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La Fish Track contro le frodi alimentari. Stop alle contraffazioni di merluzzo, pesce spada e gamberi

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L'Italia importa oltre il 50% di pesce consumato, ma spesso sulle nostre tavole arrivano pangasio del Mekong spacciato per cernia o halibut venduto come sogliola. Come arginare le frodi? Ecco il database di “impronte digitali” raccolto dall'Università di Siena. 

Expo al lavoro per l'educazione alimentare

Un giorno dopo l'altro, il calendario di incontri ospitati nell'ambito di Expo sta rivelando la possibilità di riportare il discorso su nutrizione, alimentazione, sostenibilità sul binario della qualità, al di là delle manifestazioni più immediate dell'ottimo stato di salute di cui sembra godere il circuito della ristorazione confluito su Milano. E così gli appuntamenti organizzati per la platea internazionale che gremisce il Decumano offrono un'opportunità concreta per migliorare le cose dall'interno. Come il progetto Fish Track, presentato qualche giorno fa dai ricercatori dell'Università di Siena. L'idea sfrutta le conoscenze più avanzate di biologia molecolare per smascherare le frodi ittiche più comuni, che cercano di spacciare pesci di valore modesto per specie ittiche di grande pregio, così da alzarne il prezzo di vendita.

Fish Track. L'impronta digitale delle specie ittiche

Un rimedio tutto italiano che potrebbe porre fine alla sostituzione delle sogliole con l'halibut pescato nell'Atlantico, della cernia con il pangasio del Mekong, del pesce persico con pesci africani di varia provenienza. La frode è più frequente di quanto si pensi, favorita dall'importazione sul suolo nazionale di prodotti già puliti e sfilettati che complicano il riconoscimento della specie. E il problema riguarda da vicino anche sughi e preparati alimentari a base di pesce, ancora più difficili da identificare. Ecc perché la possibilità di rilevare l'impronta digitale del pesce, il suo dna (attraverso un'operazione definita barcoding) si rende uno strumento indispensabile. A Siena i ricercatori hanno lavorato proprio così, analizzando campioni ridotti delle più comuni specie di pesce e isolando il gene utilizzato per la determinazione della specie. Risultato: la creazione di una bancadati online che collega ogni specie a una sequenza di dna ben definita e univoca.

Come riconoscere il pesce importato?

E questa è un'ottima notizia per l'Italia, che importa il 50% del pesce consumato, per un totale di ben novecento specie ittiche in arrivo da tutto il mondo, spesso rimpallate da una filiera infarcita di intermediari, che favorisce (pur involontariamente) le frodi. Il progetto del Dipartimento di Scienze della vita è stato finanziato dalla Regione Toscana in collaborazione con il Cnr di Firenze, che nell'Istituto per lo Studio degli Ecosistemi trova un sistema potente per definire la provenienza geografica del pescato. Certo, i primi risultati denunciano un quadro allarmante: oltre il 50% delle cernie analizzate è risultato un'imitazione, come gamberi e gamberetti sgusciati (più sicuro invece il mercato delle mazzancolle tropicali). Con l'incognita di incappare in specie rischiose per la salute, come il pesce palla o il diffusissimo Ruvettus Pretiosus, venduto come pesce spada. Tra le specie più contraffatte anche merluzzo e dentice. E il futuro della ricerca, condivisa su scala internazionale, porterà a distinguere il prodotto pescato in mare dal pesce di allevamento.


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