Per la nona tappa della rubrica sui biscotti regionali italiani andiamo in Emilia-Romagna, una delle regioni a più alta vocazione gastronomica. Vi raccontiamo 10 specialità, con la ricetta dei buslanein della pasticceria Falicetto di Piacenza.
Due tradizioni culinarie che si incontrano, creando un patrimonio inestimabile di sapori che, in più sono fortemente influenzati dalle suggestioniprovenienti dalle regioni a nord e a ovest dei suoi confini. Stiamo parlando della cucina dell'Emilia-Romagna. Patria di pasta fresca, ragù, carni e grandi salumi. Ma anche terra di biscotti. Ve ne raccontiamo 10, tutti da rifare a casa, con la ricetta dei buslanein della pasticceria Falicetto di Piacenza, Due Torte nell’edizione 2017 della guida Pasticceri&Pasticcerie.
Amaretti di Modena
Si chiamano amaretti di Modena, o amaretti di Spilamberto, i biscotti da cui partiamo per raccontare le tradizioni dell’Emilia-Romagna. Prodotti antichi, già diffusi nel 1500, ma caduti in disuso intorno al 1800. Sono diverse le ricette in circolazione che riguardano questo dolce, fra cui anche quelle di Pellegrino Artusi e Giovanni Felice Luraschi, ma fu la famiglia Goldoni a restituire agli “amaretti morbidi” la fama che gli spetta. Pasticcieri già affermati, preparavano i biscotti e li portavano al forno di Concetta Sirotti, chiamata la "Gemma del Forno", dove la ricetta veniva completata. Per molti anni, dopo la chiusura della pasticceria Goldoni, la signora Sirotti fu l’unica depositaria della ricetta degli amaretti, prima di passarla alla cugina e ad altre compaesane fidate. Oggi, oltre al territorio di Spilamberto, gli amaretti sono diffusi in tutta la provincia di Modena.
La ricetta è molto semplice: mandorle dolci e una piccola parte di mandorle amare (il 10% circa) uova e zucchero. La loro caratteristica più importante è la morbidezza: per questo per farli si preferivano le giornate piovose dei mesi invernali.
Biscotti alla Malvasia di Parma
Se in molti conoscono la Torta Maria Luigia - tipica torta di Parma fatta con pan di Spagna mandorle, cioccolato, crema e fragoline di bosco - non sono altrettanti coloro che conoscono questi biscotti. Maria Luigia d’Asburgo-Lorena, moglie di Napoleone I e duchessa regnante del Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla dal 1814 al 1847, si diceva fosse una buongustaia. La sovrana amava non solo le paste ripiene e le carni cotte a lungo, ma anche dolci anche semplici come questi biscotti, destinati a essere inzuppati nel latte, nella Malvasia dolce del colli parmensi o mangiati insieme allo zabaglione. La ricetta originale pare sia del liquorista Vincenzo Agnoletti, responsabile della credenza di corte: è contenuta nel ricettario La nuova cucina economica, datato 1803. Per farli servono farina, burro, zucchero, lievito per dolci, latte tiepido, un pizzico di sale e un baccello di vaniglia. Una volta impastati farina, burro a temperatura ambiente, lievito e zucchero, si fanno riposare per qualche minuto i semi della vaniglia nel latte tiepido e si versa a filo, aggiungendo un pizzico di sale. Si stende la pasta e si tagliano fette da circa due centimetri di larghezza per 10 di lunghezza. Infine, si infornano per circa 20 minuti a 180 gradi.
Biscotti alla Malvasia di Parma
Buslanein
Ci spostiamo a Piacenza per parlare dei buslanein, ciambelline diffuse in doppia versione (più morbide o più dure) originarie della Val Tidone, in particolare di una piccola frazione del comune di Rottofreno, San Nicolò a Trebbia. Una frazione importante soprattutto nell’alto medioevo, perché tappa fondamentale sulla via Francigena dotata di due “hospitali” per il riposo dei pellegrini.
I buslanein sono diffusi da molto tempo nel territorio piacentino - pare che nel 1300 fossero i monaci della chiesa di San Savino a preparali – ma la loro ricetta fu messa a punto dal fornaio Peppino Lombardi, nel 1931. Un tempo venivano infilate in cordoncini colorati per formare una collana che le ragazze di San Nicolò avrebbero indossato nei giorni di sagra e regalati anche in occasione delle cresime.
Per realizzarli vi occorrono farina, burro, zucchero, latte, vaniglia e un pizzico di sale. È proprio questa la ricetta che ci siamo fatti regalare dalla pasticceria Falicetto di Piacenza: il procedimento nel dettaglio lo troverete in fondo.
