Un guru del barbecue in America e non solo: da 20 anni a questa parte, Steven Raichlen contribuisce allo sviluppo e alla crescita della cultura della griglia e del mangiare bene negli Stati Uniti con programmi tv, libri e corsi di formazione. E ora si prepara ad approdare in Italia con un nuovo, originale show.
Gli inizi
Non esiste un modo univoco per introdurre Steven Raichlen, il re del barbecue americano che ha rivoluzionato completamente il modo di concepire la griglia negli Stati Uniti: professionista, chef, ex critico gastronomico, star della tv, ma ancora prima un appassionato. Un uomo che ha fatto della qualità del cibo, della ricerca delle materie prime e dello sviluppo di tecniche innovative, il suo mantra. E un grande comunicatore, promotore del rito del barbecue e portavoce di tutta la cultura nord e sud americana che si cela dietro questo metodo di cottura. “Tutto ha inizio con una laurea in letteratura francese, una scelta di vita sbagliata che però, a distanza di 20 anni, ha dato i suoi frutti”.
Nato a Nagoya, in Giappone, cresciuto a Baltimora, in Maryland, Steven – classe '53 – si specializza in poesia francese medievale e, tramite questo percorso di studi, viene a conoscenza dell'antica tradizione culinaria del Medioevo. “Da quel momento, ho capito quanto fosse profonda l'interazione fra cultura e cucina”. Comincia così a sviluppare un interesse sempre più forte verso il mondo dell'enogastronomia, lavora come critico, inizia a visitare tutti i migliori ristoranti, studia il vino e soprattutto si mette dietro ai fornelli. “Un giorno qualcuno mi ha detto che non mi sarei mai guadagnato da vivere scrivendo di cibo. Per cui, naturalmente, mi sono messo a scrivere libri di cucina”. E la sua determinazione lo ha portato al successo attuale: “Il primo volume è stato The Barbecue Bible ed è diventato un besteller mondiale”. Perché?“Semplicemente, era il testo giusto nel posto giusto al momento giusto”. È il '98, un momento storico in cui in America imperversano fast food e cucine di bassa qualità, fatte di ingredienti mediocri e poca cura nella preparazione: “Mi ci è voluto tanto per scriverlo, ma alla fine il duro lavoro mi ha ripagato perché, fino ad allora, nessuno aveva pensato al barbecue come una pratica sofisticata”. Il passo dalla scrittura alla televisione è breve: “Dopo il successo immediato mi sono chiesto: 'Quanti progetti si possono sviluppare con il barbecue?' Programmi tv, siti web, scuole”. E così li ha realizzati. Tutti quanti.
La tv e i libri
“Circa 8 anni fa mi trovavo a Montreal per promuovere la versione francese di The Barbecue Bible e in questa occasione ho conosciuto un produttore televisivo che mi ha proposto di tenere uno show tutto mio incentrato sul barbecue”. Da allora, ne sono nate tre stagioni, “e vado a Montreal la prossima settimana per iniziare le riprese della quarta” trasmesse negli Stati Uniti ma anche in diversi paesi europei. Un'esperienza unica, quella televisiva, che ha consentito a Steven di farsi conoscere anche al grande pubblico: “Inizialmente ero terrorizzato. Ricordo ancora la prima ripresa: 3,2,1 azione... E dalla mia bocca non uscì alcun suono, tanta era la tensione”. Dopo i primi anni più difficoltosi, lo chef comincia a prendere confidenza con le telecamere e oggi trascorre più tempo in TV che nella sua cucina, registrando diversi programmi.
“Il mio lavoro primario però resta sempre la scrittura. Oltre ai libri di cucina, ho scritto un romanzo 3 anni fa, Island Apart, che racconta la storia di un uomo e una donna che scoprono loro stessi e si innamorano attraverso il cibo”. Steven ha scritto anche di spezie e della tradizione dell'America Latina: “Per anni noi americani non abbiamo avuto nulla di cui essere fieri per quanto riguarda la cucina. Poi però abbiamo scoperto che al Sud esiste una storia densa e articolata di tradizioni, ricette, piatti antichi e prodotti tipici davvero invidiabile. Così, le zone che non avevano una cultura culinaria storica, hanno iniziato a inventarla. Miami, per esempio. Si è creata una nuova generazione di chef innovativi che hanno posto le basi per costruire una storia. Da questa osservazione, è nato il desiderio di esplorare la cucina latina e il libro Healthy Latin Cooking”. Il barbecue però resta il tema centrale, e l'autore-chef è pronto a presentare un nuovo volume il mese prossimo.
