e proposte dedicate ai vegani, come le scaloppine di seitan. Infine tanti dolci, come creme caramel, bônet e panna cotta. Avviso a coloro che vogliono imparare a realizzare la pasta in casa: i coniugi Tassinari organizzano spesso corsi per gli appassionati, anche dedicati ai più piccoli.

Prezzi che partono dai 16 euro al chilo degli gnocchi e toccano i 40 euro dei ravioli al tartufo.

Sapori | Torino | via San Tommaso, 12 | tel. 3339480067 - 0118122523 | www.facebook.com/pg/pastificiosapori

Sapori | Torino | via Mazzini, 36 | tel. 3339480067 - 0118122523 | www.facebook.com/pg/pastificiosapori

 

Pastificio SaporiPastificio Sapori

 

Savurè

Un pastificio con cucina a vista, avviato nel 2013 a pochi passi da piazza Savoia e da poco sbarcato anche a Londra, per portare tutta la passione della pasta piemontese nella Capitale del Regno Unito. Anche in questo caso un locale dalla doppia anima: oltre ad acquistare il prodotto fresco da asporto c'è la possibilità infatti di scegliere il formato e il condimento preferito e gustareli in loco. L'offerta è ampia: oltre 20 tipologie diverse di pasta - fra tagliatelle, pici, maccheroni, gnocchi, paccheri ma anche agnolotti, pansoti, ravioli - da abbinare a 12 sughi, fra cui ragù (di chianina o salsiccia alla campidanese), sughi dell’orto (con verdure di stagione), ai porcini e piopparelli, passando per sugo all’Alfredo (con burro fuso e parmigiano), amatriciana, pesto genovese e i condimenti di mare, come quello con le seppie e il guazzetto di pesce azzurro. Specialità della casa i ravioli del Salumaio, realizzati grazie alla collaborazione con Agrisalumeria Luiset.

I prezzi della pasta variano dai 9 euro degli gnocchi ai 19-20 euro al chilo delle paste ripiene, mentre i piatti “prêt-à-manger” si aggirano tutti sui 10 euro, completi di acqua e caffè. Inoltre, per chi volesse provare più pietanze, c’è la formula aperitivo: 3 assaggi di pasta fresca, ognuno condito in maniera diversa e abbinato ad una birra o a un vino, al prezzo di 7 euro.

Savurè | Torino | via Garibaldi, 38 | tel. 011 19665300 | www.savure.it

 

Pastificio SavurèPastificio Savurè

 

Virgilio

Dalle cucine del ristorante alle macchine per tirare la sfoglia. Si potrebbe sintetizzare così la storia di Virgilio Cucini, che dal 2001 produce pasta insieme al socio Davide Benedetto. Iniziano nella sede di corso Casale, ai piedi delle colline che dominano Torino, e 11 anni dopo aprono un secondo punto vendita in corso Brescia, nel quartiere Aurora: è questa la svolta tanto attesa. Il laboratorio spazioso permette di aumentare gli ordini e introdurre piatti di gastronomia e dolci. Oggi gli indirizzi sono tre perché i loro prodotti si trovano anche al Mercato Piazza Benefica, presso il Giardino Luigi Martini.

L'offerta include pasta fresca realizzata con farina 00 o integrale, nei formati più vari: caramelle, maltagliati, gnocchi, cuoricini, ravioli, agnolotti, tortelli, fino alle proposte vegane, come gli gnocchi alla barbabietola e quelli di patate viola. Alla base del lavoro del team materie prime e produttori selezionati secondo la filosofia dell’agricoltura eco-simbiotica e al desiderio di valorizzare il territorio, scegliendo la filiera corta e le aziende agricole biologiche locali, privilegiando le produzioni tipiche.

 

Pastificio VirgilioPastificio Virgilio

 

L’offerta di gastronomia va dalle pietanze classiche - il vitello tonnato, l’arrosto di maiale e l’insalata russa - a specialità come le torte rustiche, le frittatine, le lasagne, fino ai condimenti, dal ragù (sia di maiale che di manzo) al pesto alla genovese, passando per il sugo ai funghi. Infine, i dolci: tiramisù, bônet, mont blanc e crostate di vario tipo. La tipologia di pasta più richiesta? Gli agnolotti ai 3 arrosti.

I prezzi variano fra i 18,40 euro dell’anolino di ricotta e spinaci, fino ai 29,20 euro al chilo del raviolo mascarpone e pistacchio di Bronte.

Virgilio | Torino | corso Casale, 384 | tel. 011 8903633 | www.pastificiovirgilio.com

Virgilio | Torino | via Mazzini, 38 | tel. 011.4272410 | www.pastificiovirgilio.com

Virgilio | Torino | mercato piazza Benefica | Giardino Luigi Martini | tel. 334 9145859 www.pastificiovirgilio.com

 

 

a cura di Francesca Fiore

 

Leggi anche Pastifici a Bologna

Leggi anche Pastifici a Bari

Leggi anche Pastifici a Genova

Leggi anche Pastifici a Palermo

 

 

Il nuovo ristorante di Gordon Ramsay basato su Hell's Kitchen approda a Las Vegas

$
0
0

È il celebre programma TV Hell's Kitchen a ispirare il nuovo locale firmato Gordon Ramsay, il cuoco più temuto del Regno Unito, che si prepara ad aprire (nuovamente) i battenti a Las Vegas.

Ramsay a Las Vegas

300 coperti e un menu basato sui piatti mostrati durante il programma televisivo Hell's Kitchen. È il nuovo ristorante di GordonRamsay, classe '66, il più famoso cuoco e volto televisivo britannico. A ospitare la cucina dello chef, secondo quanto riportato da Variety, il Caesars Palace di Las Vegas, elegante hotel e casino di lusso. Ma non è la prima volta che il cuoco mette piede nella capitale del gioco d'azzardo: il nuovo locale infatti è il quinto di una serie di insegne di successo che nel tempo hanno conquistato il palato di abitanti e turisti di Las Vegas. In città, ci sono già la Steak House, l'hamburgeria, il fish & chips e il pub & grill a portare la firma di Ramsay con un'offerta ampia e variegata, che a breve sarà completata dal ristorante a tutti gli effetti.

Il ristorante

A ispirare lo chef, il programma Hell's Kitchen, quello che, ancora prima di MasterChef e di un'altra serie di apparizioni TV che hanno fatto conoscere Ramsay al grande pubblico, lo ha reso protagonista assoluto della televisione culinaria britannica e non solo. In onda nel Regno Unito dal 2005, Hell's Kitchen è stato trasmesso in Italia a partire dagli inizi del 2006, dapprima su SkyVivo, in seguito su SkyUno e infine sulla rete televisiva Cielo. Il format è semplice: due squadre di aspiranti chef si sfidano ai fornelli supervisionati e giudicati da Ramsay. Il vincitore ottiene poi un posto da executive chef in un ristorante di alta cucina a discrezione della redazione, ma la caratteristica che più di tutti ha fatto impennare gli ascolti è la pressione psicologica alla quale lo chef sottopone i concorrenti. Ramsay, infatti, è fra i cuochi più temuti del Regno Unito proprio per il ruolo che ricopre ormai da oltre 10 anni.

Ma fra un rimprovero e un insulto, nel corso delle diverse stagioni sono molti i piatti degni di nota realizzati dagli aspiranti chef. E così Ramsay, che attualmente vanta 24 ristoranti a suo nome, ha deciso di riproporre le pietanze più golose create in TV in un ristorante tutto nuovo nel cuore di Las Vegas. L'annuncio della nuova apertura è stato lanciato dallo chef in persona sul suo profilo facebook, omettendo però la data. Di sicuro l'operazione beneficerà di un grande clamore mediatico, e Ramsay sa bene come tenere tutti col fiato sospeso, mentre si appresta a esordire (ma si tratta di un ritorno, il programma fu interrotto nel 2009) con l'ennesimo format televisivo per Fox, The F Word, dove “f” sta per food, family e fun, e, come sempre, qualcuno non vede l'ora di sfidarsi ai fornelli. Giudice irreprensibile sempre lui: il temibile Gordon Ramsay.

a cura di Michela Becchi

Epiro:Evoluzione. A Roma cene d'autore e ospiti speciali per il compleanno di Epiro. E arriva pure Giovanni Passerini

$
0
0

Si apre il 20 maggio con Bernardo Paladini della Franceschetta 58 la rassegna gastronomica ospite del ristorante di piazza Epiro, a Roma. Ma il ciclo di incontri e cene a più mani proseguirà per tutto il 2017, con l'arrivo di tanti ospiti speciali, da Giovanni Passerini a Jean Van Roy del birrificio Cantillon. 

