Immaginate questo scenario tra cento anni: i vigneti di Chardonnay in Trentino a 1.000 metri di altitudine, alla ricerca di quelle temperature, decisive per profumi e aromi, che una valle troppo calda non è più in grado di offrire; le colline della Toscana che non riescono più a dare al Sangiovese il giusto equilibrio, a causa di estati torride e siccitose, con temperature minime troppo alte, e scarso equilibrio nella composizione dei mosti; infine, tempi di raccolta sempre più anticipati rispetto alla norma e spostamento degli areali di coltivazione. Per ora sono ipotesi, una sorta di fantaviticoltura, ma il settore potrebbe essere costretto a rivedere le modalità di produzione.
Obiettivi e metodi di controllo
Due droni con foto, videocamere, sensori e campionatori registreranno da questo mese dati ambientali in una missione dell’IssiaCnr, sui fronti marini dei tre ghiacciai di Kronebreen, Kongsbreen e Conwaybree, nelle Svalbard in Norvegia. Si studierà lo scambio termico mare-ghiaccio per ottenere informazioni e immagini mai raccolte prima.
Contenere aumento a 2°C è tra gli obiettivi espressi dal recente G7 in Germania c, dove i Paesi si sono impegnati a ridurre le emissioni di gas serra (dal 40% al 70% entro il 2050) per contrastare i cambiamenti climatici, in vista della conferenza sul clima di Parigi di dicembre. Saranno cento i miliardi impiegati da qui al 2020 per scopi ambientali. L'imperativo è decarbonizzare l'economia globale, ma anche consentire ad Africa e Paesi in via di sviluppo di accedere alle rinnovabili, eliminando i sussidi ai combustibili fossili.
Il convegno Aiam
Gli esperti, ricercatori e tecnici, di agrometeorologia riuniti a Trento, per il 18° convegno Aiam presso Fondazione Mach, lo hanno detto chiaramente: il clima può rappresentare un duro avversario, sia dal punto di vista della sostenibilità, delle fonti di energia e della qualità delle produzioni. I grandi consorzi a livello mondiale si stanno già muovendo, così come importanti marchi internazionali, da Constellation a Diageo. A Bordeaux, ad esempio, il comitato interprofessionale, viste le difficoltà del Merlot, ha deciso in via sperimentale (il periodo sarà di otto anni) di consentire l'uso di vitigni ibridi, attualmente non previsti dal disciplinare delle varie Aoc. Ed è dello scorso anno la decisione del Consorzio del Brunello di Montalcino di introdurre la facoltà di utilizzare l'irrigazione di soccorso in annate particolarmente siccitose (si ricordi la 2012).
Temperature e qualità delle uve e del vino
In Emilia-Romagna, tra 1991 e 2014, uno studio dell'Arpa (Agenzia regionale per l'ambiente) ha evidenziato come il trend climatico abbia provocato deficit idrico e, di conseguenza, la necessità di irrigare la vite, anche nelle aree di pianura, dal Trebbiano di Romagna, al Lambrusco, del modenese-reggiano. I dati parlano chiaro: “Il cambiamento negli ultimi decenni è evidente. Uno dei primi effetti è stato un generale anticipo della raccolta, così come il periodo d'apertura delle gemme, che in vent'anni è stato di 14 giorni” ricorda Emanuele Eccel(Dipartimento agroecosistemi sostenibili e biorisorse - Fondazione Mach). Gli scenari possibili “Le nostre simulazioni per il futuro (nell'ambito dei progetti Fenovitis ed Envirochange; ndr) ci dicono che da qui a fine secolo le temperature si alzeranno su valori compresi tra 1,5 e 4 gradi. Ad esempio in Trentino, per i vitigni da basi spumanti i problemi si legherebbero a uve raccolte con troppo anticipo che, con temperature alte, potrebbero presentare bassa acidità e minore sviluppo di aromi. Questo ci porta a dire che nella nostra regione si potrà coltivare la vite fino a oltre mille metri entro il 2100. Mentre le uve a bacca rossa potrebbero avere problemi in relazione allo sviluppo degli antociani e, quindi, al colore dei vini”. È vero che diversi studi internazionali hanno evidenziato come l'aumento delle temperature registrato negli ultimi decenni del secolo scorso in diverse zone viticole, dalla Napa Valley alla Francia, abbia contribuito a un aumento della qualità dei vini. “Ma non sempre più caldo equivale a più buono”, sottolinea Eccel, ricordando che un ulteriore rialzo termico potrebbe far uscire dalla fascia ottimale specifici vitigni, oppure trasformare delle aree attualmente non adatte in aree potenziali. Inoltre, vendemmiare prima significherebbe fare una raccolta con temperature più alte, con conseguente forte respirazione aerobica delle uve, che è la ragione della perdita d'acidità e del mancato sviluppo dei profumi. Il problema sarebbe più marcato per quelle usate nelle basi spumante, solitamente vendemmiate prima. E, nei terreni a valle, un'invaiatura precoce anticiperebbe di tre settimane la maturazione. Infine, ad alte temperature estive corrisponderebbe un deficit idrico: “Dovremmo aspettarci estati più secche” aggiunge Eccel “e i problemi potrebbero essere legati a quelle zone non ben irrigate”.
