Dal Reale di Niko Romito al Metrò dei fratelli Fossaceca: sono tanti i locali sviluppati da Leonardo De Carlo, progettista che ha le idee ben chiare in fatto di design e arredi dei ristoranti. Filosofia e progetti dell'architetto abruzzese.
Il ruolo del design nei ristoranti
Recuperare l'attenzione sul design e l’architettura di spazi destinati alla ristorazione, ponendo l’accento sull’organizzazione e l’arredo degli ambienti. Questo l'obiettivo del Premio Internazionale di Architettura e Design Bar Ristoranti Hotel d'Autore conclusosi pochi giorni fa,unriconoscimento bandito dall’Istituto Nazionale di Architettura – IN/ARCH, Gambero Rosso, FederlegnoArredo, Università degli Studi Roma Tre, Artribune, Archilovers, con HostMilano e il patrocinio di ADI – Associazione per il disegno Industriale, che si propone di valorizzare gli esiti più originali del lavoro di architetti e designer al servizio della ristorazione. Perché il design, ormai lo sappiamo, è parte integrante dell'anima di un'attività e deve essere concorde con la filosofia che sta dietro ai fornelli, oltre a rendere piacevoli e funzionali gli spazi. Quello estetico è infatti un elemento che influisce sull'esperienza complessiva del pasto, in cui l'equilibrio fra volumi, linee e materiali ne determina l'atmosfera.
Lo studio
È stato l'architetto Leonardo De Carlo a ripensare, negli ultimi anni, arredi e stile dei ristoranti d'autore in Abruzzo, rivoluzionando il modo di approcciarsi e concepire la tavola anche dal punto di vista delle architetture.
Il suo studio, Leonardo Project di Montesilvano in provincia di Pescara, nasce 10 anni fa e oggi conta 7 persone, rappresenta la concretizzazione di anni di lavoro studio intenso, approfondimenti ed esperienze a livello internazionale: “Sono architetto, lavoro nel campo da molti anni, e ho collaborato per tempo con uno studio di Copenaghen importante, dove ho imparato tanto”.
Un uomo di poche parole, Leonardo, sobrio e discreto, come il suo gusto architettonico, e come la cucina e la filosofia di Niko Romito, austera, disarmante per pulizia e rigore, ma intensa e concentrata sul sapore, con la quale l'architetto ha avuto a che fare più volte nel corso della sua carriera. “Il mio percorso con il settore della ristorazione è iniziato con lui circa 12 anni fa, quando abbiamo cominciato ad avvicinarci per il progetto di Reale”. È con il nuovo numero uno della cucina italiana secondo la guida Ristoranti d'Italia 2018 del Gambero Rosso che Leonardo inizia a muovere i primi passi nell'architettura e il design dei ristoranti, nella costruzione di concetti, prima ancora che strutture, che possano coesistere in armonia con le pietanze servite in tavola.
L'amicizia con Niko Romito
È nella loro terra, tanto rigogliosa quanto ostica, generosa e indomabile, che Leonardo e Niko danno vita a uno dei lavori più interessanti della ristorazione italiana e internazionale. Condividendo pensieri e idee, suggestioni e concetti, opinioni ed emozioni: “La mia concezione dell'architettura è molto simile al suo approccio al cibo. Essenzialità, pulizia, razionalità sono gli elementi che accomunano il nostro modo di operare, gli stessi che ci hanno permesso di lavorare in sinergia”. E non solo: “Oltre a essere un cuoco eccezionale, Niko è un uomo con una cultura profonda ed eclettica, molto appassionato di architettura e grande conoscitore dell'argomento. A colpirmi in maniera particolare è stato il suo modo di concepire e razionalizzare gli spazi, per tirarne fuori l'essenza più pura”.
L'esperienza di Casadonna
In principio fu il Reale, la pasticceria di famiglia trasformata in trattoria a Rivisondoli, e trasferita, nel 2011, a Casadonna, l'ex monastero del Cinquecento fuori dal borgo di Castel di Sangro. “Il nostro obiettivo era quello di estrapolare la naturalezza e la purezza della struttura mantenendo intatto il suo fascino storico, aggiungendo in maniera pulita tutto ciò che era necessario, senza interferire con il forte carattere identitario del luogo”. Mura in cemento e calce, imponenti e nette, elementi naturali che si mescolano a vecchie pavimentazioni a loro volta intersecate ad altre nuove in resina cementizia, “un materiale a me molto caro pensato per affiancare quelli già esistenti in maniera armonica e proporzionata”. Essenziali anche gli arredi, giocati su colori chiari, linee minimal, pochi elementi decorativi, simmetrici e sobri, senza fronzoli ma di classe, ricercati, elaborati, come i piatti dello chef.
Il ruolo della luce
A creare gli ambienti, la luce, “fondamentale in uno spazio come il Reale, dove viene diffusa sulle pareti in maniera omogenea e poi concentrata sul tavolo grazie alla lampada Papiro firmata Pallucco”, un oggetto di design contemporaneo unico nel suo genere, sottile, organico, sinuoso, e che offre la possibilità di essere modellato a proprio piacimento. “Il locale viene arredato interamente con la luce, che qui diventa l'elemento protagonista dell'ambiente, creando l'atmosfera ideale per un'esperienza gastronomica di livello, con spazi illuminati tutto attorno e una luce più calda a evidenziare le portate”.