Dall'orto al restyling. Il nuovo corso di Epiro

Un orto sinergico, con tanti prodotti diversi, “roveja come legume, nasturzio e shizo, pomodori di tantissimi tipi, peperoncini, fragoline di bosco e molto altro”.C'è chi sceglie di ricominciare dall'orto, un piccolo appezzamento di terreno appena fuori dal Grande Raccordo Anulare, preso in affitto da un'azienda biologica sulla via Laurentina. Questo ci raccontavano i ragazzi di Epiro appena qualche giorno fa, anche loro folgorati sulla via di Damasco del ritorno alla terra, che nel caso specifico della piccola insegna gourmet del quartiere Appio Latino è una scelta piuttosto coerente con la storia degli ultimi tre anni di attività in piazza Epiro numero 25, sempre attenti alla ricerca delle materie prime migliori per valorizzare una moderna cucina di territorio. I primi tre anni di vita (che in realtà sono quasi quattro, da quando ala fine di novembre 2013 il ristorante apriva i battenti), per assecondare una lettura che ribalta la prospettiva, soffermandosi non tanto sul traguardo da celebrare, e più sull'evoluzione di una realtà imprenditoriale che vuole dimostrarsi solida nel passaggio alla maturità. In cucina e sala la stessa squadra che da qualche tempo si alterna al mattino per il lavoro nell'orto, gli chef Marco Mattana e Matteo Baldi, la giovane direttrice di sala Alessandra Viscardi. Alla selezione dei vini, una carta tutta giocata sul naturale che ha pochi eguali in città per ricerca e curiosità enologica, Francesco Romanazzi. Intanto anche il locale ha trovato una nuova fisionomia, con l'ultimo restyling della sala, giocato su atmosfere minimali e materiali naturali.

 

Epiro:Evoluzione. Il ciclo di cene, gli ospiti in arrivo

Ma per i prossimi mesi il progetto Epiro:Evoluzione si tradurrà principalmente in un calendario di appuntamenti e attività con chef e produttori che sposano la filosofia e l'etica del lavoro di Epiro. Il ciclo di eventi si aprirà a maggio inoltrato, per inoltrarsi fino alla fine del 2017 e seguire così i prossimi sei mesi di attività, scanditi periodicamente dall'approdo in cucina di ospiti internazionali e chef di personalità. A cominciare da sabato 20 maggio, quando Bernardo Paladini, in arrivo dalla Franceschetta 58 di Massimo Bottura, incontrerà la cucina di Marco Mattana per un doppio turno – pranzo e cena per un totale di 70 posti disponibili, su prenotazione – che aprirà le danze della rassegna gastronomica. A seguire, ma le date sono ancora da definire, al civico 25 si avvicenderanno amici vicini e lontani, Jean Van Roy dal birrificio Cantillon di Bruxelles – storica realtà della birra a fermentazione spontanea tanto cara alla tradizione brassicola belga – Giovanni Passerini in arrivo dai trionfi di Parigi - dove un anno fa rientrava da protagonista nel panorama della ristorazione cittadina, lanciando il ritorno al comfort di una moderna tavola urbana familiare – la squadra del Consorzio di Torino, e sempre dal Piemonte Les Caves de Pyrene di Alba; poi Andrea Viola e Noemi Apollonio dal San Giorgio di Maccarese, che di strada ne faranno poca, ma come gli altri hanno talento da vendere. A ognuno scegliere il volto dell'evoluzione che più preferisce, in attesa di scoprire i prossimi ospiti. Ci sarà da divertirsi.

 

Epiro:Evoluzione | Roma | piazza Epiro, 25 | dal 20 maggio 2017 | tel. 06 69317603 | https://www.facebook.com/trattoriaepiro

Olio extravergine di oliva. Glossario essenziale per conoscere l'oro verde

$
0
0

L'extravergine è da secoli uno dei prodotti più comuni sulle nostre tavole. Ma quanto, veramente, conosciamo questo prodotto? Con una serie di termini tecnici, abbiamo voluto radunare tutte le informazioni base per poter parlare, in maniera non superficiale, di olio extravergine di oliva.

 

Parlare di extravergine

Da sempre uno dei simboli della dieta mediterranea, l'extravergine è fra i prodotti agroalimentari più apprezzati non solo per il gusto e la funzione in cucina, ma anche per le sue proprietà nutraceutiche. Ma quanto conosciamo l'olio extravergine di oliva? Per quanto sia un prodotto familiare, o forse proprio per questo, in Italia non se ne sa ancora molto: le informazioni, quando ci sono, risultano ancora troppo vaghe.

Le cose stanno cambiando, è vero, e non solo in meglio: l'olio è sempre più al centro di dibattiti, ma anche di polemiche e scandali, a cominciare da quelli relativi alle frodi, oggetto di numerosi servizi giornalistici che hanno il merito di aumentare la consapevolezza su questo prodotto. L'attenzione si concentra soprattutto sui prodotti da supermercato, e sugli interrogativi che sollevano: dalla provenienza e la qualità delle olive alla poca chiarezza dal punto di vista normativo per quanto riguarda l'etichettatura. I dati oggi sono incoraggianti: aumenta l'attenzione dei consumatori, cresce il numero di iscritti ai corsi di analisi sensoriale, e anche la quantità di oleoteche e negozi specializzati in prodotti di nicchia che riservano un occhio di riguardo all'oro verde.

Ma parliamo di una realtà molto circoscritta: la cultura dell'olio buono, quello realizzato con cura dal campo all'imbottigliamento, è ancora un sapere per pochi. Per diffonderlo occorre cooperazione fra gli addetti ai lavori, una comunicazione più ampia in grado di abbracciare il grande pubblico, un lavoro di promozione e valorizzazione mirato e attento. Prima di tutto, però, per parlare di olio in maniera corretta, bisogna conoscere i termini base utilizzati in campo olivicolo. Per questo abbiamo cercato di radunare i più importanti, creando un glossario essenziale per capire e discutere di olio extravergine di oliva sgombrando il campo da ogni possibile ambiguità.

Glossario

Acido oleico: è una delle componenti principali dell'olio di oliva, che lo rende prezioso alleato della salute per gli effetti benefici sul cuore e l'apparato cardiovascolare. L'acido oleico è contenuto nella frazione saponificabile dell'olio (vedi alla voce corrispondente). Dal punto di vista chimico si tratta di un acido carbossilico monoinsaturo, ovvero con un solo doppio legame tra i vari atomi di carbonio.

Avvinato: difetto tipico dell'olio dovuto alla formazione di lieviti e a un processo di fermentazione anaerobica (cioè che si verifica in assenza di ossigeno) delle olive.

Biofenoli: molecole organiche naturali caratterizzate dalla presenza di gruppi fenolici (i composti aromatici) e prodotte prettamente dal metabolismo secondario delle piante. I biofenoli sono antiossidanti naturali presenti nelle piante, fondamentali per la nostra salute. Con la loro azione, infatti, i biofenoli contribuiscono a ridurre il colesterolo cattivo, proteggono le mucose dello stomaco e aiutano a prevenire malattie cardiovascolari.

Blend: olio prodotto con più varietà di olive.

Cultivar: varietà di oliva. In Italia esistono oltre 500 cultivar, e ognuna di queste presenta caratteristiche organolettiche diverse che, a seconda della qualità del lavoro in campo e in frantoio, restituiscono al prodotto finale aromi e sentori peculiari.

Decanter: strumento per l'estrazione dell'olio tramite centrifugazione, l'operazione mediante la quale si separa la parte liquida da quella solida. Qui si dividono sansa, acqua di vegetazione e mosto (olio + acqua di vegetazione). Questo passaggio avviene dopo la gramolatura.

Drupa: il termine indica il frutto composto da epicarpo membranoso (buccia), mesocarpo carnoso (polpa) ed endocarpo (nocciolo) contenente uno o due semi (mandorla). Vale per olive, albicocche, pesche e altri frutti simili.

Fenoli: sostanze derivate dagli idrocarburi aromatici (composti organici che presentano nella loro struttura uno o più anelli aromatici) per la sostituzione di uno o più atomi di idrogeno.

