Formaggi che passione! E per seguire la sa passione Eleonora Baldwin gira l'Italia per conoscere i nostri migliori prodotti. Oggi la protagonista di A B Cheese su Gambero Rosso Channel ci porta in Campania per raccontarci mozzarella di bufala e conciato romano.
Il mio viaggio alla scoperta dei formaggi d’Italia, dai più noti ai meno conosciuti prosegue, e questa volta imbocco la Via Lattea direzione sud. I due formaggi che andrò ad approfondire questa volta sono la mia adorata mozzarella di bufala; e l’insolito e audace conciato romano, presidio Slow Food e frutto di una lavorazione antica, risalente agli albori della nostra tradizione agropastorale.
Mozzarella di Bufala Campana Dop
Fragrante, lattea, fresca – simbolo del nostro Paese – la mozzarella di bufala andrebbe eletta a tesoro dell’umanità. Associata a pomodori maturi, basilico fresco e olio d’oliva nella magica insalata caprese, oppure aggiunta a crudo su pizza, pastasciutte e minestre, o anche azzannata in purezza, la mozzarella di bufala non delude mai. È il latticino più famoso al mondo, ormai lo si può mangiare ovunque, e viene prodotto, più o meno scelleratamente, in tutto il mondo. In Italia i territori vocati sono sparsi per l’intero mezzogiorno, ma la vera mozzarella di bufala di origine protetta è campana.
Territorio
La mozzarella di bufala campana Dop è prodotta nell’intero territorio delle province di Caserta e Salerno, in provincia di Napoli nei comuni di Acerra, Giugliano in Campania, Pozzuoli, Qualiano, Arzano, cardito, Frattamaggiore, Frattaminore, Mugnano; in provincia di Benevento nei comuni di Limatola, Dugenta, Amorosi. Il legame tra il prodotto e la zona è fondamentale. Un formaggio Dop deve essere prodotto con latte di animali allevati in zona, e le particolari qualità e caratteristiche del prodotto sono dovute esclusivamente all’ambiente geografico del suo luogo d’origine. Per legge questo significa non solo i fattori naturali ma anche quelli umani, quindi sia il clima e la qualità del suolo, che le conoscenze tecniche locali.
Storia
Sembra accertato che la mozzarella sia nata a Capua in provincia di Caserta, nel XII secolo per mano dei monaci di San Lorenzo. Ma il termine “mozzarella” sembra ritrovarsi per la prima volta citato in un libro di cucina pubblicato nel 1570 dal cuoco Scappi, a servizio della corte papale, che la cita nell’elenco della sua dispensa: “...capo di latte, butirro fresco, ricotte fiorite, mozzarelle fresche et neve di latte”.
Lavorazione
Per ottenere un chilo di mozzarella di bufala servono circa 4 litri e mezzo di latte, e dalla mungitura di una bufala si ottengono mediamente 12 litri di latte al giorno! Il latte per fare la mozzarella va lavorato entro 12 ore dalla mungitura: filtrato e scaldato a massimo 38° C con immissione diretta di vapore. La coagulazione del latte avviene con l’aggiunta di caglio liquido di vitello, lasciato agire per massimo 30 minuti. A questo punto la cagliata viene rotta in più fasi: la prima riduce la cagliata in grossi parallelepipedi, poi si procede con la seconda ulteriore rottura con il “ruotolo” – un bastone di legno alla cui estremità è fissato un disco di legno con la faccia esterna convessa – o con lo spino metallico. Infine, la cagliata viene tagliata in spesse fette con l'ausilio di un coltello o di un più tradizionale falcetto. La si mette poi a spurgare su un tavolo inclinato e a maturare ulteriormente per circa 15-30 minuti.
Dopo la rottura, la cagliata viene lasciata acidificare sotto siero, e questa delicatissima fase è una delle variabili del processo che più influiscono sulla qualità della mozzarella. Come si stabilisce quando bloccare la maturazione della pasta e quindi procedere alla filatura? Il giusto grado di maturazione della cagliata si determina tramite un “saggio empirico di filatura” ovvero adoperando circa 100g di pasta maturata messi a fondere in acqua calda. La pasta fusa viene lavorata con un bastoncino e tirata con le mani: se la pasta si allunga in filamenti continui di lunghezza superiore ad un metro senza spezzarsi, si può considerare pronta per la filatura.
Filatura
Questa importante fase della lavorazione influisce enormemente sulla consistenza della mozzarella finita. Nella lavorazione tradizionale, la filatura della pasta viene ancora eseguita a mano. La pasta matura viene messa in un tino di legno leggermente inclinato nel quale viene fusa con aggiunta di acqua bollente. Con l'aiuto di una ciotola e di un bastone di legno, si solleva e si tira la pasta fusa, fino ad ottenere un enorme impasto omogeneo e lucido.
E a questo punto avviene la magia: la formatura finale delle mozzarelle. Negli stabilimenti che lavorano in maniera artigianale la formatura viene fatta a mano da due operatori messi uno di fronte all’altro separati da una vasca di raccolta. Uno "mozza" con il pollice e l'indice delle due mani, staccando dei pezzi di pasta filata da una massa globosa 2-3 Kg, sostenuta dall'altro operatore. Assistere alla manipolazione della pasta è affascinante. La cura, l’esperienza e i movimenti caratteristici che si concludono con la mozzatura di forme sempre uguali sono un balletto fatto di urgenza, passione e intuito. Le forme particolari come la tradizionale "treccia", si ottengono invece intrecciando abilmente un segmento allungato di pasta filata piegato in tre parti.
