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Verso l'accordo con il Mercosur. Incognite e prospettive per l'agroalimentare Ue

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Per l'Italia l'intesa Ue-Mercosur significa soprattutto incremento dell'export di vino e olio d'oliva verso il Brasile di contro c'è l'apertura delle quote di carne di manzo verso l'Europa. Le associazioni: “No alla chiusura del trattato ad ogni costo. L'agricoltura non diventi merce di scambio”

Il 2018 si apre su uno scenario mondiale pronto a nuovi accordi commerciali e, quindi, a nuovi equilibri. In questo momento, a tenere la scena sono, in particolare, i negoziati tra Unione Europea e Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela). L'ultimo round negoziale si è tenuto a fine novembre, ma l'intenzione è di chiudere l'accordo entro marzo, ovvero prima delle dimissioni dell'attuale governo brasiliano (il Brasile sarebbe il maggior interlocutore), in vista delle elezioni che – secondo gli ultimi sondaggi - potrebbero riconsegnare il Paese all'ex capo di stato Luiz Inácio Lula da Silva (al netto della sentenza sulla sua condanna attesa per il 24 gennaio). Si ricorda, inoltre, che quest'anno andranno al voto pure Venezuela e Paraguay.

Anche nel caso del Mercosur, com'è già stato per Canada e Giappone, l'agricoltura riveste un ruolo chiave, sebbene stavolta in modo bilaterale. Trattandosi di Paesi in via di sviluppo, infatti, l'agricoltura rappresenta il loro cavallo di battaglia, lì dove l'Europa avrebbe da far valere anche la forza di altri settori, tra cuichimica e meccanica. Ma, ammonisce la Cia:"l’agricoltura non diventi merce di scambio". Non usa mezzi termini la confederazione degli agricoltori: "Ci opponiamo da subito a eventuali accordi che barattino il capitolo agricolo con altre partite aperte, per chiudere il negoziato a ogni costo".

 

L'apertura per vino e olio

Di fatto, fino al round di novembre, due dei settori chiave per l'Italia - il vino e l'olio d'oliva - non erano compresi negli accordi. Ma le associazioni di settore, su questo punto sono state chiare, nei diversi incontri avuti in queste settimane con il ministero dello Sviluppo Economico: "Senza olio e vino non appoggeremo l'accordo". E pare – ma al momento non c'è l'ufficialità – che intanto i due prodotti agroalimentari siano stati inseriti. Per lo meno in materia di dazi. L'accordo prevede, infatti, la liberalizzazione sui dazi per il 90% dei beni dall'Ue verso il Mercosur, e del 91,2% viceversa. Il punto percentuale di scarto è dovuto al fatto che si parla di un'area in via di sviluppo e, quindi, l'Europa dovrà cedere qualcosa in più.

 

Situazione attuale: dazi e barriere non tariffarie

In attesa del prossimo round (quello decisivo?), vediamo cosa regola, allo stato attuale, lo scambio di vino dall'Europa verso il Mercosur. Tenendo ben presente che dei cinque mercati in questione, quello davvero strategico per l'Europa è senz'altro il Brasile. Qui i dazi sui vini europei al 20% non aiutano, di certo, le esportazioni.

"Si prevede che il Brasile aumenterà i suoi consumi pro capite di vino” sottolinea l'Unione Italiana Vini“e l'Italia non può non essere competitiva, anche perché al momento Cile e Argentina hanno una via preferenziale verso questo mercato. Fondamentale diventa, quindi, l'abbattimento di quel dazio al 20% sin dall'entrata in vigore dell'accordo. Che, considerati anche i tempi di ratifica, non sarà prima di un biennio”.

Non solo. Ci sono anche parecchie difficoltà relative alla barriere non tariffarie, tra cui le molte pratiche enologiche riconosciute dall'Oiv-Organizzazione internazionale della vigna e del vino (di cui il Brasile fa parte) e non accettate dalle autorità brasiliane.Nodi assolutamente da sciogliere, attraverso un mutuo riconoscimento delle diverse pratiche, se si vuole davvero facilitare il commercio vitivinicolo.

Tra i maggiori ostacoli c'è, poi, l'indicazione delle espressioni che indicano il grado zuccherino nei vini spumanti. Ciò significa che l'indicazione del Brut europeo non corrisponde a quello del Brut brasiliano, così come l'Extra Brut e così via. Non esiste al momento una soluzione unica per sopperire a questa difficoltà. Si può ricorre a due diverse menzioni in etichetta, creando, però, confusione nel consumatore o, ancora peggio, rischiando che le dogane brasiliane non accettino la doppia menzione e mandino indietro il prodotto. Anche perché, come spiega l'Uiv, “il sistema brasiliano in materia di vino è in continua evoluzione e, quindi, diventa problematico stare al passo con le loro leggi. Per questo chiediamo un capitolo da inserire nel Trattato che risolvesse tutte le questioni non tariffarie aperte”.

