Quanta CO2 si può risparmiare usando una bottiglia per il vino alleggerita? Abbiamo fatto qualche calcolo e abbiamo scoperto che sostenibilità economica e ambientale spesso coincidono. Ma non sempre il mercato premia questa scelta ...
Quanto “pesa il peso” di una bottiglia di vino sull'ambiente? Il calcolo è presto fatto. Per ogni chilogrammo di vetro prodotto, il consumo energetico calcolato è compreso tra 12 e 15 mj (mega joule), equivalenti ad un emissione di circa 2,7 chilogrammi di CO2. Quindi, ogni kg di vetro vale 2,7 kg di CO2 (dati BanfiVines). Non sembrerà strano, quindi, che sempre più cantine stiano optando per l'utilizzo di vetro più leggero, che consente di ridurre l'impiego di materie prime, le emissioni di ossidi d'azoto e anidrite solforosa e i costi legati ai trasporti.
Una tendenza iniziata già da qualche anno, come rileva Cantini Vetro Srl, che da oltre 60 anni lavora nel settore e rifornisce di bottiglie 1500 cantine in tutta Italia: “Sostanzialmente la tipologia di bottiglia che va per la maggiore è quella da 410 g (per 75 cl), in un intervallo di scelta compreso tra 1,2 Kg e 360 grammi” dice al Gambero Rosso il titolare Pietro Cantini “Lavorando da sempre a stretto contatto con le aziende, possiamo affermare che l'alleggerimento è un trend che si è affermato soprattutto negli ultimi cinque anni, insieme al boom delle cantine eco-friendly”.
La sostenibilità economica
Ma ad onor del vero, va detto, che non è solo una questione ambientale: ad incidere c'è anche il costo finale che, va da sé, varia in base al peso. "Da una parte c'è il concetto ecologico" conferma Cantini "dall'altro quello non meno importante del portafoglio. Si consideri che il prezzo di una bottiglia in media va da 13 centesimi fino a un euro per i formati più pesanti. Pensiamo a un grosso imbottigliatore che, invece, di 14-15 centesimi a bottiglia, ne paga 13. Sembrerebbe un piccolo risparmio, ma moltiplicato per un milione di bottiglie fa 10 mila euro in meno. Che non sono pochi. E la stessa cosa, con margini più ridotti, vale per le cantine. Dal latro vetreria, poi, si abbattono notevolmente i costi di produzione. Basti considerare che, su una bottiglia con dimensione standard da 0,75 cl, abbassando del 10% il peso, con lo stesso consumo di energia, si guadagna una bottiglia in più ogni 8”. Seguendo questa tendenza, Cantini – senza rinunciare alle bottiglie pesanti – ha incrementato questo segmento: oggi le bottiglie alleggerite rappresentano quasi il 70% delle sue vendite.
L'esempio Banfi Vines
Ha fatto i suoi conti anche Banfi Vines, che può essere considerato un precursore di questo cammino, intrapreso nel 2008, quando ha iniziato a sostituire le bottiglie da 570 grammi con quelle da 400, arrivando oggi a “convertire” circa il 75% dell'imbottigliato. Una scelta che, oltre a far risparmiare circa 200 grammi di materie prime vergini a bottiglia ed emissioni di CO2, ha anche un risvolto economico non indifferente: “Gli incentivi pubblici mirati all'uso di fonti rinnovabili vengono compensati mediamente a 0,1 euro per mega joule e ciò corrisponderebbe a 0,255 euro a bottiglia, ovvero 255 mila euro per un milione di bottiglie”.
L'industria del vetro si adatta
Dal canto suo, anche Assovetro (l'Associazione Nazionale degli Industriali del Vetro) non può non assecondare questa richiesta:"L'industria del vetro” ha spiegato il presidente della sezione contenitori in vetro di Assovetro, Marco Ravasi “sta lavorando ad alleggerire i contenitori, a parità di resistenza, per ridurre i consumi energetici e le emissioni ambientali". L'aumento dei costi energetici è, infatti, uno dei tasselli che incide maggiormente sui conti economici dell'industria del vetro, che oggi vale 1,5 miliardi di euro. A cui si aggiunge la mancanza di materia prima che, secondo la stessa Assovetro, potrebbe portare a breve termine a un aumento dei prezzi. Insomma, tutte le strade portano nella stessa direzione: leggero conviene. Ma cosa ne pensano i mercati?
La risposta dei mercati
Sul fronte consumi ed export, vale la regola di “mercato che vai, usanze che trovi”. Ci sono Paesi dove il peso conta ancora tanto, altri dove l'uso di bottiglie poco pesanti non solo è un valore aggiunto, ma in alcun casi è addirittura una condicio sine qua non. “È il caso di quei Paesi particolarmente attenti all'ambiente” ci spiegano da Banfi “come la Svezia con il monopolio Systembolagetoil Canada con la SAQ (il monopolio del Quebec; ndr). In particolare, si pensi che nell'Ontario le bottiglie dei vini sotto i 15 dollari devono obbligatoriamente pesare meno di 420 g. E in futuro questa regola sarà applicato anche a vini di valore superiore”.
Spostandoci dall'altra parte del mondo, però, le cose possono radicalmente cambiare e spesso è ancora l'abito a fare il monaco, come ricorda l'azienda Cantini: “Nei Paesi asiatici, ad esempio, spesso il vino è considerato di alto livello in base al peso della sua bottiglia, per cui molte cantine-clienti nella loro scelta tengono conto anche di questo”.
