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Intervista a Ernesto Abbona nuovo presidente dell'Uiv – Unione Italiana Vini

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“Ocm Promozione, i ritardi fanno male alle imprese. Sul sistema autorizzazioni tutto da rivedere”. Dopo l'addio di Rallo, il neo eletto alla guida di Unione Italiana Vini chiama tutta la filiera a collaborare per affrontare al meglio il confronto con il Mipaaf e con l'Ue.

Ci tiene a precisarlo da subito: sarà una presidenza sotto il segno della continuità quella di Ernesto Abbona, nuovo presidente Uiv, salito alla carica dopo l'addio a sorpresa di Antonio Rallo. Già vicepresidente vicario, Abbona è stato eletto all'unanimità lo scorso 24 luglio dal Consiglio Nazionale e completerà il prossimo biennio. Con lui, piemontese, solo dopo un anno dal passaggio di timone Nord-Sud, la guida dell'associazione torna al Settentrione, con l'obiettivo di garantire stabilità al lavoro associativo svolto fin qui.

 

Chi è Ernesto Abbona

Piemontese, quinta generazione dell'attività di famiglia, Abbona è presidente e amministratore delegato delle Cantine dei Marchesi di Barolo. Ma l'attività professionale in una delle più importanti realtà vitivinicole piemontesi, non gli ha mai impedito di distinguersi anche sul fronte associativo. Prima nel mondo confindustriale, dove è entrato nel 1993 nella Sezione Vini-Liquori/Distillerie del Comitato Provinciale Piccola Industria. Poi come presidente di Piccola Industria Piemonte e vice presidente Nazionale Piccola Industria. Nel Consiglio Nazionale di Unione Italiana Vini entra nel 1995, assumendo nel 2010 la presidenza della Federazione Nazionale Industriali Vinicoli e, nel 2016, l’incarico di vicepresidente nazionale vicario.

 

Presidente Abbona, iniziamo dalla fine. L'anno appena trascorso non è stato semplice per voi. Eppure dopo un'elezione per la presidenza molto discussa e la fuoriuscita di alcuni nomi di peso, l'associazione è riuscita a chiudere in positivo con nuove iscrizioni. Ci dia il suo punto di vista sulla presidenza di Rallo.

Non condivido l’opinione che l’elezione di Antonio Rallo sia stata una presidenza “molto discussa”. È avvenuta rispettando pienamente le regole del gioco democratico vigenti all’interno dell’associazione con una partecipazione di soci e una unanimità di consensi dei consiglieri che non lasciano adito ad alcun dubbio. Certamente è avvenuta in un momento di forte dibattito anche esterno a Unione Italiana Vini con alcuni colleghi produttori che si riconoscono in Federvini. Noi abbiamo, comunque, ritenuto di andare avanti con la linea politica elaborata dal Consiglio Nazionale e i risultati in termini di credibilità, peso istituzionale e numero di soci (+42 aziende il saldo 2016 e + 100 negli ultimi tre anni) ci hanno dato ragione. Tutto ciò è avvenuto con la regia di Antonio Rallo che, come ho dichiarato ufficialmente, nel suo anno di incarico ha intrapreso con risultati importanti un percorso di riorganizzazione e rafforzamento di Unione Italiana Vini e di tutte le sue strutture operative. Al di là del giudizio personale, molto positivo, credo che siano i risultati a commentare meglio di ogni parola il grande lavoro svolto da Antonio.

 

Ricordava l'altra grande associazione di settore: quali sono oggi i vostri rapporti con Federvini?

Continuiamo a lavorare insieme nei tavoli di filiera, come succede da alcuni anni, con risultati direi positivi. Le diverse organizzazioni del nostro settore stanno vivendo una nuova stagione di intensa e positiva collaborazione grazie anche al lavoro svolto dal “tavolo dei presidenti della filiera del vino”, promosso, lo ricordo con piacere, da Domenico Zonin quando era presidente di Uiv. Nel rapporto diretto con Federvini, la porta del dialogo associativo rimane, per conto nostro, sempre aperta purché, però, si parli di contenuti e non si pongano pregiudiziali sull’una o l’altra componente della filiera vitivinicola italiana.

 

E con chi, invece, è uscito da Uiv?

Diverso, invece, il discorso con le imprese che lo scorso anno decisero di uscire da Uiv. Alcune sono rientrate o stanno rientrando: per le altre, così come stiamo facendo con tutte le imprese non associate, continuiamo a cercare un confronto per valutare insieme la possibilità di costruire un percorso condiviso.

