Si è distinta come miglior azienda a regime biologico Marfuga, realtà storica della provincia di Perugia che da anni presenta oli d'eccezionale qualità. L'attività risale agli inizi dell'Ottocento, ma è dagli anni '90 che l'extravergine ha assunto per la famiglia Marfuga un altro significato.
Il biologico
Biologico. Tanti si improvvisano con questo marchio, sfruttano l’etichetta, ma non lui. Francesco Marfuga, olivicoltore umbro, da anni si impegna a rispettare il territorio, l'ambiente circostante, quella terra che dà vita a uno degli extravergini più buoni della Penisola, e lo fa lavorando con cura e passione, eliminando ogni forma di elemento dannoso e catturando così nei suoi prodotti tutto il gusto delle colline che circondano Perugia. Va infatti a lui (e all'azienda Viola di Foligno, ancora una volta in provincia di Perugia), il premio come miglior olio biologico dell'anno, per un'etichetta che si è distinta per la sua trama aromatica complessa, la sua profondità ed eleganza, che non nascondono un carattere esuberante e vivace.
Le origini
Francesco rappresenta la quinta generazione della famiglia Marfuga, olivicoltori fin dal 1817, e fa il suo ingresso in azienda nei primi anni '90, periodo in cui gli oli iniziano ad acquistare una luce nuova: “In passato si guardava solo alla resa, l'olio serviva per sfamare tutti ma per fortuna siamo riusciti a capire in tempo che la strada da percorrere era un'altra”. Quella della qualità, costellata di impegno e sacrifici, e tanta forza d'animo, ma soprattutto il coraggio di innovare: “Abbiamo trasferito il frantoio aziendale, che prima si trovava all'interno della casa padronale, e abbiamo creato una nuova struttura in legno”, che Francesco chiama affettuosamente “loft”. “A quei tempi era una scommessa significativa, siamo stati fra i primi a concepire il frantoio come un luogo da vivere tutto l'anno e non solo durante la raccolta. Un po' come la cantina, da visitare anche negli altri mesi”. Infatti da Marfuga ci si può andare per una visita guidata, e si ha anche la possibilità di assistere all'intero processo di lavorazione attraverso una vetrata insonorizzata.
La produzione
Impossibile, poi, non fare una passeggiata fra gli ulivi distribuiti su ben 40 ettari di terreno, di cui circa 28 sono quelli effettivamente produttivi, mentre la restante parte contribuisce a impreziosire il paesaggio, “ anche se, nelle annate migliori, se ci sono buoni frutti raccogliamo da tutte le piante”. Moraiolo, frantoio e leccino: sono queste le tre cultivar dell'azienda, le più rappresentative del territorio, moraiolo in primis. È infatti su quest'ultima che l'olivicoltore ha lavorato di più, ricercando e studiando tutte le caratteristiche della varietà attraverso esperimenti e confronti. “Stiamo facendo diverse ricerche sulle ultime tecniche, sia in fase di estrazione che prima, per tutto il lavoro in campo, cercando di ottenere il meglio da ogni cultivar”. Tre etichette in tutto, L'Affiorante, monocultivar di moraiolo, Trace Bio, blend di moraiolo, frantoio e leccino, e un altro blend, il Dop Umbria Colli Assisi-Spoleto. A questi tre prodotti, se ne è aggiunto quest'anno anche un quarto, La Riserva, “una produzione limitata composta per il 70% da moraiolo e per il resto da una selezione di frantoio, un olio complesso con sentori unici”.
Il biologico
Una coltivazione tutta a regime biologico in cui Francesco crede fortemente. “Specialmente negli ultimi anni, con tutti i cambiamenti climatici che stanno avvenendo, bisogna fare molta attenzione alla cura delle piante e monitorare ancora di più l'intero uliveto. Il biologico è una scelta che non ho intenzione di abbandonare, perché se si ha il controllo della situazione ogni malattia o parassita può essere evitata”. Per la mosca, il monitoraggio inizia da giugno, e laddove la potenzialità di attacco è superiore al 7/8% i trattamenti vengono intensificati. Come prevenzione, il produttore utilizza rame e zolfo subito dopo la potatura (manuale), “in modo da curare le ferite fatte dal taglio”. I trattamenti vengono poi ripetuti nel corso dell'anno a seconda della quantità di pioggia, “perché sono tutti idrosolubili, per questo nel caso di annate particolarmente piovose utilizziamo anche le trappole con ferormoni per evitare l'attacco di mosca”. La potatura avviene dal 20 gennaio fino alla prima settimana di aprile, mentre la raccolta comincia solitamente attorno al 10/12 ottobre. Adesso è il momento di fioritura, un po' tardiva rispetto alle altre zone d'Italia per via del clima rigido e soprattutto della forte escursione termica, “siamo attorno ai 32°C di giorno ma di notte le temperature scendono a 18”. Un momento cruciale, quello primaverile, che però sembra promettere bene: “Abbiamo tanti fiori e, se tutto va bene con il clima, si prospetta una buona annata”.
