Abbiamo intercettato la mail con la quale Massimo Bernardi, patron e fondatore di Dissapore, arringa i suoi in vista del rilancio del sito dopo l’acquisizione da parte di Netaddiction. Ecco tutte le anticipazioni con non pochi spunti.
Dissapore è stato uno dei casi editoriali italiani degli Anni Dieci. Non solo nel mondo dell’editoria enogastronomica, beninteso. Nel campo del food, poi, ogni cosa che è venuta dopo ha un debito indiscusso verso lo stile e l’approccio che Massimo Bernardi, il fondatore, affinò sul blog Kela Blu (qui su Gambero Rosso) e poi fece maturare su Dissapore.
Le origini
Dissapore ebbe successo in virtù di un linguaggio innovativo e originale, di una attenzione (inedita all’epoca) a metriche e motori di ricerca e a una capacità di aggregare firme insolite. Ma se fu facile la crescita, meno agevole fu il consolidamento e, dunque, emerse la necessità impellente di trasformare i numeri in fatturato. Bernardi ha sempre compreso che non ce l’avrebbe mai fatta da solo e ha così tentato di farsi polo aggregante. Prima con il Papero Giallo di Stefano Bonilli, poi con Scatti di Gusto di Vincenzo Pagano, blog importanti con cui però il fidanzamento è durato poco senza mai sfociare in un matrimonio fertile per il business. Intanto, in piena crisi di crescita, il “gruppo” creato da Bernardi doveva gestire una scissione al proprio interno con l’area vino, sotto il brand Intravino (tutt’ora in piena attività), che si staccò dalla casa madre.
Gli ultimi anni
Oggettivamente più di un osservatore aveva individuato un momento di fiacca. Le idee brillanti non possono essere infinite, le trovate si scontrano con un pubblico più sgamato e gli emuli sono tantissimi. Inoltre c’è da fare i conti con Facebook e Twitter, nel frattempo esplosi, che trattengono a sé parte di quel dibattito – leggasi “commenti” – che un tempo si srotolava sotto gli articoli di Dissapore. E poi il tono scanzonato e allegro alla lunga può tediare anche il lettore più fedele.
L'arrivo di NetAddiction
Dissapore, però, ha saputo trovare una via d’uscita. La spinta di reni è coincisa, come vi raccontammo qui lo scorso aprile, con l’ingresso nel capitale di NetAddiction, società web&adv particolarmente dinamica che già nel mondo del cibo aveva operato con scaltrezza tentando di aggregare e regimentare il fenomeno dei food blogger mediante il network iFood, attualmente in avanzata fase di rodaggio. Dopo questa operazione, NetAddiction ha compreso la necessità di affiancare ai blogger ricettari anche una voce più autorevole e giornalisticamente riconosciuta e dunque ecco l’acquisizione di Dissapore.
Il futuro
Bernardi è rimasto però socio e soprattutto è rimasto editor. E oggi, a quanto ci risulta, è pronto a un rilancio in grande stile del progetto. È proprio di questi giorni un documento riservato che il boss di Dissapore ha fatto girare tra i collaboratori vecchi e nuovi, in cui lo sguardo che viene gettato sul sistema dell’editoria gastronomica italiana, e non solo, è non poco interessante. Noi l'abbiamo intercettata. Ecco perché, sperando di non irritare troppo un sito che stimiamo ma che comunque rimane in parte nostro concorrente, ci prendiamo il rischio di riportare qualche stralcio. Stralci che ci aiuteranno a capire cosa diventerà Dissapore nelle prossime settimane e come si posizionerà rispetto al settore.