 

A livello interno è in atto un piano di fusione delle tre federazioni fondatrici(Federazione Nazionale del Commercio Vinicolo, Federazione Nazionale degli Industriali Vinicoli, Federazione Nazionale Viticoltori e Produttori di Vino)? Da cosa nasce questa esigenza di unirsi?

La riorganizzazione statutaria di Unione Italiana Vini è stata una operazione di carattere meramente amministrativo e non politico. Le diverse anime della filiera presenti nella nostra organizzazione continuano a mantenere la propria identità all’interno di un dibattito associativo che, proprio dalla diversità, si arricchisce nel cercare momenti di sintesi.

Con il nuovo statuto abbiamo operato solo un aggiornamento legislativo grazie al quale le Federazioni sono passate da articolazioni esterne ad articolazioni interne dell’associazione, mantenendo il loro ruolo di rappresentazione degli interessi delle varie componenti della filiera. Tant’è che ciascun socio, al momento dell’iscrizione, deve ancora scegliere a quale Federazione aderire. Sono stati solo semplificati una serie di passaggi amministrativi interni che hanno portato un efficientamento della macchina organizzativa.

 

Lasciamo l'organizzazione interna, per passare ai temi caldi del mondo vitivinicolo. A iniziare dai mercati: si vive un momento di incertezza. Siete preoccupati per il lieve calo del vino italiano negli Usa e per la possibile politica protezionistica di Trump?

Per esprimere una valutazione adeguata dell’andamento dei nostri vini nel mercato americano è bene attendere i dati almeno del primo semestre. Certamente il trend complessivo non brillante delle nostre esportazioni in questi primi mesi del 2017 deve farci riflettere sulle strategie promozionali del vino italiano. È lì che si concentrano le nostre preoccupazioni, non tanto sui rischi di politiche protezionistiche da parte dell’amministrazione Trump di cui a oggi non abbiamo visto nulla di concreto.

 

Quale è il punto allora?

Il nostro problema vero è il ritardo nella disponibilità dei fondi Ocm promozione, che in questi anni hanno supportato investimenti promozionali importanti da parte delle imprese nel mercato statunitense. Gli altri Paesi, europei ed extra-europee, continuano a investire sul mercato americano, mentre noi rimaniamo bloccati. Questa situazione reale e contingente ci allarma ben più che un eventuale affossamento del Ttip visto che il vino è comunque protetto dall’accordo del 2006 tra Usa e Ue.

 

Sugli altri accordi – in particolare quelli con Canada e Giappone, appena raggiunti dall'Ue – qual è la sua posizione?

L’Unione Italiana Vini è stata sempre favorevole agli accordi di libero scambio e abbiamo svolto, in tal senso, una costante opera di pressione verso le autorità europee. Tre sono gli elementi strategici degli accordi con Canada e Giappone che voglio sottolineare: la protezione delle indicazioni geografiche (ancorché numericamente non elevata ma importante da un punto di vista dei valori di export espressi dalle Ig riconosciute); l’eliminazione delle barriere non tariffarie legate soprattutto al riconoscimento delle pratiche enologiche; la riduzione sostanziale dei dazi e delle barriere tariffarie, punto qualificante soprattutto dell’accordo con il Giappone dove le tariffe che gravano sull’import dei vini vanno dal 15 al 28%. E, in merito al Giappone, va fatta un’altra riflessione di carattere geopolitico. L’accordo con l’Ue è avvenuto all’indomani dell’annullamento da parte di Trump del Tpp, il partenariato Trans-Pacifico. Gli Usa recedono dagli accordi di libero scambio con i Paesi asiatici, tra cui il Giappone, e avanza l’Ue. Un fatto simbolico rilevante.

 

In questo momento, ci sono altri mercati a cui guardare? Paesi Mercosur, India?

Il Mercosur rappresenta Paesi interessanti dal punto di vista dei valori delle esportazioni, seppur rimangano forti criticità nei mercati che un accordo di libero scambio potrebbe contribuire a risolvere. Per questo, abbiamo ascoltato con piacere il Commissario Europeo all’Agricoltura, Phil Hogan, indicare l’accordo con questa area geografica come “prioritario”. L’India rimane, invece, un mercato di difficile interpretazione, mentre sta tornando molto importante la Russia, dove registriamo una ripresa delle esportazioni dopo alcuni danni di pesante flessione a causa della crisi economica e del crollo del rublo.