Fermentazione anaerobica: serie di reazioni chimiche che permette agli esseri viventi di ricavare energia da particolari molecole organiche. La fermentazione anaerobica è chiamata così perché avviene in assenza di ossigeno.

Filtraggio: dopo tutte le fasi di lavorazione può accadere che l'olio si presenti torbido. Questo indica che il prodotto presenta delle particelle di acqua in sospensione e altre piccole impurità. Il filtraggio serve a eliminare queste particelle e a creare oli limpidi che poi potranno avere una maggiore longevità rispetto a quelli non filtrati.

Fiscolo: recipiente con sistema di filtrazione in cui vengono poste le olive macinate prima di passare alla fase di spremitura meccanica.

Frangitura: primo passaggio pdella lavorazione delle olive subito dopo il lavaggio. Qui avviene la prima rottura delle drupe attraverso un sistema che può essere a “martelli” o a “coltelli”. È un'importante fase della lavorazione perché qui si formano gran parte dei profumi che poi si riscontreranno in fase di assaggio.

Frantoio: gli impianti oleari possono essere di due tipi, a ciclo discontinuo (o tradizionale) e a ciclo continuo. Il primo utilizza per la frangitura le molazze di granito, la pasta che si ottiene si raccoglie nei recipienti detti fiscoli, poi si passa alla spremitura meccanica. L'impianto a ciclo continuo invece prevede un solo ciclo di produzione così da salvaguardare il prodotto in tutto il processo di lavorazione. Il grande vantaggio di quest'ultimo sistema è la presenza del decanter che divide sansa, acqua di vegetazione e mosto. Dopo questo processo il mosto viene inviato ai separatori dove l'olio viene diviso dall'acqua di vegetazione.

Frantoiano: addetto alla frangitura delle olive. Colui che ha il compito di seguire le varie fasi di estrazione dell'olio.

Frazione saponificabile: componente dell'olio extravergine di oliva che rappresenta il 98% del prodotto, interamente costituita da acido oleico.

Frazione non saponificabile: componente dell'olio extravergine di oliva che rappresenta il 2% del prodotto, costituita da diverse sostanze come lo squalene, i fitosteroli, il betacarotene, i polifenoli, l'oleuropeina e l'oleocantale.

Gramolatura: passaggio di lavorazione successivo alla frangitura che consiste nel rimescolamento della pasta ottenuta nel precedente step con lo scopo di agevolare la rottura dell'emulsione tra acqua e olio. La durata di questa fase deve essere tra i 20 e i 40 minuti. Una maggiore durata non aumenta la resa, ma sottopone la pasta a un maggiore contatto con l'aria provocando uno stress ossidativo (a meno che non si usino gramole che lavorano in assenza di ossigeno). In questa fase il frantoiano deve trovare il giusto compromesso tra quantità e qualità in quanto un maggiore riscaldamento della pasta aumenta la resa, ma peggiora la qualità del prodotto.

Metabolismo secondario: in botanica, metabolismo cui sottendono le reazioni delle piante correlate alla vita di interrelazione con l'esterno.

Molazza: macchina utilizzata per la pigiatura delle olive composta da una a quattro ruote.

Monocultivar (o monovarietale): olio prodotto con una singola varietà di oliva.

Morchia: difetto dell'olio dovuto alla permanenza con i fanghi di decantazione. Tipico degli oli non filtrati che, dopo un paio di mesi dall'imbottigliamento, creano la cosiddetta “posa” in fondo alla bottiglia.

Mosca: difetto tipico dell'olio ottenuto da olive colpite dalle larve di mosca dell'olivo chiamata Bactrocera oleae.

Olio di oliva vergine: in etichetta indicato come “olio d’oliva ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici”. Categoria merceologica che identifica, attraverso più parametri, tutti gli oli che presentano un livello di acidità libera compresa fra 0,8% e 1,5% per 100 grammi.

Olio extravergine di oliva: in etichetta indicato come “olio di oliva di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici”. Il termine extravergine identifica, attraverso più parametri, una categoria merceologica assegnata a tutti quegli oli che presentano un livello di acidità libera inferiore a 0,8% per 100 grammi.

Olio di sansa di oliva: in etichetta indicato come “olio contenente esclusivamente oli derivati dalla lavorazione del prodotto ottenuto dopo l’estrazione dell’olio di oliva e oli ottenuti direttamente dalle olive”. In pratica è l'olio ottenuto dalla lavorazione della polpa di oliva dopo la prima spremitura.

Olio lampante: olio di oliva che presenta un livello di acidità libera superiore al 2% per 100 grammi.

Oliva: frutto commestibile dell'ulivo, composto da buccia (epicarpo), polpa (mesocarpo), nocciolo (endocarpo) e seme (mandorla), contenuto all'interno del nocciolo. Le olive si distinguono in tre gruppi: olive da mensa (o da tavola), utilizzabili solo a scopo alimentare, olive da olio, adatte per l'estrazione di olio, e olive a duplice valenza, in grado da essere trasformate sia in olive da mensa che in olio.

Potatura: serie di interventi messi in pratica dall'uomo per modificare la vegetazione e fruttificazione di una pianta. In olivicoltura, una potatura corretta degli ulivi è fondamentale per garantire la qualità delle olive, e può essere svolta manualmente o meccanicamente.

Rancido: difetto tipico dell'olio che subisce un processo di ossidazione. Difetto tipico degli oli che superano la data di scadenza di 18 mesi dall'imbottigliamento.

Riscaldo: difetto tipico dell'olio dovuto a un processo di fermentazione delle olive e in particolare dovuto alla formazione dei batteri Clostridium e Pseudomonas.

Strippaggio: tecnica di assaggio di olio che consiste nel degustare il prodotto inspirando aria all'interno della bocca. L'assaggiatore deve ricreare una sorta di vaporizzatore tenendo i denti serrati e riuscire così a percepire le sensazioni di amaro, piccante e le sensazioni retro-olfattive.

Ulivo: nome botanico Olea europaea. Pianta da frutto originaria dei paesi del bacino del Mediterraneo, molto longeva, in grado vivere per centinaia di anni. Pianta sempreverde, presenta un fusto cilindrico e contorto con legno duro e pesante, e una chioma con forma conica.

Xylella fastidiosa: batterio che vive e si riproduce all'interno dell'apparato conduttore della linfa grezza, che può causare gravi danni alle piante. Quando una pianta viene infettata, i batteri portano alla formazione di un gel nello xilema (tessuto vegetale presente nelle piante vascolari), ostruendo così il flusso dell'acqua e bloccando la nutrizione della pianta.

a cura di Michela Becchi e Indra Galbo

Foodicola. Le edicole di Milano diventano isole del gusto per la Food Week. E non solo

$
0
0

Degustazione di prodotti tipici, incontri culturali, valorizzazione delle tradizioni gastronomiche locali... In edicola! È il progetto di Snag in collaborazione con il Comune di Milano per rilanciare il ruolo delle edicole all'insegna del gusto. Si comincia con la Milano Food Week. 

Evolversi per sopravvivere. Il futuro delle edicole

Sfrutta il traino della Milano Food Week alle porte il progetto di valorizzazione delle edicole cittadine, con l'intento però di diventare realtà consolidata per rilanciare il ruolo dei chioschi per la rivendita di quotidiani, riviste e libri che punteggiano le città di tutto il mondo, pur risentendo, da qualche anno a questa parte, della crisi profonda della carta stampata. Se un tempo l'edicola – pure per merito di quegli edicolanti sempre pronti alla battuta, e ben disposti a scambiare quattro chiacchiere sulle ultime novità del quartiere – rappresentava un punto di riferimento e motivo di aggregazione sociale per chi ogni mattina arrivava in cerca del suo quotidiano, oggi in tanti sono costretti a cessare l'attività per mancanza di pubblico e guadagni. E allora a Milano, seguendo l'esempio di altre grandi capitali europee, hanno pensato di riabilitarne l'immagine trasformandole nel cuore pulsante di un circuito turistico fatto di degustazioni, approfondimenti culturali e infopoint. A partire dalla settimana in cui tutta la città sarà fin quasi ossessionata dal pensiero del cibo, in grande spolvero per la prima edizione di Milano Food City (dal 4 all'11 maggio, il senso della manifestazione e gli appuntamenti da non perdere qui e qui). Il progetto di rilancio ed evoluzione delle edicole è stato ideato dalla società cooperativa Snag Progetti in collaborazione con Edicola 2.0 e testerà la piazza meneghina nei prossimi giorni, partecipando al calendario degli eventi Week &Food con Foodicola.

