Dai vini preferiti dall’alta ristorazione a quelli più venduti al supermercato. Dalle denominazioni che hanno incrementato di più le vendite a quelle che danno più lavoro. Tante top list per un unico comun denominatore: la rivincita degli autoctoni
I bianchi autoctoni preferiti dall’alta ristorazione
Vinitaly, si sa, è anche tempo di classifiche e bilanci. Il momento in cui ci si sbizzarrisce nel dare risposte a interrogativi e curiosità maturati durante tutto l’anno, ma che solo in Fiera si svelano al grande pubblico dei curiosi. Ce n’è per tutti i gusti. Ad esempio, quali sono le regioni più presenti nelle carte dei ristoranti? Quali i vini preferiti dai grandi chef? E ancora, quali denominazioni potrebbero fare di più e quali, invece, non mancano proprio mai? Forte dei suoi tre cavalli di battaglia del territorio (Pecorino, Passerina e Verdicchio), l’Istituto Marchigiano Vini ha fatto il punto sui bianchi autoctoni nella ristorazione, con una ricerca firmata Nomisma-Wine monitor, condotta su 220 intervistati tra sommelier, titolari e cuochi, e presentata proprio in Fiera.
Le regioni più rappresentate
Il primo dato che emerge è che l’alta cucina preferisce i vini legati ai territori italiani: su 126 etichette di vini bianchi in carta, nei ristoranti top sono 106 quelli di autoctoni (contro i 64 di tutto il comparto ristorazione). Tra le regioni più rappresentate, al primo posto si piazza il Friuli Venezia Giulia (40%), seguito da Alto Adige (15%), Sicilia (9%) e Marche (7%). Poi Abruzzo, Trentino, Veneto, Campania, Piemonte e Valle D’Aosta.
I più presenti
Sul fronte vini, a vincere – anche al di fuori della regione di riferimento – è il Traminer (Trentino e Alto Adige), presente nell’84% dei casi, prima di Moscato (78%), Tocai Friulano (74%), Vermentino (73%) e Fiano (69%).
I sottostimati
Tra gli underachiever - della serie si impegnano, ma non ancora abbastanza - il primato spetta a Glera (Prosecco), Garganega (Soave), Catarratto e Trebbiano.
Gli emergenti
Tra gli emergenti, svettano Pignoletto, Passerina e Pecorino, mentre sono immancabili Falanghina, Fiano, Vermentino, Friulano, Traminer e Verdicchio. Onnipresente è, infine, il Moscato, nella maggioranza dei casi inteso nella sua interpretazione di vino dolce.
Le denominazioni che hanno incrementato le vendite
Il ritorno ai vitigni autoctoni è sottolineato anche da Coldiretti che ha stilato la top ten delle denominazioni che hanno incrementato maggiormente le loro vendite nel 2016.
Miglior performance nel 2016
Nella borsa dei vini italiani salgono sul podio Ribolla gialla friulano(+31%), Passerina marchigiana (+24%) e Valpolicella Ripasso del Veneto (+23%). A seguire, Pecorino con un aumento del 19%, Primitivo (+14%), Pignoletto ( +13%) e Custoza con un +10,5%. A pari merito all’ottavo posto, con un +10%, ci sono il Negroamaro e il Lagrein, mentre il decimo posto (+10%) è appannaggio del Traminer. Nessun vitigno internazionale, quindi, tra i primi dieci. “Il futuro dell’agricoltura italiana ed europea” ha affermato il presidente Coldiretti Roberto Moncalvo “dipende dalla capacità di promuovere e tutelare le distintività territoriali”.
Il vino che “assume” di più
E sempre Coldiretti, per questo Vinitaly, è andata alla ricerca del “vino più utile”, ovvero quello che dà più lavoro nel comparto.
Maggior impatto lavorativo
Con un totale di 19,4 milioni di ore impiegate all’anno, the winner isil Montepulciano d’Abruzzo Doc, davanti al Puglia Igt con 16,5 milioni nella provincia di Foggia e alla Doc Sicilia con 16 milioni di giornate in quella di Trapani. Una classifica che, nelle prime tre posizioni, mette in evidenza come il settore vitivinicolo sia particolarmente importante per l’economia e l’occupazione nel Mezzogiorno, sebbene l’impatto lavorativo sia rilevante anche al Nord. Al quarto posto, infatti, si piazza il lombardo Oltrepò Pavese Doc, con 14,2 milioni di ore di lavoro, davanti ai piemontesi Asti Docg e Barbera d’Asti, con all’attivo 13,4 milioni di ore. Bisogna, invece, arrivare al sesto posto per trovare una denominazione veneta: l’Amarone della Valpolicella Docg con 13,1 milioni di “banca ore”.
Valore complessivo del comparto
Complessivamente, stima la Coldiretti, nel 2016 il vino ha offerto opportunità di lavoro a un milione e trecentomila persone, tra vigna, cantina, distribuzione, trasporti, assicurazioni, industria vetraria, enoturismo, ricerca e formazione, divulgazione, editoria, bioenergie e così via. La ricerca Coldiretti è stata anche l’occasione per porre l’accento sulle difficoltà del settore dopo l’abolizione, di qualche settimana fa, dei voucher. “Il settore del vino” ha detto il presidente Moncalvo “dimostra più di altri che l’agricoltura è in grado di offrire opportunità di lavoro. Adesso, però, la prima vendemmia senza voucher rischia di far perdere 25 mila posti di lavoro tra le vigne per giovani e pensionati e occorre trovare pertanto presto una valida soluzione alternativa nell’interesse delle imprese e dei cittadini”.
I migliori sugli scaffali della Gdo
I più venduti
Infine, uno sguardo, all’immancabile top list dei vini più venduti al supermercato, presentata da Iri. Sul podio le tre punte di diamante degli scaffali: Lambrusco,Chianti e Montepulciano d'Abruzzo. A seguire Nero d’Avola (Sicilia), Vermentino (Sardegna), Muller Thurgau e Gutturnio (Lombardia) con un aumento superiore al 4%.
Gli emergenti
Tra gli “emergenti” con una maggiore progressione di vendita a volume troviamo Ribolla Gialla(Friuli Venezia Giulia), Passerina (Marche), Valpolicella Ripasso (Veneto). Confermata la crescita del Pignoletto (Emilia), del Pecorino (Marche/Abruzzo) e della Passerina (Marche), mentre rientrano in classifica il Grillo (Sicilia) e il Cannonau (Sardegna). Ottimi risultati anche per il Chianti Docg, con quasi 10 milioni di litri per un valore di oltre 45 milioni di euro.
Le tendenze
Tra i maggiori trend da rilevare, la crescita dei biologici – una novità per la Gdo - con un +25,7% in volume per un totale di 2,5 milioni di litri venduti; e l’accelerazione dei vini a denominazione e degli spumanti.
a cura di Loredana Sottile