Difficile fare ordine nel mare di provvedimenti che riguardano i diritti dei celiaci. D'altronde parliamo pur sempre di legge italiana. E ogni regione decide quanto, come, dove un celiaco può spendere i suoi buoni spesa in quanto affetto da “malattia rara”. E anche di questo dovremmo discutere.
Cos'è la celiachia
Secondo AIC, Associazione Italiana Celiachia, “la Malattia Celiaca o Celiachia è una infiammazione cronica dell'intestino tenue, scatenata dall'ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti”. Una malattia che allo stato attuale è inserita nell’elenco delle malattie rare, nonostante sia evidente che oggi la celiachia sia, a tutti gli effetti, una malattia cronica sempre più diffusa. La cosa, però, gioca a favore di chi ne soffre, in quanto i celiaci hanno gli stessi diritti di tutti coloro che soffrono di malattie rare: fra questi diritti, il D.M. 279 del 18/05/01 prevede l’esenzione per il sospetto diagnostico e per il percorso di diagnosi dei parenti. Il punto che vogliamo analizzare riguarda però i rimborsi destinati ai celiaci.
Erogazione gratuita degli alimenti senza glutine
“A seguito della diagnosi del medico specialista”, specifica sempre AIC, “il celiaco ha diritto ai prodotti dietetici senza glutine, indispensabili per la sua dieta, rigorosa e irreversibile. Può, quindi, ritirare prodotti nelle farmacie, pubbliche e private, nella GDO (supermercati) e negozi specializzati, fino al raggiungimento di un tetto di spesa mensile, fissato oggi dal decreto del 04/05/06, secondo quanto segue:
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Va premesso che l’importo del buono va a coprire la differenza fra il prezzo del prodotto normale e quello gluten free. Inoltre gli importi sono stati studiati tenendo conto del fabbisogno medio mensile di una persona, ecco spiegate le differenze degli importi fra maschi e femmine adulti (che si basano sul diverso fabbisogno calorico tra i due sessi).
Una legge che cambia di regione in regione
Questo decreto, però, consente a ciascuna regione la facoltà di cambiare i tetti di spesa riconosciuti, solitamente aumentandoli, così come la tipologia dei punti vendita in cui sono spendibili gli euro concessi. Ci sono dunque regioni, come Piemonte, Lazio o Campania in cui i tetti di spesa sono rimasti invariati e i celiaci possono spendere i propri buoni ovunque: nelle farmacie, nelle parafarmacie, ma anche in negozi specializzati e nella GDO. Ci sono invece regioni in cui l'importo massimo, destinato ai prodotti senza glutine, viene caricato in automatico sulla tessera sanitaria del celiaco e dunque può essere speso solo con l’ASL del territorio. Una di queste regioni è la Lombardia. Ci sono poi le regioni a statuto speciale, dove i tetti di spesa sono di gran lunga superiori rispetto a quelli indicati nel decreto.
Ricapitolando, l'ammontare del tetto mensile cambia di regione in regione, così come cambia la modalità di erogazione (possono essere bollini o buoni fisici oppure soldi virtuali caricati nella tessera sanitaria o addirittura nel conto corrente del celiaco) e i luoghi in cui può essere speso.
A questo punto la domanda sorge spontanea: non sarebbe molto più comodo uniformare il tutto? In modo tale che un celiaco lombardo abbia gli stessi diritti di uno campano?
a cura di Annalisa Zordan