 

Foodicola a Milano

Nella pratica con 22 corner di Milano – tra cui 18 edicole – coinvolti non solo nella vendita di quotidiani e riviste (con il lancio contestuale di un nuovo magazine free press, iltuogiornale.it, distribuito nelle edicole cittadine per raccontarle e raccontare la vita in città, tra appuntamenti e luoghi da non perdere), ma pure nell'organizzazione di degustazioni e show cooking con chef e ospiti del settore, con l'intento di “valorizzare specifici prodotti italiani, dai formaggi ai salumi, passando per la birra organica”. L'itinerario toccherà molti quartieri del perimetro urbano, da Porta Genova a piazza XXV aprile, da piazza Castello a piazza Duomo (con tre punti), all'edicola di Colonne San Lorenzo, in partnership anche con Confagricoltura, Sky e Gambero Rosso, che animeranno il cuore della rassegna in piazza Cordusio, con l'allestimento del palco per gli show cooking dei volti di Gambero Rosso Channel, Maurizio Rosazza Prin, Max Mariola e Fabrizio Nonis, Vito e Giorgione. E tanti saranno gli eventi organizzati per famiglie e bambini, improntati alla conoscenza del cibo e della corretta alimentazione. L'impronta che resterà a memoria futura porta in direzione di un'evoluzione delle edicole in luoghi che dispensano servizi per i residenti e costituiscono attrattiva per i turisti, compresa la trasformazione in isole del gusto che raccontano il territorio e le tradizioni locali.

 

Gli obiettivi per il futuro. Dall'edicola al mercato

Solo a Milano, del resto, oggi si contano 540 edicole, con una media di chiusure che sfiora le 30-40 attività ogni anno. La soluzione per arrestare l'emorragia potrebbe essere proprio quella profilata dall'Assessore alle Attività Produttive Cristina Tajani, che punta l'accento sulla riscoperta della funzione sociale, analogamente al progetto intrapreso nei mercati coperti: “La formula che vogliamo seguire è quella di coniugare le attività di vendita con altre di intrattenimento e informazione: il Comune lo sta già proponendo per altri luoghi tradizionali di vendita a cui dare nuova vita, come i mercati coperti”. E rincara la dose Alessandro Rosa, presidente di Snag:“Per il cliente presentarsi in edicola diverrà un’esperienza sempre diversa ed emozionante. Sarà l’occasione per trovare le riviste più amate, insieme a nuovi servizi che consentiranno di ricreare quella fiducia quotidiana tra edicolante e cittadino”. Intanto si comincia con la passeggiata enogastronomica dei prossimi giorni: intorno al distretto della pasta, stanziato in piazza Duomo, si avvicenderanno corner dedicati a pesce e vino bianco, grill e birra, cucina veg e birra bio, dolci e bollicine, con il supporto di stand posizionati a ridosso delle edicole coinvolte.

 

a cura di Livia Montagnoli


Seoul Food Festival. La squadra italiana in visita al summit coreano: Beck, Camanini e le pizze di Franco Pepe

$
0
0

Tre rappresentanti d'eccellenza chiamati a onorare la tradizione tricolore in Corea del Sud, dove ogni anno va in scena il summit dedicato all'alta ristorazione internazionale, tra convegni, cene a più mani e uno spettacolare pic nic sul Jamsu Bridge. Il programma. 

Il congresso gastronomico di Seoul

L'appuntamento più atteso, al Seoul Food Festival, è il consueto pic nic d'autore sul Jamsu Bridge, che l'anno scorso ha visto tra gli ospiti d'onore Niko Romito, e quest'anno andrà in scena venerdì 5 maggio, proponendo un buffet d'autore concertato a più mani, tra gli chef volati in Corea del Sud per partecipare alla rassegna. L'International chef summit di Seoul, lontano dai clamori eurocentrici che spesso ci fanno dimenticare quanto succede dall'altra parte del mondo - e Seoul e sempre più lanciata nelle cronache gastronomiche che contano: lo scorso autunno la Michelin ha lanciato la prima edizione cittadina eleggendo due tristellati, intanto all'81esimo piano della Lotte Tower ha appena aperto Stay, il ristorante di Yannick Allenò all'interno dell'hotel Signiel Seoul - è un festival che riunisce ogni anno tante personalità di spicco della cucina internazionale. E una quota italiana c'è sempre. Per onorare l'edizione 2017, in programma dal 2 al 5 maggio, sono arrivati nella metropoli coreana in tre, due chef e un pizzaiolo d'eccellenza: Heinz Beck, Riccardo Camanini e Franco Pepe. Anche loro chiamati a discutere sulle tendenze più attuali e la cucina del futuro, insieme a un cast di rappresentanti dell'alta ristorazione asiatica ed europea, da Emmanuel Renaut ad Alvin Leung, da Pierre Marcolini ad Alberto Lee, che in Corea tiene alta la bandiera della cucina italiana, dal 1992 alla guida della tavola tricolore Yesterday, primo ristorante d'ispirazione italiana a Seoul, all'interno del Westin Chosun Seoul Hotel ( e oggi a capo pure di Vecchia e nuovo, insegna più informale, sempre dedicata agli ingredienti e alle tradizione di casa nostra).

 

L'Italia al festival

Nei giorni scorsi il team di chef ha animato cene a 4 e più mani, prima di entrare nel vivo dei lavori ospitati a Le Cordon Bleu di Seoul, dove Heinz Beck (“il più acclamato Tre Stelle europeo” recita la scheda tecnica dell'organizzazione) salirà sul palco per presentare la propria idea di cucina moderna, condividendo l'importanza di un buon bagaglio tecnico per interpretare con piglio contemporaneo la tradizione della cucina italiana. Lo chef de La Pergola di Roma sarà poi protagonista di una Solo Dinner al JW's Grill del JW Marriott Seoul. Come lui, anche Riccardo Camanini, solitamente alla guida della cucina di Lido 84 sul lago di Garda, sarà protagonista di una Solo Dinner al Fours Seasons Boccalino, nel centro di Seoul. Mentre Franco Pepe sarà il campione della serata World Pizza Champion al Market O, il 4 maggio. In contemporanea, al Grand Hyatt Hotel, la Grand Star Dinner riunirà tutti gli chef coinvolti nel festival, che cucineranno insieme per 230 fortunati ospiti, proponendo un viaggio nell'alta cucina internazionale.

Prima di tornare in strada, il 5 maggio, per allestire un bibimbap (il piatto nazionale coreano, a base di riso, uova, verdure e carne di manzo o pollo) collettivo, mentre il pizzaiolo di Pepe in Grani sfornerà pizze per il pubblico che raggiungerà l'Han River per trascorrere una giornata all'aria aperta animando il pic nic d'autore. Ma il Jamsu Bridge, vestito a festa per l'occasione, ospiterà anche molti food truck e realtà dello street food cittadino, pronti a soddisfare la richiesta di una platea numerosa: sono attese migliaia di persone. Chissà quanti saranno conquistati dalla Margherita sbagliata del maestro di Caiazzo?

 

www.seoulfoodfestival.com

 

a cura di Livia Montagnoli

 

Mangiare lungo la via Francigena. Prima tappa: dal Gran S. Bernardo a Verrès

$
0
0

Iniziamo oggi un nuovo percorso, che ci porterà alla scoperta del tratto italiano della via Francigena. Un antico cammino spirituale, oggi diventato un percorso anche per coloro che sono appassionati di turismo slow o che desiderano passare del tempo immersi nella natura insieme ad altri camminatori. Per ogni tappa vi segnaleremo le migliori trattorie, i locali di street food e i bar più adatti per l’adeguato ristoro di viaggiatori che amano la semplicità ma non rinunciano di certo al gusto.

La via Francigena e il tratto italiano

Chiamata anche via FranchigenaFrancisca Romea, la via Francigena non è un itinerario unico, ma un fascio di vie che conducevano viaggiatori e pellegrini dall'Europa occidentale fino a Roma, cuore del cattolicesimo. Il pellegrinaggio verso l’Urbe, in visita alla tomba dell'apostolo Pietro, era nel Medioevo una delle tre peregrinationes maiores insieme a quelle dirette a Santiago di Compostela e in Terra Santa. Coloro che non si fermavano a Roma scendevano lungo la penisola fino al porto di Brindisi e da lì si imbarcavano per Gerusalemme.

