Tra mille difficoltà e un ecosistema davvero poco amichevole verso il business innovativo, in Italia non si danno per vinte le startup che si occupano del domani del cibo. Nel numero di luglio del mensile del Gambero Rosso abbiamo analizzato la situazione attuale e passato in rassegna tutti i luoghi dove le aziende più all’avanguardia vengono accelerate e incubate. Qui un'anticipazione.
L’uso delle tecnologie applicate al cibo risale alla notte dei tempi, pensiamo all'inscatolamento di Nicolas Appert o alla pastorizzazione di Louis Pasteur. Ma a che punto sta la food technology oggi? Quali sono le realtà più innovative? Su quali ambiti si concentrano ricerca e investimenti? E c'è un reale interesse da parte delle aziende avviate di investire sul comparto del food tech e sulle startup? Abbiamo tentato un’indagine tra le startup italiane ad alto tasso tecnologico e creativo per capire in quali settori si stanno muovendo e quali sono le prospettive dell’immediato futuro. Ne è emerso un quadro interessante: prima la tecnologia applicata al food era volta a sviluppare nuove modalità di lavorazione, conservazione, confezionamento o immagazzinamento di prodotti alimentari affinché non si alterassero; oggi l'obiettivo “sicurezza” assume un significato più orientato alle prospettive FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura), quindi indirizzato a soddisfare il fabbisogno energetico di tutti. Un obiettivo, che oggi è diventato business, condiviso da molte start up italiane.
Obbiettivo sostenibilità
La maggior parte delle innovazioni tecnologiche stanno percorrendo la rotta della sostenibilità anche perché, per dirla con le parole di Matthieu Vermersch (Founder & Managing Partner di VisVires New Protein), “l'insostenibilità non è più business”. Un dato di fatto che si evince dalla grande quantità di realtà, tra startup e aziende avviate, sensibili a questa tematica. Tra le nuove tecnologie c'è, infatti, chi si occupa di agricoltura di precisione, chi punta sui nuovi metodi di coltivazione (ad esempio l'idroponica), chi cerca di sostituire le proteine animali oppure chi riduce gli sprechi, sia a monte, quindi in campo, sia a valle, sensibilizzando i consumatori oppure trovando soluzioni facilmente applicabili e convenienti per i consumatori stessi. Un oceano virtuoso nel quale abbiamo cercato di individuare delle macrocategorie, focalizzandoci in questa ricerca esclusivamente su giovani realtà italiane.
Il futuro? L'agricoltura di precisione
Quali saranno le tecnologie del futuro? “Prima bisogna fare una precisazione: siamo all'inizio di questo processo di innovazione”. A parlare è Marco Gualtieri, Presidente e ideatore di Seeds&Chips, il summit internazionale dedicato alle aziende e startup digitali che innovano nella filiera dell'agroalimentare e nell'universo dell'enogastronomia. “Una volta appurato questo, credo che il settore che più velocemente si espanderà sia rappresentato dall'agricoltura di precisione, della quale, oggi, sfruttiamo solo una piccolissima parte dell'enorme potenzialità”. A detta di Gualtieri l'agricoltura di precisione crescerà almeno di due cifre nei prossimi anni e “chi si sta applicando, già ne coglie i benefici in termini economici”. A conferma di ciò, il fatto che un colosso come Telecom Italia si stia muovendo in questa direzione: “TIM opera da sempre nel campo della comunicazione, ma oggi più che mai si sta posizionando sui servizi digitali e l'Internet of Things”. A dirlo, Cristiano Alborè (Direzione Business & Top Clients di TIM), secondo il quale la smart agriculture rappresenta uno degli scenari dello IoT con maggiore potenziale in termini di reddito, non solo: “Con il 5G l’ecosistema dell’agrifood riuscirà a ridurre i costi di produzione e l’impatto sull’ambiente, garantendo ai consumatori un prodotto sicuro e di qualità”. Una tecnologia in fase di attualizzazione, in accordo con le richieste dei consumatori e le esigenze del pianeta: “La rilevanza socio-economica di questo settore è da ricercarsi anche nel fatto che il modello agroalimentare industriale degli ultimi cinquant’anni ha determinato lo sfruttamento indiscriminato e il deterioramento delle risorse naturali considerate erroneamente illimitate e inesauribili. I costi pagati, in termini ambientali e sociali, a causa dell’agricoltura intensiva sono stati enormi, soprattutto sotto l’aspetto dell’inquinamento, della perdita di biodiversità e della riduzione della fertilità dei suoli. Dunque, la sfida per il futuro del settore alimentare, tenuto conto anche della crescita prevista per la popolazione mondiale, si gioca proprio in questo campo”.
Lo ribadisce anche l'ideatore di Seeds&Chips: “Negli ultimi anni ci siamo trovati di fronte ad una serie di campanelli di allarme, penso al batterio della Xylella o alla falena che sta distruggendo intere colture di mais in Africa, e credo che l'unica soluzione sia data dall'agricoltura di precisione, un settore che fino a poco tempo fa nemmeno esisteva”. Ma che cos'è esattamente?
