Passaggio di turno con l’amaro in bocca per l’Italia, ripescata dalla dodicesima posizione grazie alla wild card per la nazione ospite. E invece all’Oval di Torino trionfano i Paesi Scandinavi: sul podio Norvegia, Svezia e Danimarca. Prossima tappa la finalissima di Lione 2019.
Il podio dei Paesi Scandinavi
Come sarebbe andata a finire lo si poteva intuire fin dal mattino, entrando nell’arena dell’Oval. Tifo se possibile ancora più duro del primo giorno, e i più agguerriti i Paesi Scandinavi, con i supporter della Finlandia che avevano in faccia una maschera dalle fattezze del proprio candidato Ismo Sipelainen, con tanto di baffetti all’insù (stessa foggia di quelli di Crippa, deve essere la nouvelle vague degli chef baffuti), i danesi che sparavano bandierine di carta a mo’ di coriandoli, svedesi e norvegesi urlanti e sventolanti le rispettive bandiere nazionali. Noi meno, meno di noi solo i turchi (che però avevano belle magliette di squadra con la scritta Keep calm and cook).
Dieci ore dopo o quasi, il podio del Bocuse d’Or Europa 2018 decretava l’oro per la Norvegia, l’argento per la Svezia, il bronzo per la Danimarca, seguite a ruota dalla Finlandia.
Lo stellone italiano si chiama wild card
L’Italia a Lione ci andrà, sì, ma grazie alla wild card concessa a una squadra che non avrebbe raggiunto il punteggio (siamo finiti dodicesimi dopo la Spagna, prima grande esclusa, e molto prima di noi c’erano Islanda, Ungheria, Svizzera…).
D’accordo, Curtis Mulpas, della squadra del nostro Martino Ruggieri si è aggiudicato il (meritatissimo) premio per il Miglior comis, ma il premio per il miglior piatto lo ha vinto la Francia e quello per il miglior vassoio la Finlandia.
Insomma bene ma non benissimo, tanto che Ruggieri era livido, e i sostenitori arrivati dalla Puglia che avevano scandito inni alla vittoria ammutoliti.
Che cosa non ha funzionato? Forse un vassoio un po’ audace come concezione, per quanto all’insegna della sostenibilità e del no allo spreco? Forse lo spirito di un piatto creato per rappresentare l’Italia “in difficoltà in questo periodo” (uguale tirarsela)? Se ne riparlerà a bocce ferme. Enrico Crippa fin dal mattino tamburellava nervoso sul bancone della cucina italiana, pulendo e ripulendo il piano con un tovagliolo (“sono teso come una corda di violino”), Ruggieri eseguiva gesti con rapidità e precisione e sembrava molto compreso dal ruolo.
La travolgente onda del Nord
La verità è che l’onda del Nord ha ancora un passo in più. Non avendo potuto assaggiare nulla, giudichiamo da immagini e parole. E certo i Danesi, per fare un esempio, con il geniale escamotage dello chef Kenneth Toft-Hansen che lo spaghetto n.7, obbligatorio, l’ha essiccato e grattuggiato su un asparago - aggirando l’ostacolo di una cottura che poteva non essere perfetta e riportando il tutto alla cultura del suo territorio - hanno creato un piatto verde e fiorito che era quasi un viaggio in un bosco danese e pareva uscito da un racconto di Karen Blixen.
E gli ingredienti tutti nostrani – Castelmagno, Fassona…- alla fine li hanno saputi utilizzare meglio gli chef del Nord. Almeno secondo la giuria, tutta al maschile, tra l’altro (ma questa è un’altra lunga storia).
Curiosità a margine
Note di colore a margine: giù i tatuaggi (pochi gli chef che li esibivano), su le scarpe ginniche (e Marco Sacco ha osato persino degli zoccoli relax). Bravi i ragazzi e la ragazze del Giolitti, scuola alberghiera, che hanno servito i piatti alla giuria con impegno e professionalità. Bello l’omaggio a Bocuse in un filmato ricordo che ha commosso il figlio Jérome. Che oggi compiva gli anni (49), ma ha dichiarato che non era la sua festa, piuttosto quella del cibo di qualità.
Resta un po’ di amarezza, certo l’Italia si aspettava di più. A gennaio 2019 intanto si va a Lione, speriamo nel miracolo italiano.
a cura di Rosalba Graglia
(in apertura il vassoio dell'Italia)