Dove vanno in vacanza gli chef? E dove vanno a mangiare quando sono all'estero? Sono davvero in vacanza oppure fanno fatica a staccare e in realtà vanno fuori per aggiornarsi dai loro colleghi oltreconfine? Lo abbiamo chiesto ai molti cuochi che, in questo periodo dell'anno, fanno ritorno dalle loro ferie.
Ciro Scamardella
Iniziamo a da Ciro Scamardella, chef in forza nella brigata di Roy Caceres, al ristorante Metamorfosi di Roma. Vincitore del concorso Chef Emergente 2016 e nuovo protagonista sugli schermi di Gambero Rosso Channel, con il programma Ciro a Mammà.
In questo programma Ciro, 28 anni di Bacoli, porta nelle case l'incontro tra la sua cucina, quella di un professionista della ristorazione, e quella della mamma Regina, con un'evidente prevalenza di quest'ultima. Del resto l'interesse di Ciro per il cibo nasce proprio in casa, nell'amore distillato da mamma Regina per la buona tavola e la capacità di trasmettere valori e affetti attraverso di essa. Poi, da questo primo imprinting, ci sono stati l'alberghiero, la Città del gusto di Napoli, e poi ancora gli stage con Paolo Barrale, Antonino Cannavacciuolo, Gennaro Esposito. Fino ad approdare a Roma da Anthony Genovese del Pagliaccio prima e da Roy Caceres poi, ma non prima di un passaggio in Spagna, da Martin Berasategui.
Metamorfosi | Roma | via G. Antonelli, 30 | tel. 06 807 6839 | http://www.metamorfosiroma.it/menu/
Il viaggio
“Il viaggio è nato per approfondire il panorama gastronomico di alcuni paesi del nord” racconta Ciro. Tre le città toccate:Stoccolma, Copenaghen ed Amsterdam. “Senza dubbio le città che hanno una proposta interessante e da cui potremmo apprendere tanto per tipologia, formula di servizio e attenzione e rispetto per la materia, sono Stoccolma e Copenaghen” continua “lì ho visitato diversi ristoranti, tra tutti ne ho scelti 4, che meritano assolutamente il viaggio”. Due ristoranti per Stoccolma e due per Copenaghen, dunque, anche se nella capitale Danese sceglierne solo due è stato difficile. Per quanto riguarda la Venezia del Nord olandese, invece, lo chef ha girato soprattutto per i mercati.
Stoccolma
Ekstedt
Si entra al ristorante e sembra di essere tornati indietro nel tempo, il messaggio sul menu è chiaro “non usiamo piastre elettriche, non usiamo gas, ma solo calore naturale. Abbiamo scelto questo modo di preparare il nostro cibo come tributo al vecchio modo di cucinare”. Nel locale volutamente buio, la visione del fuoco vivo della cucina rimanda a un caverna, e non esiste altro calore se non quello sprigionato dalla legna che arde, un maestoso blocco di marmo funge da una parte da tavolo dello chef, dall'altra da pass per completare i piatti. È una cucina che non ha bisogno di fronzoli, solo materia prima proveniente dalla Svezia e almeno 10 tipi di legna di alberi differenti per la cucina. Le preparazioni possono essere anche solo affumicature forzate come per la Mucca da latte, al fieno, cavolo bruciato e scorzanera dove la carne viene steccata e messa su una brace composta da solo fieno fumante per pochi minuti. Una preparazione che mi ha colpito è quella delle ostriche: in un colino di metallo all’estremità di un'asta, mantenuto nella brace fino a diventare ustionante, fonde un pezzo di grasso di manzo, questa sorta di “lava” calda viene fatta colare sull’ostrica poi completata con burro alle alghe, mela verde e nasturzio. Tutto, compresi i piatti, sono scaldati nel forno a legna. Gli strumenti di cucina sono appesi al muro come in un’officina. Da bere, come in tutti gli altri ristoranti, 2 proposte: una di vini rigorosamente bio e l’altra di succhi ed estratti.
Ekstedt | Svezia | Stoccolma | Humlegardsgatan, 17 | tel. +46 8 6111210 | www.ekstedt.nu
Oaxen
Ci si arriva attraverso una stradina che porta su una banchina di un porto dove si trova questa grossa struttura gialla, che sembra un capannone per il rimessaggio nautico. Invece dentro c'è la sala del bistrot Oaxen Slip: tipico arredamento svedese con barchette attaccate al soffitto, completamente affacciato sul mare. Da qui, come da un ingresso segreto, si accede al ristorante Oaxen Krog. All'interno si ha subito una visione della cucina, e poi della sala in legno dove si percepisce una minuziosa attenzione ai particolari, poi confermata nei piatti. Mi spiegano che il locale prima si trovava su un'isola più distante dal centro di Stoccolma, e che dopo il trasferimento gli è stata assegnata la prima Stella Michelin e dopo poco la seconda. Dove c'era il vecchio ristorante ora c’è una fattoria gestita dai cuochi, e tutto quel che è vegetale nel menù proviene da lì.
