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L'arte della miscelazione per Philip Bischoff, volto del Manhattan Bar di Singapore e ospite della Florence Cocktail Week 2018

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Una manifestazione riuscita, quella che ha animato Firenze nell'ultima settimana nel segno della miscelazione di qualità e quest'anno ha portato in Italia Philip Bischoff, alla guida di uno dei bar più premiati del mondo. Il segreto? Il gioco di squadra. 

 

Philip Bischoff è nato e cresciuto a Berlino, dove ha cominciato a muoversi dietro al banco. Oggi chi vuole scoprire se la decantata arte dell'ospitalità può essere qualcosa di più di un semplice slogan d'ordinanza può trovarlo a Singapore, dove dal 2015 dirige il Manhattan Bar del Regent Hotel del gruppo Four Seasons. Che in fondo potrebbe trovarsi in ogni parte del mondo, fondato com'è su un principio che difficilmente delude le aspettative: il cliente, e le sue esigenze, prima di tutto. Ecco, Philip, col suo fare composto e sempre sorridente, è quello che si direbbe un vero gentleman, ancor prima che un grande professionista. Al suo mestiere, oggi che tutti lo conoscono come uno dei bartender più capaci della scena internazionale, si dedica con una maniacalità che non pesa affatto su chi siede dall'altra parte del banco, capace com'è di tenere insieme le fila di un ruolo che va ben oltre l'abilità tecnica e la creatività, lui che prima di avvicinarsi al mondo della miscelazione si è specializzato in Health Management. Perché il Manhattan Bar diventasse quello che è oggi – appena confermato in vetta all'Asia's 50 Best Bars per il secondo anno consecutivo, e settimo nella top 50 mondiale – ci sono voluti metodo e visione, e lui non lo nasconde: “Aver cresciuto una squadra affiatata è il segreto del nostro successo”, che indubbiamente beneficia della lungimiranza del gruppo Four Seasons, capace di attribuire al bar dell'elegante struttura la dignità che merita un salotto che dell'ospitalità deve fare la sua missione (e l'Atrium Bar del Four Seasons di Firenze, dove incontriamo Philip in occasione della Florence Cocktail Week 2018, conferma in pieno l'attitudine del gruppo).

Fare un bar d'hotel. A Singapore

Nello specifico, il contesto di Singapore ha rappresentato una sfida molto stimolante: “In città molto è cambiato negli ultimi anni, specie dopo l'inaugurazione del Marina Bay Sands, nel 2010. Oggi Singapore è una meta d'attrazione turistica, una realtà dinamica che attira molti investitori e stimola chi vuole fare impresa nel settore dell'ospitalità. Il Four Seasons ha colto l'opportunità. E il nostro bar è riuscito a fare scuola in città, cambiando la prospettiva del bar d'hotel, facendolo diventare un motivo in più per visitare Singapore. Questo per me rappresenta un grande traguardo, perché l'aspetto più interessante del nostro mestiere è quello di condividere le conoscenze con gli altri, veder crescere insieme la squadra, anche commettendo errori insieme”. La gran parte dei ragazzi che lavorano con lui sono filippini, ma diverse sono le presenze in arrivo da altri Paesi asiatici e dall'Europa; ognuno ha il suo ruolo, tutti però devono sapere cosa fanno gli altri, ogni settimana il team fa training e degustazioni: “Restare competitivi, oggi che la scena è cresciuta, è una grande sfida. Noi cerchiamo di fare cose che non siano difficili da comprendere: una miscelazione classica che rievoca la Golden Age, una valida proposta di cucina da bar gourmet in stile americano (ispirato alle Eras of New York, ndr). E nessun abbinamento forzato: sono dell'idea che ognuno possa bere e mangiare ciò che vuole come preferisce. Il nostro compito è rendere l'offerta interessante in tutti gli aspetti e la perfetta padronanza del mestiere ci dà quella sicurezza che poi trasmettiamo al cliente. L'idea è anche quella di veder crescere la figura del barman, che in Asia fa più fatica a emanciparsi, a trovare una sua dignità”. Il Manhattan Bar si trova al secondo piano dell'edificio, può accogliere fino a 87 ospiti, molti scelgono di soggiornare in albergo proprio per la fama del bar, ma quel che più inorgoglisce chi l'ha creato, Philip in prima linea, è la grande affluenza di pubblico locale, che rappresenta l'80% della clientela. La chiave di lettura di questo successo si riassume nella capacità di conciliare una sala accogliente (illuminazione, arredi, colori, tutto contribuisce a creare l'ambiente giusto, in stile newyorkese), un servizio di livello, una solida base classica che serve nel bicchiere un Manhattan impeccabile (per davvero!) o un Martini eseguito come si deve, per dare valore alle ricette che hanno fatto la storia del bartending.

