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Sicilia en Primeur, ecco come si presenta l'Isola all'appuntamento con i suoi vini

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Mentre è in corso Sicilia en Primeur e l'anteprima dei vini siciliani, facciamo il punto sulla viticoltura della regione. In primo piano sostenibilità e progetti territoriali, con la valorizzazione dei vitigni autoctoni e della aree archeologiche, mentre crescono la Doc Sicilia e quella dell'Etna

Sicilia en primeur 2017

La XIV edizione di Sicilia en Primeur,iniziata il 25 aprile andrà avanti fino al 29 aprile quando, a partire dalle ore 18.30, l’evento riservato alla stampa nazionale e internazionale sarà aperto anche al pubblico dei wine lovers, i quali potranno degustare i vini delle 50 aziende partecipanti.

Il baricentro della manifestazione è il parco Radicepura situato a Giarre, in provincia di Catania, a metà strada tra l’Etna e il Mar Ionio. Fondata da Venerando Faro (la famiglia ha poi fondato anche la cantina Pietradolce), l’azienda è uno dei punti di riferimento del florovivaismo internazionale. Si estende per 5 ettari, vanta 3000 specie di piante e ha una Banca dei Semi. Durante Sicilia en Primeur sarà possibile visitare giardini site-specific, di circa 150 metri quadrati ciascuno, realizzati da quattro garden designer di fama internazionale in occasione del Radicepura Garden Festival (21 aprile – 21 ottobre 2017).

Nel corso della kermesse vitivinicola, oltre alle degustazioni dei vini della vendemmia 2016, si parlerà del legame tra paesaggio vitivinicolo, la storia millenaria dell’isola e l'obbligo etico di difendere questo patrimonio per tramandarlo alle future generazioni. “Una produzione che rispetti l’ambiente e tuteli il territorio è una tematica sempre più fondamentale per la viticoltura e in special modo per le aziende di Assovini Sicilia” afferma Francesco Ferreri, presidente di Assovini Sicilia“Poter organizzare il nostro evento sullo sfondo del Radicepura Garden Festival è un’opportunità irrinunciabile che ci permette di trasmettere i nostri valori di responsabilità ambientale su scala internazionale”. Assovini, a cui sono associate 78 aziende che esprimono un valore di circa 300 milioni di euro, prevede che nel 2017 ci sarà una crescita nelle vendite pari al 5-6%. “Possiamo contare su una qualità dei vini che migliora ogni anno, grazie anche alla sempre maggiore attenzione che le aziende hanno per la sostenibilità” conclude Ferreri.

 

L’Alleanza per la vitivinicoltura sostenibile

Proprio in ottica sostenibile è nata in Sicilia l’Alleanza, composta da un primo gruppo di sei aziende (Cos, Terre di Noto, Cantine Settesoli, Planeta, Tasca d’Almerita e Tenuta Santo Spirito) e a cui prossimamente se ne aggiungeranno altre, che ha come base Sostain, il primo programma specifico di sostenibilità per la vitivinicoltura, volontario e proattivo, nato nel 2010. Al di là delle scelte produttive di ognuna (regime tradizionale, biologico, integrato, ecc.) le aziende hanno in comune l’attenzione “al benessere dei lavoratori e la salute dei consumatori, il coinvolgimento delle comunità locali, la valorizzazione del territorio circostante, la conservazione delle risorse naturali”. Inoltre, il progetto Sostain (vedi www.sostain.it) inizialmente sperimentato dalla sola Tasca d’Almerita e poi fatto proprio dalle altre aziende, è stato integrato con il programma nazionale del Ministero dell’Ambiente VIVA per il calcolo degli indicatori Aria, Acqua, Vigneto e Territorio (carbon footprint, waterfootprint, ecc.). Dice Alberto Tasca, ad di Tasca d’Almerita: “Il progetto Sostain è diventato una bussola non solo della nostra azienda ma, per certi versi, anche delle nostre vite, visto che si tratta di un percorso nel quale viene misurato l’impatto che ogni azione provoca a 360°”.

 

Nuove opportunità, vecchi vitigni

Altro progetto sostenibile legato alla viticoltura siciliana è la valorizzazione delle specie autoctone. Durante lo scorso Vinitaly, l’Assessore regionale all’agricoltura Antonello Cracolici, ha annunciato che è pronto l’iter per l’iscrizione di 10 vitigni nel Catalogo nazionale delle viti. Si tratta di un primo gruppo di cui fanno parte: 4 rappi, catanese bianca, inzolia nera, lucignola, orisi, prunestra, recuno, reliquia bianca, usirioto e vitrarolo, salvati dall’estinzione. Dopo l’iscrizione, e la moltiplicazione da parte dei vivaisti, queste uve potranno essere impiantate e vinificate dalle aziende, diventando così una nuova opportunità per la vitienologia regionale. “La Sicilia si conferma come culla di biodiversità, prima tra le regioni italiane insieme alla Calabria” ha commentato l’assessore Cracolici.

