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Il lusso sostenibile di Simone Zanoni a Le George. Uno chef italiano a Parigi per ripensare la cucina di un grande hotel

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Dal 2016 Simone Zanoni, da Salò, è alla guida del ristorante mediterraneo del Four Seasons di Parigi. Da un anno lavora a un progetto che fa leva sulla sostenibilità ambientale e la lotta allo spreco per ripensare la cucina di un hotel blasonato. Tra orti cittadini, compostaggio e sensibilizzazione degli ospiti. 

Nella cucina di un grande hotel

Le cucine degli alberghi di lusso, in tutto il mondo, si portano dietro una cattiva etichetta: 'quanto cibo sprecheranno per garantire gli standard della struttura?' si chiedono in tanti. Una riflessione che in parte è giustificata: arriviamo a generare anche 100 chili di scarto alimentare ogni giorno, per 100-150 coperti! Da noi il pane in tavola deve essere sempre fresco, la frutta perfetta, le imperfezioni sono bandite”. Va dritto al punto, Simone Zanoni, raccontando quello che negli ultimi mesi è stato il suo pensiero costante. Lui, stimato chef italiano alla guida di una delle più prestigiose insegne di Parigi, dal 2016 ha incrociato il suo destino con quello de Le George, il ristorante improntato alla cucina mediterranea (e italiana) del Four Seasons Hotel George V, che alla voce offerta gastronomica può vantare pure la cucina del tristellato Le Cinq, condotto da Christian Le Squer.

Su Simone Zanoni - nato a Salò, con un passato blasonato in molti ristoranti londinesi, e poi alla guida dell'insegna di Gordon Ramsay al Trianon Palace di Versailles – invece, dal 2017 brilla una stella Michelin, arrivata a premiare una cucina che privilegia la materia prima e coinvolge gli ospiti con i profumi di una proposta moderna aperta alle influenze del Mediterraneo e dell'Italia. Da qualche tempo, però, l'impegno più pressante - con il fondamentale appoggio della struttura alle spalle – è stato quello di concretizzare una strategia che rivoluzioni il lavoro in cucina sulla base della sostenibilità, con particolare attenzione a ridurre gli sprechi: “Siamo liberi di scegliere come agire, ma come cuochi abbiamo anche una missione concreta, che ci impedisce di chiudere gli occhi davanti a un'abitudine così consolidata come lo spreco di cibo”.

Il Domaine di Madame Elisabeth

La strada intrapresa da Simone (mentre in parallelo Le Squer ha abbracciato un progetto legato alla tutela degli oceani e della fauna ittica) è legata a doppio filo con l'opportunità di disporre di 8 ettari di terreno a Versailles: anticamente di proprietà della principessa Elisabetta – sorella minore di Luigi XVI, di cui il nome Domaine di Madame Elisabeth conserva la memoria – oggi l'appezzamento agricolo appartiene al Dipartimento di Yvelines, aperto al pubblico dal 2016 e coltivato in collaborazione con l'equipe messa a disposizione dal Comune. Lo scopo ultimo è quello di dare origine a un circuito virtuoso per la produzione di ortaggi e verdure locali, stimolando al contempo l'occupazione e il reinserimento sociale (sono 20 le persone al lavoro nelle cosiddette Brigades Vertes, progetto comunale per il reintegro sociale, mentre parte del terreno è a disposizione per i senzatetto tutelati dall'associazione Colibri) e destinando gli scarti di lavorazione e gli avanzi del ristorante al compostaggio per fertilizzare i terreni dell'orto. “Il Four Seasons di Parigi ha conquistato la fama diventando il primo “Palace” della città a sommare 5 stelle Michelin (al computo bisogna aggiungere il macaron conquistato dall'Orangerie, terza insegna dell'hotel, ndr); è importante che prosegua sulla strada dell'eccellenza orientando le scelte della ristorazione verso un futuro improntato alla responsabilità ambientale”. Per questo, oggi, con orgoglio, anche Simone si fa ambasciatore dello slogan “palace engagé” (palazzo impegnato), che già da qualche mese orienta il suo approccio alla cucina: “Non volevo assolutamente derogare alla qualità della nostra proposta, ma sentivo la necessità di cambiare qualcosa. Nella prima fase di sperimentazione con l'orto di Versailles abbiamo avuto risposte molto incoraggianti: lavoriamo 100% organico, e nonostante il clima non sia dei migliori stimiamo di riuscire a produrre circa 2mila chili di verdure all'anno, tra carote, pomodori, zucchine, patate. Il 30-40% di questa produzione sarà destinato al ristorante, dove ci impegniamo a proporre solo verdure stagionali”.

