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Mangiare gli insetti. Ora c'è anche un grande libro edito da Phaidon

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L'idea è nata da Phaidon, la casa editrice di libri d'arte, che ha voluto pubblicare un volume che testimoniasse l'uso alimentare degli insetti. E lo ha fatto raccontando il progetto del Nordic Food Lab di Copenaghen alla scoperta delle storie e delle tradizioni delle comunità entomofaghe e delle prospettive future di questi alimenti.

Phaidon

La casa editrice è quella dei cataloghi e delle monografie dei grandi pittori, di The Art Book e dei Cahiers du Cinéma. Ma è anche quella che una decina di anni fa, a quasi un secolo dalla sua nascita, si è lanciata nell'editoria gastronomica accreditandone, di fatto, il suo posto al fianco di scultura, architettura e fotografia, ma anche moda e viaggi, in un panorama composito di creatività, arte, lifestyle. Tra la riedizione del Cucchiaio d'argento e Un giorno a El Bulli, passando per libri di ricette e cultura gastronomica di mezzo mondo, monografie di grandi chef o ristoranti, focus su alimenti, filosofie alimentari e piatti tipici, anno dopo anno ha messo a segno alcuni dei volumi più noti del panorama dell'editoria di settore. Non ultimo quello che – nel titolo originale – invita a non fidarsi mai di un cuoco italiano magro, e che nella nostra lingua è stato tradotto (purtroppo) Vieni in Italia con me. Autore Massimo Bottura.

 

copertina

La copertina del libro

 

Il progetto editoriale

In questo excursus sul cibo e sul mangiare, stavolta Phaidon affronta e sdogana uno dei tabù alimentari occidentali: l'entomofagia. E lo fa chiamando in causa alcuni dei maggiori esperti in materia, quelli del team del Nordic Food Lab di Copenaghen, che declinano il tema, ancora oggi scabroso nonostante le molte riflessioni che loro stessi hanno contribuito ad aprire negli ultimi anni, attraverso uno sguardo composito. E proprio questo approccio è il vero protagonista del libro On eating insect che si apre con la prefazione di René Redzepi, chef del Noma cui il Nordic Food Lab è legato a doppio filo, e un'introduzione di Mark Bomford, il direttore del Yale Sustainable Program. C'è poi una parte, quella firmata da Michael Bom Frøst, direttore del Lab, che affronta l'analsi sensoriale di questi alimenti. Non è il primo libro sul tema, ma è forse quello che lo tratta in modo più complesso e con uno stile estremamente raffinato.

Il volume nasce su iniziativa della casa editrice” spiega Roberto Flore, uno degli autori insieme a Michael Bom Frøs (direttore del Lab) e Josh Evans (collega di Flore al Lab per il progetto sugli insetti) .“L'obiettivo dichiarato è far conoscere la ricerca svolta in questi anni”. Non una raccolta di ricette pura e semplice, ma una sintesi di questo progetto, come suggerito dal sottotitolo che recita Essays, stories, recipes. È stata necessaria una selezione, “anche perché”, spiega Flore “è difficile mettere in un solo libro tutta la complessità di questi 4 anni: siamo andati 4 volte in Messico, 2 in Kenya, poi in Thailandia, in Australia, in Giappone, nei paesi del Nord Europa e in moltissimi altri posti”. Ogni viaggio la scoperta di una parte di mondo, con tutto quel che contiene, con un lavoro esplorativo e documentario che ha riunito tecniche di raccolta degli insetti, tradizioni di consumo, valore simbolico e relazione con le comunità di riferimento. “Il libro è un buon frame di quanto fatto, ma ci sarebbe molto ancora da raccontare”. E non si esclude certo che tutto questo lavoro non dia vita ad altre pubblicazioni, anche di taglio diverso. In questo c'è la storia del centro ricerca e la storia di questo progetto, il motivo per cui il Lab è arrivato a occuparsi di insetti e i racconti legati ai viaggi. “Il focus è il progetto nella sua complessità”, ribadisce Flore. 