 

Lo stato dell’arte della Doc Sicilia

Nonostante sia entrata in vigore soltanto con la vendemmia 2012, la Doc Sicilia è già diventata una delle più importanti denominazioni italiane per volumi di imbottigliamento. Una smentita per chi, sino a non molto tempo fa, preconizzava un futuro gramo per il vino regionale e ancor di più per le altre Doc territoriali esistenti, a causa della creazione della Doc Sicilia. “Nel 2016, è cresciuta dell'11% rispetto all'anno precedente e ha raggiunto i 26 milioni e 800mila bottiglie con 201 mila ettolitri di imbottigliato” sottolinea Maurizio Lunetta, direttore del Consorzio di tutelaIl tutto senza togliere nulla ai vini Igt Terre Siciliane e alle altre Doc che vedono aumentato il volume del loro imbottigliato".

Inoltre, l’obbligo di etichettatura dei vini Grillo e Nero d'Avola, esclusivamente con la Doc Sicilia, permette già sin d’ora di esercitare dei controlli a partire dai vigneti. È un passaggio importante, seppur arrivato in ritardo come del resto la Doc Sicilia, che dà una protezione a due tra i più rappresentativi vini della regione. "La garanzia di una migliore qualità del vino e un maggior controllo dell’intera filiera di produzione” spiega il presidente del Consorzio Antonio Rallosono stati un risultato che abbiamo raggiunto coinvolgendo le realtà della cooperazione e le piccole e grandi aziende, anche per riconoscere ai viticoltori siciliani il giusto valore all'uva”. Nel 2016 la Doc Sicilia (201.000 hl) è stata rivendicata su oltre 10.600 ettari della superficie vitata regionale ed è stata utilizzata da 134 cantine, mentre la superficie totale del vigneto siciliano è risultata di 97.900 ettari con una superficie denunciata di 81.000 ettari dei quali 4.000 con denunce di produzione pari a zero.

 

Crescono i vini del vulcano

Tra le altre denominazioni dell'Isola, menzione a parte merita la Doc Etna. All’ultima manifestazione Contrade dell’Etna, lo scorso 3 aprile, erano quasi 90 le aziende del territorio che hanno presentato vini in degustazione. Gli ettari rivendicati dalla denominazione crescono da 680 ettari del 2014 ai 778 del 2015 e aumenta, sempre negli stessi anni, l’imbottigliamento da 12.370 a 17.800 ettolitri: la viticoltura etnea pur essendo una parte assai circoscritta di quella regionale, sta continuando a mietere successi. L’ultima azienda in ordine di tempo che ha deciso di produrre sull’Etna è la trapanese Cantine Europa, una delle più grandi cooperative siciliane a cui aderiscono oltre duemila soci. La nuova impresa, nata dalla fusione di due aziende esistenti, è stata denominata Due Sorbi e ha sede a Valverde in provincia di Catania. Dotata di una moderna cantina con una capacità di 6.000 ettolitri, produrrà, oltre ai vini dell’Etna, anche spumanti sia metodo classico che metodo Martinotti. La nuova azienda, che acquisterà le uve sul mercato, dovrà camminare sulle proprie gambe e non peserà sui bilanci di Cantine Europa.

 

Il libro sul vigneto siciliano

Il volume Identità e ricchezza del vigneto siciliano si basa su una ricerca mai effettuata in precedenza, nata con l’obiettivo di fornire viti di migliore qualità, genetica e sanitaria, e di reintrodurre vitigni minori di cui si era persa la memoria. La ricerca, iniziata nel giugno 2003, permise di raccogliere una mole imponente di dati: circa 7.000 piante controllate in tutto il territorio regionale, 480 vigneti studiati, 90 comuni interessati, oltre 2600 test ELISA per la ricerca delle virosi. Grazie alla ricerca, per esempio, è stato possibile individuare dei biotipi qualitativamente più complessi dal punto di vista polifenolico (nero d’Avola, frappato, grillo, ecc.) rispetto a quelli esistenti. Èpossibile effettuare il download gratuito del volume a questo link.

 

Sostenere il Parco di Selinunte

Infine, uno sguardo alla valorizzazione del territorio e del suo patrimonio artistico. Tra qualche giorno, nella prima decade di maggio, il versante est della cinta muraria dell’Acropoli di Selinunte sarà finalmente illuminato come si deve. La campagna Cantine Settesoli per Selinunte, finanziata attraverso la vendita di bottiglie di vino Doc Sicilia in Gdo, sta dando i suoi primi frutti concreti. Il primo stanziamento - €24.000 - è stato subito speso per l’impianto di illuminazione, il secondo - €42.000 -riguarderà la manutenzione del tempio di Apollo e poi via via, man mano che i fondi saranno disponibili e i bandi per i lavori approvati, si continuerà ad investire in migliorie del più grande parco archeologico d’Europa (310 ettari). Un modo di “restituire” al territorio, da parte di Settesoli, che permetterà di fare manutenzione e renderà più accogliente il sito. Anche la biodiversità viticola siciliana continua ad essere una delle fonti di ricchezza del territorio.

Il Parco si può sostenere non solo con l’acquisto del vino ma anche facendo un bonifico bancario su IBANIT75Y0200881830000104621411, intestato a “Parco Archeologico di Selinunte e Cave di Cusa”. La donazione permette di detrarre dalle tasse il 65% (Art. Bonus). Per ricevere il beneficio fiscale è necessario specificare nella causale “Art. Bonus – Parco di Selinunte” seguito dal codice fiscale o dalla partita Iva.

 

 

a cura di Andrea Gabbrielli

 

 

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 27 aprile

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