Un libro raccontato dalla famiglia Faccioli, per celebrare il compleanno importante di una storica attività meneghina, nata nel 1817 accanto al Teatro alla Scala. Poi, nel 1950, il trasloco in via Montenapoleone, e dal 2013 il passaggio di proprietà al gruppo LVMH. Ecco perché il Caffè Cova è entrato nel mito di Milano.
200 anni a Milano
Verdi, Toscanini, Puccini, Mascagni, Eleonora Duse per rilassarsi dopo una prima a Teatro; ma pure Garibaldi e Mazzini negli anni in cui si faceva l'Italia. E poi avanti di quasi un secolo, oltre la metà del Novecento, per ritrovare seduti ai tavoli del caffè Ernst Hemingway (che molte volte ha incrociato il suo destino con quello di storici bar), Luchino Visconti, Maria Callas.
All'angolo tra via Montenapoleone e via Sant'Andrea, (ma prima ancora proprio accanto al Teatro alla Scala), il Caffè Cova ha visto sfilare più di un'epoca, nobilitato dalla frequentazione di illustri avventori e corroborato dall'affetto dei milanesi, che al salotto meneghino fondato da Antonio Cova, simbolo del saper fare impresa lombardo, non hanno mai fatto mancare la propria ammirazione: nel 2017 l'insegna ha compiuto 200 anni, dai primi passi come Offelleria Cova ai fasti ottocenteschi, tra incontri leggendari e concerti estemporanei, argenterie preziose e lampadari di cristallo.
Poi vennero tempi bui, i bombardamenti del '43, la distruzione del caffè: solo nel 1950, il Cova riapriva a Palazzo Marliani, nella sede odierna, dove il marchio continua a brillare anche a seguito del recente rinnovamento dei locali, svelato alla città l'autunno scorso.
Gli ultimi anni. Cova nel mondo e LVMH
Nel frattempo il brand è passato di proprietà, sotto il cappello del gruppo LVMH (dal 2013, ma la famiglia Faccioli, entrata in scena con papà Mario nel 1989, è rimasta in società), per assecondare il desiderio di internazionalizzarsi raggiungendo nuovi traguardi: l'ultima apertura, in ordine di tempo, a Dubai, un locale di 400 metri quadri inaugurato all'inizio della primavera 2018, ma oggi Cova è anche a Montecarlo e ha messo radici in Estremo Oriente, con diversi punti vendita tra Pechino, Shangai, Hong Kong (prima apertura all'estero nel 1993), Taipei. Ora un libro ne celebra la storia. Edito per i preziosi tipi di Assouline, il testo a cura di Paola e Daniela Faccioli è corredato dalle foto di Giovanni Gastel e rievocando i ricordi del Caffè intreccia un racconto che parla di rituali, artigianalità e vivere all'italiana. Sullo sfondo l'evolversi di una città e delle sue vocazioni.
Foto di Giovanni Gastel
Cova. Il libro
Ma la narrazione indugia soprattutto tra creazioni di pasticceria – la torta croccante di frutta, il Montebianco, la Coppa Cova - e aroma di caffè, chiamando in causa quelle vetrine diventate col tempo palcoscenico ideale per mostrare la ricchezza di una proposta che ha sempre cercato di intercettare l'evoluzione del gusto. Si veda l'attenzione riservata al light lunch, il pranzo dei milanesi in pausa dal lavoro: com'è cambiato dagli anni Sessanta a oggi?
Foto di Giovanni Gastel
O il momento dell'aperitivo, nel rispetto di una tradizione che rispetta i vezzi di qualche decennio fa – le mandorle e le nocciole salate, la selezione di canapè – senza perdere la bussola del tempo, con creazioni finger ad accompagnare cocktail di impostazione moderna. Anche questa è la storia di un brand italiano di successo. Cova, il libro, la racconta, per parole e immagini.
a cura di Livia Montagnoli
foto di apertura di Giovanni Gastel