Lo conferma anche Michele Manelli di Cantina Salcheto (la prima cantina vinicola italiana completamente off grid), che rivela come “nei Paesi emergenti, Cina in testa, la prima cosa che il cliente fa, prima di acquistare una bottiglia, è soppesarla. Ma per fortuna” aggiunge “in tanti anni di esperienza, posso dire che le cose cambiano velocemente”.
Pesante è più bello?
E in Italia a che punto siamo? “Dipende” continua Cantini “Di solito si tende ad usare le bottiglie più leggere per vini bianchi o comunque non da invecchiamento. Per le grandi riserve si continuano, invece, a scegliere bottiglie più pesanti. E c'è anche un motivo estetico: con il vetro leggero si possono ottenere sole delle forme lineari, compreso il fondo della bottiglia che tende ad essere piatto. Chi, invece, vuole personalizzare la bottiglia e avere la picura, allora opta per soluzioni più pesanti e, quindi più, costose”.
Manelli ci tiene, però, a precisare che non necessariamente per essere ecologici bisogna fare delle rinunce: “Porto il mio esempio: Salcheto propone un packaging ecologico ma, credo, altrettanto bello. Rimango, dunque, fermamente convinto, così come dimostrano i tanti studi di marketing al riguardo, che il lato etico-sociale non deve essere un trade-off con la competitività più classica del prodotto, bensì un valore aggiunto. Grazie alle moderne tecnologie, il minor peso non è assolutamente un handicap nel permettere alla bottiglia di reggere lunghi affinamenti, sia in quanto il vetro è 'scuro' a sufficienza, sia in particolare per la resistenza, anche se sovrapposto”.
Per Banfi Vines, enologicamente non ci evidenzierebbero dislivelli evidenti tra una bottiglia leggera e una pesante: “L'unica differenza che possiamo riscontrare è quella della resistenza, tenendo conto della fase di affinamento è soggetta a numerosi spostamenti e maneggiamenti. Ma non condividiamo la filosofia per cui leggerezza sia sinonimo di vini poco prestigiosi, freschi e di pronta beva. Tant'è che tendiamo a usare bottiglie più leggere anche per i vini a lungo invecchiamento”.
Il punto di vista dell'agronomo
Non si discosta dal ragionamento Banfi e Salcheto, il parere dell'agronomo Marco Tonni, che insieme a Sata-Studio agronomico si occupa da anni di sostenibilità e calcolo dell'impronta carbonica. “Purtroppo quello della bottiglia alleggerita è un tema che difficilmente viene messo in primo piano” dice Tonni a Tre Bicchieri “ma più per motivi estetici che qualitativi. Ormai, infatti, si tratta di bottiglie ben testate che garantiscono la stessa sicurezza di quelle pesanti.Non vedo controindicazione particolari, né per i vini da invecchiamento né per le bollicine, sebbene queste esercitino una pressione maggiore sulla bottiglia”. Tant'è che Tonni ha seguito in prima persona il progetto di sostenibilità del Consorzio della Franciacorta, dove molte aziende hanno deciso di optare per soluzioni più leggere. “D'altronde” ricorda l'agronomo “l'impatto ambientale del packaging è quello con le percentuali più alte: dal 40% al 69% delle emissioni prodotte dalle cantine, con almeno la metà legate al vetro”.
Ma se è così alto il suo impatto - ambientale ed economico - come mai se ne parla ancora così poco? “È tutta una questione di marketing, mode e peso del consumatore nelle scelte aziendali” conclude Tonni “ci vorrebbe un'altra campagna mediatica simile a quella dell'olio di palma, per spingere sempre più cantine a cambiare rotta. Il ragionamento è semplice: una bottiglia più spessa e imponetene si presenta indubbiamente meglio sullo scaffale agli occhi di chi deve acquistarla. Se, quindi, i grandi nomi possono permettersi di puntare più sul nome che sul packaging, le piccole e meno conosciute cercano di esaltare il prodotto come possono. A partire dal peso”. È il mercato, bellezza.
Lo standard Equalitas
L'importanza ambientale dell'argomento vetro, non poteva non coinvolgere chi si occupa in modo diretto di sostenibilità. Com'è il caso di Equalitas, il cui standard SOPD fa riferimento alle cosiddette bottiglie alleggerite pur tenendo conto degli svariati obiettivi enologici possibili, come spiega il direttore Stefano Stefanucci: “Nel protocollo del progetto a guida Federdoc non si fissa dunque un limite numerico uguale per tutti, ma si richiede ai manager della cantina di porsi il problema del peso, contestualizzandolo nel più ampio equilibrio tra le garanzie di qualità e sicurezza del prodotto e la necessità di limitare l’impatto in termini di risorse”.
Il requisito 5.3.2.1 (M) recita, infatti: “L’organizzazione definisce i criteri con cui effettua la scelta dell’utilizzo/riutilizzo della tipologia di packaging considerando la capacità di preservare nel tempo le caratteristiche qualitative del prodotto anche in funzione della sua destinazione d’uso e modalità di vendita”.
“A chi aderisce” continua Stefanucci “viene, quindi, chiesto di descrivere le motivazioni alla base delle scelte della tipologia di packaging non solo da un punto di vista tecnologico e di prestazione, ma anche di nuovi criteri quali richieste commerciali di alcuni clienti o preferenze di consumatori in alcuni paesi di destinazione o modalità di uso del left over, o per scelte di marketing strategico. In pratica, si tratta di “spiegare” il motivo dell’uso del packaging, perché se non sufficientemente motivato potrebbe essere sostituito in funzione di criteri di sostenibilità più impattanti. Con cadenza almeno annuale, l'organizzazione verifica le scelte dell’utilizzo/riutilizzo della tipologia di packaging, per individuare quelli che minimizzano i consumi”.
a cura di Loredana Sottile
Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 14 giugno
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