Cos'è l'agricoltura di precisione
Le nuove soluzioni tecnologiche in campo sono numerose e affrontano svariati temi, dalla produttività al controllo dei fitofarmaci, dalla sicurezza nel processo produttivo alla sostenibilità. Qualche esempio: per aumentare la produttività esistono tecnologie specializzate nel raccogliere dati sul suolo e sugli aspetti meteorologici (umidità dell’aria, temperatura, intensità dei raggi solari) funzionali a fare previsioni sui raccolti e ottimizzare i piani di semina, individuando sia le aree a maggiore produttività, sia le migliori coltivazioni da produrre. Per ridurre l'impatto ambientale esistono invece sensori e telecamere che sono in grado di individuare eventuali attacchi da parte di parassiti. Così l'agricoltore userà esclusivamente i pesticidi strettamente necessari e solo lì dove serve, riducendo i costi e l’impatto ambientale. In tal senso agricoltura di precisione significa applicare il trattamento giusto, nel luogo giusto, al momento giusto, nella quantità giusta. È un nuovo modello agricolo sostenibile basato su una gestione intelligente e sulle effettive necessità delle piante presenti in un campo. Un bel passo in avanti, che però non sempre viene colto dagli agricoltori. “Il vitivinicolo e l’oleario rimangono i principali settori in cui si sperimentano tali soluzioni, a cui si affiancano applicazioni in ambito ortofrutticolo e di agricoltura controllata in serra. In ogni caso – spiega Alborè – il cliente medio non vuole parlare di tecnologia, di hardware, di piattaforme e di algoritmi, ma chiede una soluzione semplice da installare e gestire e che gli dia i benefici attesi”. Ecco perché le soluzioni devono essere immediate, facili da usare e fruibili tramite un’interfaccia web. IoT Smart Farm di Olivetti-TIM è solo un esempio, ma la sfida è stata colta da moltissime start up come eVja (specializzata nell'irrigazione e nella potatura), 3Bee che interpreta i bisogni delle api attraverso particolari sensori posti all’interno dell’alveare o Elaisian, orientato alla salvaguardia degli ulivi. Tre realtà italianissime su cui puntare secondo Peter Kruger, CEO dell'acceleratore Startupbootcamp FoodTech parte di una ramificata rete internazionale e nato a Roma nel 2016.
Le startup anti spreco e la logica del win win
Sempre Kruger ci ha indicato un'altra realtà che gli sta a cuore, è MyFoody, una start up milanese che si batte contro gli sprechi partendo da un semplice assunto: quasi tutti i consumatori quando entrano in un supermercato preferiscono i prodotti con la data di scadenza più lontana, ma così non succede quando acquistano biglietti aerei o prenotano un albergo. Perché? Perché in questi due casi il prezzo cambia. Allora i ragazzi di MyFoody monitorano tutte le date di scadenza e sulla base di queste calibrano il prezzo, garantendo così una migliore gestione delle eccedenze a rischio spreco. Se questo meccanismo venisse applicato sempre ci sarebbe una riduzione degli sprechi: una soluzione sostenibile anche economicamente perché la riduzione degli sprechi implica un aumento dei profitti (le imprese aumentano i propri ricavi vendendo merce che altrimenti verrebbe sprecata). È la logica del win win. E l'approccio è quello dellablu economy, secondo cui ciò che solitamente viene sprecato può invece creare valore se rimesso in circolo. Un altro esempio? Tutte quelle start up che stanno lavorando sugli scarti della filiera agroalimentare. In alcuni casi per produrre nutrienti (estraendo, ad esempio dalle bucce, vitamine, zuccheri, fibre), “moltissime realtà si stanno proprio muovendo nell'ambito della nutraceutica”, spiega Marco Gualtieri. In altri producendo dei packaging particolari. “Un altro tema di fondamentale importanza per il futuro è la questione del packaging: la parola chiave è less is more”. Ma c'è di più: “alcune start up stanno studiando dei rivestimenti sostenibili, e dunque biodegradabili, che attraverso dei particolari polimeri sono anche in grado di allungare la conservazione degli alimenti. È il packaging intelligente”. Una soluzione che trasforma gli scarti in valore, aumenta la shelf life del cibo, riducendo così gli sprechi, e affronta il problema (enorme) dell'inquinamento creato dalla plastica: così “vincono” tutti.
Nel numero di luglio del mensile del Gambero Rosso continua la nostra indagine tra le startup italiane ad alto tasso tecnologico e creativo.
a cura di Annalisa Zordan
disegni di Marcello Crescenzi
QUESTO È NULLA...
Nel numero di luglio del Gambero Rosso, un'edizione rinnovata in questi giorni in edicola, trovate l'indagine completa con tutte le startup che si occupano di colture innovative (come l'idroponica) e di clean meat, ovvero carne pulita fatta in laboratorio ma identica per valori nutrizionali a quella naturale. Un servizio di 9 pagine che include anche un glossarietto per orientarsi al meglio in questo settore, il punto di vista di Sonia Massari circa le realtà che si occupano di consegna a domicilio, gli acceleratori e incubatori più importanti e le 12 startup italiane da tenere sottocchio.
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