Una cucina robusta frutto dell'antica tradizione agricola e pastorale del luogo, una tavola ricca fondata sulle tante eccellenze locali e sulle usanze pugliesi importate grazie alla transumanza: la gastronomia molisana è un inno ai sapori autentici, di montagna, forti e sinceri. Fra questi, i primi piatti, realizzati con paste eccezionali, dalla storia antica e il fascino intramontabile.
“Questa provincia è stata sempre riguardata come il granajo di Napoli”. Così Giuseppe Maria Galanti, letterato ed editore napoletano, descrive la grande produzione di cereali molisana. Foriero di eccellenze gastronomiche di ogni tipo, dai salumi ai formaggi, dal mais agli ortaggi, il Molise ha saputo conservare intatto quello spirito orgoglioso e il carattere schietto tipico della gente del luogo: pastori, contadini, casari, artigiani che hanno reso unica la cucina locale, imprimendo un marchio distintivo su ogni prodotto. Gusti sinceri e sapori intensi caratterizzano la gastronomia molisana, molto spesso dimenticata in favore delle cucine limitrofe del Centro e Sud Italia. Eppure, il territorio molisano è sfaccettato e selvaggio, si snoda fra tratti di natura incontaminata, fazzoletti verdi incastonati fra i monti e spiagge che si estendono lungo la cosiddetta Costa Verde. Un'oasi di tranquillità dove i piaceri della tavola incantano con la loro atmosfera antica, ferma nel tempo. Fra mais Agostinello – antica varietà recuperata negli ultimi anni – patate, farina di grano tenero e farro, il Molise non poteva che sviluppare una tradizione florida di primi piatti golosi e invitanti. Tanti i formati di pasta, molti dei quali condivisi con più regioni, come i quadrucci e le sagne. Qui, abbiamo voluto raccontarvi quelli che meglio di tutti rappresentano la tavola locale, dai più conosciuti (cavatelli e fusilli in primis) ai meno noti.
Cavatelli
Uno dei formati più rappresentativi della regione, presente anche in Puglia e oggi diffuso in gran parte della Penisola. Cazzarille, ciufele, cavatielle 'ncatenate: qualsiasi sia il nome, sono sempre loro, i cavatelli, una pasta di semola di grano duro e acqua dalla caratteristica forma allungata. Si narra che furono inventati sotto il regno di Federico II, anche per soddisfare le esigenze gastronomiche del re. Sono fatti a mano “incavando” - come si dice in dialetto locale - la pasta (talvolta arricchita con patate lesse) con la pressione dell’indice e del medio. Solitamente si condiscono con ragù o sugo a base di carne di maiale, oppure con verdure tipo cardoncelli o broccoli, che in Molise tutti chiamano“spigatelli”. A Montenero di Bisaccia il piatto tipico del paese sono i cuzzutilli con la Ventricina di Montenero, salume a base di cosce, lombo, spalle e anche una parte di grasso duro, mescolati insieme e conditi con sale, finocchietto selvatico, polvere di peperone e pepe. Diversi sono invece i cecatelli, scavati con un solo dito anziché due. Ci sono poi le vredocchie, gnocchetti cavati con due dita tipici di Santa Croce di Magliano, dove vengono conditi con broccoli, olio e peperoncino.
Cappellacci dei briganti
Una ricetta che appartiene tanto al comune di Formello, in provincia di Roma, quanto al basso Molise. Il nome trae ispirazione dai cappelli a forma di cono con falda rivoltata verso l'alto tipici che indossavano i briganti, che per molti secoli, fino alla seconda metà dell'Ottocento, hanno percorso il territorio molisano e laziale. Le origini di questo formato sono sconosciute, quello che è certo, però, è che la variante laziale è molto diversa da quella molisana. La prima è una sorta di crespella a base di farina di grano duro, uova, acqua e sale, ripiena di ragù, solitamente di agnello, mentre la seconda, diffusa soprattutto nel territorio di Jelsi, è una pasta di grano duro, uova, acqua e sale avvolta su se stessa a forma di cono.