Il lavoro in frantoio
Dopo la raccolta le olive, contenute in celle frigorifere, passano immediatamente in frantoio, un impianto studiato su misura dall'azienda per far esprimere al meglio ogni varietà e avere una linea di etichette diversificate fra di loro per intensità, aromi e profumi. “Il frangitore è stato modificato più volte, abbiamo la possibilità di cambiare i giri e la velocità di rottura delle olive”, e poi c'è la gramola e il decanter “a due motori, un Alfa Laval X4”. Marfuga lavora a due fasi e mezzo di norma, ma sperimenta di continuo: “Abbiamo affiancato al nostro impianto anche una macchina Mori a due fasi, provando a eliminare del tutto la fase di gramolazione”, ovvero di rimescolamento della pasta delle olive, “staremo a vedere se è fattibile”. Esiste una regola? “Non esistono tempi pre-stabiliti per quanto riguarda la gramola, perché dipende da ciò che si vuole ottenere ma soprattutto dall'annata. Il mio consiglio? Non fermarsi mai al primo risultato e continuare sempre a cambiare giri, tempi, temperature, fasi di lavorazione. Altrimenti, come si può pensare di arrivare a un'innovazione?”.
Un altro elemento chiave in fase di lavorazione è la mono-pompa posta all'ingresso del decanter, “che consente di inserire una quantità più o meno ampia di pasta di olive in fase di decantazione, un parametro che va poi a modificare il prodotto finale”. Per esempio, “spesso lavoriamo con 18 quintali di pasta all'ora, ma abbiamo provato anche con 15, 12...Bisogna testare il potenziale di ogni macchinario: è come avere una Ferrari e guidare sempre a 250 all'ora, dà soddisfazione e garantisce una costanza ma non consentirà mai all'autista di scoprire il nuovo, il diverso, e di crescere”. E da bravo guidatore, Francesco si allea con colleghi, tecnici di frantoio, assaggiatori, esperti del settore ma soprattutto con gli altri membri della sua squadra per “guardare sempre avanti”.
Il moraiolo: la sfida del monocultivar
Fiore all'occhiello dell'azienda è l'Affiorante, monocultivar di moraiolo insignito con il premio speciale per Miglior Olio Biologico, nella guida Oli d'Italia del Gambero Rosso. Ma se oggi, nel 2017, avere un olio solamente a base di questa cultivar – che solitamente dà origine a oli intensi, amari, piccanti e con note prettamente vegetali – rientra nella norma, venti anni fa la scena olivicola nazionale era ben diversa. Francesco, infatti, è stato fra i primi produttori a vedere il potenziale della cultivar umbra per antonomasia (condivisa anche con la confinante zona della Toscana): “Quando ho cominciato a interessarmi di olio, negli anni '90, avevo solo 16 anni ma avevo già iniziato a seguire i corsi di assaggio e ad approfondire la parte chimica dell'extravergine. Il moraiolo mi era piaciuto fin dall'inizio, ma era destinato più che altro ai blend, e io non capivo il perché”. Sono tante, infatti, le qualità di questa oliva, e non solo da un punto di vista sensoriale: “Ha un livello di acidità molto bassa, dovuta al terreno roccioso e calcareo, e soprattutto è ricco di polifenoli, dopo la coratina (cultivar tipica della parte settentrionale della Puglia ndr) è la varietà con il più elevato contenuto fenolico”.
