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Intervista al Jr Masterchef Andrea Picchione

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Cucina come un superchef, parla come un adulto (e forse meglio) pur avendo 13 anni, gioca a tennis e satenere un segreto, anche per molti mesi. Ecco chi è Andrea Picchione vincitore di Jr Masterchef.


Ha appena vinto Jr Masterchef, inventa piatti di rango, gioca a tennis ed è impegnato con gli esami di licenza media. Ma Andrea Picchione non è solo bravo in quello che fa: i suoi pregi maggiori sono l'orizzonte negli occhi e la passione come movente in tutto.
È equilibrato ma non freddo, preciso ma non nerd, vincente ma mai arrogante o irrispettoso. Sa dosare gli ingredienti in cucina come la concentrazione nella sua fitta agenda. Ci mostra che con il rispetto come regola di vita si possono armonizzare le diversità, col risultato che tutto si valorizza; in cucina come nella quotidianità. È stato bravo, Andrea, anche nel tenere il segreto visto che lo show va in onda registrato.

Non hai detto nulla fino a oggi, ma come hai fatto?
È stata una tortura! Il coronamento del mio sogno più grande e non poter dire niente. Gli amici mi chiedevano "Com'è andata?" e io a bocca cucita. Ma avevo un'esplosione dentro e penso che dagli occhi si vedesse. Però questa è una cosa molto importante: avevo preso un impegno.

Come ti è venuto in mente di usare il caffè per la pasta della tua partita più importante, e per di più con aglio, peperoncino e ricci?
Perché per la finalissima volevo portare la cucina italiana, che è la migliore al mondo, con il mondo dentro. E allora il caffè: molto italiano ma la verità è che è molto esotico, mi ricorda sia il sud America sia l'Oriente. Poi ho usato anche lo zenzero che è il mio ingrediente preferito. Per il nord Europa ho usato la birra nel pesce e lo Champagne nel dolce.

Gli amici del tennis e i compagni di scuola cosa ti chiedono di portare alle feste quando ognuno porta qualcosa?
Sempre dolci. Torte, ciambelloni... L'altra sera ho fatto un profiterol di quattro piani a forma di A per il compleanno di una mia cara amica.

Ti sei divertito nelle prove esterne, quelle in squadra, ma sembri molto a tuo agio da solo. Ti senti più portato per il lavoro di squadra o nelle prove individuali?
Beh, il tennis mi porta a pensare da solo. In brigata le responsabilità sono della squadra, quando sei solo, sei solo. Quando sei solo in campo e le cose si mettono male non è facile venirne fuori. Tu hai la responsabilità della situazione e tu devi trovare una soluzione. In brigata è più divertente, ma è quando sei solo, quando puoi contare solo su di te e sperare che il cervello non ti crolli, che si gioca la partita. E a me questo piace.

Quanti corsi di cucina hai fatto?
Nessuno. Prima con mamma e nonna e poi su internet e con i libri a studiare come fare certi piatti e a provarli. Poi ad un certo punto capisci che sei pronto per fare da solo.

Chi fa la spesa a casa? Tu partecipi?
Partecipo?! Io impazzisco al mercato. Mi rende proprio felice.

Dove fa la spesa di tutti i giorni il nuovo Jr Masterchef?
Il mio preferito è il mercato di Piazza Vittorio all'Esquilino a Roma: vedi cose incredibili, pesci mai visti, colori unici.

Con quali criteri scegli pesce, carne e verdure?
L'occhio del pesce è importante, deve essere brillante; e poi bisogna conoscere con il naso: il pesce deve odorare di mare e basta. Se senti altro, non va bene. La carne la capisci subito: deve essere del rosso giusto e deve profumare; le venature del grasso ti dicono cosa ti puoi aspettare come gusto e morbidezza. Le verdure le sento al tatto.

In questa esperienza a Masterchef hai detto di aver imparato molto; oltre agli chef stellati hai i maestri per il tennis e i professori a scuola. Quali sono le doti che deve avere un buon maestro?
Ti deve far appassionare. Il maestro bravo è quello che ti accende la passione, in ogni campo. Se no diventa un peso ogni cosa.

Di mamma e nonna sappiamo che cucinano bene: ma se dovesse cucinare papà sarebbe panico in casa?
No! Ma mio padre più che a cucinare mi ha insegnato a mangiare bene. Lui sa proprio mangiare. E comunque qualche primo lo sa fare.

Sei diventato famoso, ti riconoscono anche in strada: che ne pensi della celebrità, ti piace?
Veramente io sono un po’ timido e ci tengo ai miei spazi. Mi piace vincere ma non penso sia buono enfatizzare troppo queste cose: ci sono persone che prima sono riconosciute da tutti e poi quando non sono più famose si deprimono, si chiudono in se stesse e si chiedono "perché non è più come prima?".

