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Antonino Cannavacciuolo: ecco il mio bistrot di Novara

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Incontriamo lo chef di Villa Crespi a poche ore dall'apertura del bistrot del bar Coccia di Novara. Ecco cosa ci ha raccontato.

Abbiamo sventrato tutto per fare un ristorante su misura di quel posto”. Che è un locale storico, il bar del grande Teatro Coccia. “Ti rendi conto? Quasi 1000 posti”. Prima c'era questo bar per il dopoteatro, e tutto girava intorno agli spettacoli. Poi sono arrivati tempi più difficili. Passano gli anni e cambiano le gestioni, segue anche un periodo di chiusura prima che Antonino Cannavacciuolo si aggiudicasse il Bando del Comune di Novara per l'assegnazione del bar Coccia. Cannavacciuolo smantella, di fatto, parte della struttura per aprire un collegamento ancora più evidente tra gli spazi del teatro e quelli del ristorante. Sceglie uno stile che si richiama agli anni '50-'60, chiama a collaborare con lui e la moglie Cinzia Priatesta, l’architetto Arturo Montanelli e la progettista Draga Obradovic. Mentre si pensa agli spazi si procede anche con il concept.

 

La proposta

L'obiettivo è quello di una ristorazione veloce, facile, accessibile a tutti. Una proposta immediata, sui 40-50 euro, che sceglie materie prime povere e le tratta come quelle più nobili: “lavorare un'alice come un'aragosta” dice Cannavacciuolo. Dei tre livelli in cui si sviluppa il locale, solo l'ultimo piano è occupato dal ristorante. Il resto dello spazio è a dedicato al ristoro dei vari momenti della giornata: dalla colazione (immancabile la sfogliatella) all'aperitivo, dal tè al dopoteatro, con tutto il contorno di rito, centrifughe, caffè, cocktail, snack veloci.

In cucina, a seguire il ristorante un “uomo fidato” di Cannavacciuolo, a servire i 40-45 coperti, per gli aperitivi e la formula fast sono invece un centinaio. La proposta? Golosa, di pancia: panini con la genovese, o con la parmigiana di melanzane. Piatti partenopei: “voglio che ci sia il mio timbro” dice Cannavacciuolo “io questo sono: un napoletano, uno che mangia il panino con la trippa, non ci posso stare a mangiare un panino con una fetta di prosciutto e un formaggio striminzito” e aggiunge “Sai che voglio fare? Voglio fare quei panini che ti cambiano la giornata e ti fanno venire il buon umore”. E pensa a tutti: ai vegani, vegetariani, celiaci, a chi ha fame fuori orario (“si può mangiare un piatto di pasta anche alle 11 di mattina, se uno vuole” dice) e chi si vuole prendere una cosa da mangiare poi, con il packaging studiato per il take away.

 

La formazione

L'abbiamo visto in tv in Cucine da incubo e anche a MasterChef, dove conferma le sue maniere brusche ma bonarie. Ora lo vedremo anche sul web, con i corsi di e-learning del Centro Europeo di Formazione. Davvero si può formare un cuoco professionista via web? “Dipende, ho visto i materiali, cd, video, libri e tutto il resto. La scuola è di un mio cliente, lo conosco personalmente, è una persona fidata, molto seria”. Spiega che con la formazione a distanza vengano date le basi, “ è una mentalità americana più che italiana, lì è una cosa di 15 anni fa. Da noi siamo abituati all'alberghiero a pure lì, se ci pensi, di pratica si fa poco o niente e ci stai tre anni”. Ma non è solo via web:“all'inizio è online, hanno un sistema molto moderno, poi ti portano nelle cucine professionali e si integra lo studio con interventi dal vivo. Sto con loro fino a dicembre. Poi vediamo”. Ma la formazione si può fare così? “Io la vedo sul campo, a Villa Crespi, la formazione è una cosa che si fa in molti modi, anche chiamando il personale di sala nella prova dei piatti: perché se uuo non li conosce non può spiegarli. Bisogna fare continui aggiornamenti, coinvolgere le persone, anche dal punto di vista societario. Bisogna studiare sempre, se lo si fa con un trainer è più facile”.

Non una scuola vera e propria come altri colleghi? No, non ora: “ho 40 anni, sono ancora un bambino” scherza “fatemi crescere. Magari oggi dico di no e domani capita l'occasione che mi piace e apro la scuola. Però voglio fare delle cose pian piano”. Seguire la formazione delle persone aiuta poi ad avere collaboratori allineati al proprio modo di lavorare. Come riconoscere quelli giusti? “La vedi dallo sguardo la curiosità, dagli occhi capisci tutto di una persona, e poi non ho bisogno di fenomeni e campioni solitari: dobbiamo essere una squadra, sporcarci le mani, aiutare chi è meno bravo. E far crescere tutti insieme. Altrimenti è inutile. Non si va avanti”.

 

La televisione

Curiosa affermazione per uno dei giudici di MasterChef. “Beh la televisione è una parentesi nella mia vita, non è il mio lavoro. Anche se poi a MasterChef o Cucine da Incubo alcuni ragazzi veramente bravi li incontri”. Ma l'esperienza in tv è altro. Intanto il contatto con i colleghi: “ho trovato tre belle teste, mi hanno accolto a braccia aperte e mi hanno fatto lavorare bene. Non mi aspettavo tanto perché loro sono già 3 o 4 anni che stanno insieme”. Cambia la televisione? “Cambia tantissimo, ma il ristorante” dice “noi siamo bravi ma se passiamo in televisione siamo ancora più bravi per tanta gente”. I numeri parlano chiaro, ogni giorno c'è la lista d'attesa “mi ha riempito anche i momenti morti qui sul lago”. Quindi viva la televisione? “Guarda, io ero contro la tv, non la volevo fare, e i miei colleghi mi dicevano che ero scemo. Avevano ragione”.

Torniamo a Novara. Quanto manca all'apertura? “Toccando ferro ferretti e ferrini tra pochi giorni (o meglio tra poche ore) ci siamo”. 

 

Cannavacciuolo Café&bistrot | Novara | via Fratelli Rosselli | tel. 0321612109 | info@bistrotnovara.it

 

a cura di Antonella De Santis


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