Buslanein della pasticceria Falicetto
Canestrelli di Piacenza
Abbiamo già parlato della diffusione dei canestrelli, in particolare di quelli liguri. Questa volta racconteremo il canestrello di Piacenza, meno conosciuto al di fuori della regione rispetto agli altri, ma altrettanto antichi. Dalla Val d’Aveto, infatti, la ricetta si è diffusa nell’adiacente Val di Trebbia fino ai territori intorno Piacenza.
La ricetta è uguale a quella dei canestrelli di Santo Stefano d'Aveto (farina, zucchero, burro, uova, un pizzico di sale) ad eccezione dell’aromatizzazione al rum presente nella versione emiliana e invece assente in quella ligure. Anche in questo caso si usa mangiarli bagnandoli in un vino dolce locale.
Fave dei morti
Pasticcini alla mandorla, dalla forma ovale e schiacciata, diffusi in tutta la Romagna: sono le fave dei morti, che si inseriscono nelle tradizioni culinarie del 2 novembre e del culto dei morti. Ci sono diverse versioni della ricetta: le fave di Ravenna, quelle di Forlì, quelle Massalombarda, quelle di Lugo e le fave dolci di montagna. Gli ingredienti di base sono farina, zucchero, mandorle e uova, ma le varianti differiscono in qualche piccolo dettaglio che però ne caratterizza il sapore. Le fave di Ravenna, ad esempio, contengono anche i pinoli, un po’ di farina di crusca mescolata alla bianca e sono aromatizzati all’acquavite; quelli di Forlì sono impastati con il burro e l’alchermes; nella ricetta di Massalombarda spicca invece l’aroma del caffè; i biscotti di Lugo sono preparati con farina gialla e cognac; infine le fave di montagna, che prevedono una parte di farina di castagna.
Fave dei morti
Al di là di tutte le varianti locali, il procedimento non differisce: si impastano gli ingredienti finché la massa non risulta morbida ed elastica; a questo punto si forma un grosso cilindro che andrà tagliato in tanti piccoli pezzi da schiacciare per dare l’aspetto tradizionale. Si spennella la superficie con un po’ di uovo sbattuto e si infornano a 180 gradi per 20 minuti.
Mandorlini del ponte
Biscotti tipici di Pontelagoscuro, frazione di Ferrara di circa 6 mila abitanti. Chiamati in dialetto mandurlin dal pont, sono simili ai brutti ma buoni. Della storia di questi dolcetti esistono due version: la prima vuole che siano stati creati nel 1857 in occasione del viaggio a Ferrara di Papa Pio IX, mentre la seconda narra che siano stati inventati in pieno ‘900 da un apprendista pasticcere per riutilizzare l’albume d’uovo avanzato da un’altra preparazione. Qualunque sia la verità, è chiaro che i mandorlini sono un biscotto da riciclo molto semplice: per farli servono mandorle, zucchero, un po’ di farina e albume d’uovo. Gli originali si trovano solo nei forni artigianali di Pontelagoscuro, mentre la versione commercializzata a Ferrara è meno fragrante e raffinata.
Mandorlini dal ponte
Mandorlotti
Torniamo in Romagna per questi biscotti simili alle fave dei morti, tipici del territorio fra Gatteo, Sala di Cesenatico e Gambettola, in provincia di Forlì-Cesena. Si preparano con farina, zucchero, albumi, mandorle tritate e una parte di mandorle intere per la decorazione.
Si parte tritando grossolanamente le mandorle e montando a neve ferma gli albumi. Si mischiamo le mandorle agli albumi con delicatezza, aggiungendo anche la farina e lo zucchero. L’impasto deve essere molto morbido, quasi liquido. Con un cucchiaino si distribuisce il composto sulla placca rivestita di carta forno, lasciando un po’ di spazio tra i biscotti per evitare che, quando gonfiano durante la cottura, si attacchino gli uni con gli altri. Su ogni dolcetto si mette una mandorla intera. Infine, si infornano a 200 gradi per 15-20 minuti.
Mandorlotti
Scarpette di Sant’Ilario
L’origine di questi biscotti di Parma, seconodo la tradizione, è legata alla storia del cattolicesimo. La leggenda narra che Sant'Ilario da Poitiers (315 - 367 d. C.), vescovo di Pictavium (l'attuale Poitiers) e teologo romano, passò da Parma in un inverno freddo e nevoso. Lì fu visto camminare da un calzolaio che, notando i vecchi e laceri sandali ai piedi del vescovo, gli regalò un paio di comode scarpe, non sapendo chi fosse l’illustre clerico. Il giorno dopo il calzolaio trovò, nel posto in cui aveva appoggiato le scarpe donate, un paio di scarpe d'oro.