 

Il do ut des dei negoziati

Ma una cosa appare chiara a tutte le associazioni di categoria: ciò che verrà concesso in materia di vino, sarà direttamente proporzionale alle concessioni che l'Europa farà nel settore che sta più a cuore al Mercosur (Argentina in particolare): la carne di manzo. La richiesta sulla carne - su cui è in netta contrapposizione la Francia - è di un'apertura delle quote a 100 mila tonnellate l'anno. Si tenga presente che l'Europa ne consuma complessivamente tra i 7 e gli 8 milioni di tonnellate l'anno. Altro capitolo aperto è quello dell'etanolo, tema caldo su cui i Paesi del Mercosur chiedono maggiori concessioni (600 mila tonnellate senza dazio).

Tuttavia, se si facessero le suddette concessioni e, quindi, se olio e vino riuscissero ad entrare, last minutes, nell'accordo, stessa sorte non toccherebbe comunque alla pasta, che dovrebbe rimanere in quel 10% lasciato fuori dai beni europei che godranno di dazio zero.

È ancora la Cia a sollevare le maggiori preoccupazioni: “Oltre alla nota questione delle quote all’import di carni bovine, già sollevata a livello comunitario, si paventa la concessione di non applicare i prezzi all'entrata per i prodotti ortofrutticoli e ulteriori contingenti tariffari per il riso. Ciò si tradurrebbe in nuove crisi di mercato in comparti già in enorme difficoltà, come il riso e l’ortofrutta”. L'Unione Italiana Vini, dal canto suo, si dice favorevole al trattato, ma pone dei paletti:Nessun accordo è meglio di un cattivo accordo” dice a Tre Bicchieri il direttore Uiv Paolo Castelletti “Chiediamo, perciò, ogni sforzo possibile alla Commissione e al Mise affinché il vino rientri nel deal finale. Non possiamo perdere questo treno”.

 

Il caso Prosecco

Nell'area del Mercosur, particolarmente complicata risulta l'esportazione delle bollicine. Sia per una diversa corrispondenza delle tipologie rispetto ai gradi zuccherini, sia per la presenza in Brasile di diversi produttori di Prosecco, specialmente nella zona di Rio Grande do Sul. Produttori che rivendicano il loro diritto di continuare a fare questo vino italiano e di chiamarlo con questo nome, considerato anche che la varietà vitis vinifera “prosecco tondo” risulta iscritta nella banca dati brasiliana del geroplasma dell'uva sin dal 1981. Per questo, nel 2013 il Consorzio della Doc Prosecco aveva presentato un'istanza per il ottenere il riconoscimento della Do anche in Brasile. Tuttavia, ad oggi, il deposito non è maturato in registrazione. “Il riconoscimento è rimasto cristallizzato” spiega a Tre Bicchieri il direttore del Consorzio Doc Prosecco Luca Giavi in attesa della ratifica dell'accordo tra il Mercosur e l'Europa”. Cosa succederà dopo? La risoluzione n.079/2017 relativa ai negoziati prevede una procedura per l'esame da parte delle autorità brasiliane delle indicazioni geografiche dell'Unione Europea candidate a essere prese in considerazione nell'ambito dei suddetti negoziati. Tra queste, c'è anche il Prosecco, per cui l'Ufficio Marchi e Brevetti del Brasile (BPTO) pubblicherà il relativo fascicolo tecnico, affinché terzi possano presentare obiezioni nei confronti del riconoscimento e protezione delle stesse in Brasile.“Bisognerà, quindi, capire come verrà chiuso l'accordoconclude Giavisicuramente i loro Prosecco non potranno entrare in Europa. Sulle limitazioni nei loro Paesi possiamo discuterne. Ma, al di là del singolo accordo, ciò che auspico per il futuro è un registro mondiale delle indicazioni geografiche”.

 

Quanto vale oggi il mercato brasiliano per il vino italiano?

Nel 2016, l’export vinicolo italiano verso il Mercosur ha rappresentato circa 25 milioni di euro. Nello stesso anno, il totale delle esportazioni di vino Ue ha raggiunto circa 140 milioni di euro, di cui 120 milioni realizzati solo in Brasile. Viceversa e nello stesso periodo, il Mercosur ha esportato prodotti vitivinicoli nell’Unione Europea per circa 170 milioni di euro, di cui 165 milioni in virtù dell’export di vino argentino.

Il 2017 ha visto un'ulteriore ed evidente crescita in tutti i mercati in questione, come evidenziano le rielaborazioni Nomisma Wine Monitor sugli ultimi dati Istat disponibili. Complessivamente, da gennaio a ottobre, l'Italia ha spedito nell'area Mercosur 122,8 mila ettolitri di vino per un valore di 33,6 milioni di euro. L'incremento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, sia a valore, sia a volume, è del 64,1%. Crescono tutte le tipologie, con i vini fermi imbottigliati a 103,6 mila ettolitri (+63,7%), gli spumanti a 14,8 mila/hl (+32,5%) e lo sfuso a 4,4 mila/hl (addirittura, + 1020,4%, probabilmente a causa della scarsa vendemmia dell'ultimo anno).

La grande fetta di queste esportazioni è rappresentata dal Brasile, dove nei 10 mesi del 2017, sono arrivati 116,8 mila ettolitri di vino per un valore che supera i 31 milioni di euro (tutta l'area del Mercosur arriva appena a 33,6 milioni di euro!). Nella classifica a valore segue il Paraguay: 1,5 milioni di euro (+98,7%).

 

a cura di Loredana Sottile

 

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 18 gennaio

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