L'Università del Barbecue
Un professionista così appassionato non poteva esimersi dal trasmettere le sue conoscenze a tutti i giovani aspiranti cuochi: al Broadmoor Resort, in Colorado Springs, parte centro-orientale dello stato del Colorado, c'è la Barbecue University, scuola di formazione dove Steven mostra agli studenti come realizzare un barbecue ad hoc. “Funziona come una sorta di campo estivo, dove gli studenti condividono gli spazi e seguono lezioni teoriche e pratiche. A fine corso c'è un esame e ogni allievo deve realizzare una presentazione su un tema a scelta”. Studenti di tutti i tipi, dagli addetti ai lavori ai cuochi amatoriali più appassionati e soprattutto di tutte le nazionalità. Il prossimo passo? “Creare un'Università del barbecue anche in Italia, mantenendo tecniche e tradizioni americane ma utilizzando ingredienti del territorio”.
La tradizione del barbecue in America
Un legame profondo e inossidabile, quello fra americani e griglia, ma cosa rappresenta nel Nuovo Mondo questo rituale? “Ci sono due scuole di pensiero principali: il classico barbecue americano, diffuso soprattutto nell'America Latina, che prevede cotture lente a fuoco basso e diversi tipi di carne a seconda della nazione”. Nell'America Settentrionale invece la tradizione prevede un uso cospicuo di salse di vario genere: “Lo chiamiamo barbecue ma in realtà è la griglia, ben diversa. Perché sulla griglia puoi cucinare qualsiasi cosa, dalla carne ai dolci”. Barbecue, griglia e infine affumicatura: “Uno dei libri che ho scritto si chiama Project Smoke e parla di cibi affumicati, che sono un prodotto completamente differente”.
Ma come è cambiato il concetto di barbecue negli anni? “Quando ero bambino, si preparava il barbecue o la griglia una volta al mese. Ora siamo passati addirittura a tre volte a settimana. Non è più una cottura riservata alle occasioni speciali, ma un'usanza abituale”. Col tempo, cambia (fortunatamente) anche la carne: “Fino agli anni '50 i tagli erano buoni, ma dalla seconda metà del 20esimo secolo fino ai primi anni 2000 i prodotti erano tutti industriali e di scarsa qualità. Gli americani pensavano che la tipologia di cottura coprisse sapori e profumi e che quindi non fosse necessario spendere per la materia prima”. Oggi, c'è un'attenzione maggiore sia al Nord che Sud America.Steven utilizza solo carne grassfed, ovvero di animali allevati al pascolo e nutriti a erba, verdure biologiche, “stagionali”e pesce di mare, “mai di allevamento”. E cerca di promuovere questi principi in un paese “schizofrenico, patria del McDonald's ma anche dei Farmer's Market, dove si trovano le due tipologie opposte di consumatori”.
E in Italia...
Anche nel Bel Paese esiste una tradizione di barbecue e griglia, solamente è più nascosta. “Conoscevo la rinomata bistecca alla fiorentina e quando ho iniziato a interessarmi al barbecue sono andato in Toscana a provarla”, ma era solo l'inizio perché il punto di svolta per Steven c'è stato in Basilicata: “Quando in Italia chiedi a qualcuno informazioni sul barbecue, la maggior parte delle persone ti risponde che non esiste questa tradizione, ma non è vero, è solo un'arte invisibile”. E prosegue: “Camminando per i borghi della Basilicata mi sono reso conto della grande quantità di macellerie buone. La griglia si usa, è una tradizione più casalinga e poco diffusa fra i ristoranti, ma c'è. Ed è squisita, specialmente con la carne di cavallo, che per noi americani è davvero inusuale”. Da questo viaggio nella terra lucana, lo chef prende ispirazione per il suo nuovo progetto.