Ma il monocultivar di moraiolo in passato non era apprezzato, “anche perché i macchinari di una volta non davano la possibilità al frantoiano di controllare intensità, amarezza e piccantezza, per cui si ottenevano oli eccessivamente spigolosi”. Francesco ricerca da sempre l'equilibrio, anche con una varietà dall'animo così estroverso e vivace. Una sfida che col tempo “e qualche tentativo non riuscito”, il produttore riesce a vincere: “I sentori di carciofo, di erba di campo, e l'amaro e il piccante possono risultare molto eleganti. Le sensazioni di amaro e piccante sono entrambe pronunciate ma così bilanciate fra di loro che quasi si annullano”. Perché il moraiolo, quello lavorato bene, è così: esuberante, potente, marcato, talvolta eccessivo ma mai fuori posto, diretto e puntuale; indimenticabile. Come pianta, è molto resistente, “si adatta a climi freddi e richiede una tipologia di terreno piuttosto grassa, con tanta acqua”, spesso produce poco, “i nostri alberi non sono molto alti e al massimo abbiamo una decina di chilogrammi di olive a pianta. Nella zona del Sagrantino invece si arriva fino a 70/80 kg”.
L'assaggio e lo studio
Tanto studio e un percorso formativo che continua ancora oggi sono le chiavi vincenti di Francesco: “Sono molto legato all'Università degli Studi di Perugia e all'Aprol, in particolare al professor Maurizio Servili, che in questi anni mi ha dato una gran mano”, ma anche al nostro Giulio Scatolini, capo panel della guida Oli d'Italia del Gambero Rosso e insegnante al corso di idoneità fisiologica all'Aprol di Perugia, nonché uno dei primi assaggiatori in Italia ad aver contribuito alla diffusione della cultura dell'extravergine di qualità. “Ormai abbiamo un team ben consolidato in azienda, per cui lavoriamo in maniera autonoma, ma poi coinvolgo sempre altri esperti per un confronto, che nel nostro lavoro è essenziale”. Fondamentale è poi l'assaggio, “noi assaggiamo sempre la mattina dopo l'estrazione, prima di fare colazione, ma una volta finito degustiamo con curiosità anche le etichette di altri colleghi: un produttore non può basarsi solo sul proprio olio”.
La comunicazione, la vendita, la ristorazione
Tante visite guidate, incentrate sull'azienda ma pensate anche per promuovere il territorio: questo il modo in cui Francesco si impegna a comunicare il suo lavoro, “che non può prescindere dalla terra da cui tutto prende vita”. Tour rivolti a consumatori, addetti ai lavori sia italiani che stranieri, iniziative fra cui “Liscio come l'olio”, “una manifestazione itinerante organizzata insieme a gastronomie di qualità umbre, e non solo, che ha percorso diverse tappe per raccontare storia e tradizione di un luogo e delle sue specialità alimentari”. Sono sempre le gastronomie specializzate e le oleoteche a vendere gli oli di Marfuga, presenti oggi in 400 punti in tutta Italia. Ma il 50% della produzione è destinato all'estero, 24 paesi in tutto, fra cui America, Giappone, Belgio, Olanda, Danimarca, Svezia e, da poco, anche la Cina, “con cui stiamo stringendo degli accordi importanti per la Dop e l'Affiorante: i consumatori cinesi, paradossalmente, sono spesso più preparati di quelli italiani e soprattutto più pronti ad accogliere un prodotto simile”. Che è molto più di un grasso: “un ingrediente, parte integrante di un piatto: questo è l'extravergine”, ed è proprio questo il messaggio che Francesco vuole far passare ai ristoratori. “Rifornisco diversi ristoranti, alcuni anche all'estero, ma gli chef devono capire che se per la cottura può andare bene anche un solo olio, a patto che sia buono, a crudo la selezione deve essere più ampia per esaltare e valorizzare al meglio i sapori della ricetta”. Un esempio? Particolarmente azzardato “ma ben riuscito”, l'accostamento di un cuoco danese fra cioccolato fondente, fragole e moraiolo, “un mix unico di aromi e contrasti ben costruito”.
La ristorazione è un settore che deve porre maggiore attenzione all'oro verde, ma che auspichiamo possa muovere al più presto i passi corretti verso una crescita professionale inevitabile: “con tutte le eccellenze che abbiamo, sarebbe davvero un peccato”.
Marfuga | Campello Sul Clitunno (PG) | viale Firenze | tel. 0743 521338 | www.marfuga.it
a cura di Michela Becchi