 

Al di là degli accordi commerciali, parlare di mercati in questo momento è impossibile senza far riferimento al vero problema che, come ricordava prima, oggi risponde al nome di Ocm Promozione. Inutile girarci intorno: qualcosa non ha funzionato, come dimostrano i ritardi nella pubblicazione del bando, arrivato solo ad agosto.

Stiamo scontando le difficoltà del nostro sistema politico diviso fra amministrazione centrale e Regioni, cui si aggiunge una oggettiva criticità del dialogo tra le istituzioni. C’è stato un ritardo da parte del Ministero nel provvedere a superare il primo decreto Martina, anche se non addosserei tutta la responsabilità al dicastero agricolo, perché lo stallo è il risultato di un perverso intreccio tra procedure giudiziarie, innescate dai limiti del testo legislativo, e difficoltà di relazione tra Ministero e Regioni.

 

Altro tema, altri ritardi: Testo Unico del Vino. A marzo il ministro Martina annunciava i primi decreti attuativi pronti entro qualche settimana... cosa è successo dopo?

I primi tre decreti dovrebbero andare, a breve, in conferenza Stato-Regioni, ma dobbiamo ancora avviare il confronto sulle materie più importanti quali, ad esempio il sistema di controlli e i consorzi. C’è molto lavoro da fare e vorrei, in questa occasione, richiamare le diverse associazioni della filiera ad affrontare in maniera più unitaria e organica il confronto con il Ministero. Quando il mondo del vino si è presentato unito e compatto di fronte alle istituzioni abbiamo sempre ottenuto risultati positivi. E, anche questa partita dei decreti attuativi del Testo Unico, la dobbiamo giocare nel migliore dei modi.

 

Tra gli altri temi in sospeso, c'è la Legge sull'enoturismo. L'Uiv continuerà a essere parte attiva della proposta di legge? A che punto è l'iter per l'approvazione?

Certamente, continueremo a giocare il nostro ruolo accanto al Movimento del Turismo del Vino, per riuscire a ottenere l’approvazione del provvedimento entro questa legislatura http://www.gamberorosso.it/it/vini/1045403-turismo-del-vino-quale-ritorno-per-il-territorio. Qualche settimana fa abbiamo incontrato nuovamente il senatore Dario Stefàno che ci ha confermato il prossimo superamento delle obiezioni poste dalla Ragioneria dello Stato al disegno di legge e, pertanto,lo sblocco della situazione in Senato al più presto.

 

Infine, un tema che vi ha visto molto impegnati in questi anni: il sistema autorizzazioni. Quali sono i punti da rivedere? E quali i prossimi passi di Uiv per convincere Bruxelles a introdurre dei correttivi alla norma attuale?

I primi due anni di esperienza del sistema autorizzativo, credo abbiano ampiamente evidenziato come questa modalità di gestione dell’ampliamento del potenziale viticolo non funziona. Cominciamo a maturare, e non solo noi, la convinzione che non si tratta più di aumentare di uno o due punti il plafond annuo a disposizione quanto, invece, di ripensare integralmente il sistema che si è dimostrato troppo rigido e incapace di assecondare le richieste e i trend di mercato. Lo abbiamo detto e ripetuto più volte che gli ettari devono andare dove va la richiesta dei mercati. Questo non sta succedendo, con grave danno della nostra economia vitivinicola che rischia di perdere posizioni importanti conquistate con fatica sui mercati internazionali. È quindi necessario, e anche con una certa sollecitudine, avviare una riflessione con Bruxelles che porti a una revisione radicale del sistema.

 

Lasciamoci con la sua ricetta” per il sistema vino italiano..

La risposta è nella sua domanda, nella parola, ormai più abusata che magica, di “sistema”. Invece che di ricetta, parlerei, però, di obiettivo del nostro comparto produttivo: diventare un vero e proprio sistema, capace di riorganizzarsi nella tutela e valorizzazione della produzione, nella promozione, nell’attività di pressione verso le istituzioni, nel proporsi quale soggetto economico-sociale autorevole e credibile per lo sviluppo dei territori, così diversi tra di loro, di una moderna cultura del vino e del bere responsabile, ecc. Un sogno? No perché la strada, ormai, è tracciata. Si tratta di percorrerla, insieme.

 

 

a cura di Loredana Sottile


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