Alberto Tasinato, ex restaurant manager del Seta al Mandarin Oriental Milano, ci presenta il suo nuovo progetto. Si chiamerà L'Alchimia e aprirà a fine marzo 2018 a Milano.
Da una parte il lounge, aperto dalle 12 alle 24, dall'altra - riparato dalla strada - il ristorante. In totale 80-85 coperti, forse qualcuno in più. Gli spazi ci sono: 260 metri quadrati e una cantina al piano interrato con volte a botte e mattoni a vista, che varrà la pena di visitare. Anche per le centinaia di etichette presenti. Del resto, qui, il vino è di casa. Siamo a Milano in viale Premuda, tra Porta Venezia e 5 Giornate, nei locali che per tanti anni sono stati della storica enoteca Gaboardi e Pogliani.
Via Premuda
E in ideale continuità si pone il prossimo progetto, che cela, sotto l'insegna L'Alchimia, un nome familiare agli appassionati di buon vino e buon cibo, quello di Alberto Tasinato, classe 1985, smesse da qualche tempo le vesti di restaurant manager del Seta, al Mandarin Oriental Milano (Tre Forchette per la guida Ristoranti d'Italia del Gambero Rosso). Insieme a lui Patrizia Riccardi, Edoardo Veronoli e Samuele Serra, quest'ultimo imprenditore del settore della ristorazione (all'attivo altri sei locali nel capoluogo lombardo tra la stazione e Brera) che per l'occasione si confronta con un progetto diverso dai precedenti. “Volevo fare qualcosa di mio, lui un ristorante di tipo diverso da quelli che già ha” racconta Alberto “Mi ha detto: non voglio fare un ristorante turistico, e neanche spendere miliardi. Ci siamo trovati”. Così è partito tutto, con i primi incontri che risalgono a maggio scorso.
Davide Puleio. Foto Andrea Moretti
La squadra
In cucina Davide Puleio, già sous chef di Luciano Monosilio alla corte di Alessandro Pipero a Roma. Giovane, capace, “mi è piaciuto quando ci siamo conosciuti, e poi è uno che sa cosa significa lavorare in un posto in cui la sala ha un peso importante”. Il resto della squadra (17 o 18 persone) è ancora da definire, così come alcuni piatti, ma il tempo c'è: l'apertura è per fine marzo, “questa parte affrontata ora ha un suo fascino, c'è il tempo per capire meglio le persone e mettere a fuoco le idee. Il tempo a locale chiuso è sacro” spiega“C'è la pressione dei lavori ma non del servizio e dei clienti”. In sala Valerio Trentani (anche lui per un paio di anni al Seta del Mandarin) a gestire ristorante e lounge, “ha una grande passione per il bar e ama entrambi gli ambenti”. A lui il compito di condividere, con Alberto, il lavoro tra i tavoli. Che si preannuncia determinante: “ci saranno un'interazione forte con gli ospiti e tante preparazioni da concludere in sala: aggiungere una salsa, versare un brodo, tagliare una carne. Questo prevede che ci sia una relazione con il cliente, un contatto di un paio di minuti”. E non sono pochi. “Perché tutto questo funzioni è necessaria una collaborazione con la cucina: più queste due realtà sono coordinate più le cose volano”.
La proposta
Legno in terra, alle pareti qualche mattoncino a vista, travi al soffitto, così il locale sta trovando, giorno dopo giorno, una nuova veste nei due ambienti, firmata dallo studio Com.Ar. Da una parte il bar: sedute alte e 20-25 coperti dove per tutto il giorno si potrà scegliere una delle tapas della piccola carta (“ma chissà se si chiameranno tapas”), bocconcini pensati per accompagnare un bicchiere. “Ma nulla di troppo cucinato”, per differenziarlo dal ristorante con quei tavoli “in massello belli belli” lasciati nudi, senza tovaglia. Qui alla carta snella - 4 antipasti, 4 primi, 3 secondi di pesce e altrettanti di carne, 5 dolci - si aggiunge un menu degustazione di 5 portate (65 euro) molto fluido, aperto a modifiche o aggiunte, nell'ottica di un servizio teso al rispondere ai desideri e alle esigenze dei clienti. Stesso discorso anche per i vini: il percorso di abbinamento al calice si apre a drink o tè, secondo le preferenze e le esigenze di ognuno, per un approccio al vino il più possibile facile.
