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Montalcino che cambia. Vol 4. Non solo stranieri. L'investimento della famiglia Cecchi

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Il Brunello continua a fare gola agli investitori. Ma, dopo tante compravendite straniere, l'ultimo colpo è stato messo a segno da un'azienda toscana che - già presente nel Chianti Classico, in Maremma e a San Gimignano - adesso ha deciso di scommettere su questa zona. L'intervista al direttore generale Leonardo Raspini.

 

Da qualche mese la casa vinicola Cecchi, con sede a Castellina in Chianti, ha acquistato, per un importo non dichiarato, un podere di 8 ettari a Montalcino di cui 6 già vitati (3 di Brunello, 1,5 di Rosso di Montalcino e 1,5 di Sant'Antimo). Di fatto è stata la prima, in ordine di tempo, azienda “italiana e toscana” a fare questo passo, dopo una lunga serie di cessioni a stranieri (Biondi Santi ai francesi, Poggio Antico ai belgi, Cerbaiona agli americani, Poderi Brizio agli argentini, ecc.), che abbiamo raccontato nei mesi scorsi. Una tendenza, quella della compravendita di cantine montalcinesi, che nei mesi e negli anni a venire, è destinata a continuare. Il Brunello sta sempre più attirando investitori da tutto il mondo - si stima che per un ettaro il prezzo medio di aggiudicazione sia attorno ai 700 mila euro - e d'altra parte molte aziende nate negli anni Settanta/Ottanta sembrano aver esaurito il loro ciclo vitale e ora i proprietari, impossibilitati a continuare l'attività per vari motivi (finanziari, di turn over, offerte allettanti, ecc.) stanno passando la mano. Montalcino, da questo punto di vista, è in pieno cambiamento – anche nel modo di sentire e vivere il territorio – che avrà il suo peso nella gestione del futuro della denominazione.

 

La famiglia Cecchi

La famiglia Cecchi, oggi di proprietà dei fratelli Andrea e Cesare,sin dalla sua fondazione (1893) è conosciuta per la produzione di vini toscani. Attualmente ha proprietà in Chianti Classico (Villa Cerna e Villa Rosa), San Gimignano (Castello Montauto), Maremma Toscana (Val delle Rose) e Umbria (Tenuta Alzatura), complessivamente la superficie vitata di proprietà, suddivisa tra le varie tenute raggiunge i 300 ettari, cui ora si aggiunge Montalcino che completa il presidio nelle aree più prestigiose della regione. L'azienda ha un fatturato consolidato di oltre 30 milioni di euro mentre la produzione è di 7 milioni e mezzo di bottiglie, la metà delle quali sono destinate ad oltre 50 mercati esteri. Proprio nell'anno dei 125 anni dalla fondazione, abbiamo parlato della nuova realtà montalcinese e dei progetti futuri con il direttore generale, Leonardo Raspini.

 

Negli ultimi anni Cecchi ha fatto delle importanti acquisizioni nelle zone più importanti della Toscana, in Maremma, in Chianti Classico e ora da qualche mese, anche Montalcino. Una domanda preliminare, l'azienda si ferma qui o pensa di crescere ancora?

Attualmente siamo in tutte le denominazioni toscane più importanti e ora anche nel Brunello. Il nostro obiettivo è sempre stato proprio questo: essere presenti nel cuore delle aree più prestigiose con una nostra azienda. Con Montalcino però, almeno al momento, ci fermiamo. L'obiettivo adesso è consolidare le nostre posizioni, valorizzando le singole proprietà, investendo in promozione ma soprattutto dedicandoci alla produzione e alla commercializzazione.

 

Quale è stata l'idea di fondo che ha guidato l'azienda a investire queste zone?

La famiglia Cecchi ha sempre avuto delle solide basi produttive in Toscana e la logica degli investimenti, in particolare della vecchia generazione, ha puntato ad ampliare e rafforzare questa presenza. Per noi, Val delle Rose in Maremma è stato il primo segnale di voler uscire dall'area strettamente chiantigiana e di confrontarsi con il Morellino che allora era agli albori. Il resto è stato una conseguenza di questa prima scelta: la Toscana si è sempre dimostrata una terra di investimento in grado di funzionare bene.

