Il cda del consorzio definisce le nuove linee programmatiche. E prepara un piano in tre tappe per migliorare le esportazioni e tutelare la Dop sui mercati. Marketing, agenti vigilatori e revisione dei disciplinari, con la valorizzazione degli spumanti. Ecco le novità in cantiere.
Tutela della denominazione, revisione dei disciplinari, piano di comunicazione. Un programma in tre tappe per i vini d'Abruzzo che promette di essere tra i più importanti finora realizzati. Lo ha studiato, e lo sta perfezionando, il Consorzio tutela Vini d'Abruzzo, presieduto da Valentino Di Campli (Citra vini), subentrato un anno fa a Tonino Verna (Cantina Tollo).
Il progetto Vino d'Abruzzo
Le nuove linee programmatiche sono state definite e discusse all'interno dei recenti consigli di amministrazione e iniziano a prendere forma, alimentando un nuovo corso che avrà tra i punti principali l'uso di un unico brand in fase di marketing, che ruoterà attorno alla concetto di Vino d'Abruzzo, con l'obiettivo di favorire l'incremento delle esportazioni e di promuovere la regione a 360 gradi, mettendo assieme montagna, mare e produzioni tipiche.
L'Abruzzo è tra le prime sei regioni nel panorama vitivinicolo italiano. Nel 2016, secondo i dati Istat, ha prodotto 3,9 milioni di ettolitri tra vino e mosto. Comprende circa 32 mila gli ettari vitati (27-28 quelli in produzione), prevalentemente concentrati nelle zone collinari a ridosso della fascia costiera.
Tutela
Lo scorso anno, il valore dei vini esportati dall'Abruzzo ha sfiorato i 150 milioni di euro, con un incremento del 6,8% rispetto ai 140 milioni del 2015. E proprio l'export rientra tra gli obiettivi chiave del consorzio. Il raggiungimento di nuove piazze e il consolidamento di quelle attuali passa per uno dei tre punti programmatici: la tutela. "La nostra idea è, innanzitutto, ampliare le attività di sorveglianza a livello nazionale e internazionale", ci spiega Valentino Di Campli, sottolineando come il consorzio stia pensando a una revisione del piano dei controlli: "Vogliamo dedicare una quota maggiore di risorse rispetto a quanto fatto finora".
Le preoccupazioni dei produttori sono concentrate sul vino Montepulciano d'Abruzzo: "Per il 60% imbottigliato fuori regione e per la maggior parte è venduto all'estero. Ecco perché va monitorato attentamente" aggiunge "in modo particolare nei mercati orientali, dove possono esserci situazioni non facili da controllare. Crediamo che la prevenzione sia una delle strategie migliori". La tutela passerà per il rafforzamento del numero di agenti vigilatori fuori confine, visto che attualmente operano solamente sul territorio italiano. Diversi episodi registrati negli anni scorsi in modo particolare sul mercato tedesco hanno messo in cattiva luce la Doc. Un'attenzione particolare sarà riservata ai canali di vendita online, terreno fertile in materia di frodi. Tra le misure a tutela che saranno introdotte dal 1 gennaio 2018 c'è l'adozione delle fascette al posto del lotto di produzione sulle bottiglie delle quattro principali denominazioni (Montepulciano, Trebbiano, Cerasuolo e Abruzzo).
Comunicazione e marketing
Il secondo pilastro del piano consortile sarà dedicato a comunicazione e marketing. Per migliorare la riconoscibilità del prodotto regionale si stanno pianificando azioni integrate in diversi Paesi strategici, a partire dal Regno Unito nel corso di questo 2017 e, in seguito, in altri mercati chiave, come l'Asia sud orientale. Il consorzio si è attivato per intercettare (sarebbe la prima volta) i fondi europei della misura Ocm vino Paesi terzi a partire dal 2018, visto che finora sono state utilizzate le risorse interne derivanti dalle quote associative oppure quelle messe a disposizione dai bandi del Psr regionale. I fondi europei consentirebbero di potenziare la promozione verso il Nord America, tra i segmenti di mercato più importanti per i vini abruzzesi.
La novità più importante sarebbe l'introduzione di un marchio Vino d'Abruzzo per tutti i prodotti vitivinicoli, come filo conduttore per accompagnare le diverse Dop e, pertanto, ogni singola bottiglia ed etichetta sul mercato. L'idea del consorzio di tutela, ancora in fase di definizione, è quella di marcare l'identità territoriale, rendendo più semplice il messaggio per i consumatori. Tempi e modi dell'uso del marchio sono da definire, ma all'interno della filiera produttiva la discussione è iniziata. Occorrerà, poi, il confronto con la Regione, dal momento che esiste dal 2010 una Doc Abruzzo creata apposta per valorizzare i vitigni autoctoni.
