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Tre Gamberi. Il Convento di Cetara, regno delle alici della famiglia Torrente

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Le alici, qui, fanno la parte del leone: proposte in molte diverse ricette sono le protagoniste della tavola di Pasquale Torrente. Che da Cetara ha fatto conoscere in tutta Italia (e anche fuori) la grande tradizione del pesce azzurro.

 

In un ex convento del '600, il locale della famiglia Torrente oggi vive un momento felice: Tre Gamberi per la guida Ristoranti d'Italia del Gambero Rosso, si presenta all'appuntamento con la bella stagione fresco di una ristrutturazione che ne ha rinnovato la cucina e che sarà preludio, ne siamo certi, di tante belle novità. A parlarcene Pasquale Torrente – seconda generazione - istrionico e inarrestabile padrone di casa oltre che cuoco; accanto a lui il figlio Gaetano.

 

Quando ha aperto il Convento?

Il Convento l'hanno aperto i miei genitori nel 1969, inizialmente era un circolo di quelli con i biliardi e qualcosa da mangiare, cose da rosticceria. Dopo si è aggiunta la pizzeria e, verso gli anni '80 anche qualche piatto, poi abbiamo tolto i biliardi, nel 1986-7. Nel frattempo sono subentrato io con i miei fratelli e mia moglie.

 

Ora c'è anche la terza generazione con Gaetano, che oggi si divide tra Eataly Roma e Fico a Bologna

Gaetano è Gaetano, ha delle potenzialità incredibili e con Burro e Alici a Erbusco lo ha dimostrato: appena un anno e ha conquistato i Due Gamberi. Certo che è anche un po' frenato: non è facile avere una presenza come la mia accanto.

 

In che cosa differisce oggi da ieri il Convento, cosa è cambiato da una generazione all'altra?

I miei genitori sono sempre stati parte attiva al Convento, noi abbiamo cominciato a dare un po' d'ordine alle cose. Abbiamo messo il menu, che una volta non esisteva: era una trattoria vera e propria, arrivavi e mangiavi quel che c'era. Oggi c'è anche una grande cantina.

 

E come sono state prese queste innovazioni?

Bene! Mio padre farebbe cose nuove ogni anno, lui ha sempre visto avanti, sono più io che a volte ho tenuto tenuto il freno tirato. Quando è partito, nel 1969, gli dicevano che era matto, a prendere quel posto che all'epoca era abbandonato.

 

La clientela, invece, è cambiata?

Sì, anche perché siamo sempre in evoluzione, e poi il Convento è diventato un punto di riferimento per la zona, ma ci sono anche i clienti storici, ci sono persone che vengono da anni che si ricordano di quando hanno festeggiato qui la cresima o altre occasioni.

 

Ma quanto conta la location nel successo di un locale come il tuo?

Conta tantissimo: se mangi una colatura in una bella terrazza non è come se la mangi in un posto brutto. L'effetto finale è diverso. Abbiamo un locale con affreschi del '600, cerchiamo di prestarci sempre la massima attenzione, prendercene carico in prima persona, in accordo con la Sovrintendenza. Il Convento è la nostra casa madre. Dobbiamo averne cura.

 

Quanti locali avete ora?

Oggi siamo a 5, di cui 3 a Cetara (Al Convento, la Cuopperia del Convento e Pane e Coccos'), poi ci sono gli spazi dentro Eataly Roma e Fico a Bologna, in più la consulenza di tutti gli Eataly. In tutto 50-60 dipendenti.

 

Anche per te, come per molti tuoi colleghi, è difficile trovare personale?

Molto. Da una parte la tv ha dato grande risalto alla nostra professione, e se oggi riesci a lavorare anche con le consulenze e ad avere certi guadagni, lo si deve anche al fattore mediatico, non solo alla bravura. Ma i ragazzini non capiscono che questo è un duro lavoro, entri in cucina a una certa ora e non sai quando esci, che la lunga strada per il successo è la fatica. Lo dice anche Massimo (Bottura ndr): in cucina la carriera, dal lavapiatti in su, si ottiene con il sudore. Lo dice quando parla di Pane, burro e alici: “non è un miracolo tecnico e tanto meno concettuale, ma solo uno di quei rari casi in cui prevalgono verità e giustizia”,quella della fatica che c'è dietro, da quella di chi ha pescato e chi ha salato le alici in poi.

 

In cosa si discosta il vostro locale dalle insegne tradizionali?

Nei modi in cui lavoriamo le alici. È una cosa che ci caratterizza, pensa che anche chi arriva dicendo che non ama le alici poi al Convento si ricrede. Abbiamo mirato all'obiettivo: valorizzare il nostro pesce azzurro. Abbiamo lavorato su quello e continuiamo a farlo.

 

Parliamo di produttori e di materia prima

Tutto il progetto del Convento sta lì: dai produttori del San Marzano ai pescatori locali. Diamo lustro a tutto quel che c'è in questa zona, come i giardini sui terrazzamenti, perché da noi, non si può parlare di orti: sono veri e propri giardini verdi.

 

Dovendo identificare la vostra cucina con un solo prodotto, quale?

Le alici.

 

Ma c'è un piatto che vorreste togliere dal menu ma non potete perché i clienti li chiedono sempre?

Più di uno, ho un menu con poche voci e tre sono obbligate: lo scammaro, la genovese e la colatura.

 

Quale è il piatto su cui avete osato di più?

La genovese di tonno, perché siamo andati a toccare uno dei classici della nostra cucina: la genovese è una scuola di pensiero.

 

Ma in che modo ti rapporti con la tradizione?

La tradizione è tradizione, ma bisogna guardarla da 10 chilometri di distanza, come dice Massimo. Certe cose sono le mie radici, ma uno spaghetto con la colatura 20 anni fa era molto sapido e pieno di aglio, non posso farlo ancora così, e lo stesso vale per il ragù preparato con la sugna, per carità, buonissimo, ma pesante. Oggi bisogna giocare con gli equilibri, alleggerire certe ricette.

 

Siete premiati con i Tre Gamberi, la massima valutazione per le trattorie. Non hai mai pensato di spingervi più verso un altro tipo di ristorazione?

Quando abbiamo tolto i biliardi e le altre cose mi sono dato l'obiettivo di fare la grande trattoria italiana, con grandi materie prime, ma anche alleggerimenti in cucina usando strumenti, conoscenze e tecniche moderne. Poi quando era il periodo delle sferificazioni mi sono detto: “ma dove vado, io?”. Ho i piedi nella tradizione, non ho le tecniche hanno gli altri, ho l'umiltà di dirlo, magari oggi con mio figlio ci può essere un cambiamento. Le tecniche di un Bottura, Cuttaia o Cedroni non le ho. Sono un uomo da mestolo e non da pinzette.

 

Al Convento – Cetara (SA) – piazza S. Francesco, 16 – 089 261039 – www.alconvento.net

 

a cura di Antonella De Santis

 

 


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