 

Montalcino come si colloca in questa strategia di investimenti mirati?

Montalcino rientra perfettamente in questo quadro. Dopo tutto il Brunello è sempre stato presente nei nostri listini: o come distributori o come imbottigliatori, ma lo abbiamo sempre proposto. Ora, però, l'impegno cambia sostanzialmente perché diventiamo produttori diretti. Per noi è stata una necessità commerciale ma anche di cuore perché da molti anni eravamo a caccia dell'occasione giusta.

 

Quali erano le vostre richieste, esattamente?

Non volevamo un'azienda qualsiasi: la cercavamo proprio in quell'area specifica, tra Sant'Antimo e San Polo e che quindi subisse l'influenza del Monte Amiata. Insomma, doveva essere un terroir con delle caratteristiche particolari, di posizione, di altitudine e di suoli, da cui ottenere un vino di finezza. Sarà questo il nostro approccio al Brunello.

 

Ci può descrivere la nuova azienda montalcinese?

Si tratta di una proprietà di 8 ettari complessivi di cui 6 di vigneto: 3 ettari di Brunello, 1,5 di Rosso di Montalcino e 1,5 di Sant'Antimo. I tre ettari di Brunello sono situati in parcelle diverse: la prima è nella parte più alta della valle che finisce a Sant'Antimo; poi c'è la vigna Pian Bossolino non molto lontano da San Polo, dai Barbi e a valle dei vigneti Biondi Santi; infine l'ultimo più vicino alle aree coperte. In tutto, ci sono circa 1000 metri quadri di fabbricati, cantina compresa, che sarà possibile utilizzare sin da subito.

 

Quando presenterete il primo Brunello interamente prodotto da Cecchi?

Avendo avuto la possibilità di scegliere tra il vino in maturazione abbiamo selezionato una partita dell'annata 2015 che sarà il nostro primo Brunello: rappresenterà la memoria dell'azienda e della vigna; la prima vendemmia interamente nostra sarà la 2018, che sarà messa in vendita nel 2022. Per ora, anche in base agli accordi con i vecchi proprietari, l'azienda non avrà un nome specifico. Gli dobbiamo cucire un vestito nuovo.

 

Nella presentazione delle vostre aziende non si parla più delle singole proprietà come fossero uniformi, ma si mettono in evidenza le peculiarità del sangiovese nelle diverse parcelle. Siamo di fronte a un cambiamento della cultura produttiva e non solo della comunicazione dell'azienda?

Sì, è vero. Anche se anche a Villa Cerna abbiamo sempre messo al centro i vigneti, a Villa Rosa c'era già una storia di singoli vigneti più definita – si tratta di cinque diverse unità produttive – quindi sin da subito abbiamo cercato di valorizzare questa impostazione lavorando per capire sempre meglio caratteri e peculiarità di ognuno, con analisi geopedologiche molto approfondite, conducibilità elettrica dei suoli, ecc. La valorizzazione delle peculiarità di ogni singola proprietà prevede proprio la possibilità di creare delle selezioni o dei crus. Èun'indicazione per il futuro e sarà naturalmente applicata anche alla nuova azienda di Montalcino e ai tre vigneti che la compongono.

 

A Montalcino è sempre esistito un legame molto stretto tra le aziende e il contesto non solo produttivo ma anche sociale. Siete la prima azienda "italiana e toscana" ad acquistare dopo tante cessioni a stranieri. Come pensate di interagire con il territorio?

Parteciperemo attivamente al Consorzio di tutela sia portando la nostra esperienza di produttori presenti anche in altri consorzi, sia mettendoci in rete con le altre aziende produttrici. Sarà un rapporto propositivo e di collaborazione con una realtà che ha fatto tantissimo per la valorizzazione ad alti livelli del proprio territorio

 

a cura di Andrea Gabbrielli


 

 


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