Conclusasi la quinta edizione di Salumi da Re, tiriamo le somme del meglio della manifestazione dedicata all'arte norcina. 11 punti imperdibili per conoscere la migliore salumeria italiana.
Chiusa la quinta edizione di Salumi da Re, evento dedicato alla salumeria italiana di qualità organizzata dal Gambero Rosso e dai fratelli Spigaroli all’Antica Corte Pallavicina a Polesine Zibello, tiriamo le somme sui temi più importanti emersi in quell'occasione. Appunti sparsi, riflessioni a freddo e piccole perle della tre giorni, emersi dai convegni, dalle interviste ai relatori e dagli umori – positivi – registrati nel corso della manifestazione. Undici buoni motivi per parlarne, ricordare, ritornare.
1 - Materia prima: genetica, alimentazione e benessere animale. Gli ultimi traguardi della ricerca
Dieci incontri serratissimi, concentrati nel weekend, tra concorsi, focus su classi di salumi e convegni, moderati da Mara Nocilla, giornalista del Gambero Rosso e curatrice della guida Grandi Salumi. Quello sulla materia è stato il convegno di maggiore sostanza, che è entrato con tutti e due i piedi nella radice della questione: per fare buoni salumi è fondamentale partire da una materia prima eccellente. L’attenzione si è soffermata sul maiale, la macchina da guerra della salumeria: come vive, in stabulazione fissa o libero al pascolo, e come viene nutrito, a siero di latte oppure con crusca, orzo e proteine vegetali. L’influenza positiva del menu e del benessere animale viene confermata da Roberta Virgili, responsabile delle Conserve di Carne alla SSICA, che ha condotto diverse ricerche finanziate dalla regione Emilia Romagna e dalla provincia di Parma. “Alimenti vegetali ricchi di Omega 3, come i semi di lino, e di antiossidanti come bucce d’uva, acqua di vegetazione di foglie di olivo, tè verde, foglie di mirtillo e origano, introdotti nel menu dei suini, hanno una funzione protettiva nella produzione dei salumi clean label, senza uso di additivi e conservanti”. Fondamentale è anche la genetica, sottolinea ancora Roberta Virgili. “La carne di maiale nero contiene mediamente il 50% in più di ferro e di zinco rispetto al suino pesante tradizionale e perfino il doppio rispetto a quello estero d’importazione. Questo profilo biochimico, oltre ad avere delle conseguenze dal punto di vista nutrizionale, si ripercuote sulla qualità dei prodotti che se ne otterranno, in particolare sul colore della carne, sulla capacità di ossidarsi e di rispondere all’ossidazione, quindi sul tipo di ingredienti che sarà necessario utilizzare per trasformarle in salumi”. I maiali neri hanno anche altri plus. “L’allevamento dei suini rustici allo stato brado sfrutta aree marginali che non possono essere utilizzate in altro modo”, spiega Alessio Zanon, veterinario etnologo esperto della biodiversità suina autoctona. “Inoltre, le loro carni si arricchiscono di particolari sapori e aromi presenti nel pascolo, dando origine a salumi molto più legati al territorio e dove vengono esaltate le differenze ambientali”.
2 - I grassi? Sdoganiamoli!
Continuiamo a togliere quel filo di grasso che circonda una fetta di prosciutto o che occhieggia in un salame lardellato. Eppure la parte adiposa, quando è nivea e priva di irrancidimento, ha i suoi aspetti positivi dal punto di vista gustativo: veicola i profumi e gli aromi, conferisce dolcezza e morbidezza ai salumi. I grassi non sono tutti uguali, come ci ricorda Davide Cassi, docente di chimica e fisica degli alimenti, uno dei massimi esperti della materia che da oltre 20 anni collabora con chef, pasticceri e gelatieri di tutto il mondo. “I grassi insaturi, rinfrescanti perché fondono in bocca diventando immediatamente liquidi e assorbendo calore, come ci insegnano i nutrizionisti fanno bene alla salute, ma tendono a ossidarsi facilmente. Quelli saturi, che vanno masticati più a lungo, per fortuna non irrancidiscono, ma sono la fonte principale del colesterolo”. La loro percentuale in un maiale dipende in primo luogo dalla genetica: ormai sappiamo che i suini neri hanno sì più grasso, il doppio di quelli pesanti tradizionali, ma di tipo insaturo, quindi “buono”. E poi c’è l’alimentazione. “I maiali nutriti a ghiande che vivono allo stato brado tendono ad avere una maggiore componente di grassi insaturi”. Altro fattore fondamentale è la stagionatura. “Durante questa fase avvengono processi biochimici importantissimi, uno in particolare: la desaturazione, ossia la trasformazione dei grassi saturi in grassi insaturi, che oltre ad aggiungere aroma e tenerezza rende il grasso fluido e rinfrescante”. E con un minor impatto sul colesterolo.