L'anomalia del 2014
Piogge, tuttavia, che non sono mancate nell'estate 2014, un'anomalia dal punto di vista meteorologico in un quadro pluridecennale di calo delle precipitazioni. Nell'anno più caldo dal 1800 (con +1,4 gradi) la temperatura media estiva è stata di +0,3 gradi più alta sul 1971-2000 (considerato periodo di riferimento), con precipitazioni a +17% sulla media (associate a temporali e grandinate) e aumenti delle piogge da +50 a +100 per cento in molte aree del centro nord (inferiori in Sardegna e Sicilia). L'effetto di questa abbondanza d'acqua, da un lato, si è sentito sulla qualità delle uve: molte cantine, dalla Valtellina alla Valpolicella, hanno scelto di rinunciare alla produzione di alcune tipologie di vino, così come in Toscana il Sangiovese ha sofferto il surplus idrico; dall'altro, l'effetto di un'estate bagnata è emerso nei conti economici di fine stagione. Un esempio su tutti viene da Gavi, dove agronomi ed enologi sono stati chiamati, come in altre zone viticole d'Italia, agli straordinari: “I costi per i trattamenti nel 2014 sono passati da una media di 400-600 euro ai 600-800 euro per ettaro, considerando gli aggravi per fitofarmaci, carburante, ore lavorate” ricorda Davide Ferrarese, agronomo del Consorzio di tutela del Gavi. Nel solo luglio, in quest'area del sud del Piemonte sono stati registrati 180 millimetri di pioggia: i vigneti biologici hanno operato 18 trattamenti, rispetto ai 13 dei vigneti con metodo convenzionale. E peronospora larvata, oidio, scottatura delle uve e botrite hanno messo a dura prova le imprese.
Allarme fitopatie
Guardando al futuro, che legame ci potrà essere tra l'aumento delle temperature e fitopatie? Gli esperti della Fondazione Mach sono ottimisti: “Analizzando oidio e tignoletta dell'uva possiamo dire che nonostante le temperature alte accelerino i cicli dei patogeni e degli insetti” spiega Eccel “non ci saranno maggiori casi di attacco, in quanto la vendemmia sarà anticipata. Pertanto, rispetto alla situazione odierna i nostri studi dicono che non ci saranno grandi differenze”. Diverso, invece, il discorso legato all'aspergillus (microorganismo che favorisce la produzione di microtossine) che potrebbe creare problemi ai vitigni a bacca rossa in zone a clima caldo e secco.
Sembranosuggerimenti banali, ma a volte fanno la differenza. Per evitare fitopatie, occorre rispettare il turno dei trattamenti in vigna, verificare lo stato d'uso degli atomizzatori, tenere d'occhio le previsioni meteo, anche quelle orarie, e lavorare sempre in prevenzione come per la peronospora in caso di piogge annunciate. “Può essere determinante per non essere colti di sorpresa”, dice Davide Ferrarese (Gavi Docg): “Se il 2015 sarà un'annata calda farò una lavorazione superficiale per non creare competizione con le erbe presenti. Nel 2014 si è lavorato al contrario: nessuna lavorazione del terreno per evitare l’eccessivo sviluppo della vegetazione, cercando di tenere ben areate le pareti fogliari”.
Previsioni per l'estate 2015
Ma che tempo farà in vigna questa estate? Premesso che oggi lo stato vegetativo del vigneto italiano sembra essere in una fase ottimale, secondo le proiezioni fornite al Gambero Rosso da Marina Baldi, climatologa di Ibimet-Cnr, fino a fine giugno “le temperature saranno abbastanza elevate in tutta Italia, più alte rispetto a una media che è di 24-26 gradi al centro-nord e di 30 gradi su Sud e Sicilia. Questo è dovuto a un campo di alta pressione che permane sul Mediterraneo, anche sono possibili incursioni di aria umida atlantica, che potrebbero portare la grandine. Le piogge nella restante parte di giugno non saranno frequenti, a parte temporali pomeridiani su Alpi e Appennini centrali. A luglio, è molto probabile che le temperature restino sopra le medie, con possibilità di pioggia generalmente basse, più frequenti al nord rispetto al CentroSud e Isole, dove il clima è atteso secco”.
Ad agosto, qualche perturbazione potrebbe causare piogge al nord Italia: “Le temperature saranno ancora alte al Centro-Sud” prosegue Baldi “e rispetto a luglio potrebbe piovere di più, con maggiori probabilità al Nord, a causa di sporadici ingressi di perturbazioni atlantiche. Le ondate di calore agostane non saranno lunghe come nel 2003, ma si caratterizzeranno per temperature elevate, intorno a 35 gradi. In generale, possiamo dire che le massime estive sono attese sopra la media e le minime leggermente sopra la media”. Spostando la lente sui singoli territori, l'estate 2015 è attesa più piovosa nelle aree padane (Piemonte, Lombardia, Triveneto) per le irruzioni di area umida, con temporali; sui versanti interni di Toscana, Lazio, Umbria, Abruzzo e Molise saranno probabili piogge pomeridiane; mentre al Sud e nelle isole, dove le temperature resteranno alte, le piogge sono attese scarse. Due numeri su tutti: per il Meridione, i modelli IbimetCnr danno una probabilità che si verifichino piogge sopra le medie stagionali di appena il 5%, mentre al Nord questa percentuale sale al 25 per cento
a cura di Gianluca Atzeni
Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 18 giugno
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