Riccardo e Renzo Cotarella sono due punti di riferimento assoluti nell'enologia mondiale. La figlia di Riccardo, Dominga, è al vertice commerciale dell'azienda di famiglia. E racconta la nuova era di Falesco, a partire dal progetto Syrah. Proprio lei, figlia di Mister Merlot...
Quanto costa una bottiglia di Poggio dei Gelsi, lei non lo sa. “Dovrei guardare il prezzario” si schermisce imbarazzata Dominga Cotarella (a cui è dedicata la storia di copertina del mensile di novembre in edicola). Ma cosa c'è dentro lo racconta benissimo: “Ora contiene il 40 per cento di roscetto, un vitigno locale che a Montefiascone è sempre stato presente e che fino a qualche tempo fa poteva andare nell'Est! Est!! Est!!!, per disciplinare, solo fino a un massimo del 5%. Cambiato il disciplinare, siamo rientrati nella denominazione. Mio padre Riccardo è sempre stato curioso e ha sempre amato quel vitigno. Lo abbiamo studiato con l'Università della Tuscia e abbiamo visto come sia splendido quando raccolto nel momento giusto, quando la buccia è quasi color ruggine. È un parente del greco. E dà una particolare eleganza a un vino che finora non aveva mai brillato nella considerazione internazionale: la nostra non era una polemica col mondo dell’Est! Est!! Est!!!, ma il desiderio di andare avanti e di migliorare la qualità di quel vino”.
Dominga Cotarella
Dominga il vino lo vende, è il direttore marketing di Falesco, la cantina del mitico Riccardo Cotarella e di suo fratello, l'altrettanto mitico Renzo, direttore di Antinori. Lei non lo fa, il vino. Eppure sa meglio come è fatto che non quanto costi. “Io voglio raccontare cosa c'è dentro e dietro il bicchiere: questo è il mio lavoro. L'ho sempre saputo, anche quando ho deciso di iscrivermi ad Agraria, a Viterbo. Mio padre mi chiese se volevo seguire la strada sua e di mio zio, ma io non avevo dubbi: no, io volevo raccontare la nostra storia e costruire una squadra in grado di portarla nel mondo. La scelta della facoltà è legata alla mia testardaggine, perché volevo sapere cosa ci fosse dietro all'etichetta, conoscere il mondo dell'enologia: con il professor Gabriele Anelli sono stati anni davvero intensi”. E c'è un momento in cui lei capisce perfettamente quale sarà la sua strada: una situazione che al tempo stesso le fece odiare anche se solo per un momento il padre. “Il problema della seconda generazione”sorride Dominga “è che bisogna sempre dimostrare di avere valore, specialmente quando la prima generazione ha avuto già molto successo”. Poi parte col suo racconto: “Avevo 13 anni, non sapevo pressoché nulla del mondo del vino, e mio padre mi chiese di andare a Montefiascone per raccontare la nostra azienda. Lo avrei strozzato, non volevo, era una prova più grande di me... Lui non ha ceduto e alla fine sono andata. È stata dura, ma bella! E da allora ho saputo quale fosse la mia strada”.
Due famiglie in una
L'importanza di chiamarsi Cotarella... vantaggi e svantaggi? “Intanto, noi siamo due famiglie in una. Io ho due padri e due madri, sono figlia unica, ma ho due sorelle: Marta ed Enrica, le figlie di Renzo. Siamo sempre vissuti tutti insieme, io dormivo con loro fino a quando mi sono sposata... Il giorno e il luogo del mio matrimonio lo ha deciso zio Renzo: e sono stata d'accordo”. Problemi? No: “Il bello di una grande famiglia. Lo svantaggio è che alla fine non si smette mai di parlare di lavoro”. Sono tutti coinvolti nell'azienda:Marta si occupa della parte amministrativa ed Enrica segue con Dominga la parte commerciale e marketing; il marito di Dominga, Pierpaolo, segue tutta l'azienda e con il marito di Enrica, Nicola Tantini, si occupa dell'azienda di consulenza di mio padre; infine Paulo De Carvalho, il marito di Marta segue il mercato delle Americhe e un po' con Dominga l'Italia. E lei? “Io mi sono occupata molto di Roma, che assorbe il 50% del nostro mercato domestico, anche se ora sto per lanciarmi nella sfida del mercato statunitense”.
Cosa è stato più importante nella vita di Dominga? Il cognome o lo studio? “Beh, il figlio di un grande cantante non sempre è intonato e il figlio di un enologo non è detto che ami il vino! Io credo di avere avuto quel po' di fortuna che certo nella vita serve sempre. E ho potuto confrontarmi con due grandi del vino”. Ma ha anche lavorato sodo, per : “Sono stata per dieci anni a Castello della Sala: dal 2000 abbiamo condiviso la forza vendita con Antinori e io sono stata al fianco del direttore marketing, Enrico Chiavacci, con lui ho condiviso tutti i progetti e tutti i processi dal cambiamento di etichetta alla rete dei venditori”.
