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Russia verso l'autarchia vitivinicola?

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Dopo il vino, adesso al centro del dibattito finiscono anche mosti e sfusi importati. Il ministro dell'Agricoltura Tkachev ne critica l'utilizzo e nel giro di qualche mese potrebbero essere alzati i dazi o addirittura potrebbe scattare il divieto. Un ulteriore passo verso l'autarchia. Ma i produttori non ci stanno.

I mosti di importazione

Tutto è iniziato con la recente dichiarazione del Ministro dell’agricoltura Aleksandr Tkachev, secondo cui i produttori russi saranno in grado di annullare le importazioni di vino e cioccolatini in 2-5 anni. L’affermazione, inizialmente, è passata abbastanza inosservata, poiché ai più è sembrata una boutade politica, nonostante sulla cioccolata ci fossero già stati rumors riguardo al possibile inserimento nel decreto di proroga delle controsanzioni. Ma a scatenare le rimostranze dei produttori vinicoli russi è stata una successiva affermazione: in una intervista del 23 agosto, il solito Ministro Tkachev, ha criticato aspramente l’utilizzo dei vinomateriala (con questa dizione tecnica si indicano vini sfusi con gradazione da 9 a 20, mosti fermentati e semifermentati. In pratica prodotti base per assemblare vini in loco) importati per la produzione dei vini russi. Due le alternative indicate dal Ministro: o aumentare i dazi doganali, per far sì che l’importazione diventi svantaggiosa, oppure vietare completamente l’importazione dei mosti. “Imbottigliare vino con marchio russo, prodotto con mosto d’importazione non è ammissibile!”, ha detto.

 

Le possibili conseguenze del divieto

Immediata la replica di Pavel Titov, amministratore delegato della Abrau-Durso, una delle più grandi e storiche winery russe. Quest'ultimo, in un’intervista alla radio “Notiziario russo” ha affermato che un eventuale divieto di utilizzo dei mosti d’importazione per l’industria vinicola russa potrebbe portare, non solo all’apparizione di prodotti falsificati sul mercato, ma anche alla sparizione dei 70% dei vini naturali. “I viticoltori russi non sono in grado di produrre abbastanza uva per soddisfare le esigenze del mercato interno” e continua “storicamente la viticultura in Russia soffre di gravi problemi, non solo legati al clima. Richiede investimenti molto alti per un imprenditore. Tant’è che le aziende dove la viticoltura è il settore principale, sono sempre finanziate dallo Stato. Ad esempio l’azienda Abrau-Durso impianta propri vigneti fino a 100 ettari all’anno, ma non basteranno 10 anni per coprire il 100% dei fabbisogni”. Non ultimo, annota Titov, l’uva russa costa sempre di più di quella importata, come conseguenza della crisi del rublo.

Non mancherebbero, poi, altri risvolti, non meno gravi: “Se non ci saranno alternative” dice“c’è il pericolo dell’emergere del mercato nero. Già ora vediamo tanto vino falsificato sugli scaffali, fino al 40% del totale del vino offerto in vendita. E la percentuale continuerà a crescere, perché il vino proveniente dai Paesi dell’ex Urss sarà diluito affinché basti per coprire la domanda. E la qualità sarà sempre peggiore”. È questo, infatti, il maggiore problema per arrivare all'autosufficienza vitivinicola. Insomma, “I produttori di vini russi appoggiano l’iniziativa del Ministro” conclude il numero uno di Abrau Durso“ma proibire adesso l’importazione dei mosti non è possibile, perché il vino russo, in sostanza, non c’è: con la nostra uva non riusciamo nemmeno a soddisfare il 10% della richiesta del mercato! ”.

 

La replica dell'Unione di viticoltori russi

L’Unione di viticoltori russi, da parte sua, è conscia di non essere in grado di soddisfare i fabbisogni del mercato russo con la propria produzione, ed è altresì contraria al brusco divieto di importazione dei mosti. Il presidente dell’Unione dei viticoltori, Leonid Popovich, in una dichiarazione rilasciata all’agenzia Tass ha dato una visione che fa i conti con quella che è la realtà numerica: “Bisogna stimolare lo sviluppo del settore prima di cercare di sostituire il mosto importato con quello russo”.

 

Il mercato dello sfuso: i numeri e le aree interessate

Ma quanto vale il mercato dello sfuso e quali Paesi sarebbe i più colpiti da un eventuale divieto? Secondo le statistiche forniteci da Ice-Mosca, e riferite ai dati di importazione delle Dogane russe, un eventuale blocco nelle importazioni dei mosti, colpirebbe soprattutto la Spagna, che fornisce il 75% dell’importato, contro il 25% dell’Italia (anno 2014). Stesso discorso per i vini sfusi, che nel periodo gennaio/maggio del corrente anno, hanno visto importazioni dall’Italia pari a 3,87% del mercato, mentre la Spagna, da sola, ha coperto il 27,71% del mercato. In ogni caso, in un avvio d'anno che per il Belpaese ha visto un calo significativo degli imbottigliati (-42% in volume), lo sfuso è il settore che è andato meglio: secondo i dati di Unione Italiana Vini, nel primo trimestre 2015 sarebbero stati 302 mila i litri esportati.

 

Le nuove limitazioni sulle vendite di alcoolici

Ma i guai per il vino non sono finiti. Come già preannunciato da Tre Bicchieri, è entrato in vigore il pacchetto di normative di emanazione locale, che anticipa alle ore 17 della domenica il divieto di vendita di alcoolici (e vini). Quindi se i russi avranno in programma di invitare ospiti a cena, la domenica, dovranno provvedere per tempo all’acquisto del vino, oppure spostare l’invito al ristorante. Ma anche qui bisogna scegliere con cura il posto, infatti ai ristorantini con sala da pranzo inferiore a 50 mq è stata revocata la licenza di servire vini ed alcoolici. Licenza parimenti revocata ai negozi con meno di 50 mq di superficie, oltre al divieto di vendita per asporto di alcoolici sfusi da caffè, bar e ristoranti. Tutto questo si somma alle misure già da tempo in vigore, quali divieto di pubblicità in ogni media, divieto di vendita prima delle 10 e dopo le 22, divieto di vendita via internet (in fase di ratifica), prezzi minimi di vendita per vodka e vino.

 

a cura di Gianguido Breddo

 

 

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 3 settembre

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