Il Gambero Rosso riporta il vino italiano a Mosca. Nonostante le difficoltà del momento, non si placa la voglia russa di made in Italy. Lo dimostra il sold out agli eventi e le presenze anche dalla Siberia. E adesso il settore chiede una soluzione politica.
Dalle ultime tre tappe orientali (Tokyo, Shangai e Hong Kong) son passate solo un paio di settimane, ma di cose, a livello globale, ne son successe parecchie. Dagli attentati di Parigi, all'avvicinamento tra Putin e Obama fino alle ultime notizie sulle tensioni Turchia-Russia. E proprio in Russia, a Mosca, lo scorso 19 novembre, ha fatto tappa il Tre bicchieri Tour.
Russia
Un nodo nevralgico per quanto riguarda gli equilibri mondiali, ma anche per quel che, più in piccolo, riguarda il comparto agroalimentare italiano. E l'impatto è stato, infatti, molto forte: si sentiva che le oltre cinquanta aziende top italiane avevano tutta la voglia di non perdere l'occasione per rinsaldare i legami con un mercato così importante. I moscoviti (ma non solo), da parte loro, hanno risposto con entusiasmo all’invito del Gambero Rosso. Duemila tra operatori, appassionati e giornalisti hanno affollato il salone del Central Telegraph, un palazzo modernista costruito nel 1927 per ospitare il centro delle telecomunicazioni della città, nel cuore della nevralgica Tverskaya, ed oggi sede di mostre, eventi e manifestazioni. Il clima sereno e spensierato che si respira in questi eventi non ha dissipato però le preoccupazioni di operatori italiani - e russi - sullo stato degli scambi tra i due Paesi.
Gli scambi commerciali tra sanzioni ed embargo
Le sanzioni economiche alla Russia applicate dai Paesi occidentali in risposta all’annessione della Crimea e Sebastopoli, e poi del Dombass – hanno causato la ritorsione dell’embargo russo sui prodotti agroalimentari europei e statunitensi. Un danno che pesa – ad oltre un anno dall’introduzione – circa 300 milioni di euro di mancati introiti per il settore, stando alle stime delle associazioni categoria. Gli esportatori di frutta, verdura, formaggi, carne e salumi, ma anche di acque minerali, ne hanno risentito in maniera pesante. “La triangolazione con Paesi terzi, come la Svizzera o la Serbia, non risolve certo il problema”ci confida Maurizio Conz, export manager di numerose aziende del vino, ma non solo, specialista dei mercati Est Europei “a questo va aggiunto il potere d’acquisto dimezzato del rublo. La situazione è difficile, e bisogna trovare una soluzione politica”.
Export vinicolo in calo?
Anche l’export del vino, per questo motivo, non è stato certo esaltante. Stiamo perdendo terreno, e i russi a malincuore hanno dovuto ridurre i consumi. Stime parziali e ufficiose parlano di un dimezzamento dell’export vinicolo rispetto all’anno precedente. Quelle ufficiali parlano di un -37% dell’import vinicolo in generale. E se i vini di alto profilo non sembrano soffrire moltissimo, stiamo vedendo che la fascia media, quella dai 10 ai 30 euro, è la più compromessa al momento, mentre l’attenzione si sta spostando - per forza di cose - verso il vino sfuso e quello di prezzo inferiore ai 5 euro a bottiglia. “È un vero peccato” ci dice Dmitry Fedotov, dell’Indipendent Wine Club e di Winepages.ru, una delle firme più prestigiose della critica enologica russa “abbiamo lavorato anni per educare il pubblico russo ai grandi vini italiani, ma oggi siamo costretti a comprare meno. La propensione al consumo di vino italiano e di prodotti enogastronomici made in Italy, però, rimane alta”.
Italian sounding e sostegno all'agricoltura russa
Una delle conseguenze della combinazione sanzioni-embargo è stato il fiorire del mercato dell’italian sounding: salumi, vino e formaggi dai nomi assimilabili a quelli italiani stanno prendendo il posto dei nostri prodotti sugli scaffali dei negozi russi. E la Russia stessa ha incrementato la produzione di agroalimentare da tutte regioni. Putin ha ordinato la distruzione alla frontiera di centinaia di tonnellate di generi agroalimentari provenienti dai Paesi del blocco occidentale, e nel contempo sono state varate norme a sostegno dell’agricoltura russa e del settore viticolo. “Siamo all’alba del sistema delle denominazioni di Origine russe, tra poco la legge sarà promulgata. E avremo i vini della Valle del Don, della Valle del Kuban, di Stavropoljie, della Crimea e di Sebastopol, per citarne solo alcune” continua Fedotov “un processo naturale di crescita che le sanzioni hanno velocizzato. Anche se alle lunghe si potrebbe arrivare ad una disaffezione per i prodotti europei, a causa delle sanzioni, la voglia di consumare ottimi vini italiani, Parmigiano Reggiano ed olio extravergine in Russia è molto alta, ancora”.
Politica interazionale e degustazioni
“Siamo paesi amici, l’Occidente ci chiede un impegno militare forte in Medio Oriente contro il terrorismo e lo stato islamico” dice Mikhail Kubikovdi Mosca “Oggi queste sanzioni il popolo russo non le capisce. Un peccato, in un momento in cui la cucina e il vino italiani stavano occupando un posto importantissimo nei nostri consumi. Non c‘è che da sperare in una veloce soluzione politica. Lasciamoci sanzioni ed embargo alle spalle!”.
All’evento dei Tre Bicchieri però non s’è parlato solo di politica. Si è degustato, bevuto, i produttori hanno incontrato importatori e il pubblico degli appassionati. La masterclass su Premi speciali di Vini d’Italia ha fatto registrare il consueto sold-out, come quella sui vini della Doc Salice Salentino organizzata con il consorzio omonimo. “Sono partito alle 4 di mattina dal casa, da Krasnodar” ci racconta Mikhail Shaburov, sommelier e presidente di un importante wine club “ma per nulla al mondo ci saremmo persi l’appuntamento con il Gambero Rosso e i Tre Bicchieri. Amiamo l’Italia e i suoi grandi vini, e stasera rientreremo felici in Siberia. Ne vale davvero la pena”. Che la sua voglia di Italia sia un segnale. In fondo siamo ancora i primi esportatori di vino sul mercato russo, ed è ora di trovare una soluzione politica a questo problema. Mentre si discute di tutto questo, tra l'altro, molti importatori russi hanno cessato l’attività.
a cura di Marco Sabellico
Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 26 novembre
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