Chi è il bartender

Ma anche la voglia di azzardare, sperimentando sempre nuove soluzioni. E chiaramente la passione per il proprio mestiere: “Oggi siamo spesso su palchi internazionali per raccontare il nostro mondo, ricevere riconoscimenti. Ma in fondo il nostro vero palcoscenico resta il bancone, lì mettiamo in scena la nostra rappresentazione”. Nella serata fiorentina che lo vede protagonista come ospite d'onore della Florence Cocktail Week 2018 organizzata da Paola Mencarelli e Lorenzo Nigro, Bischoff non fa che confermarlo: miscela senza sosta, mentre dispensa sorrisi e posa per i fotografi. I cocktail proposti per l'occasione sono impeccabili per rigore d'esecuzione - è il caso del Manhattan – sorprendenti per equilibrio, pulizia e lunghezza. L'impressione è indubbiamente quella di assistere a uno spettacolo ben congegnato per intrattenere l'ospite, e renderlo (co)protagonista. Quello che non si vede, però, è molto altro. Al Manhattan Bar, per esempio, Philip ha voluto creare due ambienti capaci di stimolare lo staff (e pure altamente scenografici): una stanza degli ingredienti, dove su scaffali ordinati trovano spazio sciroppi, erbe, spezie e bitter homemade, e un piccolo tempio con le botti da invecchiamento, 150 in tutto, per distillati, bitter e miscelati.

Philip del resto non nasconde la sua passione per il (i) whisky, il distillato più utilizzato al Manhattan, che offre grandi possibilità di esplorazione. Ma il cocktail più amato in città resta un classico della miscelazione locale, il Singapore Sling, inventato all'inizio del Novecento dal barman del Raffles Hotel: base gin, miscelato con cherry e frutta, “per farlo consumiamo 800 bottiglie di cherry al mese”, racconta Philip per dare un'idea dei volumi macinati dal Manhattan Bar.

 

Intanto a Firenze

Numeri e atmosfere molto lontane da quelle fiorentine, dove però la scena della miscelazione sta decisamente conquistando un ruolo di prim'ordine nel pacchetto di attrattive della città. E questo può dirsi per i grandi bar d'albergo come per i locali di nuova concezione che si moltiplicano in centro città. La Florence Cocktail Week, da tre anni a questa parte, ha intercettato e seguito la crescita della bartendency fiorentina, e l'edizione appena conclusa conferma quando bene abbia fatto la manifestazione a chi vuole ragionare di miscelazione di qualità in città. Dell'idea che le ha permesso di spiccare il volo (con un'organizzazione sempre più calibrata sulle esigenze di un pubblico trasversale, una bella energia e tanti appuntamenti per approfondire, come il focus su prodotti e miscelati italiani) abbiamo parlato alla vigilia del festival con Paola Mencarelli. Ora, invece, c'è il nome del vincitore del contest che premia creatività, capacità tecnica e ospitalità dei bartender in concorso: Lorenzo Aiosa del The Cloister Belmond Villa San Michele con il suo Orient Express Punch. Ma tutti insieme, i partecipanti, dimostrano che oggi Firenze può decisamente reggere il confronto con le grandi capitali internazionali della miscelazione.

 

Manhattan Bar dell'Hotel Regent Singapore – Singapore - 1 Cuscaden Road, Level 2 

 

a cura di Livia Montagnoli

foto di Martino Dini

 


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