La cucina
Non sarà un bistrot, ma neanche un ristorante proibitivo. “Deve essere confortevole, tanto nell'atmosfera quanto nel menu” dice Alberto e spiega la sua idea di locale ad alta accessibilità “vogliamo fare in modo che tutti si sentano a proprio agio, trovando una chiave per intercettare i gusti delle persone senza però perdere la nostra connotazione”. L'idea è quella di una cucina rassicurante ma personale, con qualche signature dish e quel tocco di originalità che proietta i piatti al di fuori della tradizione pura e semplice, anche se la tradizione (non solo) milanese, è un'ispirazione costante “chi legge il menu non deve dire che non sa che prendere, che non se l'aspettava o pensava di trovare un'altra cosa”. Dunque non mancano la cotoletta o il risotto alla milanese - “anche se non so ancora come”, aggiunge lasciando intendere che non ci sarà paura di tradurre tutto in un linguaggio contemporaneo - così come suggestioni tradizionali all'interno di altri piatti più elaborati: la bagna cauda, magari accanto a una verdura fermentata, o la cacio e pepe nei ravioli con il ragù di coniglio. Ispirazioni e tecniche non mancano, per rinnovare dall'interno una proposta che si vuole confortevole ma dinamica, complice anche l'anno trascorso al Noma dello chef. “Vorrei che ci fosse più imbarazzo della scelta che imbarazzo perché nulla convince o suona familiare” e in questo torna in primo piano il ruolo della sala, che deve accompagnare il cliente nella scelta, raccontare i piatti e intercettare i gusti delle persone.
La cantina
“Partiamo con 500 di etichette” annuncia Alberto. Bollicine? Tante: “quando fai un degustazione, se non fai un abbinamento al calice è facile che, cercando un vino che vada bene per tutto il percorso, poi si scelgano bollicine” e poi anche per via di quell'area lounge che chiama aperitivi e tanti vini spumanti, 5-6 su una mescita di circa 20 proposte. Con qualche cocktail a fare da corollario. Italia e Francia faranno la parte del leone. “Ma ci sono anche altre regioni del panorama enologico”. Da uno come Tasinato ci si aspetta una lista al calice divertente, “oggi il Coravin consente di giocare molto” e lui vuole giocare, mettendo in programma proposte al calice che, dai 5 euro ai 90, possano accontentare tutti. È un po' un'eredità degli anni al Seta: “lì ho imparato che il cliente va accontentato in tutto, eravamo presenti 24 ore al giorno, facendo anche il servizio in camera, e ogni ospite lo seguivamo dal suo arrivo fino al momento in cui lasciava l'albergo al mattino. E a volte anche dopo: magari consigliandolo se andava in altre città”. Due anni e mezzo in un posto come il Seta lasciano il segno: “è rimasto il buon rapporto con Antonio Guida”con cui aveva già lavorato al Pellicano, e l'esperienza in una struttura come quella di un grande albergo dove gli standard sono altissimi “interfacciarsi con tutti i reparti - risorse umane, marketing, pr, - impone ordine e regole, mette dei paletti che però sono utilissimi: fanno capire il modo più corretto di fare ogni cosa”. E poi, è stato proprio Tasinato a coordinare il lavoro che è valso al Seta il premio come miglior servizio di sala in albergo per la guida di Milano 2018 del Gambero Rosso.
L'Alchimia – Milano – viale Premuda, 34
a cura di Antonella De Santis