Falesco e il progetto di un Syrah internazionale
Dominga non fa il vino... eppure c'è lei dietro all'operazione che porterà Falesco a essere una delle cantine di riferimento per il Syrah a livello internazionale... E pensare che il padre si è conquistato il nomignolo di Mister Merlot! “Io adoro il Syrah, e non per trovare qualcosa di nuovo rispetto a papà! Noi già facciamo il Tellus, ma ora abbiamo una tenuta di 50 ettari nell’area della Tuscia e lì ci stiamo concentrando lì anche per un progetto futuro: un Syrah internazionale, elegante e verticale, che guarda più alla Côte Rotie che non all'Australia o alla California”.Del resto, anche in Francia il syrah è un vitigno meno considerato rispetto a merlot, cabernet o pinot noir, ma non meno interessante:“basta guardare ai risultati che ottiene nella valle del Rodano” dice “una realtà più timida ma che merita sicuramente di essere raccontata. E poi, il Lazio insieme alla Sicilia e alla Toscana è una delle regioni di riferimento per il syrah”. Il nome del nuovo vino? “Tellus One” sorride Dominga. A quando la prima etichetta? “Spero nel 2016, ma non saprei. Ogni volta che lo chiedo a mio padre, lui risponde: tu crei emozioni, ma io creo il vino, decido io quando è pronto!”
Lavoro di squadra e passioni sportive
Il segreto del lavoro di Dominga? “Metterci entusiasmo e saperlo trasmettere. E poi, una cosa che mi ha insegnato papà che è un grande allenatore: saper fare squadra. La squadra è davvero ciò che ti permette di pensare che sia possibile realizzare un sogno. Se riesci ad avere una squadra con il tuo stesso entusiasmo e la tua passione, allora puoi vincere. Oggi che non c'è annata uguale all'altra, senza una grande squadra non sarebbe pensabile fare ogni anno il Montiano. Poi, la squadra serve all'esterno, con la forza vendita. E la squadra va costruita anche con i clienti...”. Montiano a parte, a proposito di squadra: per chi tifa Dominga? “Io e mio zio siamo irriducibili milanisti. Quando ci fu la finale di Champion's con Milan e Juve, guardammo la partita separati da mio marito che è juventino. Prima ero davvero una tifosa da curva! Poi, quando sono nati i miei due figli – Riccardo che ha 9 anni e Giovanni che ne ha 6 – mi sono ammorbidita: con mio marito abbiamo deciso che sarebbero stati allevati da juventini... e ora mi ritrovo a essere una milanista quasi juventina, mi dispiace vederli soffrire se perde la loro squadra. Se lo sapesse Renzo!”.
Calcio a parte, quali sono le passioni di Dominga? “Lo sport: una mia carissima amica, Francesca, mi apre la sua palestra al mattino prestissimo così posso allenarmi cinque giorni a settimana... Del resto devo pareggiare con il fatto che per il reso del giorno mangio e bevo, tra cene, clienti e degustazioni! E poi ho un'altra grande passione, tramandatami da nonna Grazia che adoravo: la cucina”. Una nonna famosa nel circondario in particolare per la cacciagione: il suo salmì era mitico, aveva 15 ingredienti e nessuno ha mai saputo quali fossero. “Una notte, da bimba, dormivo con lei nel lettone e sognai che moriva senza lasciarmi i 15 ingredienti: ero angosciata. Al mattino glielo raccontai e la convinsi a darmi il suo segreto. Ma lei fece di più: raccolse tutte le ricette in un quaderno che poi mi ha regalato. È un gioiello che custodisco con tutto l'amore possibile”.
Vespa Montiano
Si chiama Intreccci il nuovo progetto che Dominga ha realizzato con le sue due cugine (sorelle) e con l'azienda Bottega Conticelli di Orvieto: cuoio messo a bagno nelle barrique con un vino rosso ricco di antociani che gli danno il colore. Con quel cuoio nascono oggetti di design, tra cui il rivestimento completo di una Vespa Piaggio: una vera chiccheria. Gli altri progetti guidati da Dominga per Falesco, invece, sono I Custodi del Montiano ed Enos. “Il primo nasce quando con la nuova etichetta del Montiano, voluta da me, mi sono scontrata con mio padre: lì, in un unico punto di colore rosso, viene stilizzata la porta che era prima in etichetta. La porta significa affidarsi, ma anche fidarsi”.
Nuovi progetti
Ma il vino, per Dominga e i Cotarella tutti, è anche una questione di emozioni.“Con i Custodi, che sono i nostri clienti con cui maggiormente condividiamo passione ed entusiasmo e non quelli che comprano più vino, condividiamo esperienze emozionali: abbiamo fatto una verticale di Montiano e poi cenato nella Cappella Sistina, dopo averne aperto insieme la porta; e siamo andati a vedere gli 8 Chateaux più belli di Bordeaux, in Haut Medoc”. C'è poi un altro progetto: Enos. Di cosa si tratta? “È un progetto di avvicinamento al vino che è nato quando mio figlio venne a casa da scuola e mi disse: abbiamo studiato la bussola, sai che una volta trovato il Nord tutti gli altri punti cardinali sono determinati di conseguenza? Così ci riflettei su e decisi di condividere con i nostri clienti e con i loro clienti l'esperienza di trovare ognuno il proprio Nord nel mondo del vino: che sia syrah, ma anche merlot o pinot o nebbiolo... Non beviamo solo i nostri vini, ma condividiamo l'emozione del vino. Questo è importante. Questo è ciò che voglio fare nella vita e in azienda”.
Ci alziamo e ci salutiamo, con Dominga. Poi lei ci ripensa e si sofferma: “Sai, davvero credo che l'entusiasmo sia il segreto più grande, non solo per il lavoro ma per la vita. L'entusiasmo è virale e contagioso, come il raffreddore. E ti fa vedere il bicchiere sempre mezzo pieno”.
a cura di Stefano Polacchi
Articolo uscito sul numero di Novembre 2015 del Gambero Rosso. Per abbonarti clicca qui