Fusilli
Macaron dell'Alta Lagna in Piemonte, subioti in Veneto, maccheroni bobbiesi nel piacentino, ciufolitti in Abruzzo, Molise e Alto Lazio, ma anche zufoletti, sfusellati o gnocchi col ferro. E poi code di topo del barese, fusille nel foggiano, firzuli in Basilicata: i fusilli sono uno dei formati italiani più conosciuti in tutto il mondo, oggi presenti in ogni regione, ma che devono i loro natali al territorio molisano. Fatti con farina di grano duro, acqua e un pizzico di sale, vengono poi arrotolati su un filo di ferro e messi a essiccare: questa la caratteristica principale della pasta, inizialmente preparata con un ferretto in vendita dal fabbro e poi con quello da calza, o ancora quello dell'ombrello. Esistono molte varianti dei fusilli: quelli avellinesi, per esempio, sono più allungati e stretti, in altre zone si aggiungono spinaci, barbabietole o nero di seppia per colorarli. Una tipica ricetta regionale sono i fusilli alla molisana, conditi con un sugo di carne d’agnello o con un sugo di carni miste (agnello, vitello e salsiccia di maiale). In qualsiasi caso, si tratta di una ricetta creata in Molise ma messa a punto a New York dai fratelli Guido e Aurelio Tanzi, che nel 1924 crearono un dispositivo tecnologicamente più avanzato e preciso per la realizzazione del fusillo perfetto. Chiamata busiata in Sicilia e busa in Sardegna, la pasta cela anche una matrice araba, dal termine “bus”, che indica la tipica canna arundo aegyptica sulla quale gli arabi erano soliti avvolgere l'impasto. Antenati dei fusilli sono gli strangolapreti, già presenti nel Quattrocento in tutta l'Italia merdionale e in Carnia.
Graviuole
Le graviuole molisane sono una delle migliori espressioni dell'antica tradizione contadina e montanara locale. Fortemente legata alla pastorizia, la regione nel tempo ha saputo creare piatti squisiti, oggi simbolo della propria cucina, partendo da materie prime povere e facilmente reperibili, quelle che hanno rappresentato per secoli il pasto tipico dei pastori. Un tempo, infatti, per rinfrancarsi dopo il duro lavoro fra i monti, si trovava ristoro nei caseifici della zona, piccole botteghe spartane ben diverse dalle strutture attuali, dove gli allevatori lavoravano il latte munto al mattino. Nasce così l'abitudine di aggiungere ai formaggi le erbe spontanee di montagna, per un amalgama di sapori decisi da abbinare alla pasta fatta in casa, per una pausa pranzo golosa e nutriente. È proprio questo, infatti, il mix di ingredienti alla base delle graviuole, quadrati di farina di grano duro, uova e sale ripieni di ricotta o altri formaggi a pasta molle, ortaggi e spezie. Oggi ne esiste anche una versione più succulenta che prevede l'aggiunta del maiale nel ripieno, ma in qualsiasi caso il condimento tradizionale resta il ragù d'agnello.
Laianelle
Farina di grano duro, uova, sale: un impasto classico per un formato insolito e spesso dimenticato, le cui origini si perdono nella notte dei tempi. Le laianelle sono il piatto per eccellenza del territorio di Monteroduni e Montorio dei frentani, delle golose lagane quadrate ripiene di ricotta di pecora, pepe, noce moscata e chiuse a triangolo. A insaporirle, ancora una volta è il ragù d'agnello, un sugo popolarissimo in ogni zona del Molise, accompagnamento perfetto per queste paste dal gusto pieno e robusto. Il nome deriva dal mattarello utilizzato per assottigliare la pasta, chiamato in dialetto locale “laganature” o “laianature”. La sfoglia, infatti, va lavorata molto finemente per essere poi farcita con il formaggio fresco, vero protagonista del piatto.
Lenzolere
Dette anche cuscnènere, le lenzolere sono delle strisce di sfoglia spesse, larghe e tagliate trasversalmente in maniera disomogenea, chiamate così per via del colore chiaro dato dall'albume, che conferisce all'impasto un aspetto candido come quello delle lenzuola e cuscini. La sfoglia, infatti, si prepara con semola di grano duro, albumi d'uovo e sale, e una volta cotta viene condita con sughi semplici e leggeri, come il classico pomodoro e basilico. Oggi diffuse in varie zone, le lenzolere sono tipiche di Castelbottaccio, dove in passato le massaie avevano l'abitudine di aggiungere gli albumi avanzati agli ingredienti della pasta fatta in casa.
Maccheroni crioli
I crioli molisani sono un formato di pasta tipico delle feste. Il nome deriva dai lacci delle scarpe che i pastori utilizzavano durante l’inverno. Fatti di semola di grano duro, uova e acqua, sono molto simili ai maccheroni alla chitarra, ma a sezione quadrata. Vengono consumati con il sugo di maiale, il ragù di carne di pecora o di papera muta. Un tipico piatto natalizio in Molise sono invece i crioli con il baccalà e le noci, versione più ricca riservata alle occasioni speciali.
