Molti cuochi contemporanei la utilizzano e sono nate specialità alimentari a base di acqua marina a partire da birre, pani e pizze. Ma quella dell’acqua di mare è una “scoperta” che viene da lontano. Nel numero di agosto del mensile del Gambero Rosso ne esploriamo le caratteristiche, le tendenze e gli utilizzi. Qui un assaggio.
Dallo spagnolo Quique Dacosta al pugliese Giovanni Lorusso, nelle cucine l’acqua marina ha sempre maggiori utilizzi; a fornirla una decina di aziende tra Spagna, Scozia e Puglia che la commercializzano, già sanificata. Del resto è un ingrediente pieno di preziosi oligoelementi e fa molto meno male del sale raffinato. Inoltre, è anch’essa una parte importante del terroir e ha una storia millenaria da raccontare.
La dualità tra acqua dolce e acqua salata
Un’antica leggenda orientale racconta che Alessandro Magno andasse per il mondo alla ricerca della Sorgente di Vita accompagnato dal suo cuoco. Questi un giorno lavando un pesce salato in una fonte lo vide improvvisamente riprendere vita: avevano trovato l’acqua dell’immortalità. La dualità tra acqua dolce (piovana o di sorgente) e acqua salata è presente in moltissime culture. L’acqua dolce è femminile, l’acqua spumeggiante, oceanica, maschile; nella mitologia greca primordiale, Pontos (il mare) è sterile e ha bisogno dell’intervento divino per essere in grado di generare.
In Estremo Oriente, nello Shintoismo, la purificazione avviene attraverso l’acqua salata di mare, perché il sale garantisce la conservazione e l’incorruttibilità degli alimenti. Ma l’eccesso di sale corrode, quindi acqua e sale devono essere mescolati con saggezza. Scrisse Euripide che “il mare guarisce le malattie degli uomini” e la scienza, due millenni dopo, gli ha dato ragione: l’acqua di mare contiene più di 90 preziosi elementi minerali che il semplice sale, cloruro di sodio al 97% (più iodio aggiunto dopo la raffinazione) non contiene. Naturalmente per essere utilizzata dall’uomo, quest’acqua va microfiltrata, a freddo, e depurata.
Nell’antichità: balneum maris e acqua pazza
Le origini degli usi alimentari dell’acqua di mare risalgono a pratiche antiche che sono state mitologizzate, e poi codificate, in ricette tradizionali e popolari. Si dice per esempio che la tecnica del “bagno maria” sia stata messa a punto da Marian, sorella di Mosè, o dalla misteriosa alchimista Maria la Giudea; in realtà la pratica di immergere in un bacile di acqua non potabile dolce o salata e calda un recipiente più piccolo, deriva dall’espressione latina “balneum maris”, bagno di mare appunto. Numerose preparazioni culinarie richiedono di utilizzare questa pratica semplice e geniale: gli alimenti riscaldati lentamente in questo modo si fondono perfettamente, con dolcezza e gradualità.
In principio erano i marinai in viaggio: anticamente, a bordo delle navi, per pulire, rinfrescare e cuocere le derrate, pesci e molluschi in primis, si utilizzava l’acqua di mare, così da poter conservare la preziosa acqua dolce per bere. I cibi riuscivano molto saporiti, senza bisogno di tanti condimenti, e l’uso si diffuse. Nacquero così le cotture all’acqua pazza. Non solo di prodotti ittici: gli anziani pugliesi e napoletani ricordano ancora ricette tradizionali di pani impastati con acqua di mare, e polli all’acqua marina. Anche la tradizionale fresella acquasale del Salento viene da qui. Del resto, il mestiere dell’acquaiolo, oggi scomparso, prevedeva che il portatore d’acqua avesse con sé due otri: uno d’acqua dolce, più costosa, e uno di acqua salata più economica. Parliamo di diversi secoli fa, quando il mare era certamente più incontaminato e le norme igieniche sconosciute. Da qualche anno questa pratica si è nuovamente diffusa, prima come una moda e poi come una abitudine salutare. Naturalmente bisogna usare acqua che abbia subìto un processo di sanificazione, così come vale per l’acqua del rubinetto.
L’acqua di mare nel XXI secolo: un business
Tutti gli esperti concordano nell’asserire che l’acqua di mare sia molto più di acqua&sale: infatti oligoelementi come cloruro, sodio, solfato, calcio, magnesio e potassio sono presenti in generose quantità. Inoltre contiene in piccole dosi quasi tutti i 92 elementi della tavola di Mendeleev e quindi potenzialmente è la più completa delle acque minerali.
Ma passiamo alla produzione e alla distribuzione di questo alimento. Rimanendo in Europa è la Spagna la leader della commercializzazione dell’acqua di mare, con sei aziende tra cui Agua de Mar, che commercializza anche svariati prodotti, dalle patatine alla pizza e ai succhi di frutta, mentre Lactoduero propone in vendita acqua marina del Cantabrico (dove si lavorano le famose acciughe). In Scozia, Acquamara imbottiglia l’acqua dell’Oceano Atlantico; in Italia svetta la pugliese Steralmar che ha depositato un brevetto per la propria acqua microbiologicamente pura: “riservadimare”. L’innovazione tecnologica, poi, ha permesso, a cascata, la messa a punto di alcuni prodotti agroalimentari molto interessanti, connubio tra le tipicità locali e l’acqua di mare.
Ma cosa si può fare con l'acqua di mare? Nel numero di agosto del mensile del Gambero Rosso passiamo in rassegna gli utilizzi in cucina.
a cura di Alessandra Guigoni
disegni di Marcello Crescenzi
QUESTO È NULLA...
Nel numero di agosto del Gambero Rosso, un'edizione rinnovata in questi giorni in edicola, trovate i birrifici, i pizzaioli, gli chef, italiani e non, che utilizzano l'acqua di mare (tra i primi a utilizzarla nella gastronomia moderna è stato FerranAdrià). Non solo, trovate anche le proprietà, i modi migliori per utilizzarla a casa, i principali produttori e una ricetta by Felice Lo Basso, chef di Felix Lo Basso Restaurant a Milano.
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