Limoni e basilico a Parigi

A Versailles, Simone potrà disporre anche di una serra fredda di 200 metri quadri dove ha fatto piantare i limoni del lago di Garda, i sapori dell'infanzia che tornano prepotenti: “Servono anche per la nostra produzione di miele al limone, possiamo disporre di circa 16 arnie dislocate nel parco”. Mentre nella serra riscaldata si coltivano erbe aromatiche, menta (co-protagonista, insieme ai limoni, di un piatto signature del Le George, i Tortelli menta e limone) e basilico, che da qualche settimana arriva anche sui tavoli del ristorante: “Regaliamo agli ospiti un vasetto di terracotta con terriccio ricavato dal nostro compost e qualche seme di basilico da far crescere in casa. È un'idea carina per sensibilizzare i clienti, condividere il nostro impegno”.

 

Il riuso degli scarti. Il compostaggio

Il processo di compostaggio (“fondamentale per chiudere il cerchio, e abbracciare finalmente una politica efficiente sugli scarti alimentari”), infatti, riveste un ruolo fondamentale nel progetto: “Collaboriamo con l'associazione Les Alchimistes, fondata da Fabien Kenzo Kato e Alexandre Guilluy per trasformare i rifiuti in risorsa. Il loro merito è quello di aver perfezionato una formula chimica per accelerare il processo di compostaggio ed evitare l'incenerimento degli scarti attraverso un sistema elettromeccanico, che non impoverisce il compost in termini di azoto, fosforo e potassio”. In parole semplici, gli scarti trattati secondo il metodo Les Alchimistes richiedono solo un paio di mesi (anziché 6-7) per restituire un compost naturale, di alta qualità, molto nutriente e 100% made in Parigi. Che Le George ora contribuisce a produrre, per poi beneficiarne direttamente nell'orto. E in cucina.

 

Tutti nell'orto

Del resto, ricorda oggi Simone, il suo primo rapporto con il cibo è legato proprio alla fattoria di famiglia e al consumo dei prodotti di stagione: “Mangiavamo le nostre uova, i salumi prodotti in casa con i maiali di proprietà, le verdure dell'orto. Sono cresciuto con l'idea che la semplicità sia un valore da proteggere. E sono convinto che si possa parlare di buone pratiche anche da un palcoscenico così blasonato... Anzi, ne abbiamo il dovere!”. Agli orti di Versailles tutto procede secondo procedure ben più tecnologiche, sotto la guida dell'agronomo Mickael Duval: si selezionano i semi più resistenti e le varietà strategiche per la cucina del ristorante - “la sperimentazione è iniziata nella primavera 2017, oggi abbiamo diverse varietà di pomodoro, melanzane, fagiolini, zucche, barbabietole, pesche, fragole... E tutte gustosissime” - si riutilizzano perfino i fondi del caffè del ristorante per produrre una varietà di menta firmata Le George al sentore di caffè. E anche lo staff del ristorante partecipa alle attività: “Siamo nei campi almeno 2 o 3 volte alla settimana: mi è capitato di avere giovani cuochi in squadra che non avevano mai visto una zucchina nell'orto. Dobbiamo formarci noi, prima di pensare a educare i clienti”. Non a caso, il prossimo step sarà quello di mettere a disposizione dei clienti una macchina elettrica per visitare gli orti insieme allo chef: “Un servizio esclusivo come ci si aspetta dal gruppo Four Seasons, ma legato alle tematiche che ci stanno a cuore”.

 

Lusso sostenibile. É possibile?

E continua, con un entusiasmo genuino, Simone: “Non invento nulla, molti prima di me hanno intrapreso questa strada. Basti pensare ai grandi esempi di Alain Passard o Alain Ducasse, ma anche a Thomas Keller, che 15 anni fa già produceva da solo il 98% delle verdure per il suo ristorante. Sono passati più di 10 anni da quando mi spiegava la sua idea, oggi a 41 anni anch'io voglio dare il buon esempio”. E l'idea passa anche in menu: “Propongo un carpaccio di tonno consono alla nostra offerta? Con gli scarti ci faccio un arancino di tonno, ugualmente gustoso. Se ho del cervo, con le ossa faccio la salsa, con il grasso produco il lardo. Devo utilizzare il 95% del prodotto, è anche un discorso di sostenibilità economica: i piccoli ristoranti sono già obbligati a farlo, il ristorante di un grande albergo, invece, non è pensato per fare profitto, ma solo per fornire un servizio di livello al cliente e tenere alta l'immagine dell'hotel all'esterno. Non siamo pagati per portare guadagno, ma per regalare un bel momento al cliente. Però chi l'ha detto che non possiamo cominciare a ragionare in modo diverso? Io ci credo, possiamo dare l'esempio”.

 

Le George - Four Seasons Hotel - Parigi - avenue George V, 31 - www.legeorge.com 

 

a cura di Livia Montagnoli

 


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