Massimo Spigaroli e Fulvio Pierangelini
3 - Salumi nella ristorazione: passato e presente
In Italia fino a pochi anni fa i salumi erano l’antipasto per definizione. Li ritroviamo nei tortellini e in alcune paste ripiene, in secondi stagionali come lo zampone e il cotechino. Anche la cucina moderna li impiega in piatti creativi che ricercano nuovi sapori. “Ma vanno prima provati, sperimentati, lo dico in particolare ai giovani chef”, mette in guardia Fausto Arrighi, direttore della guida Michelin dal 2005 al 2012 e oggi consulente di ristoranti. “Non si deve estrapolare troppo la sapidità dai salumi o renderli eccessivamente secchi. Bisogna fare attenzione agli equilibri e rispettare la materia prima”. E qui ritorniamo al punto di partenza: l'importanza della qualità degli ingredienti, anche nella riuscita di un piatto. “Mi sono avvicinato ai salumi e l’ho abbinati alla mia cucina solo quando ho avuto i miei maiali”, racconta lo chef Fulvio Pierangelini, ospite straordinario della tre giorni, alludendo al proprio allevamento di cinte senesi alle spalle della costa livornese, vicino al ristorante che aveva a San Vincenzo. “Conoscevo la qualità della loro vita, erano in un posto dove io andrei in vacanza, in una collina sul mare, liberi di pascolare in terreni pieni di cose buone da mangiare. Usavo i salumi per aiutare pesci splendidi ma secondo me magri e noiosi. Così nascono le capesante con la mortadella, la coda di rospo avvolta nella pancetta, i ravioli ripieni di mariola e scampi, i crostacei con il lardo. Con il lardo ho fatto anche un dessert, abbinato al cioccolato e a una crema di rosmarino e salvia”.
Guido Porrati
4 - Il ruolo del pizzicagnolo: ieri e oggi
“Abbiamo perso il pizzicagnolo, come il lattaio, il panettiere, il macellaio”, dice con diretta sincerità GuidoStecchi, presidente dell'Accademia delle 5T. “Non è nostalgia. Purtroppo è la perdita di diverse cose importanti: in termini sociali, ambientali, gastronomici. È la perdita del consulente del consumatore, perché il pizzicagnolo andava a cercare le cose buone nella propria zona e valorizzava il territorio”. Ma è proprio scomparsa questa figura al capolinea della filiera norcina, ma non meno importante? Ne ha parlato a Salumi da Re un pizzicagnolo sui generis della costa genovese. “Ho una bottega che riesce ancora a sopravvivere, anzi a vivere sopra”scherza Guido Porrati, titolare di Parla Come Mangi, in pieno centro di Rapallo “grazie alla fortuna di avere quattro generazioni alle spalle che fanno questo mestiere, ma soprattutto alla curiosità, alla voglia di mettercela tutta, alla passione, che è un’esaltatrice di professionalità, alla fatica anche, e all’innata capacità di saper raccontare delle storie: quelle che sono dietro ai prodotti. È fondamentale per far crescere il cliente, crescere insieme a lui e ai nostri fornitori. È un lavoro di concerto”.