 

Raccolta di insetti dal Messico

Il progetto

Il libro nasce dal progetto Deliciousness of insects che l'organizzazione no profit danese ha condotto dal 2012 al 2016 con l'intento di approfondire ed espandere l'orizzonte alimentare del paese nord europeo attraverso l'esplorazione del pianeta. L'approccio multidisciplinare del centro ricerche di Copenaghen unisce analisi scientifiche e riflessioni umanistiche, cucina e antropologia, chimica, ecologia, storia. Con questo sguardo olistico sposta più in alto l'asticella della conoscenza e della comprensione del cibo non solo dal punto di vista nutrizionale e organolettico, ma per il suo valore alimentare, culturale, sociale, con una profonda attenzione per l'ambiente, naturale e umano, da cui origina.

Per questo progetto il team si è spinto nei quattro angoli del mondo per conoscere, da vicino, le popolazioni più diverse e i loro costumi alimentari, tra questi è finito sotto osservazione anche il casu marzu, il famoso formaggio sardo con i vermi, e proprio quello ha portato Flore dritto nei laboratori di Copenaghen dove ora riveste il ruolo di head chef: “sono il responsabile dello sviluppo gastronomico”. Si occupa di come trasformare un'idea e delle informazioni in qualcosa di tangibile. In piatti. “Significa anche cercare il modo di adattare materie prime inusuali a piatti familiari, come per esempio il taco”. Come avvenuto nella dimostrazione al Parlamento Europeo un poco più di un anno fa.

In pratica Flore è lo chef di una squadra che è ben lontana dall'essere una brigata di cucina, piuttosto un gruppo di ricerca eterogeneo e superspecializzato che include e gira attorno alla cucina. Ed è forse proprio questo l'aspetto più interessante: la possibilità di aprire, in modo concreto, le porte che collegano il cibo al resto della vita delle persone e della società. Di mettere in pratica una ricerca antropologica che non lesina esperimenti o prove di laboratorio, ma che nasce dalla conoscenza delle diverse comunità entomofaghe nel mondo. E sono moltissime, in ogni continente. Ognuna con un patrimonio di saperi, di tradizioni, tecniche e racconti che sono tenute in altissima considerazione dal Lab. 

 

taco di larve di apiTaco di larve di api

Cibo, gusto e società

Perché il ragionamento sul cibo non può prescindere dal suo complesso di significati e riferimenti. Ancora di più nel caso in questione. Un esempio? Nei gruppi entomofagi, ci raccontava Flore in una precedente occasione, è raro che qualcuno dica di mangiare insetti, i più ne sono disgustati al solo pensiero, quando se ne parla si usa il termine alimentare (come nel caso del casu marzu a proposito dei vermi del formaggio), come se questo scarto lessicale mantenesse unicamente l'identità gastronomica del prodotto eliminandone il legame con il mondo di sotto rappresentato da bruchi e larve; confermando l'attualità del testo di Michael Harris per cui buono da mangiare deve essere prima di tutto buono da pensare, mettendo in luce il ruolo che ha la parola nel definire il pensiero, nel dare forma e sostanza alle cose. Soprattutto quelle di cui ci nutriamo. Non è un caso, inoltre, che in alcune comunità la raccolta degli insetti sia delegata a donne o bambini, a testimonianza del peso emblematico del cibo e in particolare di certi alimenti nelle strutture sociali.

Questioni non secondarie nella costruzione del valore simbolico del cibo che, nelle ricerche del Lab, non viene mai scollegato da quello, concretissimo, dell'applicazione reale: nell'elaborazione di piatti che sintetizzano un mix di scienza e conoscenza estremamente affascinante. Il libro racconta molto di questo approccio.

 

Piccione, erbe selvatiche e garum di cavallette

Piccione, erbe selvatiche e garum di cavallette

 

Il libro

Ecco dunque che il volume (336 pagine) unisce racconti, storie, informazioni scientifiche, aneddoti e ricette che legano il prodotto al suo territorio. E poco importa se il prodotto è una larva o una cavalletta. Così, uno dietro l'altro, si alternano fotogrammi e appunti di viaggio a piatti come Piccione, erbe selvatiche e garum di cavallette o Ceviche di larve di api o Grilli piccanti con asparagi. Ricette belle, raffinate, perfettamente allineate con i canoni estetici (e verrebbe da dire gastronomici, se non ci fossero di mezzo quelle bestioline) dell'alta cucina internazionale. Che ha, nelle sue migliori istanze, la capacità di fare proprie tradizioni e culture diverse, senza svuotarle di significato ma elaborandole alla luce della conoscenza tecnica. Una cucina che stringe legami con i territori e la loro storia.