Per preparare questi dolcetti occorrono farina, uova e tuorli, zucchero, burro, vaniglia, scorza di limone, zucchero a velo e perline dolci. Si fa ammorbidire il burro e si versa la farina a fontana, mettendo al centro due uova e due tuorli e si comincia a impastare. Poi si aggiungono il burro, la scorza di limone e la vaniglia. Una volta steso l’impasto si tagliano dei biscotti a forma di “L”, in modo che ricordino delle scarpette. Mentre cuociono in forno (per 30 minuti a 180 gradi) si prepara la glassa con zucchero a velo e acqua. A cottura ultimata si tolgono i biscotti dal forno, si ricoprono con la glassa e si decorano con le perline dolci. A Parma di preparano per la festa di Sant’Ilario (13 gennaio) e si mangiano accompagnati dalla malvasia locale.
Scarpette di Sant'Ilario
Savoiardi di Persiceto
Biscotti originari di San Giovanni in Persiceto, comune a nord di Bologna, chiamati anche africanetti. Un nome che pari derivi dalla grande richiesta di questi biscotti nelle colonie italiane d’Africa, così come avveniva per i Krumiri. La ricetta di base è molto semplice: per prepararli servono solo farina, uova e zucchero. Si montano i tuorli con lo zucchero e, separatamente, gli albumi. Una volta eseguite le due operazioni le due parti possono essere unite, aggiungendo la farina gradualmente. Si formano piccole strisce regolari e si infornano ad alta temperatura (220 gradi circa) per un tempo molto breve (10 minuti): l’obiettivo è ricreare una caratteristica specifica dei biscotti, ovvero il contrasto fra la croccantezza della parte esterna e la morbidezza dell’interno.
Zuccherini montanari
Concludiamo questo breve viaggio nel mondo dei biscotti dell’Emilia-Romagna con dei dolcetti di confine. Gli zuccherini montanari sono biscotti friabili tipici della tradizione dell'appennino tosco-emiliano, diffusi soprattutto nelle province di Bologna e Modena ma anche in Toscana, a Firenze e Prato. Biscotti da cerimonia, venivano regalati come bomboniera alla fine dei banchetti nuziali, tradizione tuttora in uso in alcuni paesi a cavallo fra le due regioni.
Zuccherini montanari con glassa e senza
L’aggettivo “montanari” è stato aggiunto per distinguerli dagli zuccherini bolognesi, biscotti ormai scomparsi, una volta diffusi nella pianura intorno al capoluogo (simili nella forma, ma diversi per consistenza). Per prepararli a casa servono farina, zucchero, uova, lievito, semi di anice e liquore all’anice, olio di semi di arachide. Per prima cosa si mischiano le uova con il liquore e l’olio, sbattendoli a lungo con una forchetta per amalgamarli. Su un piano si versa poi la farina, e si aggiungono lievito, semi di anice, lo zucchero e il composto creato. Si impasta la massa cercando di ottenere una consistenza simile a quella della frolla. Dopo aver formato delle ciambelline, si infornano a 180 gradi per 13-15 minuti. Infine si ricoprono di glassa e si lasciano solidificare prima di servirli insieme a buon bicchiere di vino dolce.
Ricetta dei buslanein della pasticceria Falicetto di Piacenza
Ingredienti
1 kg di farina debole
600 g. di zucchero
200 g. di burro fresco
Sale
Vaniglia
Latte intero quanto basta
procedimento
Impastare il burro a temperatura ambiente con lo zucchero, vaniglia e un pizzico di sale. Aggiungere poco a poco sia farina che latte, fino a creare un impasto dalla consistenza morbida. Ricoprirlo con la pellicola trasparente e farlo riposare per qualche minuto in modo che lo zucchero si amalgami per bene.
Impastare per un paio di minuti ancora e creare dei serpentelli grandi 7-8 millimetri, avvolgendoli poi a formare delle ciambelline.
Una volta pronti, scottarli in acqua bollente e biscottarli in forno a 170 gradi per 20 minuti circa. Quando si sono raffreddati usare un filo di cotone per farne una collana e servirli.
Pasticceria Falicetto | Piacenza | via IV Novembre, 170/172 | tel. 0523 452422 | www.falicetto.it
a cura di Francesca Fiore
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