5 - Analisi sensoriale tra edonismo, conoscenza, salute e didattica
Saper degustare i salumi non è soltanto la capacità di apprezzare la maggiore o minore bontà di quello che si assaggia. È saper distinguere un prodotto artigianale, curato e fatto con sapienza, da uno standard di produzioni intensive e massificate, un salame naturale senza additivi e conservanti da quello con nitrati e nitriti, ascorbati, zuccheri, derivati del latte, polifosfati. È anche un elemento volto al rispetto della salute e uno strumento che, se usato bene, con consapevolezza e coraggio, aiuta a far crescere tutta la filiera salumiera. L'argomento è stato focalizzato nel convegno dedicato all'analisi sensoriale e alla formazione, con la partecipazione del professor Alberto Spisni, docente di Biochimica Università di Parmae maestro assaggiatore Onas. “Saper distinguere un salume buono da uno mediocre significa tutelare la salute e non essere truffati. Se il consumatore riconosce la qualità e impara a chiederla stimola il salumiere e il produttore a fare sempre meglio. È un circolo virtuoso che a lungo andare migliora la qualità dei salumi”.
Gara di taglio a macchina
6 - I concorsi: under e over twenty
Due i concorsi in scena quest'anno, nel primo, Il panino teen-ager: una cosa buona tra le mani, destinato agli studenti degli istituti alberghieri dell’Emilia Romagna, 12 ragazzi hanno preparato panini a base di salumi, assaggiati e valutati da una giuria composta da allievi e presieduta dallo chef Fulvio Pierangelini e da Alessandro Frassica, titolare della panineria gourmet ‘Ino di Firenze. “I ragazzi hanno già capito che un panino può essere una vera e propria pietanza ma che bisogna interpretarlo e usare delle attenzioni: non è come cucinare un piatto”,è il commento a caldo di Alessandro Frassica. A vincere la 4ª della è stata Elisa Truffelli, studentessa dell’istituto alberghiero Zappa-Fermi di Bedonia, che ha convinto la giuria con la sua originale creazione: fette di pane al nero di seppia con pistacchi sposate a culatello di Zibello, crema di parmigiano reggiano e marmellata di fichi.
Il panino vincitore
Scatto in avanti nella gara di taglio del prosciutto, a mano sul morsetto e a macchina con l’affettatrice a volano, rivolta a over twenty di salumerie italiane e alla sua 2ªedizione. Maggiore motivazione dei concorrenti, pubblico più numeroso, competizione più articolata nelle prove da superare. Il lavoro dei 6 concorrenti, tra titolari di botteghe e banconisti provenienti da diverse regioni, è stato giudicato da una giuria presieduta da Raffaele Bertolini, “cortador de jamon” italiano, e da Silvano Romani, titolare di botteghe gourmet emiliane. I vincitori di entrambe le categorie sono stati Tommaso Rizzi, della Latteria 55 di Fidenza (PR), e Mirko Giannella, titolare in partnership con Daniele De Ventura della gastronomia Simposio, nella periferia sud-est di Roma. "Sono sempre stato un appassionato del prosciutto tagliato a mano: mi ricorda le mie origini, il prosciutto di nonno, le emozioni che mi trasmetteva. Nella nostra bottega serviamo circa 13 crudi tagliati al coltello, un’offerta che difficilmente si trova nelle salumerie, specialmente di periferia”. Quella del “cortador de jamon” in Spagna è una professione, mentre in Italia non è riconosciuta come tale e non offre possibilità di guadagno. Eppure abbiamo un patrimonio di prosciutti di prim’ordine. “Il taglio del prosciutto al coltello è prima di tutto un’arte, che va salvaguardata e rivitalizzata”, spiega Raffaele Bertolini.“In secondo luogo, a differenza del taglio a macchina, permette di degustare diverse parti del prosciutto: quella alta della coscia, più tostata e carica di sapidità, quella centrale, più equilibrata nel rapporto grasso/magro, e il gambuccio, la parte più dolce”. E poi – spiega Silvano Romano – la fetta di prosciutto non si scalda e il sapore rimane inalterato.