A cosa pensi quando cucini?
A fare un piatto con l’emozione, perché si vede subito se c'è la passione o no nel piatto. Soprattutto per i timidi la cucina è perfetta per esprimere i sentimenti senza le parole. Nei miei piatti ci metto le emozioni che voglio condividere con qualcuno. E poi le regole le fai tu, sei libero di usare migliaia di ingredienti e abbinarli come ti pare, a seconda di quello che vuoi dire. Ti puoi esprimere meglio.

Facciamo il "tuo" giro del mondo.
Bello! Parto dalla Spagna: lì si respira l'aria di un'altra parte di Europa, anzi non sembra Europa certe volte. A Parigi è tutto molto più fine ed elegante. L’Italia invece è imbattibile sulla materia prima. Della Germania mi ha colpito il clima, che è dentro la cucina tedesca. Londra invece è la mescolanza fra cucina storica e futuro: il pub fish&chips lo trovi davanti al grande ristorante di alta cucina internazionale e accanto al chiosco del kebab. Ma il posto al mondo che mi ha insegnato il massimo rispetto per la materia prima è Tokyo; ho visto preparare piatti importanti valorizzati da quelli che noi consideriamo scarti. I giapponesi per il pesce non hanno rivali al mondo; usano certe lame… ti ipnotizzano. È proprio un'altra cosa. New York è la bandiera americana. C'è tutto, non solo junk food; hanno delle carni eccezionali. Cuba è la storia dentro la cucina. Convivono la tradizione degli Indios, quella africana e quella dei colonizzatori. Tabacco, sale, caffè... Comunque per l'esame ho una tesina sul Sud Africa. Mi hanno colpito le contrapposizioni, come quella fra la natura che è maestosa e la modernità che avanza velocemente. Cape Town è bellissima: ci sono il porto e i grattacieli che ti ricordano l'influenza inglese e olandese e dietro la montagna; giri in città e ti sembra di stare in Europa e dopo dieci minuti ti trovi fuori in mezzo a vigneti incredibili. Poco distante verso l'interno ci sono le tribù Zulù; in mare gli squali.

Qual è stata la cosa più bizzarra che hai mangiato nel mondo?
Il coccodrillo a Cuba. Cucinato in padella ricorda sia il pollo sia il pesce: diresti che è un pesce ma è anche dolce e magro come il pollo. Va servito con mais e fagioli neri. Ma anche la trippa a Johannesburg, che è nera, non giallina. In realtà dovrebbe essere così, perché noi siamo abituati a fare diversi lavaggi e trattamenti e alla fine cambia colore, fino a sbiancarsi.

Sei romano ma non è quella romana la tua cucina preferita….
Di Roma, la tradizione che mi piace di più è quella del maritozzo con la panna. È una storia bellissima. Le donne preparavano i maritozzi come cibo per i loro compagni che andavano a lavorare fuori per giorni, perché il maritozzo ha una lunga conservabilità. Poi a Marzo gli uomini ricambiavano regalando un maritozzo con un prezioso dentro. La parola maritozzo ha sia la radice "mar" di marzo sia proprio la parola "marito". È il vero dolce degli innamorati e si portava un maritozzo anche per fare la dichiarazione d'amore.

Se dovessi cambiare città per vivere, dove ti piacerebbe andare?
Australia. Sono affascinato da quel posto, per me è il futuro, la risorsa del mondo. Tutti parlano di Londra, ma Londra è il presente, dopo un anno hai fatto tutto. Mentre invece l'Australia è fresca, piena di novità e si possono fare grandi cose.

Come sarà, secondo te, il mondo fra 10 anni?
Sono un po’ spaventato, perché temo diventi tutto uguale. Sono stato a Dubai e ho visto come si trasforma il deserto. Tutto bello, divertente, ma finto. In Africa vogliono distruggere la foresta pluviale del Lago Vittoria per farci degli aeroporti. Continuando così si perderanno le diversità e questo inciderà anche sulla cucina. Tutto rischia di uniformarsi.

Soprattutto negli ultimi anni è aumentata la sensibilità verso la cucina vegetariana e vegana: che ne pensi?
È giusto. Tutti devono mangiare e siamo tutti diversi. C'è chi nasce celiaco, o col diabete; c'è chi ha regole religiose diverse dalle nostre. Bisogna avere rispetto per tutti. Ognuno deve poter mangiare bene, sano e sicuro. La cucina ha che fare con la vita: si può uccidere con un piatto.

a cura di Dario Pettinelli


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