Disciplinari
Terzo pilastro di questa nuova programmazione è la revisione dei disciplinaridi produzione. La priorità generale è adeguare le regole alle esigenze dei mercati e alle richieste dei consumatori. Discorso, questo, che non riguarderà in prima battuta i vini che hanno acquisito una fama consolidata nel tempo, come Montepulciano d'Abruzzo, Cerasuolo o Trebbiano, che nel 2018 andranno a festeggiare il cinquantenario del riconoscimento della Doc.
Il consorzio, piuttosto, guarda con attenzione agli autoctoni (come Cococciola, Pecorino, Passerina) e, in particolare, alla spumantizzazione dello stesso Trebbiano. La febbre da bollicine, che da diversi anni sta interessando il mercato italiano e mondiale, è evidentemente arrivata anche nel centro Italia e l'interesse è forte nella Costa Adriatica. Tuttavia, dai vigneti abruzzesi ogni anno prendono la via del nord Italia, in particolare del Veneto, ingenti quantitativi di basi spumante, che hanno origine dal Trebbiano. Da un lato, questa cessione di materia prima rappresenta un reddito sicuro per i produttori locali, dall'altro lato, costituisce anche un limite alla piena valorizzazione di questa tipologia di vino sotto un marchio regionale, che potrebbe contribuire a incrementare i margini di guadagno rispetto a quelli odierni. "Dobbiamo lavorare per trovare un'identità a questi prodotti", sottolinea Di Campli.
Il suo consorzio sta riflettendo su come dare visibilità agli spumanti ottenuti da uve locali, oggi inclusi all'interno della Doc onnicomprensiva Abruzzo e in alcune Igt. I numeri dicono che ci sono ampi margini per lavorare. Sia perché sul totale del vino prodotto in Abruzzo solo il 40% è a Doc e Igt, mentre c'è un restante 60% senza denominazione; sia perché la stessa Doc Abruzzo è oggi scarsamente considerata, con poco più di 10 mila ettolitri certificati nel 2016, appena l'1% di tutta la produzione regionale. "Le bollicine abruzzesi devono essere riconoscibili. Visto che non è facile comunicarle bene se stanno all'interno di una denominazione ombrello" aggiunge Di Campli "è necessario che si presentino al pubblico in modo chiaro sotto un'altra veste". Se ciò avverrà con nuova denominazione, con un richiamo al territorio, è tutto ancora da decidere.
Una cosa, invece, è certa: il consorzio punta a creare una precisa distinzione degli spumanti made in Abruzzo agli occhi di un consumatore che si sta rivelando amante degli sparkling e decisamente più attento rispetto al passato alla provenienza dei vini e alle diverse tipologie. L'Abruzzo e i suoi spumanti vogliono, insomma, ritagliarsi uno spazio tra le grandi Dop di riferimento come Prosecco, Franciacorta, Trento Doc. E potrebbe trovare nel Trebbiano un alleato vincente. Oggi questo vitigno dà origine a una Doc che vale il 15% della produzione certificata 2016, ma non prevede la spumantizzazione. Il vitigno appartiene alla grande famiglia dei trebbiani italiani ed è coltivato principalmente nel territorio di Chieti e Ortona. Creare, pertanto, una bollicina di territorio, una nuova Doc senza richiami al vitigno, potrebbe essere tra le soluzioni percorribili dal consorzio, nell'ambito di questo ambizioso disegno di rinnovamento.
Le difficoltà
Il percorso non è tutto in discesa. Il confronto è solo agli inizi, sia all'interno della filiera, sia con la Regione, che sarà chiamata a dare il suo parere. È chiaro che le esigenze delle cantine cooperative non sempre coincidono con quelle delle aziende private più piccole (circa duecento, tra cui alcune blasonate), in particolare quelle ricadenti nelle province di Teramo, L'Aquila, Pescara e che rappresentano circa il 20% delle quote a volume.
Molti sono i nodi ancora da sciogliere. Come usare, ad esempio, il marchio unico per i vini? Se gli autoctoni pecorino, passerina, cococciola e montonico hanno dato concreta prova di essere buone basi spumanti, perché creare una nuova bollicina da uve trebbiano? È giusto mantenere pecorino e cococciola sia nelle Doc sia nelle Igt? Il lavoro è lungo, evidentemente. Il merito del consorzio sta nell'aver smosso coraggiosamente le acque di un Abruzzo che ha bisogno di rimettere mano al sistema dei propri vini. I tempi di questo nuovo corso non sono immediati, ma i vertici consortili ci credono, sono aperti al confronto e guardano alla vendemmia 2018 come annata di ingresso delle nuove regole.
In arrivo due nuove Docg
Intanto, l'Abruzzo potrebbe presto annoverare altre due Dop. Dopo parecchi anni di gestazione, si accelera per la Docg Casauria (prodotta in circa 2.500 ettolitri), attualmente sottozona della Doc Montepulciano d'Abruzzo. A un traguardo simile potrebbe arrivare un'altra sottozona pescarese, la "Terre dei Vestini". Se non ci saranno intoppi, entrambe affiancheranno presto l'attuale Docg Colline Teramane Montepulciano d'Abruzzo.
a cura di Gianluca Atzeni
Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 1 giugno
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