“Dissapore sta crescendo” esordisce motivante Massimo Bernardi nella mail. “Stiamo provando a cambiare il modo in cui si parla di cibo e ora passiamo al nostro secondo atto”. Ma come è nato Dissapore? Perché è nato e da quali presupposti? Bernardi spiega anche questo ai suoi collaboratori prima di andare al sodo: “All'epoca lavoravo al Gambero Rosso e ogni volta mi sorprendeva la differenza tra gli articoli pubblicati sulla rivista e i racconti che ne facevano gli autori dopo la pubblicazione. La versione raccontata davanti a una buona birra era molto più interessante. Magari rischiosa da pubblicare e poco incline allo stile patinato della rivista. Ma molto più vera. Ecco, forse il ruolo principale svolto in questi anni da Dissapore tra i media gastronomici è stato quello di andare oltre le apparenze, di smitizzare i luoghi comuni”. Ora che c’è un grande editore come NetAddiction la mission resta la medesima, ma acquisisce “basi più solide” con un investitore che, rassicurazione di Bernardi ai suoi, “per fortuna non intende interferire sulla nostra indipendenza editoriale”.
Le novità
Bene, dunque cosa cambia? A leggere la lunga lista degli aggiornamenti che subirà il progetto appare evidente che cambierà il sito (“struttura, colori, semplicità di navigazione, versione mobile. Un tentativo di non appiattirsi sulle solite soluzioni, di mostrare vocazione all'innovazione”), che cambierà il parco delle firme (ci sarà una “campagna acquisti massiccia”), che cambierà la quantità di informazioni (“più notizie, articoli, approfondimenti, liste, elzeviri, immagini e video. Un flusso che farà somigliare il nuovo Dissapore a un quotidiano di informazione gastronomica, prodotto che di fatto manca nella scena italiana, vivacizzato dal nostro inimitabile mix di notizie, approfondimenti, scandali, intrattenimento e ironia”).
Ma soprattutto, a quanto sembra, cambierà ancora una volta il modo di raccontare il cibo. Anche dopo aver preso atto di uno scenario di settore che a Dissapore raccontano così. E ce n’è per tutti: “Domus, Condé Nast, Il Sole 24Ore e Giunti hanno un sito dedicato alla gastronomia, il Gambero Rosso è finalmente tornato in forma. Crescono siti come Agrodolce che rappresentano la nostra nemesi — contenuti superficiali e pratiche Seo spinte — mentre il sito di cucina del Corriere si è ingloriosamente messo a clonare BuzzFeed. Poi ci sono i nuovi editori specializzati: Il Fatto Alimentare, Intravino, Scatti di Gusto, Luciano Pignataro, Puntarella Rossa, Passione Gourmet. Alla fine il rischio di somigliarsi tutti è forte, se la nostra vocazione dev'essere imprimere cambi di marcia è il momento di farlo. Oggi la fregola per il cibo ha oltrepassato la sfera, già ampia, che le è stata propria a lungo, invadendo ogni altra dimensione della nostra esistenza. Una mania collettiva che prende tutti, non solo gli addetti ai lavori, e alimenta il bisogno di sapere, conoscere, trovare fonti autorevoli che sappiano spiegare. Spiegare le parole indigeste, le nuove tecniche, le mode contagiose, le notizie”. E proprio nel concetto di ‘spiegazione’ che potrebbe esserci l’upgrade più evidente della piattaforma, proprio in quella voce di menu “Dissapore Spiega” (guardate come è strutturato il menu) entro la quale potrebbero essere pubblicati i contributi più – paradossalmente – innovativi. Cercare, insomma, di far passare le persone “dalla curiosità alla comprensione” esattamente come fanno alcuni siti americani che sono ispirazione per Bernardi e i suoi (The Vox, The Upshot, FiveThirtyEight, ma anche Business Insiderappena passato di mano per 350 milioni, giusto per dire quanto valgono oggi i contenuti di qualità e ben confezionati nell’universo digital). Spiegando - e diteci cosa c’è di più facile e difficile allo stesso tempo quando si fa giornalismo - le notizie in maniera comprensibile a tutti. In bocca al lupo e buon lavoro.
a cura di Massimiliano Tonelli