Cosa si mangiava sul Titanic? Una mostra a Torino testimonia l'epopea della nave e del più clamoroso naufragio della storia. Una tragedia da migliaia di vittime, ma anche una vicenda piena di fascino. Che ha sollecitato la fantasia di scrittori, musicisti, registi, e che non smette di appassionare persone in tutto il mondo. Oggi una mostra consente di guardare tra gli spiragli dei suoi reperti e immaginare anche cosa si mangiava sul transatlantico più famoso del mondo.
Il Titanic rivive a 105 anni dal tragico naufragio con una grande mostra che sta girando le più importanti città del mondo. Un tour internazionale che ha totalizzato finora oltre 25 milioni di visitatori, arrivato al Parco del Valentino di Torino, dove un suggestivo ed emozionante allestimento, catapulta il visitatore nell’allure di quella nave lussuosa e nei drammatici momenti che hanno preceduto il tragico naufragio.
La mostra Titanic – The Artifact Exibition, a Torino fino al 25 giugno, guida i visitatori nella pancia del famoso transatlantico, all’epoca considerato inaffondabile, ne percorre i corridoi, i ponti, le cabine, i ristoranti, i saloni, e grazie ai reperti in mostra, appartenuti ai facoltosi ospiti di prima classe, e ai poveracci, per lo più immigrati, di terza classe (comunque al livello della secondaclasse delle altre navi), svela le storie di vita che si celano dietro agli uomini dell’equipaggio e ai passeggeri. Un inedito percorso espositivo per la prima volta in Italia, nato da un’idea dell’americana Premiere Exhibitions, proprietaria del relitto del Titanic, e promossa in Italia da Dimensione Eventi.
Gli oggetti in mostra
I rari reperti che compongono la mostra sono il frutto di numerose spedizioni tra il 1987 ed il 1994, che portarono alla luce oltre 4.000oggetti, pezzi autentici della nave e oggetti originali di proprietà dei passeggeri. Si aggiungono inoltre una cabina di prima classe e una di terza classe ricostruite in scala reale, il celebre ponte principale, reperti dell’epoca, una sala dedicata alle storie dei 37 italiani a bordo con i ricordi dei parenti dei passeggeri ancora viventi, ma anche una parete reale di ghiaccio, che riporta alle proibitive temperature delle prime ore del mattino di quel tragico 15 aprile 1912, fino al memorial wall, il triste elenco di tutti i passeggeri, dispersi e posti in salvo, mentre un rumore sordo, che simula i motori a vapore del Titanic, fa da sottofondo all’intera visita.
Memorial Wall
Alexandra Klingelhofer Vice President of Collections Premier Exhibitions, arrivata a Torino per curare e allestire la mostra spiega: “Quella del Titanic è una storia che è stata raccontata innumerevoli volte, ma mai in modo così dettagliato e con così tanta passione come in questa mostra. Il mio lavoro è quello di conservare, curare e quasi coccolare i reperti per garantirne la conservazione perché anche le generazioni future abbiamo la possibilità di conoscere attraverso di loro una delle più grandi tragedie del 900. La parola chiave del mio lavoro è impegno: ogni volta che un oggetto viene recuperato occorre prodigarsi per preservarlo e mantenerlo in tutta la sua straordinaria bellezza naturale”.
La ricostruzione di una cabina di prima classe
Il Titanic
Era chiamata la nave dei sogni, ed era il più lussuoso transatlantico del mondo, in viaggio inaugurale dal porto di Southampton alla volta di New York, quando nella notte fra il 14 e 15 aprile del 1912 si scontrò con un iceberg affondando nel giro di 2 ore e 40 minuti. Morirono 1.518 passeggeri di cui 900 uomini dell'equipaggio, su 2.223 persone che erano a bordo. Solo poco più di 700 persone persone ebbero salva la vita.
La ricostruzione di una cabina di terza classe
A tenere viva la memoria del Titanic e il suo tragico epilogo, le spedizioni che si sono succedute nel corso di oltre un secolo, e i tanti ritrovamenti di oggetti, ma anche una famosa pellicola del 1997, un kolossal diretto dal regista James Cameron, che fece il giro del mondo, totalizzando un botteghino da record, giungendo con tutto il suo drammatico messaggio alle nuove generazioni.
Il muro di ghiaccio
Gli italiani a bordo: personale del ristorante di prima classe
In mostra anche un dettagliato elenco, con alcune note, di ognuno dei 37 italiani a bordo, imbarcati per prestare servizio nel ristorante di prima classe del transatlantico, su esplicita richiesta della White Star Line, proprietaria del Titanic, che aveva imposto camerieri solo italiani. La selezione del personale era stata affidata a Luigi Gatti, un esperto ristoratore che all’epoca gestiva tre locali e sul Titanic aveva sotto di sé cinquanta dipendenti.