Oaxen è indicato come uno dei primi ristoranti a fare cucina nordica in chiave moderna, molto sperimentale, basti vedere la salsa di soia o di miso prodotti dalla fermentazione delle patate. È evidente che c’è un continuo studio: la cucina è molto equilibrata, i sapori estremamente nordici, con pochi elementi nei piatti. Quello che mi ha segnato di più è stato Cavolo fresco arrostito, miso di patate, nocciole, misticanza selvatica e crema di topinambur sottaceto, dove la padronanza della tecnica e la materia prima di altissimo livello danno un piatto completamente vegetale che è il punto più alto nel menu. Si servono 2 tipi di burro prodotti nella fattoria di proprietà, insieme a 2 diversi pani, uno con un grano svedese antico che hanno recuperato, e un altro nero, il tipico pane di segale, reso più soffice aggiungendo della birra all’impasto. A fine pasto questo pane, con relativa ricetta, viene donato come ricordo, insieme a un elegantissimo astuccio con la piccola pasticceria.
Oaxen | Svezia | Stoccolma | Beckholmsbron 26 | tel. +46 8 55153105| http://oaxen.com/
Copenaghen
Amass
Sono stato a una serata con Eli Kaimeh, lo chef del Per Sé di New York dove anche Mattew Orlando (oggi alla guida della cucina di Amass) è stato lo chef di cucina. Appena si entra si fatica a credere che sia un ristorante: tetto altissimo e una sola sala enorme con graffiti sulle pareti e pilastri di muro vivo, mentre fuori dal ristorante, in vecchi vasi di legno, ci sono le erbe e qualche verdura utilizzate dalla cucina, e tutto intorno c'è un cantiere nautico. E il bello è proprio in questo gioco di contrasti: un ambiente che non promette nulla di buono o di rassicurante ospita una cucina estremamente elegante, fine, con picchi di gusti nordici equilibrati da altrettanti picchi dettati da esperienze classiche francesi. Il menu è uguale per tutti senza possibilità di scegliere alla carta. Da qualche anno lo chef ha installato una cella frigorifera solo per la frollatura della carne, come si può ben notare nella Tartare di manzo frollata 145 giorni, cozze affumicate, crema di tuorlo d’uovo, sambuco e rafano, uno dei piatti più interessanti insieme al Sorbetto di fragole con olio di salvia. La cucina è aperta e affaccia sulla sala e, ricordando lo stile del Noma, i cuochi spesso servono e spiegano i piatti. Tanta sperimentazione, molte fermentazioni, di cui una che mi ha colpito molto è quella che si ritrova nel Pane di patate fermentate con crema di burro e cipollina: acido, sapido ma allo stesso tempo così dolce e rassicurante che vien voglia di mangiarsene almeno due. Si nota la collaborazione con uno studio a pochi chilometri dal centro dove si sperimenta sulle distillazioni e fermentazioni.
Amass | Danimarca | Copenaghen | Refshalevej 153 | tel. +45 43 584330| http://amassrestaurant.com/
Relae
Dopo aver letto il suo libro (Relae. Un libro di idee ed. Giunti) ammetto che avevo delle aspettative molto alte, per la sua filosofia di cucina e il modo di lavorare, soprattutto con proteine vegetali, e solo poche, pochissime animali. Da circa un anno Puglisi ha preso un terreno a 45 minuti di auto da Copenaghen, dove coltiva e alleva ciò che magistralmente trasforma al ristorante. La mattina parte della brigata è impegnata a lavorare la terra, nel pomeriggio torna al ristorante con i prodotti, e solo allora si inizia a preparare, “oggi mangerete del pomodoro tigrato su una crema di formaggio di capra (di nostra produzione) in una cartelletta con polvere di pomodoro, ma magari domani pomodori belli cosi non ci saranno e allora cambieremo tipologia” ci spiegano. Le origini italiane dello chef sono evidenti, e lui ci tiene a evidenziarle subito, fin da quando serve il pane con dell'olio siculo. Un pane eccezionale che può competere con quello di qualsiasi forno italiano che si rispetti: crosta spessa, mollica con alveoli spaziali e un gusto acido-sapido che fa chiedere almeno due volte il bis.
L'ambiente è accogliente e il servizio informale, con posti al bancone da dove osservare i cuochi che assemblano o completano i piatti. Anche qui nessuna possibilità di scegliere alla carta ma solo 2 menu, uno più piccolo e uno più grande. Dove 10 portate su 13 sono vegetariane, piatti minimal costruiti su non più di 3 ingredienti che però a ogni boccone esplodono in bocca. Come Cetriolo, origano e mandorla: cubi di cetriolo conditi con succo di cetriolo, spray di limone, olio all’origano e neve di formaggio di mandorla completato con polvere di cetriolo, o Cipolla, finocchio e uva spina: un brodo di scarti di finocchio arrostiti e non, cipolla appena sbollentata, fiori di finocchietto e uva spina fermentata. Sono piatti che stupiscono per semplicità, basati su forti intuizioni e lavoro sugli ingredienti; quasi si fatica ad accettare una chiave di lettura così elementare, ma c'è un equilibrio tra gli ingredienti sconvolgente e tutto ciò che viene detto lo si ritrova nel piatto.
Raele | Danimarca | Copenaghen | Jægersborggade, 41 | tel. +45 36 966609| http://www.restaurant-relae.dk/
a cura di Antonella De Santis
foto di copertina www.visitdenmark.it