Requisiti severissimi (involontariamente comici?) per ambire agli sgravi fiscali promessi dal Comune di Verona a ristoranti, locande e osterie che difendono la tradizione gastronomica locale. L'ultima idea dell'amministrazione per tutelare la tipicità a tavola.
La nuova ristorazione veronese
È una città che sta riscoprendo un certo eclettismo in cucina, Verona, che nell'ultimo anno ha visto esordire diverse realtà gastronomiche degne di nota. In via Amanti, per esempio, prima dell'estate scorsa ha inaugurato Saporè Downtown, seconda insegna di Renato Bosco in centro città, la prima strutturata sul modello di San Martino Buonalbergo, con servizio al tavolo e circa 70 posti a sedere. E solo qualche settimana fa, nei primi giorni del 2018, la pizza ha trovato un altro ambasciatore d'eccellenza in Guglielmo Vuolo, attore protagonista del format Assaporito al debutto in viale del Lavoro, zona Fiera. Ma c'è spazio anche per proposte di cucina contemporanea che cercano di offrire alternative originali a una platea comunque decisamente internazionale, visto il gran numero di turisti stranieri che ogni giorno affollano le strade del centro tra una foto al balcone di Giulietta e una visita all'Arena. Proprio all'interno del museo dell'Arena da un paio di mesi ha aperto Amo Bistrot, formula di ristorazione da museo piuttosto fresca nell'allestimento degli spazi e nella concezione del menu. Intanto, a pochi metri dall'anfiteatro romano simbolo della città, ha esordito pure l'avamposto sulla terraferma dell'Escargot di Fabio Groppi, bella idea di cucina mediterranea nata sulle spiagge della Sardegna e riproposta al Nord, in via Oberdan. Mentre parla in modo esplicito la lingua della cucina internazionale il menu di Yard, ristorante “globetrotter” inaugurato in corso Cavour alla fine di novembre, tra platano fritto e patatine al tartufo, paste della tradizione italiana, falafel e lobster roll.
La cucina tradizionale. Il circuito dei ristoranti tipici
Ma lo zoccolo duro della ristorazione veronese è indubbiamente rappresentato dalle insegne tradizionali, quelle che tramandano una tradizione a tavola antica e valorizzano i prodotti di un territorio di lunga consuetudine rurale. Col sostegno di un contesto sociale (e amministrativo) che non ha mai fatto mistero del suo campanilismo (celeberrima e infinita la tenzone del tiramisù che oppone Veneto e Friuli Venezia Giulia nel rivendicarne la paternità). In difesa delle insegne che divulgano la tipicità gastronomica veronese, dal 2013 il Comune certifica l'elenco dei Ristoranti Tipici di Verona, di recente cresciuto a comprendere 14 attività, con la consegna di 7 nuove targhe consegnate nei giorni scorsi a Palazzo Barbieri. A riceverle l'Osteria Dogana Vecia, l'Osteria dal Cavaliere, la Locanda Ristori, la Bottega del Vino, il Caffè Monte Baldo, Al Calmiere, il Ristorante Scaligero, premiate perché “con i loro menu tipici contribuiscono a diffondere la tradizione culinaria veronese”. Proprio con questo obiettivo, il Comune proporrà presto percorsi tematici che valorizzino i prodotti del territorio nell'ambito di eventi tematici nel circuito dei ristoranti di tipici. E fin qui, nulla di nuovo.
Meno tasse per chi serve la tradizione
La proposta che più sta facendo discutere, invece, mette mano al bilancio comunale, promettendo sgravi fiscali, fino al 50% in meno sull'importo della Tari (la tassa sui rifiuti), per gli esercizi che portano in tavola soppressa e pastissada, polenta e pearà, una salsa povera fatta con pane raffermo grattugiato, midollo di bue, brodo di carne e abbondante pepe che accompagna spesso i bolliti. La proposta è al vaglio della commissione comunale sulle attività economiche e dovrà seguire l'iter previsto per le riforme al regolamento che disciplina il settore commerciale. Ma difficilmente troverà ostacoli sul cammino, considerando che già due anni fa la giunta approvava una delibera molto discussa per vietare l'apertura di attività artigianali dedite alla produzione e vendita di cibi etnici in tutto il centro storico (una variante – più discriminante? - dei provvedimenti varati negli ultimi anni per proteggere molti centri storici della Penisola, Firenze in testa). I criteri per aggiudicarsi lo sconto fiscale? “I piatti tradizionali devono rappresentare almeno il 50% dell’offerta gastronomica ed essere preparati prevalentemente nella cucina del locale, utilizzando il 50% di prodotti tipici della provincia di Verona o del Veneto ovvero di prodotti a chilometro zero”, ma pure offrire “un'atmosfera confortevole e accogliente, con biancheria di stoffa, stoviglie e posateria non di plastica”. Ultimo punto per la selezione dei vini, che “deve privilegiare per almeno il 50% le denominazioni e le aziende che producono e imbottigliano in provincia di Verona”. E di produzione locale dovrà essere pure l'olio extravergine portato in tavola. Prova definitiva: il confronto con la lista dei piatti stilata da una commissione di esperti, che la Giunta dovrà preoccuparsi di convalidare. Pignoleria gastronomica o pregiudizi culturali?
a cura di Livia Montagnoli