Il programma con il Gambero Rosso
“Ho pensato: Perché non andare alla scoperta del barbecue italiano facendomi aiutare dagli artigiani locali, scambiando consigli e informazioni?”, e così ha fatto. Un suo amico lo mette in contatto con Stefano Monticelli, regista del Gambero Rosso Channel (canale 412 di Sky) e dopo vari scambi di email finalmente i due si conoscono e, insieme a tutta la squadra del canale del Gambero Rosso, capitanata da Bianca Perugia, iniziano a porre le basi per un nuovo programma, ancora tutto da definire. “La mia intenzione è quella di coinvolgere macellai, pescatori, cuochi e consumatori appassionati dei vari territori, chiedere loro di mostrarmi prodotti tipici e cotture tradizionali e poi fargli vedere la mia interpretazione di quegli ingredienti, portando così la mia idea di barbecue anche in Italia”. Sempre rispettando il gusto e la tradizione degli italiani: “La cucina tricolore si fonda su usanze e ricette antiche e non ho intenzione di stravolgere. Voglio usare materie prime italiane, cucinarle a modo mio ma senza distorcere i gusti locali”. Ma promette comunque di stupirci: “Non vedo l'ora di realizzare una crostata o una pizza sulla griglia”.
L'Italia di Steven
Ma quali ristoranti italiani piacciono al re del barbecue americano? “Non sono ancora stato in un posto che non mi è piaciuto”. Gli indirizzi preferiti dello chef restano quelli più tradizionali: “Ogni volta che vengo in Italia ho voglia di assaggiare i piatti classici. È un po' la figura stereotipata del turista americano questa, me ne rendo conto, ma davvero trovo più soddisfazione in una cacio e pepe ben fatta che in piatti di cucina molecolare”. Steven però non ha rinunciato a provare l'Osteria Francescana di Massimo Bottura, “eccellente”, e Piazza Duomo di Enrico Crippa, “esperienza sensoriale unica”, ma le sue cene più belle sono state quelle a Roma da Checchino dal 1887, “la coda alla vaccinara è meravigliosa”, Roscioli, “amatriciana, carbonara e in particolare cacio e pepe da maestro”, piatti autentici, dal sapore antico, “quello che manca a Boston, New York, San Francisco e anche Miami”. Cucina regionale preferita? “Quella siciliana e lucana. Noto è un luogo incantevole, e così anche Siracusa, dove ho provato una fantastica grigliata di pesce”. Ma a uno straniero che gli chiede consiglio su un itinerario (anche) gastronomico Steven raccomanderebbe senza esitazioni di iniziare da Como, “perfetta per rilassarsi e godersi un po' di sana quiete”, passare per la Toscana, “specialmente la zona del Chianti”, Roma e poi finalmente approdare al Sud, “dove ci sono alcune delle cucine più interessanti e variegate del mondo e degli ingredienti unici”. Ma sono ancora tanti i luoghi da visitare ed esplorare, perché “ho la netta sensazione che puoi trascorrere tutta la vita a viaggiare e mangiare in giro per l'Italia e scoprirai sempre qualcosa di nuovo”.
Progetti futuri
Programma TV italiano a parte, Steven ha in cantiere diversi progetti: “La prossima settimana comincio le riprese a Montreal, ho la presentazione del libro e poi sto già lavorando a un altro testo, Project Fire, sulla falsa riga di Project Smoke ma incentrato sulla griglia”. Ci sarà un volume, poi, anche sulla sua esperienza in Italia, “probabilmente in lingua italiana, ma non ne sono certo. Sto studiando ma ci vuole tempo”. Il sogno è quello di portare la scuola di formazione nella nostra Penisola, ma anche di esportare il format dello show del Gambero Rosso in Spagna e Germania, “due paesi con una ricca tradizione di barbecue, anche in questi casi un po' nascosta, ma ben radicata”. E un ristorante? “Ci ho pensato ma non ne aprirei mai uno tutto mio. Se trovassi i giusti partner, seri e preparati da me, a cui affidare la produzione forse...”. Forse un giorno, ma nel frattempo attendiamo con ansia il nuovo programma TV, il primo in Italia...
a cura di Michela Becchi