Salamoia e assaggio
La salatura della mozzarella di bufala campana viene realizzata immergendo le mozzarelle in soluzioni saline a diversa concentrazione, per un tempo che varia da caseificio a caseificio.
Una volta estratta dalla salamoia e immersa nel liquido di governo, la mozzarella di bufala si può finalmente assaggiare. Il colore è bianco perlaceo e porcellanato, con una consistenza liscia e lucente, marcata dalla classica cicatrice a stella a tre punte ottenuta dalla mozzatura a mano. Addentata, cede in un’esplosione di gusto latteo, lievemente granulata, un tanto fibrosa e, al tempo stesso, evanescente e morbida. Scolando siero e provocando immediata felicità, la pasta filata è leggermente elastica nelle prime 8-10 ore dopo la produzione, dopo diventa più fondente. È bene ricordare che la mozzarella di bufala campana è un alimento con una "vita" breve, che possiede sapori e note aromatiche in continua evoluzione. Resta comunque il fatto che il gusto della mozzarella di bufala campana è inconfondibile.
Una raccomandazione: non conservate la mozzarella di bufala nel frigorifero! Se avanza, scolatela dal liquido di governo, e copritela con pellicola a contatto.
Conciato romano
Assaggiare il conciato romano – che malgrado il nome non ha nulla a che fare con Roma – è un’esperienza antropologica. D’impatto sensoriale, il gusto inebriante e persistente e la sua lavorazione antica sono il risultato di un recupero attuato grazie agli sforzi e alla lungimiranza dei casari della famiglia Lombardi di Castel di Sasso (CE) che hanno di fatto ‘resuscitato’ il conciato romano, che, benché inserito nell’elenco ufficiale dei Prodotti tradizionali della Regione Campania e presidio Slow Food, resta pur sempre un prodotto a rischio di estinzione. L’area di produzione è il Comune di Castel di Sasso e zone limitrofe.
Storia
Definito il formaggio più antico della storia, e risalente ai sanniti e in seguito ai romani, il conciato diventa negli anni eccellenza campana e dell’alto casertano. Il conciato romano è considerato il “tartufo bianco” del meridione sia per il suo prezzo di €60 al kg (il più caro dei formaggi del sud Italia) sia per la sua rarità.
Lavorazione e salagione
Il conciato romano si fa mantenendo la proporzione di 80% di latte ovino e 20% di latte vaccino. Il latte crudo viene filtrato e aggiunto di caglio naturale di capretto a temperatura ambiente. Dopo circa due ore, la cagliata viene rotta a mano e ridotta a frammenti grandi quanto un chicco di riso. Dopo dieci minuti, sempre a mano, la cagliata viene raccolta, pressata e messa a scolare in fuscelle di plastica o vimini. Girate 2-3 volte per prendere la forma e spurgare il siero, le formelle vengono poi salate a mano e messe ad asciugare nel “casale” – apposita struttura di legno aperta, composta da mensole di faggio, riparata da una zanzariera – per 10-15 giorni.
Conciatura e maturazione
Come vuole la tradizione, le donne della famiglia si apprestano a questo punto alla fase più importante della lavorazione del conciato romano: la “conciatura” ovvero il condimento. Le formelle asciutte vengono lavate con l’acqua di cottura della pasta fatta in casa (le “pettole”, fusilli di acqua e farina attorcigliati col ferro, tipici della zona) che è ricca di amido. Dopo l’asciugatura con panni di lino antico, appartenute alla famiglia da generazioni, le forme vengono poste in orcetti e anfore di terracotta e “conciate” con olio di oliva extravergine di varietà caiazzana, vino Casavecchia, peperoncino e timo serpillo (in dialetto, piperna). Le anfore sono poi sigillate ed il formaggio svolge la sua maturazione, in una situazione anaerobica dove avviene rifermentazione, per un periodo variabile dai sei mesi a due anni, durante i quali le anfore vanno agitate per mescolare bene il condimento sulle formelle. Trascorso il periodo di maturazione, le anfore contenenti le caciotte, vengono aperte e preparate per l’assaggio, il momento che più amo.
Assaggio
Il conciato romano a questo punto è pronto per essere assaporato. Dall’anfora si estrae il formaggio con un ramoscello d’ulivo – rituale bellissimo. La forma che ci appare è cilindrica, depressa ed irregolare, con crosta sottile, fiorita, di color nocciola. Al taglio, la pasta, di colore che varia dal bianco paglierino al giallo ocra, è morbida e compatta. Il profumo è gradevole di muffa, penetrante e persistente, il sapore è intenso, piccante e aromatico con sentori erbacei di fieno e timo selvatico. Il gusto audace è per palati avvezzi. Per trovare equilibrio, il gusto estremo del conciato ha bisogno di giuste rotondità, di dolci morbidezze e gocce di freschezza, conquistarlo è un’ardua impresa ma non impossibile. A me è venuta in aiuto una magnifica mela annurca cotta con un sospetto di cannella. Se poi ci scappa anche un bicchiere di buon passito, meglio ancora se da uve casavecchia, allora il godimento è più che amplificato.
Il mio viaggio continua, perché la Campania ha ancora tantissimo da raccontare! Questi ed altri formaggi li racconto in A B Cheese, viaggio nell’Italia dei formaggi, un programma che va in onda tutti i giovedì su Gambero Rosso Channel SKY 412 alle ore 21:30.
a cura di Eleonora Baldwin
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