Maestranze specializzate, camerieri, macellai, addetti ai bicchieri, sommelier, giunti dal Piemonte, dalla Liguria, dalla Lombardia, dalla Toscana, che pernottavano sul ponte E, negli scantinati del transatlantico. Non essendo riuscito a denunciare all’ufficio del lavoro i nomi del personale reclutato, affidò il documento a una passeggera che stava salendo sulla scialuppa, ma nessuno seppe più nulla di loro, annegarono nelle acque gelide dell’Atlantico perché non c’era posto per loro sulle scialuppe di salvataggio. Tra questi Basilice Giovanni, 27 anni, di Ceriano Laghetto (MI), cameriere. Il suo corpo non è mai stato ritrovato e i genitori furono risarciti con sole 25 sterline che si presume fosse la paga per i giorni di lavoro prima della tragedia. Peduzzi Giuseppe, 24 anni, di Schignano (CO), era emigrato a Londra per fare il cameriere. Il suo corpo non fu mai identificato. Una lapide, di cui è stata trafugata la foto, lo ricorda a Schignano, e nel 2012, in occasione del centenario dell’affondamento, il comune ha finanziato un’artista locale perché dipingesse un ritratto di Giuseppe in base al ricordo dei parenti.
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La cucina del Titanic
A giudicare dalle quotazioni a cui vengono ancora battuti i reperti del Titanic ritrovati e poi affidati a famose case d’asta, il secolo e più che ci separa dal naufragio, non è servito a far perdere appeal all’argomento, ammantando ancora oggi l'evento più glamour e tragico di quell'inizio '900 di un'incredibile fascino. Anche per via di quella sintesi di disperazione e sfarzo che rappresentava, espresso – quest'ultimo – in ogni dettaglio, si trattasse di arredi o di cucina.
Già la cucina. Che cosa si mangiasse nel transatlantico più grande, veloce, e lussuoso del mondo, sembra interessare ancora, e traspare anno dopo anno nel corposo materiale arrivato fino a noi grazie ai passeggeri sopravvissuti. Un menu miracolosamente scampato al naufragio, battuto tra i 50 e i 70 mila dollari, ci parla di quel nefasto ultimo giorno di navigazione.
Il menu? Cucina internazionale, in senso letterale. Piatti francesi, il consommé contadino, le uova all’argenteuil (una varietà di asparagi con il gambo bianco e la punta verde-viola), ma anche piatti americani, come il pollo alla Maryland (passato nella farina, avvolto nella pancetta e accompagnato da piselli e ceci); il prosciutto della Virginia; oppure ricette scozzesi, come la Cockie leekie, zuppa a base di pollo e porri, o piatti inglesi: dalle jacket potatoes, le patate stufate al forno, alla brawn, la testa in cassetta, affettato simile alla coppa fatto con la testa del maiale (tipico anche di alcune regioni italiane), passando per la lingua di bue salmistrata, poi alla griglia. E poi braciole di montone, salmone, anguille norvegesi, scampi, sardine affumicate, aringhe, filetti di rombo. Nel menu compare anche la Bologna sausage, un salume a base di pollo, tacchino e maiale diffuso negli Usa e in Canada che deve il suo nome a una remota somiglianza con la mortadella per concludere con pudding, meringhe, pasticcini e selezione di formaggi (tra cui il nostro Gorgonzola, che giungeva a Londra a bordo di casse di legno con paglia). Made in Italy che non poteva mancare su una nave di lusso, ed era già un brand famoso. Oltre a olio, vino, prodotti di pelletteria, c’è infatti la certezza che fossero imbarcate anche 30 forme di Parmesan Cheese, utilizzato a scaglie, ma anche per preparare il consommè Olga (parmigiano in bastoncini come guarnizione), il sautè di pollo lyonnase (una sorta di canapè di sfoglia riempiti di verdure e formaggio), la zuppa Parmentier (con patate e Parmigiano Reggiano tagliato a fette).
E per rivivere l’atmosfera edoardiana di quegli anni, c’è un museo a Belfast con oggetti e cimeli del Titanic, e il ristorante Rayanne House, dove lo chef Connor McClelland si ispira allo stile del famoso transatlantico e alla cucina del Titanic, con un menu di nove portate che strizza l’occhio al grande chef francese dell’epoca August Ecoffier, mentre i balconi delle camere, si affacciano sul Belfast Lough, l'insenatura dalla quale il Titanic salpò per la prima e ultima volta.
Titanic – The Artifact Exibition | Torino | Promotrice delle Belle Arti | via Balsamo Crivelli, 11 | fino a 25 giugno | http://www.mostratitanic.it/
a cura di Luca Bonacini
Link immagini: https://goo.gl/eVuSxC