Il tratto da Canterbury a Roma si sviluppa su di un percorso di 1.600 km che parte da Canterbury e arriva a Dover, per poi attraversare la Manica. In Francia, invece, parte da Calais, passa per Reims, Besançon e Losanna e giunge fino alle Alpi, da oltrepassare nei pressi del colle del Gran San Bernardo. Da qui inizia il tratto italiano, anche se in epoca antica si poteva arrivare a Vercelli da una via alternativa, che da Chambéry attraversava il Colle del Moncenisio, percorreva tutta la Val di Susa e raggiungeva Torino per poi fare tappa a Vercelli, dove si riuniva con l’itinerario principale.

 

La tappa 1: dal Gran S. Bernardo a Verrès

Abbiamo suddiviso l’itinerario italiano della via Francigena in 11 grandi tappe, per suggerire al meglio gli scorci più suggestivi, i monumenti più belli e soprattutto le migliori tavole lungo la strada. Ogni tappa è divisa in diversi blocchi, fra i 15 e i 30 km circa, sui cui i camminatori possono cimentarsi a piacimento, secondo il grado di allenamento.

La prima frazione del percorso va dal colle Gran S. Bernardo a Verrès: al suo interno la tratta Gran S. Bernardo - Echevennoz (14,9 km), Echevennoz - Aosta (13,6 km), Aosta - Châtillon (27,7 km) e infine Châtillon - Verrès (19 km).

 

 

È un percorso particolarmente consigliato per chi ama la natura, perché accompagna una strada panoramica molto lunga, sulla SS27, che scende fino alle valli aostane, attraversando borghi affascinanti come quelli di Saint Rhemy en Bosses, Saint Leonard, Saint Oyen, Etroubles. In una frazione di Eutrobles, Eternod, è possibile visitare l'ultimo degli antichi forni usati un tempo per la tradizionale cottura del pane nero di tutta la comunità. Superata Echevennoz, altra frazione di Etroubles, degli splendidi frutteti condurranno i camminatori fino ad Aosta.

 

I rus di Echevennoz e l’archeologia aostana

Proseguendo da Echevennoz verso Aosta si costeggiano in parte i cosiddettirus, degli autentici capolavori di ingegneria idraulica molto antichi: si tratta di piccoli canali costruiti dall’uomo che convogliavano l’acqua nei campi, permettendo lo sviluppo di agricoltura e allevamenti anche in zone impervie. Questa è una parte impegnativa del percorso: i tratti pianeggianti lungo i canali si alternano infatti a discese ripide e a volte scoscese.

Sono tante le cose da vedere ad Aosta, a partire dagli straordinari resti del suo passato romano come l’imponente Arco di Augusto, costruito nel 25 a.C., che porta i viaggiatori direttamente nel cuore del centro storico. Fra le porte romane la più suggestiva è sicuramente Porta Pretoria, costruita sempre nel 25 a. C. e conservata in ottimo stato: è formata da due serie di archi che racchiudono una piazza d'armi. Su entrambi gli archi sono visibili gli antichi camminatoi delle sentinelle. Immancabile una visita alla Cattedrale di Santa Maria Assunta e San Giovanni Battista, edificata nell'XI secolo sui resti di una chiesa più antica per volere di Anselmo I. Infine il suggestivo Anfiteatro romano, le cui rovine sono state inglobate in una costruzione medievale, il monastero delle suore di santa Caterina. Per visitarlo è sufficiente bussare alla porta del convento, in via Anfiteatro 4.

 

I castelli di Chatillon, Saint German e Verrès

Proseguendo lungo il terzo itinerario si giunge fino a Chatillon, centro di circa 5mila abitanti sulla sinistra della Dora Baltea. Qui si possono ammirare il Castello di Ussel, in cima a un costone roccioso che domina il paese, il Castello Passerin d'Entrèves e diverse torri (Conoz, Néran, Desgranges e Decré d'Emarèse). Lungo il cammino, invece, le attrattive più importanti sono i vigneti e i castelli di Quart, Nus, Cly, Fenis, questi ultimi due visibili solo in lontananza.

Ripartendo da Chatillon verso Verrès si percorre il tratto più impegnativo di tutta la tappa, con diverse salite e dislivelli. Ci si muove lungo un sentiero che arriva fino a Saint Vincent - dove si producono i famosi torcetti- e a Saint Germain, frazione del comune di Montjovet, che ospita l’omonimo castello medievale, una delle strutture più particolari e meglio conservate di tutta la regione. Qui la via Francigena si sovrappone per un tratto all'antica strada delle Gallie, permettendo ai camminatori di raggiungere Verrès lungo un incantevole percorso panoramico, che risale il fianco della montagna per poi scendere verso Issogne.

La nostra prima tappa finisce a Verrès, borgo che conserva anch’esso un castello medievale, che lo domina da un promontorio. Nella parte alta del paese, si trova invece il complesso della Prevostura di Saint-Gilles, realizzato tra il XI e il XIII secolo, che ospita la trifora dell’antica cappella di Ibleto: una splendida finestra in pietra, capolavoro del gotico valdostano.

 

CONSIGLI DALLA GUIDA RISTORANTI D’ITALIA 2017

Le Bar à Vin - Bottega Antichi Sapori (Aosta)

Un bistrot che punta sulla semplicità e sulla valorizzazione delle materie prime locali, con un’offerta poliedrica che va dallo spuntino pomeridiano alla cena, passando per l’aperitivo. In cucina Paolo Vai propone piatti del territorio rivisitati, padroneggiando una grande tecnica che non mette mai in ombra i sapori. Interessanti le selezioni di salumi e formaggi valdostani, ma anche i dolci della casa. Cantina ben assortita che privilegia la regione, ma offre anche spunti inaspettati. Due Cocotte nell’edizione 2017 della guida Ristoranti d’Italia.

 

Trattoria degli Artisti (Aosta)

Un ambiente informale e curato accoglie i clienti nel cuore del centro storico di Aosta. Ricco e sostanzioso il menu, tutto dedicato alle specialità regionali, a partire dai taglieri di salumi e formaggi, passando per le numerose zuppe, fino alla polenta grassa e alla fonduta. Grande abilità nel trattare le carni, scelte personalmente dallo chef fra produttori più fidati. Carta dei vini ampia, con etichette locali, nazionali e d’oltralpe. Un Gambero nell’edizione 2017 della guida Ristoranti d’Italia.

 

 

CONSIGLI DALLA GUIDA STREET FOOD 2017

Giorgi - Pink Different (Aosta)

Panetteria, pasticceria e caffetteria che propone piatti freddi, panini, tramezzini, insalate e buffet di dolci a qualsiasi ora della giornata. Importante anche la produzione di pane e focacce, realizzate con diverse farine e spesso arricchite da semi e aromi. Specialità del locale i coloratissimi macaron, ma anche i prodotti di pasticceria secca e fresca, i semifreddi e i gelati da passeggio 100% artigianali.

 

Opificio del gusto (Aosta)

Un locale allegro e colorato, con una decina di tavoli posti fra i vicoletti della città. Qui si possono assaggiare prodotti di alta qualità provenienti da tutta Italia, con un occhio di riguardo per quelli valdostani, cucinati in piatti informali e leggeri. Punto di forza del locale i “panini spaziali” ma anche i taglieri, i tramezzini e gli snack dolci, Da bere bibite di vario tipo, qualche buon vino e molte birre artigianali provenienti da piccole realtà della zona.

 

 

CONSIGLI DALLA GUIDA FOODIES 2016

La Valdôtaine (Saint Marcel)

Un prosciutto crudo alle erbe di montagna che nasce nel 1985, riportando in vita un’antica ricetta: una specialità che, da oltre 30 anni, potrete trovare a La Valdôtaine, una distilleria con la passione per i salumi. È un prodotto reso unico dalle caratteristiche di clima e territorio, dalla qualità degli allevamenti, dalla tecnica certosina necessaria per lavorarlo e stagionarlo. L’azienda è anche una “merenderia”, che propone assaggi a partire da questo e altri salumi come il Fiocco di Neve (trattato con bacche di ginepro e stagionato 24 mesi all’aria aperta) abbinandoli ad altri prodotti della zona.

 

Le Resto La Bonne Étape (Sarre)

Il bistrot della famiglia di Paolo Vai si è trasferito da Saint Marcel a Sarre, in località Arensod, in una nuova location che ospita anche 6 stanze curate e luminose e un’area verde, che d’estate diventa un accogliente dehors con spazio per i bimbi. Il menu è un perfetto equilibrio fra le specialità della tradizione e piatti di ricerca, che riescono a evadere dai sapori locali senza tradire lo spirito di questa regione gastronomica.