7 - Suini neri: quelli registrati, quelli Dop, quelli in via di recupero
Il convegno sulla materia prima è stata un’occasione per fare il punto sui suini neri di razze antiche autoctone italiane. Alcune erano rappresentate da salumi in degustazione, come il nero di Parma, il nero calabrese (o apulo-calabrese) e la cinta senese. Il nero di Parma, l’ultima razza a essere iscritta al registro delle razze autoctone dell’Anas (Associazione Nazionale Allevatori Suini) dopo un lungo lavoro di recupero, rappresenta la fonte di materia prima principale e più nobile della produzione dell’Antica Corte Pallavicina, dal sontuoso Lardo del Po al pregiato culatello Black, che compone il Podio di culatelli insieme ai Dop di suino bianco, di 18 e di 27 mesi Presidio Slow Food. Di cinta senese, la prima razza rustica ad essere iscritta nel registro Anas e l’unica certificata da una Dop (per la carne), abbiamo assaggiato i salumi portati da Daniele Baruffaldi, presidente del Consorzio di tutela, con uno speciale prosciutto stagionato tre anni da esperienza gourmet. Tra le sorprese dell’evento anche i salumi di maiale nero di Samolaco, una razza suina tipica delle Alpi quasi sconosciuta e in via di recupero, allevata in Valchiavenna, realizzati da MA! Officina Gastronomica.
8 - Gli abbinamenti vino e birra
Come sempre da cinque anni gli abbinamenti di vino e di birra sono stati proposti, rispettivamente, da Giorgio Melandri, collaboratore del Gambero Rosso, e da Mauro Pellegrini, presidente UDB (Unione Degustatori Birre). Può sembrare un po’ paradossale e un po’ una provocazione, ma l’abbinamento più intrigante e riuscito di questa edizione di Salumi da Re è stato quello tra il salame di selvaggina del Massimo Goloso e il Vermut Demos della Tenuta Saiano. Una corrispondenza perfetta per intensità e uno sposalizio d’amore fra le note vinose e balsamiche del Vermut e la prorompente animalità del salame, con tinte di cantina e una punta di ematico perfettamente gestiti e ingentiliti dalle note di erba officinale sprigionate dalla bevanda. Sul fronte della birra, uno degli abbinamenti più convincenti è stato quello tra il culatello dell’Antica Corte Pallavicina e la Camatta, una American IPA (India Pale Ale) di Duck Brewery, splendida realtà mantovana, una birra morbidamente amara con note di frutta secca e caramello connesse ai sentori di pasticceria, di ghiande e di nocciole espressi dal re dei salumi. La dry stout del birrificio brianzolo Hibu ha trovato casa in un connubio esaltante con la fesa di tacchino Masè, accompagnata dalla salsa tonnata preparata proprio dall’azienda triestina, con i rintocchi tostati della birra che completano i toni gentili della fesa, irrobustiti da una grande interpretazione della salsa tonnata. Da non perdere anche l’abbinamento tra la Sennora, una Weizenbock del birrificio sardo Lara, e la zia ferrarese, portata per l’occasione da un Valentino Bega in forma smagliante. Un trionfo di aglio dalla freschezza quasi pungente, contemperato dal corpo suadente di questa birra, caratterizzata dai sentori vellutati del malto d’orzo tostato e da quelli leggermente acidi del frumento, con una carbonatazione che riesce a domare l’esuberanza della zia.
