Il cibo italiano piace specialmente in Germania, che guida la classifica degli importatori del made in Italy agroalimentare, garantendo all'Italia quasi 7 miliardi di fatturato. Ma il 2017 ha fatto registrare un generale incremento dell'export, +7% rispetto all'anno precedente. E anche negli Stati Uniti i prodotti tricolore volano.
Made in Italy da record
Comincia nel migliore dei modi l'anno nazionale del cibo italiano che i ministri Dario Franceschini e Maurizio Martina hanno proclamato all'unisono all'inizio del 2018. A far esultare gli addetti ai lavori del comparto agroalimentare, e l'Italia intera perennemente alla ricerca di una stabilità economica che faccia dormire sonni tranquilli, è il record fatto registrare dalle esportazioni del made in Italy alimentare nel 2017. Un risultato mai raggiunto prima per un fatturato pari a 41,03 miliardi di euro e un incremento del 7% rispetto all'anno precedente, che di fatto consolida il trend positivo dell'agroalimentare nazionale sui mercati esteri. Nello specifico, stando ai dati Istat sul commercio estero ripresi da Coldiretti, i maggiori importatori di eccellenze italiane si trovano dentro i confini dell'Unione Europea: quasi 2/3 delle esportazioni (per un valore di oltre 26 miliardi) finiscono sulla tavola di consumatori europei. Ma anche gli Stati Uniti si confermano una destinazione a cui guardare con attenzione per tenere alta la bandiera del made in Italy nel mondo: con 4,03 miliardi di euro di fatturato, gli States sono il mercato extraeuropeo decisamente più favorevole per i nostri prodotti.
A chi piace il cibo italiano
Ma in futuro sarà fondamentale sfruttare le potenzialità di mercati più giovani, ma promettenti, come la Cina. Il made in Italy sul territorio della potenza asiatica vale (solo!) 448 milioni di euro, ma le opportunità di crescita sono ben prevedibili, e il confronto con il passato indica comunque percentuali in crescita, con un +14,8% delle esportazioni di cibo italiano. Mentre più difficile, per il momento, resta la relazione con la Russia (sebbene il dato sull'export indichi +24%, ma bisogna considerare l'effetto dell'embargo da un paio d'anni a questa parte), e altrettanto limitate sono le esportazioni alla volta del Giappone. In Europa, invece, il cibo italiano piace specialmente alla Germania, prima nella classifica mondiale degli importatori made in Italy davanti a Francia e Stati Uniti. I tedeschi, così, fanno guadagnare al comparto agroalimentare tricolore ben 6,89 miliardi di euro, ma anche i cugini francesi dimostrano di apprezzare i nostri prodotti: in Francia il valore dell'export agroalimentare sale a 4,53 miliardi (+8%).
Strategie e obiettivi
I meriti, secondo il ministro del Mipaaf Martina sono da distribuire “ tra le nostre aziende, piccole, medie e grandi che hanno saputo guardare al mondo e il piano di internazionalizzazione voluto dal Governo, con il marchio unico per l'agroalimentare italiano”, e certo la volata lanciata da Expo 2015 non è stata ininfluente. Poi c'è la diplomazia, che ha giocato un ruolo fondamentale nell'apertura di frontiere prima precluse a specifici prodotti, “si pensi ai salumi negli Stati Uniti, o al maiale in Cina (rispettivamente dal 2014 e 2016, ndr)”, ma pure al via libera per uva da tavole e susine in Canada e alla buone relazioni ristabilite con Marocco e Algeria riguardo alla vendita di materiale di moltiplicazione di vite e fruttiferi. I prossimi obiettivi, quindi, tendono alla valorizzazione del patrimonio enogastronomico nazionale, che si concretizzerà con un giro di vite sulla trasparenza in etichetta (sul percorso già avviato con grano, formaggi, riso) e con l'ambizione di puntare alla vetta dei 50 miliardi in export agroalimentare entro il 2020.
a cura di Livia Montagnoli