Andar in Romagna a visitare fosse e caseifici per scoprire i formaggi tipici, con Eleonora Baldwin.
Il mio viaggio esplorativo nel panorama dei formaggi d’Italia fa tappa in Romagna. Avvolta in atmosfere felliniane, cammino lungo spiagge desolate e l’aria di mare mi stuzzica l’appetito. In uno dei migliori chioschi di Riccione, rifletto – addentando una piadina – che in Romagna tutti i sapori raccontano la storia di queste zone, e per quanto riguarda la mia passione, i formaggi, l’espressione del territorio è davvero vastissima. Senza levare niente all’eccellenza Emiliana del Parmigiano, mi muovo prima in Romagna per l’approfondimento (e l’immancabile assaggio) di due DOP romagnole: lo Squacquerone di Romagna e il Formaggio di Fossa.
Squacquerone di Romagna DOP
Le prime carte che documentano la produzione di formaggio squacquerone risalgono al febbraio del 1800 come dimostra un carteggio fra il cardinale Bellisomi, vescovo di Cesena, e il vicario generale della diocesi cesenate, dove si chiedono chiarimenti sullo stato di una partita di squacquerone proveniente dalla Romagna.
Mi dirigo dunque dove nasce, con un rigido disciplinare, lo squacquerone di Romagna DOP, un formaggio della zona rurale, dalle origini umili e antiche.
A Savignano sul Rubicone c’è il caseificio Pascoli, dove la famiglia Raduano da 50 anni produce squacquerone ancora in maniera artigianale, ma che con caparbietà si è battuta per far ottenere al noto formaggio tipico la denominazione di origine protetta.
Territorio
Zona produzione dello squacquerone di Romagna DOP si estende a comprendere la provincia di Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini, Bologna e parte della provincia di Ferrara.
Lavorazione
Il latte vaccino intero crudo utilizzato per produrre lo squacquerone è raccolto entro 48 ore dalla prima mungitura da razze bovine allevate nell'area di interesse (Frisona italiana, Bruna Alpina e Romagnola). Una volta termizzato, al latte viene aggiunto caglio di vitello liquido. Si attendono 20-30 minuti e la cagliata è pronta. Rotta con la lira a cubotti, la cagliata deve essere in grado di incorporare nella sua maglia una quantità di umidità tale da conferire al prodotto finito la sua tipica cremosità e spalmabilità. Dopo la rottura, la cagliata viene lasciata riposare per 5 minuti e successivamente si passa alla "formatura", con lo scarico della cagliata in appositi stampi forati che vengono rivoltati almeno una volta nel corso delle 24 ore per un’ulteriore separazione del siero. Gli stampi vengono lasciati a temperatura ambiente per 3 ore, dopodiché vengono spostati in una cella a temperatura refrigerata, dove stagionano per 4-5 giorni, con salatura in salamoia con sale di Cervia. Lo squacquerone a questo punto è pronto per la commercializzazione.
Assaggio
La pasta molle a maturazione rapida dello squacquerone è di colore bianco, madreperlaceo, senza crosta né buccia. La forma dipende dal contenitore in cui viene posto, e la consistenza è cremosa, adesiva e arrendevole.
L’aroma dello squacquerone è delicato, tipicamente di latte, con una nota erbacea. In bocca prevale la consistenza morbida e cremosa, di gusto gradevole, dolce e con una punta acidula, la sapidità è presente ma non in misura invadente. La piadina romagnola classica, farcita con prosciutto crudo, rucola fresca e squacquerone, mi chiama!
Formaggio di Fossa di Sogliano DOP
Il Formaggio di Fossa è il simbolo gastronomico di Sogliano al Rubicone, che nel 2009 ha ottenuto la denominazione di origine protetta. Mi catapulto quindi a Sogliano sul Rubicone, un piccolo borgo appollaiato sulle colline romagnole, in provincia di Forlì-Cesena dove un intenso profumo di formaggio permea l'aria di strade, vicoli e piazze. Qui spero di potermi calare in una delle famose fosse. Si tratta di pozzi antichi, scavati appositamente nell’antichità per nascondere i formaggi. Infatti i contadini soglianesi alla fine della primavera, si recavano in paese dalle campagne per affidare i loro formaggi agli infossatori affinché li conservassero durante l'estate e li proteggessero dalle razzie delle guerre. Un’usanza quella di seppellire il formaggio nei pozzi di tufo che ci arriva addirittura dal Medioevo. Le fosse che ho avuto la fortuna di veder aprire sotto i miei occhi si trovano nel centro storico di Sogliano e sono utilizzate dal 1700 dalla famiglia Mengozzi e dai suoi eredi. Queste “Antiche Fosse” risalgono al XIV secolo e sono appartenute alla famiglia Malatesta. La ‘sfossatura’, ovvero l’apertura delle fosse che sono state murate da tre mesi, avviene solo in un preciso periodo dell’anno, il periodo in cui “risorge” il formaggio tipico.