Crioli molisani con tartufo del ristorante Miseria e Nobiltà
Menuzze
Mai come nel caso delle menuzze (o tretarielle) si può parlare di ricetta di recupero, ovvero di un piatto nato per riciclare gli avanzi, evitando sprechi di cibo e costi ulteriori. La tradizione delle menuzze nasce a partire dagli anni '50, periodo in cui la pasta secca veniva venduta sfusa, esposta in grandi cassette di legno, una pratica durata per decenni prima dell'avvento delle confezioni industriali. Un'abitudine che, però, portava i proprietari delle botteghe a ritrovarsi sempre con tanti rimasugli di pasta di vari formati, venduti per questo motivo a prezzi stracciati. Stesso problema si presentava anche nei grandi pastifici, che con i tanti avanzi rotti e spezzettati delle varie tipologie di pasta erano costretti ad abbassare i costi per venderli. Inizia così a diffondersi fra la popolazione molisana l'usanza di raccogliere tutti i fondi dalle cassette e utilizzarli per zuppe e brodi, specialmente di pesce, creando quella che a Napoli venne poi definita “munnezzaglia”. Oggi, le menuzze sono dei mix di varie paste, cotti insieme per accompagnare brodi e minestre.
Paccozze
Dei rombi grandi come il palmo di una mano a base di grano duro, uova e sale: sono le paccozze (da pacca, ovvero mano), delle sfoglie sottili tradizionalmente cotte nel latte e accompagnate da un ragù di carne e pecorino. Un formato che nasce a Castelbottaccio ma che si diffonde ben presto in tutti gli altri comuni, tipico della festa dell'Ascensione, celebrazione durante la quale, in Molise, è vietato lavorare. Come recita un antico detto popolare: “Pe l'Ascenza, 'nze chiante né se schiante, 'ne mette 'u file a l'aghe, né 'u pettene a la cape”.Unico lavoro consentito è la mungitura: il latte, a patto, però, che sia regalato oppure utilizzato per preparare i piatti della festa, da condividere con amici e parenti. È proprio il latte il simbolo delle celebrazioni, un prodotto fortemente legato alla vita cittadina, tanto che a Isernia, fino agli inizi del Novecento, in occasione dell'Ascensione veniva messo in piazza un grande secchio di latte fresco a cui tutti potevano attingere, come buon augurio per le vacche e le pecore di ritorno dalla transumanza in Puglia.
Raviolo scapolese
A Scapoli, piccolo comune in provincia di Isernia, sono i ravioli a farla da padrone fra le varie paste ripiene della regione. Quello scapolese è un involucro di pasta all'uovo farcito con salsiccia, bieta, patate, uova e parmigiano, ma ne esiste anche una versione con la pancetta e un'altra ancora con la carne macinata. Come condimento, si opta solitamente per un classico sugo di pomodoro, talvolta arricchito con lo spezzatino di carne. Oggi è fra i prodotti più in voga della provincia, tanto da avere una sagra dedicata ed essere presente a tutte le feste dei vari paesini.
Taccozze
In Molise, poi, non possono mancare i maltagliati, formato comune a tutte le regioni del Centro Italia, dove è presente con nomi diversi. La versione molisana è chiamata taccozza, ed è un rombo di acqua e farina (alle volte anche uova), cotto in acqua bollente e condito con i fagioli. Un piatto che affonda le sue radici nella tradizione contadina, per diverso tempo quasi scomparso ma oggi tornato alla ribalta grazie al grande interesse verso la gastronomia del territorio. In qualsiasi caso, non è difficile trovarlo nel menu delle trattorie più caserecce, nella versione originale oppure, meno frequentemente, quella mare e monti.
Zengarielle
Già ai tempi dei romani, nelle ville dell'Ager Larinum (attuale territorio di Larino), uno dei cereali più coltivati e diffusi era il farro, ancora oggi fra le specialità agroalimentari della regione, coltivato a circa 700 metri di altezza. Bisogna attendere l'epoca medioevale affinché il grano inizi a prendere il posto del farro nelle coltivazioni locali fino a sostituirlo, quasi del tutto, a fine Settecento. Le varietà più tenere del grano hanno trovato spazio nelle campagne di Campobasso, Casacalenda, Montagnano e San Giovanni, mentre a Iseria e Larino è stato il grano duro a prevalere sugli altri. Le zengarielle sono fra i pochi formati di pasta a base di farro presenti attualmente nella cucina locale. Caratterizzati dal tipico colore bruno, questi spaghetti spessi e dal diametro ampio vengono preparati solitamente in occasione della Vigilia di Natale, conditi con olio, acciughe e briciole di pane tostato, “che la mollica”, in dialetto.
La ricetta: cavatelli
Come ricetta abbiamo scelto quella dei cavatelli, formato simbolo della regione, interpretato dallo chef Simone Rugiati in due varianti: con i frutti di mare, oppure con porcini, rucola e taleggio.
a cura di Michela Becchi
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