Questi piatti sono replicabili al di fuori del Lab? “La maggior parte sono realizzati con insetti reperibili da noi, nei vari canali di vendita e comunque comuni in Europa” spiega Flore. E non solo perché quelli asiatici o africani sono difficili da trovare quando non illegali. “Scegliendo animali che si trovano normalmente anche qui, come api o formiche, abbiamo voluto scardinare l'idea che gli insetti come cibo siano qualcosa di esotico, ma legarli, invece al territorio”.

 

Roberto Flore al Nordic Food Lab

 

In Europa ancora non si esce dalla scandalistica, dai biscotti di Halloween, dalle provocazioni, oppure dal discorso legato alla malnutrizione o all'emergenza fame. “Ma gli insetti sono ormai inseriti nei Novel Food ed entro il 2018 tutti gli stati membri dovranno accettarli come cibo”. Serve forse un passaggio ulteriore per normalizzarli, per valorizzarne le qualità nutrizionali e organolettiche, difficile se si trovano in commercio solo prodotti liofilizzati: “È sbagliato gastronomicamente, oltre che irrispettoso nei confronti di tutto il sapere che c'è dietro a questa pratica alimentare, alla storia dei popoli, all'incredibile ricchezza di questi alimenti, al loro sapore”. Al Lab si lavora con insetti raccolti o allevati e consegnati vivi, poi lavorati secondo i diversi processi scelti.

Ci sono cotture da privilegiare per una specie o per l'altra? “Esattamente come per tutti i cibi ci sono diverse tecniche”. Le larve sono ricchissime di proteine. E si comportano alla stregua delle materie prime di simile struttura: come le uova coagulano intorno ai 62 gradi e per certi versi le ricordano in cucina, fritti diventano croccanti come la pelle del maiale, emulsionati possono dare vita a una maionese, fermentati sviluppano un sapore molto umami. “Le abbiamo fermentate usando il koji, il fungo che si usa per la salsa di soia, il sake, il miso, e abbiamo ottenuto una specie di garum” impiegato in diversi piatti: ci sono enormi potenzialità dal punto di vista gastronomico, ma anche economico. “Noi usiamo le le larve di api” racconta “perché quando, per contrastare l'attacco della varroa, molti apicoltori sono stati obbligati a ridurre i fuchi, si sono trovati con un prodotto diventato di scarto”. A quel punto lo hanno iniziato a usare Flore e i suoi a Copenaghen. “Lo abbiamo trasformato in un elemento ad alto valore gastronomico e di mercato, così le larve sono diventate uno dei prodotti dell'apicoltura, come miele o pappa reale”

 

C'è moltissima strada da fare se davvero si vuole un approccio più attento a questo tema, e la proposta di saggi insieme a piatti gourmet può essere la chiave di volta per cambiare il modo di guardare queste materie prime . Che è strettamente legato a quello dell'apertura culturale verso ciò che non si conosce.

 

Il volume viene presentato giovedì 4 maggio a Milano alle ore 19 al Mercato del Suffragio, all'interno del programma Food Wanted: Gastronomic Adventure, la rassegna cinematografica dedicata al cibo inserita nell'ambito della Milano Food City. Alla presentazione, a ingresso gratuito, segue la proiezione di proiezione di Bugs  di Andreas Johnsen (5 euro).

Mercato del Suffragio | Milano | piazza Santa Maria del Suffragio, 2 | tel. 02 55184461 | giovedì 4 maggio h.19

 

On eating insect | Roberto Flore, Michael Bom Frøst, Josh Evans | ed. Phaidon | pp. 336 | 49.95 euro | http://it.phaidon.com/store/food-cook/on-eating-insects-9780714873343/

 

 

 

a cura di Antonella De Santis

foto di Chris Tonnesen

 

 

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