Territorio
La DOP non è stata creata per proteggere solo gli infossatori, ma un'intera filiera locale, che parte prima di tutto dall'allevatore. Il disciplinare del formaggio di fossa DOP infatti parla chiaro: il latte deve provenire dalle Marche oppure dalle province di Forlì-Cesena, Ravenna, Rimini e parte di quella di Bologna.
La zona di affinamento per il Formaggio di Fossa DOP comprende invece l’intero territorio delle province di Forlì-Cesena, Rimini, Ravenna, Pesaro-Urbino; Ancona; Macerata; Ascoli Piceno e parte della Provincia di Bologna.
Affinamento
Quello che avviene nelle fosse non è una maturazione, bensì una laboriosa fermentazione. Infatti i formaggi non invecchiano, ma sotto terra acquisiscono una gamma impressionante di aromi e sapori senza maturare. I formaggi di latte ovino, vaccino o misto di alta qualità, già parzialmente stagionati 60 giorni circa, devono provenire esclusivamente da allevamenti dei territori collinari e montani delle Marche e della Romagna.
I formaggi per diventare “di fossa” devono essere sottoposti a un riposo sotterraneo che dura 3 mesi. Due volte l’anno, in primavera e in estate, inizia la fase di infossatura. Prima si preparano le fosse, antiche cavità scavate nella roccia arenaria per una profondità di circa tre metri: vi si brucia la paglia all'interno, prima di tutto, per togliere l'umidità accumulata, in una sorta di sterilizzazione contro germi che potrebbero nuocere alla normale fermentazione. Si passa poi al rivestimento delle pareti per isolare il tufo con uno strato di circa dieci centimetri di paglia sostenuta da un'impalcatura di canne verticali, legate orizzontalmente da cerchi di legno. Sul fondo vengono sistemate tavole di legno.
A questo punto segue l'infossatura: i formaggi vengono racchiusi in gruppi di 5-8 in sacchi di tela bianca segnati con codici di appartenenza (non tutti i produttori hanno una loro fossa) e peso, e poi accatastati fino all'imboccatura della fossa, in numeri che possono superare anche i 3500 pezzi per ciascuna fossa! Dopo la copertura finale con teli puliti per evitare la traspirazione, la fossa viene chiusa con un coperchio di legno sigillato e murato con il gesso. In questo ambiente anaerobico i formaggi restano così ad una temperatura costante di 16° C circa. Le fosse vengono poi murate, lasciando al tempo il lavoro di affinamento.
Intorno al giorno di Santa Caterina d’Alessandria (25 novembre) il paese di Sogliano è in festa, le fosse vengono aperte e i formaggi “sfossati”. Le croste vengono grattate per rimuovere le muffe presenti in superficie e si procede all’allestimento dei taglieri con pane caldo e copiose quantità di vino per brindare alla resurrezione del formaggio.
Assaggio
Il formaggio a pasta semidura emerso dalle profondità del suolo, a causa della perdita di siero e di grasso e per via della compressione subita dal peso delle altre forme, ha nella gran parte dei casi perso la sua forma tondeggiante.
Aprendo una forma si avverte subito un profumo persistente, ricco di aromi che ricordano il sottobosco, il fieno e la frutta secca. All’assaggio, il gusto è straordinario e inconfondibile: deciso, ricco di sentori erbacei, che si accompagna in maniera eccelsa a quello dolce del miele, del savòr (una marmellata contadina tipica fatta con frutta secca, mosto e noci), dei fichi caramellati o delle marmellate.
La stagionatura conferisce inoltre al formaggio di fossa una maggiore digeribilità e migliori caratteristiche nutritive, quindi giù a festeggiare con un infinito rincorrersi di pane, formaggio, vino e fichi caramellati!
Romagna mia! Qui ho trovato formaggi unici, come uniche sono le persone che lo producono. Formaggi antichi, fatti nel pieno rispetto della tradizione, ma con un occhio attento alle moderne richieste di mercato. Il mio viaggio continua alla scoperta dei formaggi meno conosciuti, i più famosi, a quelli di nicchia e quelli dimenticati del nostro paese, luogo che man mano che ne conosco le realtà casearie, si rivela sempre più una cornucopia strabordante, sia per varietà che immensa qualità.
Questi ed altri formaggi li racconto in A B Cheese, viaggio nell’Italia dei formaggi, un programma che va in onda tutti i giovedì su Gambero Rosso Channel – SKY 412 alle ore 21:30.
a cura di Eleonora Baldwin
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