Progetto Imperfetto
A completare l'offerta d'eccellenza, le stanze di Casadonna, 9 ambienti (3 suite e 6 camere deluxe e classic) concepiti ancora una volta in base all'equilibrio dei materiali: legno di recupero, ferro, pietra antica, vecchie ceramiche, lino e lana cotta. “Anche per le stanze abbiamo scelto di giocare su contrasti semplici”, incongruenze studiate a tavolino che rappresentano la concretizzazione di un'idea comune ai due professionisti, Progetto Imperfetto. “A essere imperfette sono le linee degli elementi in metallo inseriti nelle camere. Materiali sottili che, per loro natura, non possono essere impeccabili ed esemplari, poiché subiscono una torsione che li rende meno rettilinei”. Nessuna forzatura, nessun tentativo di piegare la natura dei materiali, ma ancora una volta un rispetto devoto alla personalità di ogni elemento. Ai difetti e alle caratteristiche più sconvenienti, che qui diventano un punto di forza e non un limite. “Abbiamo cercato di rafforzare ancora di più l'imperfezione di questi ambienti, creando dei dislivelli particolari, imprecisi ma compiuti nella loro inesattezza”. A chiudere il cerchio, lampade, tavole, legno naturale, “arredi puri, dove l'unico elemento pieno è il letto, imbottito per conferire maggiore calore e comfort ai clienti”.
Valorizzare gli errori
Una filosofia, quella di rilevare le imprecisioni ed enfatizzarle per trasformarle in elementi distintivi, che si rispecchia anche nell'atmosfera generale degli spazi del ristorante, a cominciare dall'acustica. “Al Reale c'è un problema legato alla sonorità. Un errore voluto, che conferisce al locale un silenzio grave e solenne, in perfetta armonia con l'antico monastero. Non potendo inserire dei materiali finti come i pannelli per insonorizzare gli spazi, abbiamo deciso di sottolineare ancora di più l'assenza di rumori”. Un silenzio rigoroso che restituisce ancora più valore all'esperienza sensoriale: “In questo modo il cliente può concentrarsi maggiormente su sapori e profumi; per una cucina come quello di Niko è fondamentale”.
Spazio e l'architettura popolare
Fra le creature di Niko Romito e Leonardo De Carlo, è impossibile non citare Spazio, la rete di ristoranti-laboratori per gli allievi della Niko Romito Formazione, la scuola di cucina dello chef. Creata con “una logica più popolare, legata alla massa, rispettando sempre il concetto di base di Niko, ma con una luce diversa, che scende dal soffitto”. A ogni Spazio, il suo arredo: al terzo piano di Eataly, per esempio, a Roma (locale oggi chiuso in attesa dell’apertura del nuovo Spazio capitolino ai Parioli), “i soffitti sono molto alti, per cui abbiamo dovuti abbassarli con luci più importanti. A Milano, invece, Spazio è suddiviso in tre ambienti diversi, per cui abbiamo pensato a un progetto disgregato, in grado di valorizzare ogni locale”.
Gli altri progetti: sulla Costa dei Trabocchi
Ma Niko Romito non è l'unico chef con cui l'architetto ha avuto modo di collaborare. “Ho lavorato anche alla ristrutturazione de Al Metrò di San Salvo Marina”, località di mare in provincia di Chieti dove Nicola e Antonio Fossaceca hanno trasformato la pasticceria a gestione familiare in ristorante gastronomico. “Abbiamo cercato di ricreare l'effetto dei trabocchi”, strutture per la pesca che tracciano una linea di collegamento tra la terra e il mare, e che punteggiano la costa del basso chietino. “All'esterno, una struttura in metallo riprende in modo futuristico l'intreccio di assi, reti e fili tipico dei trabocchi, che ben si sposa con l'ambiente interno, razionale e pulito”. Il legno qui è un po' più scuro, “e la resina è più attuale”. Cambia anche l'acustica, “la stanza è insonorizzata grazia alle tende di lino dal colore tenue che tagliano la stanza”.
Ancora, sullo stesso tratto di litorale, a San Vito Chietino, il lavoro per Insight eatery, “un ristorante nuovo, frutto dell'esperienza fatta in America dei due giovani proprietari, che hanno portato sulla costa abruzzese una cucina contemporanea, legata ancora ai piatti di mare, ma non solo”. Anche in questo caso, è il trabocco a ispirare l'architetto: “La struttura è una sorta di scatola in legno con un dehors esterno in metallo. All'interno gli arredi sono più d'impatto, prepotenti, con tavoli in cemento e lampade di design a completare il tutto”.
Progetti futuri
Nel frattempo, a Pescara, Leonardo studia anche un progetto con gli ideatori di Trieste Pizza, storica insegna del lungomare divenuta celebre per la sua pizzetta tonda che ha fatto il giro del mondo, da Londra a Madrid, fino a sbarcare anche a Roma. “I proprietari stanno pensando a una pizzeria con cucina più ricercata, sempre a Pescara. L'apertura è prevista per Natale, nel frattempo continuiamo i lavori. La cucina a vista è rivestita in acciaio, mentre la sala è giocata sul legno naturale”. Tante idee in cantiere anche con Niko, “con cui elaboro di continui nuovi progetti”. Ma, per il momento, nessuna anticipazione.
www.studioleonardoproject.com/
a cura di Michela Becchi
Architetti di ristoranti. Lo studio Salefino di Agrigento
Architetti di ristoranti. Lo studioAutoban di Istanbul
Architetti di ristoranti. Lo studio Vudafieri Saverino Partners di Milano