9 - Suino nero d’Aspromonte allevato brado: continua la cordata tra produttori
Nacque nel 2014, alla prima edizione di Salumi da Re, una cordata virtuosa della salumeria. Oggi è un realtà consolidata e ben rodata che vede alcuni dei migliori produttori italiani del settore stretti in un sodalizio che punta a raggiungere il massimo risultato in termini di qualità, rendimento e organizzazione del lavoro. “Il progetto è stato imbastito nel 2010, avviato dalla Provincia di Arezzo per promuovere le antiche razze suine a rischio d'estinzione e la produzione di salumi di qualità, con la partecipazione di Simone Fracassi e una cooperativa sociale calabrese che allevava maiali neri d'Aspromonte allo stato brado”, entrano nei dettagli Alessandra e Antonella Gerini, ultima generazione di una famiglia con una lunga storia nella commercializzazione e trasformazione delle carni, nell'hinterland di Firenze. “Ma la sua realizzazione è avvenuta quattro anni dopo, a Salumi da Re, grazie all'incontro tra il presidente della cooperativa di Locri e noi norcini presenti all'evento”. In sintesi, gli allevatori (oggi la cooperativa di Locri non esiste più, ma i soci continuano lavorare per conto proprio) forniscono le ottime carni di suino nero calabrese, i norcini le lavorano secondo tradizioni, usi e zone di appartenenza di ciascuno. Gerini di Pontassieve – figura di snodo dell'operazione in quanto realtà strutturata nella filiera delle carni e piattaforma di distribuzione dei vari tagli ai norcini– lavora tutto il suino producendo una favolosa spalla cruda, un superbo guanciale, la rara tarese (taglio del maiale dalla pancia all’arista) e sapidiprosciutti secondo la lezione toscana. Il casentinese Simone Fracassi trasforma le cosce in crudi densi di sapore. Dalla parte superiore della schiena Fausto Guadagni ottiene le creative variazioni di lardo stagionate in conche di marmo. Il “Goloso” Massimo Corrà prende la mezzena intera per tutta la sua produzione trentina, dallo speck naturale al salame a punta di coltello e alla pancetta affumicata. Francesco Carriero dal taglio che va dalla testa al lombo del suino ottiene gustosi capocolli fatti come quelli di Martina Franca Presidio Slow Food e lonze lardate. Sono le espressioni di un bel lavoro di squadra, di genuino “raduno di allevatori, norcini e salumieri”.
10 - Considerazioni 1: qualità sempre più alta
L’edizione 2018 di Salumi da Re ha confermato l’alto profilo di questo evento nel cuore della Bassa Parmense prossima al Po: piccola ma selezionata, di supernicchia. Mai come quest’anno la qualità è stata espressa in modo così pieno e su tutti i fronti. Aziende selezionatissime tra conferme e new entry. Salumi sempre più buoni, naturali, a chilometro zero e a filiera chiusa, di suino bianco e nero. Convegni di altro profilo che hanno affronto temi particolarmente caldi, come la materia prima e il grasso, e che hanno visto la partecipazione di fior di relatori. E un pubblico evoluto, attento e con una grande capacità d’ascolto. Una qualità che è andata a braccetto a un bel mood di calore ed entusiasmo, uno dei migliori plus della kermessa norcina.
11 - Considerazioni 2: venti di giovinezza
Uno degli aspetti vincenti di Salumi da Re 2018 è la ventata di primavera umana che abbiamo respirato e che è stata un po’ il senso di questa edizione. Non ci riferiamo solo al concorso del panino in cui si sono sfidati 12 ragazzi under 20 con la freschezza, l’entusiasmo, la timidezza o l’allegra spavalderia tipici della tarda adolescenza. Alludiamo alle nuove leve, fresche e motivate, entrate con tutti e due i piedi e trasversalmente nella filiera salumiera. Appena trentenne il norcino Stefano Ciabarri, insieme a Stefano Masanti titolare di Ma! Officina Gastronomica, una delle più sorprendenti new entry 2018, che in Valchiavenna a 1600 metri d’altezza produce i fantastici salumi di maiale nero di Samolaco, di cui abbiamo parlato, allevato in aree marginali montane da Vera Capelli, 25 anni e una laurea in Agraria. Giovani anche i vincitori della gara di taglio del prosciutto a mano e a macchina: Mirko Giannella, appena trentenne, e Tommaso Rizzi, 28 anni. A questi giovani si aggiungono le ultime generazioni di aziende come Ruliano, Paganoni, Contini, Vitali-Re Norcino, Cerati, Dok Dall’Ava, Masè, Salumi di Martina Franca, Casa Graziano, Tenuta Saiano... Sono la dimostrazione che nel mondo dei salumi di qualità la gioventù si sta facendo strada a testa alta e con fresco entusiasmo.