 

Trattoria Champagne (Verrayes)

Una trattoria rustica arredata con gusto che propone cucina classica italiana ma anche specialità valdostane e piemontesi. Il menu offre piatti sostanziosi e curati nei dettagli, con una netta predominanza delle carni, trattate a regola d’arte. Buoni i dolci maison, classici e golosi. Da bere un buon vino della casa e qualche birra artigianale.

 

CONSIGLI DALLA GUIDA BAR 2017

Caffè Roma (Aosta)

Piccolo locale nel cuore di Aosta, gestito da un professionista della degustazione come Moreno Rossin. Caffè e cappuccini intensi e di qualità, estratti in maniera impeccabile, affiancati da fragranti brioches e lievitati sempre freschi. A pranzo insalatone, panini gourmet, taglieri di prodotti locali, piatti freddi. Interessante anche la merenda, con la selezione di tè e biscotti. Punto forte del locale l’aperitivo, con un’ampia selezione di cocktail e snack. Due Chicchi e una Tazzina nell’edizione 2017 della guida Bar d’Italia.

 

Deorsola (Aosta)

Locale curato e alla moda, con oggetti di design e stampe fotografiche di artisti più o meno conosciuti. Qui si possono assaggiare caffè corposi, rotondi, con una piacevole nota di cioccolato, e cappuccini ben dosati e vellutati. La proposta per il pranzo spazia da piatti freddi a proposte calde, semplici ma ben eseguite, antipasti di vario tipo e insalate, secondo la rotazione stagionale. Importante il momento dell’aperitivo, con cocktail ben miscelati ma anche vini e bollicine locali. Un Chicco e Due Tazzine nell’edizione 2017 della guida Bar d’Italia.

 

Mafrica (Aosta)

Situata in una delle arterie principali di Aosta è una pasticceria moderna e dall’arredamento minimal, con un piano superiore interamente a vetro. L’offerta è di qualità, a partire dai caffè aromatici e dai cappuccini equilibrati, passando per le ottime brioche artigianali in diverse versioni, fino alla merenda con torte classiche e creative, tè e infusi. Sfizioso l’aperitivo, con etichette locali e cocktail e tanti golosi snack. Due Chicchi e Due Tazzine nell’edizione 2017 della guida Bar d’Italia.

 

indirizzi

Caffè Roma | Aosta | via Aubert Edouard, 28 | tel. 0165 262422

Deorsola | Aosta | via Antonio Gramsci, 16 | tel. 0165 44102 | www.caffedeorsola.it

Giorgi - Pink Different | Aosta | corso Ivrea, 37 | tel. 0165 230191 | www.facebook.com/giorgidal1982

Le Bar à Vin - Bottega Antichi Sapori | Aosta | via Porta Pretoria, 63 | tel. 0165 239666 | www.labottegadegliantichisapori.it

Le Resto La Bonne Étape | Sarre (AO) | localita Arensod, 25 | tel. 0165 185 3365 | www.facebook.com/Restò-La-Bonne-Etape-674098816069376

La Valdôtaine | Saint Marcel (AO) | località Surpian | tel. 0165 768919 | www.lavaldotaine.it

Mafrica | Aosta | via de Tillier, 38 | tel. 0165 610424 | www.facebook.com/pg/mafricapasticceria

Opificio del gusto | Aosta | via de Lostan, 27 | tel. 0165 236680 | www.facebook.com/opifciodelgusto1

Trattoria Champagne | Verrayes | frazione Champagnet, 24 | tel. 0166 546288 | www.anticatrattoriachampagne.it

Trattoria degli Artisti | Aosta | via Maillet, 5/7 | tel. 0165 40960 | www.trattoriadegliartisti.it

 

 

a cura di Francesca Fiore

Val d'Orcia: un inizio di stagione all'insegna di grandi assaggi e di scoperta del territorio

$
0
0

In bicicletta, nel bicchiere, nelle Spa: ci sono molti mezzi per conoscere la Val d'Orcia. Un territorio incantevole dove il sangiovese acquista un carattere del tutto originale.

L'ottava edizione dell'Orcia Wine Festival e la Camminata di Primavera nei sentieri della Val d’Orcia, entrambi alla fine di aprile, hanno segnato la riapertura ideale della stagione dell'enoturismo in Toscana, sia perché l'appuntamento è stato premiato da un meteo generoso e da un’affluenza superiore alle aspettative, sia perché la Val d'Orcia ne rappresenta l'archetipo. Giovane ma già consapevole del suo potenziale, il Consorzio del Vino Orcia ha organizzato cinque giornate dense di appuntamenti per presentare una Denominazione che fino a vent'anni fa non esisteva neppure (DOC e Consorzio sono nati nel 2000) e che solo per effetto del cambiamento climatico ha iniziato a scoprire tutto il suo valore.

Francesco_Caso_-_VitaletaVitaleta - Francesco Caso

Il vino Orcia e la Strada del Vino Orcia

Si perché quella del vino Orcia è una delle (poche) storie positive legate al global warming. Il progressivo aumento della temperatura dagli anni '80 a oggi, in particolare in questo territorio, ha comportato una decisa riduzione delle gelate primaverili che facevano perdere un raccolto su tre. È così che per questa zona si è prefigurato un nuovo futuro, una nuova strada, e non solo in senso figurato: La Strada del Vino Orcia è nata nel 2003 e la sua sede è a Castiglione d'Orcia. Punto di riferimento per chiunque volesse conoscere questo territorio, le sue colline e i centri abitati. I Comuni compresi nella DOC Orcia sono: Buonconvento, Castiglione d'Orcia, Pienza, Radicofani, San Giovanni d'Asso, San Quirico d'Orcia, Trequanda, Abbadia San Salvatore, Chianciano Terme, Montalcino, San Casciano dei Bagni, Sarteano e Torrita di Siena (con una recente modifica S. Giovanni d'Asso è stato incluso in Montalcino).

 

La manifestazione

L'Orcia Wine Festival è l'appuntamento che dà il via alla stagione. Si chiama Festival ma in realtà è un grande meeting: quattro giorni di incontri, da quelli dei produttori con gli amanti del vino, a quelli degli enoturisti col territorio. Nelle sale di Palazzo Chigi, quartier generale dell’evento, i banchi di assaggio, le degustazioni con l’Onav Siena e la Masterclass con Kerin O’Keefe. L’evento si è aperto con la Mostra Mercato dei vini ed è continuato con l'Orcia Wine Bike, le visite in cantina con la bici. Un modo, questo, per conoscere ancora più da vicino questa zona, percorrendone con calma il paesaggio per scoprirne i tesori nascosti e quelli più famosi. Tra questi le acque termali, di cui La Val d’Orcia è ricca, note già agli Etruschi; sono state proprio le sorgenti il tema scelto per il concorso fotografico organizzato con Instagramers Siena. È solo una delle iniziative che hanno arricchito il festival, insieme alle Wine Spa con i massaggi, l’Orcia Wine Music con i Thousand Miles Trio, il laboratorio per bambini, il Saluto dei Quartieri, le escursioni trekking, i cortometraggi degli universitari senesi del prof. Masini, la cena di gala e per finire, Il Barbiere di Siviglia al Teatrino di Palazzo Chigi di S. Quirico. A comporre un programma vario capace di restituire il patrimonio naturale, enogastronomico, culturale, racchiuso in questi luoghi.

 

quiete_in_val_d_orcia_-_Andrea_RabissiQuiete in val d'Orcia - Andrea Rabissi

Il territorio

L'Orcia è una zona con caratteristiche diverse da quelle delle due sorelle vicine, quella del Nobile di Montepulciano e quella del Brunello di Montalcino. Tanto per iniziare l'altitudine: l'Orcia è più alta. È alta collina, dove le sere d'estate ci vuole il soprabito. Anche il suolo è diverso dai vicini: ci sono le zone di argilla a nord, di sabbie marine ad est, di galestro vicino al torrente Orcia. È un terreno molto diversificato che regala vini che hanno, come fil rouge ed elemento peculiare, la freschezza, e una struttura acida decisa che deriva dalle escursioni termiche e dall'altitudine. Una zona dove storicamente l'agricoltura è stata molto difficile, soprattutto per la vite, e che fino al secolo scorso era destinata principalmente alla cerealicoltura e all'olivicoltura.

