Dopo mesi di rodaggio entra finalmente a regime il ristorante di Musia, lo spazio polifunzionale nel cuore di Roma voluto dall'imprenditore e collezionista Ovidio Jacorossi.
Museo, galleria, spazio per eventi, piazza culturale, residenza per artisti. Quel che fu un tempo bottega di carbonai del nonno Agostino Jacorossi, ora è uno spazio polifunzionale di 1000 mq dove ci sono anche una cucina e un ristorante sui generis affidati allo chef Ben Hirst e attivi da pochi giorni.
Musia
Quella di Ovidio Jacorossi è una storia d'antan di chi dalla montagna arriva in città per far fortuna; riuscendoci (tutta la storia la potete leggere in questo articolo di Artribune). Ma oggi il lungimirante e illuminato imprenditore è conosciuto principalmente per la sua sensibilità artistica che gli ha consentito col tempo (e gli investimenti) di accumulare migliaia di opere d’arte, da de Chirico a Burri, da Balla a Schifano. Una collezione consistente che ora è a disposizione di tutti in via dei Chiavari, a pochi passi da Campo de' Fiori. È il suo nuovo progetto artistico, che ha chiamato Musia, basato sulla contaminazione di più mondi. Lo spazio sarà infatti galleria d’arte, ma anche ristorante, caffè, wine bar. Un concetto poliedrico che abbiamo visto, a Roma, anche da Ortica o a Palazzo Merulana con il bistrot al piano terra dove sono stati coinvolti nomi di livello, come Cristalli di Zucchero e Santi Sebastiano e Valentino per i dolci, Meraviglie in pasta per la pasta fresca, Bottega Liberati per la carne o Dol per formaggi e salumi laziali. A dimostrazione dello stretto legame che unisce arte e gastronomia.
Il ristorante Ben Hirst
Ma torniamo a Musia. L'edificio è sviluppato su tre livelli che comprendono il cinquecentesco cortile attraversato da una suggestiva volta trasparente, scale elicoidali storiche, chiostri e sale adibite a gallerie; in una di queste c'è il ristorante guidato da Ben Hirst. Chef inglese conosciuto a Roma per il suo passato da Necci al Pigneto e al Margutta Vegetariano, Ben Hirst negli ultimi anni ha preferito dedicarsi alle consulenze, tra le altre: Che Pasta! e per l'appunto Musia, di cui è anche executive chef e manager. “Ho sempre gravitato attorno al mondo dell'arte, è così che ho conosciuto Jacorossi che già due anni fa mi ha parlato di questo meraviglioso progetto”. Il ristorante non è altro che una sala in connessione con tutti gli altri ambienti, dove i commensali sono essi stessi parte integrante dell'opera. 35 i posti e una cucina, a vista, minuscola, ma un'apertura mentale che siamo abituati a vedere solo all'estero. “L'aspetto fondamentale è l'ospitalità: noi qui accogliamo i nostri ospiti a braccia aperte, ringraziandoli di essere venuti perché non è affatto scontato. Noi ristoratori, soprattutto a Roma, dovremmo ricordarcelo più spesso”. Uno spazio che vuole essere di quartiere ma con una visione internazionale e soprattutto europea, che però non vuole diventare “di moda”: “Tu puoi arrivare qui, berti un aperitivo mentre passeggi per la galleria e fermarti poi per cena. È uno spazio totalmente aperto, che vorrei fosse frequentato da giovani, guai se un giorno diventasse di moda!”. Per ora la sala adibita a ristorante e wine bar è aperta dalle 16 in poi ma, in coerenza con gli intenti, l'obiettivo è di aprire anche a pranzo e. perché no, per la colazione.
Il menu
Open mind anche il servizio, informale, e il menu “from farm to table, che nasce come strumento di condivisione”. Si comincia con la Tavolozza d’aperitivo (carpaccio di zucca gialla con farro, selezione di formaggi di pecora e salumi). E poi si sceglie tra quattro antipasti, altrettanti primi, secondi e dolci. C'è lo stufato di lumache con salsa al prezzemolo e crema d’aglio dolce, la brioche inno alla Toscana con tartufo nero, fegatini, cavolo nero e gelatina di vin santo oppure la pizza fritta con broccoletti, pomodoro, mozzarella e prosciutto di Bassiano. Tra i primi, pasta e fagioli; tortelli di faraona con porri, pancetta arrotolata e verza riccia oppure i tonnarelli cacio e pepe e ricci di mare.
Rillettes di salmone selvatico all’aneto con salsa di cetrioli e caviale Italiano
Anche i secondi seguono la logica dell'italianità e dei prodotti del territorio con le animelle con prosciutto di Bassiano, crema di polenta, prugne e pera al Barolo chinato o i moscardini con crema di ceci e friggitelli. Dulcis in fundo, dal sorbetto di caprino e mele cotogne al Banana Bum (pan banana, caramel mou e banane flambè), che a dire il vero è una delle poche digressioni internazionali. I piatti vanno dai 6€ (per i dolci) ad un massimo di 16 € per alcuni secondi. Tutti gli ingredienti sono frutto di una lunga ricerca dello chef inglese, che conosce bene la piazza laziale. Molti dei fornitori arrivano infatti dalla Val di Comino nel parco nazionale d'Abruzzo “dove prendo formaggi, agnelli e pecore direttamente dai pastori della zona, ma anche lumache o fagioli. Qui non cuciniamo e basta, facciamo anche cultura”. Non sarà un caso che a collaborare con Ben è Fabio Sopranzi, chef laureato in storia dell'arte.
La carta dei vini in collaborazione con Winedo
L’identità della carta dei vini, realizzata in collaborazione con la startup Winedo, segue la stessa filosofia della cucina: dalla terra alla tavola riscoprendo i piccoli produttori. “Ogni singola bottiglia è stata selezionata, grazie alla consulenza del sommelier Luca Boccoli, per far vivere al cliente un viaggio emozionale alla scoperta delle strade meno battute e più impervie del paese”. Ci spiega Lorenzo Contini, Amministratore Unico di Winedo. “Ci sono i vini che provocano meraviglia. È la meraviglia di fronte all’inatteso, il che si traduce in vini di piccoli viticoltori che producono poco e solo per pochi. Oppure ci sono le etichette che soddisfano pienamente, provocando visibilio, come una bollicina che riempie l’anima e ti rapisce”. In totale otto “enozioni” – meraviglia, visibilio, pulsione, percezione, audacia, consapevolezza, armonia, intensità - per otto etichette. Un'idea innovativa ideata appunto da Winedo, startup che parla di vino a 360°: fa formazione, selezione e vendita, tutto con un iter interamente online: “Gli acquirenti attraverso l'acquisto delle nostre selezioni, italiane, francesi e tedesche, possono conoscere meglio il vino attraverso delle pillole formative. Si tratta di un progetto di alfabetizzazione al buon bere che propone un vero sistema di apprendimento”. In futuro ci sarà anche un'academy fisica, chissà proprio qui da Musia.
Ristorante di Musia – Roma - Via dei Chiavari, 7 - aperto dal martedì al sabato, dalle 16.00 alle 22.30. Chiuso: domenica e lunedì - musia.it
a cura di Annalisa Zordan