Originario di Fano, nelle Marche, Federico Delmonte è arrivato a Roma 5 anni fa. Dopo l’esperienza da Settembrini, due anni fa incrociava la strada di Stefano Chinappi, e del suo ristorante di pesce a Porta Pia. Ora il percorso insieme si conclude. Prossimo step? Un ristorante di proprietà.
Delmonte da Chinappi. Due anni fortunati
Due anni fa, Federico Delmonte (classe 1981) esordiva nella cucina di Chinappi, insegna capitolina longeva, e storicamente legata alla tradizione di mare cara al patron Stefano Chinappi. Complice la freschezza dei prodotti in arrivo dalla pescheria di proprietà sul litorale laziale, a Formia, la famiglia Chinappi ha scelto di proporre in città i piatti di una tradizione marinara solida e fondata sull’ottima conoscenza della materia prima. L’incontro con Federico, all’epoca in arrivo dall’esperienza di Settembrini (dove aveva preso il posto di Luigi Nastri, dopo una lunga gavetta, tra Londra, la Romagna del Povero Diavolo e del Magnolia, l’Enoteca Pinchiorri, persino un ristorante suo, proprio a Fano, il Vicolo del Curato), è stato la quadratura del cerchio. Il giovane chef di Fano a Roma ha messo su famiglia, e in città ha trovato il modo per esprimersi al meglio, maturare, farsi conoscere. Il percorso nella cucina di Chinappi ha rappresentato una bella opportunità di crescita, una comunione di intenti tra proprietà e chef che difficilmente, quando si verifica, delude le aspettative a tavola. Questo è stato Chinappi negli ultimi anni, vivacizzato dalla modernità delle preparazioni di Federico, capace di lavorare i prodotti del mare (lui, originario di una cittadina di grande tradizione marinara in cucina) senza appesantirli. Di fatto, proprio con l’apporto di Federico, il ristorante è riuscito a conquistare una clientela nuova, attratta dai guizzi di una cucina creativa comunque sempre ricondotta nel perimetro delle tradizioni della casa.
Stefano Chinappi
La fine della collaborazione
E l’esperimento ha ripagato, in termini di pubblico e visibilità: “La mia è stata una sfida con me stesso, ho voluto discostarmi dal passato per affacciarmi al mondo della cucina creativa, per stupire i miei clienti e conquistarne di nuovi”, ribadisce oggi il patron del ristorante di via Valenziani nell’annunciare la fine del sodalizio con Federico Delmonte. La notizia è che Federico ha già lasciato, da una settimana appena, il ristorante. Ma la decisione sembra essere maturata in accordo tra le parti, e motivata principalmente dalla voglia di sperimentarsi con una nuova sfida, in solitaria, che presto dovrebbe portare Delmonte ad aprire un ristorante suo in città. Chinappi, dunque, riparte dalle tradizioni di famiglia e del territorio, annunciando l’ingresso in una nuova fase di ristorazione, debitrice alla città di Formia e alla sua storia. E con l’arrivo in cucina, a partire dal 20 novembre, di un forno a legna per cucinare il pesce, “e non solo”. Per Federico, invece, si apre un periodo di riflessione, e ricerca.
Cucina di mercato e creatività. L’idea in solitaria di Federico
Le idee, per dir la verità, sono molto chiare, “e solo una proposta importante, che per ora non è arrivata, potrebbe farmi desistere dal mio obiettivo: aprire in proprio e presentare al cliente un ristorante che mi rappresenti al 100%”. “La mia collaborazione con Chinappi è stata importante, mi ha dato modo di sviluppare tante idee, e con Stefano mi sono lasciato in buonissimi rapporti. Ora però ho voglia di costruire un cammino che per quanto oneroso e rischioso possa dare un respiro diverso alla mia idea di cucina”. La ricerca del locale giusto, “uno spazio piccolo, gestibile con una persona in sala e un’altra ad affiancarmi in cucina”, è cominciata da un paio di mesi, per ora senza esito: “Trovare la propria dimensione a Roma non è semplice, ma io ho tutta l’intenzione di restare nella città che mi ha adottato. Credo di aver imparato a conoscere la clientela capitolina in questi anni, so cosa vorrebbe trovare al ristorante”.
La formula che sta maturando da un po’ è chiara: “Vorrei proporre una cucina di mercato, molto legata al mare, alla semplicità e alla qualità della materia prima. Un mangiare veloce di alta qualità, specialmente a pranzo. In parallelo però svilupperò anche la mia attitudine contemporanea. Il cuore dell’offerta sarà diretto e fruibile, chi vorrà potrà scoprire l’altro mio lato, quello sperimentale”. Con l’idea di essere molto presente anche in sala, per metterci la faccia, oltre che la firma in cucina: “Non voglio assolutamente penalizzare la figura di sala, e il servizio professionale. Però mi piacerebbe stabilire un rapporto diretto col cliente, proporgli soluzioni su misura, incentivare la tavola conviviale. Sto immaginando anche proposte da realizzare estemporanee, con i prodotti a disposizione sul momento, per tutto il tavolo. E poi variazioni sul tema a partire da un ingrediente lavorato in più forme”. Limitata la proposta di carne, “ma ci sarà”. Zone preferite? “Io abito in Prati, non mi dispiacerebbe trovare qualcosa qui. Invece escludo il centro più turistico, non è il tipo di clientela che mi interessa. Voglio dialogare con i romani, presentare loro una proposta snella e sincera”. Il 2018 potrebbe essere l’anno buono: “Spero di trovare presto, voglio stare fermo il minor tempo possibile”.
a cura di Livia Montagnoli