 

La Doc Orcia e i produttori

Il sangiovese è l'elemento distintivo della Doc Orcia. Com'è noto in queste tre zone (Orcia, Montepulciano e Montalcino) questo vitigno raggiunge livelli qualitativi impensabili in qualsiasi altra parte del mondo. E si declina in diversi vini.

Orcia: Sangiovese (minimo 60%) più altri vitigni non aromatici autorizzati dalla Regione Toscana.

Orcia Riserva: Orcia sottoposto ad invecchiamento per almeno 24 mesi di cui almeno 12 in botti di legno.

Orcia Sangiovese: sangiovese (minimo 90%). Concesso, da solo o congiuntamente per un massimo del 10% l'uso di canaiolo nero, colorino, ciliegiolo, foglia tonda, pugnitello e malvasia nera.

Orcia Sangiovese Riserva: Orcia sangiovese sottoposto ad invecchiamento per almeno 30 mesi di cui almeno 24 in botti di legno.

Orcia Rosato: sangiovese (minimo 60%) più altri vitigni non aromatici autorizzati dalla Regione Toscana.

Orcia Bianco: sangiovese (minimo 60%) più altri vitigni non aromatici autorizzati dalla Regione Toscana.

Le 60 aziende dell'Orcia (41 associate nel Consorzio) producono in tutto 250 mila bottiglie, l'equivalente di un unico produttore di medio-piccola grandezza. Ciò porta a un elemento chiave di questa Doc: artigianale in una dimensione globale. Piccola ma con un know-how diffuso e dove la regola è la vendemmia a mano, la scelta dei grappoli, delle bacche e la selezione severa. I produttori dell'Orcia, squadra tutto sommato ancora giovane, trasmettono spirito di squadra, pur ricercando ognuno una personale interpretazione di questo vino, ma la sensazione che arriva a chi li guardi nel loro complesso è di un'armonia delle diversità, come quella dell'orchestra, dove la partitura della natura suona con strumenti e sfumature diverse.

 

Il paesaggio

Il punto di forza del territorio dell'Orcia è il paesaggio con la sua autenticità agricola, che è poi ciò che lo ha reso Patrimonio dell'Umanità, riconosciuto dall'Unesco nel 2004. Un panorama che evoca la campagna “curva" di Mario Luzi. La curva è infatti l'elemento magico di questo territorio: le colline, le strade, i bordi dei campi, un'armonia sinuosa e misteriosa che unisce uomo, natura e storia.

Quella nella zona dell'Orcia è un'esperienza che richiede di lentezza, soprattutto come atteggiamento mentale. La morfologia del territorio, i colori, i vuoti e i pieni dei boschi e dei campi, la perfezione dei filari che pettinano le colline: tutto impone tranquillità per essere visto e sentito veramente. E ne vale la pena, il panorama è incantevole. Senza contare la temperie di emozioni che genera visitare queste campagne, una continua e curiosa sovrapposizione di impressioni contrastanti, con quella sensazione di scoprire per la prima volta e ritrovare. Si scoprono posti mai visti prima che però sembra di conoscere già. Questo perché il paesaggio è - non metaforicamente - un vero set naturale: in queste valli sono stati girati film celebri, spot per la tv; sono fatte qui le foto per i calendari e per gli sfondi di computer e smartphone.

È senza dubbio l'enoturista che in questo scenario gode dell'esperienza più completa e che ha ispirato il fortunato slogan del Consorzio: quelle dell'Orcia sono delle vere e proprie "cantine con vista sul vino più bello del mondo".

 

http://www.consorziovinoorcia.it/

http://www.stradavinorcia.com/

https://orciawinefestival.wordpress.com/

 

 

a cura di Dario Pettinelli

foto vincitrici del Concorso Fotografico per gentile concessione del Premio Casato Prime Donne. In copertina Luna a Torrenieri di Andrea Rontini

 

 

 

 

Linea e Typo al MAXXI di Roma. La nuova ristorazione di Seaman con la consulenza di Cristina Bowerman

$
0
0

Apre le porte al pubblico dal 6 maggio un MAXXI rinnovato negli allestimenti e negli spazi, che proporrà anche un nuovo servizio di ristorazione, affidato al Consorzio Seaman. Ma al ristorante spunta il nome della chef di Glass e Romeo, che supervisionerà l'offerta gourmet per una quarantina di coperti in sala. 

MAXXI Re-Evolution

L'appuntamento con il nuovo MAXXI è per venerdì 5 maggio, quando una cerimonia inaugurale in grande stile battezzerà la MAXXI Re-evolution: un museo più aperto, più digitale, più accogliente, recita lo slogan del futuro che avanza al complesso capitolino (firmato Zaha Hadid) dedicato all'arte contemporanea di via Guido Reni, quartiere Flaminio. Una rivoluzione creativa pianificata da tempo, che segna l'esordio di un nuovo allestimento della collezione, con gli spazi espositivi che triplicano al motto di The Place to be, il tema di un percorso che comincia sin dalla piazza Alighiero Boetti animata da tre nuove grandi installazioni a firma Elisabetta Benassi, Mircea Cantor e Ugo Rondinone. Poi, all'interno, il Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo ospiterà anche una reading room, una videogallery di presentazione per monografie, retrospettive e rassegne, un laboratorio didattico più ampio e articolato. Di cui tutti potranno godere a partire dal 6 maggio, quando il MAXXI si presenterà ai primi visitatori del fine settimana nella sua nuova veste. Con evidenti novità sul versante dei servizi d'accoglienza, ristorazione in primis, che si sdoppierà negli spazi della nuova caffetteria-bookshop accessibile da via Reni e negli ambienti – completamente ripensati – del ristorante con affaccio su piazza Boetti. E finalmente, sarà pure l'offerta gastronomica a rinnovarsi e raddoppiare, all'insegna di una duplice linea di proposta - una di fascia informale e familiare, l'altra più ragionata e gourmet – che asseconda gli standard dei grandi musei internazionali.

 

La nuova offerta gastronomica. Typo e Linea

Il bando di gara europeo per la gestione dei servizi di ristorazione se l'è aggiudicato, all'inizio del 2017, il Consorzio Stabile Seaman, realtà romana nata nel 2013 e già rodata nel settore, con la gestione del Ristrò Luna e l'altra alla Casa Internazionale delle Donne e la prossima inaugurazione di un format gastronomico allo stabilimento Torre Marina sul litorale romano di Tor San Lorenzo. Al MAXXI la sfida passerà per la gestione della caffetteria Typo, ricavata nella sala delle ex caserme con accesso diretto da strada, e del nuovo ristorante Linea, piazza quotidiana di ristoro veloce per i visitatori del museo, ma pure laboratorio di cucina, tavola per sperimentare nuove esperienze sensoriali, spazio eventi per banchetti e ricorrenze istituzionali e private. Il nuovo progetto architettonico è firmato da Andrea Lupacchini, l'allestimento degli interni dalla Devoto Design, entrambi recentemente protagonisti a piazza dell'Emporio, nell'elaborazione del concept di Romeo&Giulietta.

 

La consulenza di Cristina Bowerman, i prodotti di Romeo

Una spia importante che anticipa il coinvolgimento di un volto noto della ristorazione capitolina, Cristina Bowerman, chiamata a partecipare dal Consorzio Seaman in qualità di consulente. Ed è bene specificarlo: Linea non sarà il ristorante di Cristina Bowerman al museo, piuttosto potrà contare sulla sua supervisione nella definizione di quella proposta gourmet che si concretizzerà solo tra qualche settimana, presumibilmente a giugno, quando accanto al menu lunch e più informale della sala principale (circa 70 coperti più 50 affacciati sulla piazza antistante) esordirà un menu creativo per 30-40 persone, approntato da una brigata supervisionata da persone di fiducia del team della chef di Glass e Romeo. E da Romeo arriveranno anche prodotti come il pane, i dolci, il gelato, disponibili pure al bar Typo, aperto dalle 8 alle 22 (nel weekend fino alle 23) per colazione, light lunch anche take away, aperitivo, con gelateria artigianale e corner green. Qui, però, la supervisione delle attività sarà esclusivamente della squadra di Seaman. Mentre Cristina Bowerman rientrerà in gioco in occasione di eventi privati e concordati, qualora il cliente richiedesse menu dedicati e una linea di cucina fine dining, con personale e allestimento ad hoc per l'occasione, negli ambienti del ristorante Linea. Nessun coinvolgimento, invece, in catering e banchetti ordinari: "La nostra collaborazione con il Maxxi si limita a una consulenza per il ristorante. Forniremo metà del personale e cureremo il menu per 40 coperti. Per quanto riguarda il resto invece, provvederemo con Romeo a fornire i nostri prodotti, specialmente quelli da panificazione, ma non saremo coinvolti nel daily operations. La gestione della banchettistica resta della ditta Seaman, mentre cene dedicate e firmate a nostro nome o con la mia partecipazione saranno comunicate volta per volta", precisa Cristina.

