Sostenibile perché proveniente da filiera controllata e trasparente, perché rispetta l'ambiente e promuove il territorio. Ma soprattutto perché si impegna a redistribuire il lavoro e combattere lo sfruttamento agricolo. Riparte la campagna di acquisti di Funky Tomato, la rete diffusa di produttori di pomodoro del Sud Italia.
Il progetto
Verdura a prezzi stracciati, frutta quasi regalata. Comprare cibo a costi troppo bassi vuol dire spesso alimentare il giro dello sfruttamento dei braccianti agricoli. Un fenomeno ancora irrisolto, quello del caporalato, che continua a imperversare nelle campagne del Sud Italia e non solo. È con l'obiettivo di combatterlo che, nel 2015, nasce Funky Tomato, un'iniziativa che coinvolge migliaia di agricoltori e un centinaio di stabilimenti di trasformazione sparsi fra Puglia, Basilicata e Campania, una decina di attivisti e circa 20 ragazzi impegnati in prima linea a difendere i diritti dei lavoratori. A ideare il progetto, un gruppo di agricoltori e artisti meridionali, insieme agli organizzatori della manifestazione Fuori dal Ghetto, evento a sostegno dei migranti che apre le porte alla solidarietà nel cuore di Venosa, in provincia di Potenza. “Eravamo vicino a uno dei centri di raccolta di pomodoro più estesi d'Italia, Boleano, borgo non lontano da Venosa, quando siamo stati contattati dalla rete di Fuori dal Ghetto”, racconta Paolo Russo, agricoltore di Cerignola e uno degli ideatori di Funky Tomato. “Gli attivisti hanno chiesto a me e ai miei colleghi di ragionare sul fenomeno del caporalato, e pensare a un tipo di lavoro che garantisse maggiore sicurezza a produttori e consumatori”. E così hanno fatto, dapprima in Basilicata e in Puglia, e ora anche in Campania, “sperando di arrivare in Sicilia il prima possibile”. Funky Tomato raduna coltivatori, raccoglitori e imbottigliatori di pomodori del Sud Italia, garantendo un contratto regolare a tutti i lavoratori.
L'acquisto
Come funziona esattamente? “Abbiamo provato a destrutturare la filiera agroalimentare e siamo giunti a tre tasselli fondamentali: il produttore, alla base di tutto, il trasformatore, che ha il compito di mantenere alta la qualità della materia prima, e il distributore, che si impegna a promuoverlo”. A queste figure però, se ne aggiunge un'altra, al di fuori della filiera ma altrettanto determinante: il consumatore, “che noi chiamiamo co-produttore”, che ha il dovere di sostenere i costi economici dell'intero lavoro. “Per noi il ruolo del consumatore è essenziale, perché in questo caso paga il prodotto in anticipo”. Per acquistare i pomodori di Funky Tomato, infatti, occorre visitare il sito e pagare online, e poi attendere il 15 agosto per ricevere il prodotto scelto. La campagna di acquisto 2017 è già iniziata, e rimarrà aperta fino a ferragosto, ma chi non volesse pagare online può recarsi in una delle botteghe che hanno aderito all'iniziativa e che si impegnano a vendere i pomodori, “come Proloco Dol a Roma oppure La Terra e il Cielo di Arcevia, in provincia di Ancona”.
Il prezzo varia a seconda del prodotto, ma non è mai elevato: “Abbiamo imposto ai commercianti un prezzo limite oltre il quale non possono spingersi. Uno dei nostri principi è quello di non speculare sull'agroalimentare”. C'è la salsa di pomodorino rosso (2,00 Euro per 580 ml), il pomodorino giallo a pacchetella ( 2,15 Euro per 580 ml), il pomodoro pelato in salsa (1,90 Euro per 580 ml) e molti altri ancora. Quest'anno, per ogni acquisto verranno devoluti 10 centesimi a sostegno del film documentario che Daniele De Michele (alias Don Pasta) sta girando nei campi del Meridione. Ma ci sono anche diverse reti che si occupano di rivendere i prodotti di Funky Tomato: è il caso di RiMaflow, gruppo di ex dipendenti della fabbrica Maflow di Trezzano, chiusa nel 2012 e recuperata poco dopo. Ora è una Cittadella dell'altra economia che ospita la cooperativa impegnata nel riciclo, la quale ha dato vita, nel tempo, al progetto Casa del Mutuo Soccorso, che integra tutte le attività sociali e solidali della zona.
Alimentare la cultura
Una filiera partecipata, trasparente e multietnica: questo è Funky Tomato, che in soli tre anni è riuscito a dare lavoro a oltre 40 persone. “Nel 2015 abbiamo assunto 6 agricoltori, a cui se ne sono aggiunti altri 11 nel 2016 e fra i 30 e i 40 quest'anno”. Sono persone con un vissuto difficile, un passato da dimenticare e un futuro ancora da scrivere: “Si tratta di lavoratori che venivano sfruttati dai sistemi agricoli del Sud; non facciamo distinzione fra italiani e stranieri, cerchiamo di aiutare tutti”. Coinvolti nel progetto, poi, tanti contadini delle varie zone, perlopiù storici proprietari terrieri che hanno scelto di dare una nuova luce al proprio lavoro: “La scena agroalimentare italiana deve assumere una profondità diversa. La cultura gastronomica è molto più ampia di quanto crediamo, e abbraccia diversi settori, dall'arte alla letteratura, perché è alla base della vita pulsante di una comunità. Ignorarla significa dimenticare le proprie radici”. È sulla cultura popolare che Funky Tomato vuole fare leva, “cerchiamo di promuovere sempre cantautori, pittori, artisti di vario genere che raccontano le terre del Sud”.
a cura di Michela Becchi