Nella quotidianità, quindi, lo spazio del ristorante si presenterà tagliato in due dal grande bancone, con sgabelli e sedute per sorseggiare un cocktail, e una separazione funzionale tra sala destinata alla ristorazione informale (tutta a cura Seaman) e spazio più riservato alle spalle del banco. Apertura per pranzo, aperitivo, cena e dopocena, dalle 11.30 alle 16 e dalle 19 alle 2.

 

MAXXI | Roma | via Guido Reni, 4a | www.fondazionemaxxi.it

 

a cura di Livia Montagnoli

 

È l'ora di Milano Food City. Ancora suggerimenti per una settimana tra cascine, picnic e cucina d'autore

$
0
0

Comincia oggi e si protrarrà fino all'11 maggio la rassegna gastronomica che coinvolge tutta le città, con oltre 300 appuntamenti che approfondiscono i temi della sicurezza alimentare e della lotta allo spreco, la valorizzazione delle materie prime e della cucina d'autore. I nostri consigli. 

Al via Milano Food City

Nelle serata inaugurale di Milano Food City, alla Fondazione Feltrinelli con parterre di istituzioni e personalità del settore, Food for All ha portato tanti milanesi curiosi di partecipare al taglio del nastro del primo evento diffuso completamente dedicato al cibo, alla cultura gastronomica e alla consapevolezza alimentare dopo Expo 2015. La rassegna, che raccoglie l'eredità di sei mesi passati a configurare le linee guida per la sicurezza alimentare del pianeta, si protrarrà fino all'11 maggio, accompagnando l'appuntamento consolidato di Tuttofood (alla Fiera Milano dall'8 all'11) con oltre 300 eventi organizzati da privati, fondazioni, musei e spazi comunali, molti riuniti in macroaree tematiche, dalla FoodWeek del distretto Tortona agli chef di Tastee Italian Gourmet, dai percorsi gastronomici tra edicole cittadine di Foodicola al summit sull'innovazione alimentare Seeds&Chips, al ricco calendario di appuntamenti che fa capo al progetto Week & Food. Per chi ancora avesse le idee confuse – e c'è da capirlo, visto l'abbondanza di spunti sul piatto – ecco ancora qualche suggerimento dell'ultimo minuto, per orientarsi a colpo sicuro.

 

Dalle Cascine alla città

Cominciando dal circuito che riconcilia città e campagna, facendo affidamento sull'anello di cascine agricole che circonda Milano. Tante le iniziative promosse per tutta la settimana nell'ambito del circuito Dalle Cascine alla città: Cascina Cuccagna e lo chef di Un Posto a Milano Nicola Cavallaro ospiteranno un concorso caseario internazionale per i formaggi da latte di capra, una degustazione di vino interattiva e una blending experience per imparare a degustare l'olio d'oliva, oltre al mercatino agricolo della filiera corta; alla Cascina Monluè vanno in scena il workshop sulle tisane e la cena etnica di sabato 6 maggio, mentre Cascina Sant'Ambrogio, domenica 7, propone pic nic per pranzo e apericirco agricolo dalle 17. E ancora, alla Cascina Nosedo domenica è tempo di fare festa sull'aia, in Cascina Caldera arriva l'Irish Fest. Chiude la rassegna, l'11 maggio, la cena al buio di Cascina Bellaria.

Campus Food City e Valle dei Monaci. Nutrizione e sostenibilità

All'approfondimento scientifico è dedicato il programma di Campus Food City, che riunisce seminari, conferenze, incontri e tavole rotonde organizzate dagli atenei meneghini, come i workshop sulla riduzione degli sprechi alla Cattolica, i Matinèe della sociologia alla Bicocca, gli approfondimenti su dieta e nutrizione ngli ospedali Luigi Sacco e San Paolo di lunedì 8 maggio. Ma pure la tavola rotonda su marketing e brand experience della Iulm e l'excursus nell'Inghilterra letteraria dal Trecento ai giorni nostri per Fish & Chips & Curry della Statale (il 9 maggio). Ancora fuoriporta, alla Valle dei Monaci tra il Corvetto e Chiaravalle, il 6 e 7 maggio il Social Lab per la condivisione di idee e buone pratiche apre le porte al pubblico per presentare il progetto che coinvolge 15 realtà nell'elaborazione di un sistema di governance alimentare urbano-rurale inclusivo e integrato alla periferia Sud-Est di Milano. Tanti gli appuntamenti: le visite guidate e i seminari all'Antico Mulino dell'Abbazia di Chiaravalle, la visita al giardino condiviso di Terra Rinata, la narrazione teatrale al depuratore di Nosedo.

Cinema e riciclo. Tra mercati e cortili

Al Mercato del Suffragio, invece, va in scena Food Wanted: Gastronomic Adventure, rassegna cinematografica che inaugurerà nella serata del 4 maggio con la proiezione del documentario Bugs del Nordic Food Lab e la presentazione del libro On Eating Insects. Si prosegue fino al 12 maggio in collaborazione con Wanted Cinema tra anteprime nazionali – Food Coop – e un reportage che è già cult, Il Refettorio: miracolo a Milano sul progetto di Massimo Bottura. Chiusura affidata al Macbeth, il 12, per coniugare teatro, cibo e convivialità (prezzo del biglietto, per la singola proiezione, 5 euro). Il Cortile della Food Genius Academy, intanto, inaugura la collaborazione con Equoevento Lombardia, onlus impegnata nella lotta allo spreco alimentare: dal 4 al 6 maggio l'insolito food truck di Intensive Food Care – un'ambulanza con tanto di sirene – porterà nelle cucine di via Col di Lana i prodotti di scarto dei mercati comunali, trasformati prontamente in food box golosi per gli ospiti della rassegna, le associazioni solidali e le case famiglia della città. Si cambia cortile per approdare al Centro di formazione di San Giusto di via Giulio Ferreri, dove il 6 maggio gli studenti disabili proporranno un patchwork gastronomico contro lo spreco alimentare per l'iniziativa Trash food, all'insegna della valorizzazione e del riuso di scarti e materie prime.

Cene d'autore, cibo di strada, merende e picnic

Mentre per gli indomiti del cibo di strada l'appuntamento è in piazza Leonardo da Vinci, a Città Studi, dove si rinnova lo Streeat Food Truck Festival, dal 5 al 7 maggio. Tra gli appuntamenti per i più piccoli, invece, a Porta Nuova la Fondazione Riccardo Catella organizza Coltiviamo Insieme, per avvicinare i bambini al mondo dell'orticoltura urbana. Qualche suggestione ancora tra merende, cene d'autore e pic nic in città: l'8 e il 9 maggio a Brera arriva Pino Cuttaia, protagonista da Bioesserì per inaugurare le Biodinner, che nei prossimi mesi vedranno alle prese con la cucina bio anche Gianfranco Pascucci e Igles Corelli. Solo su prenotazione al costo di 150 euro, vini naturali inclusi. Per la merenda due proposte affascinanti per motivi diversi: il 6 maggio alla Cripta San Sepolcro per la Merenda Romantica, tra musica e tiramisù, il 10 maggio in via Battisti da Pavè Gelati&Granite per festeggiare il quinto compleanno della pasticceria con tre cookies gelato in esclusiva, tra sablè, biscotti alle fave di cacao, gelato caffè&cardamomo o al tè nero. Nutrito il capitolo picnic, segnaliamo il più spettacolare: 1 km di tovaglia al Parco Sempione per il Pixel Picnic. Appuntamento alle 12, domenica 7, davanti al Teatro Continuo di Burri per comporre tutti insieme una tovaglia lunghissima. Durante la giornata musica, giochi, laboratori, attività sportive all'aria aperta.

 

Per il programma completo degli appuntamenti www.milanofoodcity.it

 

a cura di Livia Montagnoli

 

Viewing all 5335 articles
Browse latest View live