Nei giorni delle Anteprime Toscane incontriamo il presidente del Consorzio del Chianti Classico, Sergio Zingarelli, per fare un bilancio sull'ultimo anno del Chianti Classico, quello del tricentenario, e tracciare la strategia per i mesi futuri.
Per il Consorzio Vino Chianti Classico il 2016 è stato un anno molto denso di iniziative, in Italia e all’estero. A partire dalle celebrazioni internazionali dei 300 anni del bando granducale (1716) di Cosimo III de’ Medici che per la prima volta ha stabilito i confini geografici per la produzione del Chianti, creando i presupposti delle moderne denominazioni. Grande anche la risonanza dovuta al passaggio del Giro d’Italia con la Chianti Classico Stage, la prova cronometro individuale tra Radda e Greve e i tanti eventi collaterali. Ora con Chianti Classico Collection 2017 (13-14 febbraio - Stazione Leopolda – Firenze) nell’ambito delle Anteprime Toscane, si apre il nuovo anno. Abbiamo chiesto a Sergio Zingarelli, patron di Rocca delle Macìe e presidente del Consorzio Vino Chianti Classico che rappresenta il 96% dei produttori Docg, un bilancio delle cose fatte, di quelle da fare ma anche dei suoi timori.
Qual è il bilancio dei festeggiamenti per i 300 anni del Chianti Classico e delle altre manifestazioni svolte in Italia e all’estero?
Il bilancio è ampiamente positivo. Il 2016 è stato un anno molto complicato per tutte le iniziative che abbiamo messo in campo ma siamo soddisfatti di come sono andate le cose. L’anniversario del documento più antico delle denominazioni toscane è stato degnamente celebrato a Firenze, nel Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio. Abbiamo ospitato una tappa del Giro d’Italia – Chianti Classico Stage - la prima a portare il nome di un vino e poi abbiamo fatto molte manifestazioni all’estero. Insomma nel 2016 si è parlato molto di Chianti Classico nel mondo e stiamo continuando a lavorare per rilanciare il Gallo Nero.
Per quanto riguarda la produzione, invece?
Ormai la nostra produzione si è stabilizzata sui 280.000 ettolitri e rispetto al 2009 – l’anno più duro della crisi – registriamo un + 48,5%. Penso che il 2017 sarà un altro anno di grandi sfide ma sarà pure il momento di raccogliere i frutti di quanto abbiamo seminato.
Da tempo, insieme alla Fondazione Chianti Classico, state lavorando per l’inserimento del territorio nel “tentative list” dell’Unesco. A che punto è la vicenda?
Da parte nostra c’è il completo accordo di tutti i produttori nostri associati mentre solo il Comune di Gaiole esprime delle titubanze. Pensiamo però che siano delle questioni risolvibili e per questo stiamo lavorando con le istituzioni. La decisione di avviare il percorso in ogni caso c’è.
Dopo il gemellaggio di 62 anni fa tra Firenze e Reims, ora è la volta dell’accordo tra Consorzio Chianti Classico e il Comité Champagne. Cosa vi aspettate da questa collaborazione e cosa si aspettano loro?
Innanzi tutto per noi è molto importante l’accordo con un prestigioso organismo interprofessionale come il Comité che rappresenta uno dei più famosi vini del mondo. Ci aspettiamo un proficuo scambio sulla tutela del marchio –sono molto agguerriti in proposito- sulla capacità di governance e in materia di rapporti nella filiera. Poi visto che abbiamo parlato di Unesco, loro hanno già percorso con successo questa strada: vogliamo fare tesoro della loro esperienza. Inoltre credo che in materia di turismo e della sua gestione, ci possano dare dei contributi interessanti. Da parte francese c’è la voglia di capire come ci stiamo muovendo sui diversi fronti e argomenti.
Il cambiamento climatico come sta influendo sul Chianti Classico e come pensate di affrontare il tema in futuro?
Intanto stiamo cercando di produrre dei vini più freschi. Oggi la media del tenore di alcol è più bassa di quella che si riscontrava negli anni Novanta. Le maturazioni, anche grazie ai nuovi vigneti, sono più omogenee e in generale la gestione viticola è migliore, più attenta. I vini più importanti hanno gradazioni maggiori ma sono più equilibrati. Nel breve periodo, siamo tranquilli.
La creazione del Chianti Classico Gran Selezione è stato una delle novità più rilevanti degli ultimi anni. Come viene accolto e quale bilancio si può fare ?
Personalmente ci ho sempre creduto molto e attualmente il 4% del Chianti Classico prodotto, è Gran Selezione. Nel 2014, primo anno di uscita in commercio, erano 24 le aziende che lo avevano prodotto, ora sono oltre 100. Anche recentemente durante un mio tour in Usa, ho potuto personalmente verificare che viene ben accolto dovunque. A suo tempo è stata una difficile decisione da prendere ma ora sta dando lustro e valore a tutta la denominazione.
Un passaggio verso una sempre maggiore qualificazione della denominazione Chianti Classico, sarà quello delle menzioni geografiche aggiuntive (sottozone) previste dalla nostra legislazione. Ne abbiamo già parlato diverse volte. Qual è lo stato dell’arte ?
È un discorso molto difficile e complesso almeno tanto quanto il territorio abbracciato dal Chianti Classico. Voglio dire che ci sono tante variabili di tipo pedoclimatico, comunali, produttive, profili aziendali e ruoli nella filiera diversi, ecc. che rendono complicata la sua formulazione. Ci stiamo lavorando ma credo che ci vorranno ancora 18 mesi prima di arrivare a una soluzione condivisa.
Negli ultimi anni è aumentato l’interesse del Chianti Classico nei confronti della Cina, un grande mercato ma ancora ostico per il vino italiano. Come lo sta affrontando il Consorzio?
Io stesso ho partecipato a diverse missioni ma nessuna ha portato risultati interessanti. Bisogna lavorare di più con le istituzioni perché in Cina il problema è che l’Italia è scarsamente conosciuta come il più grande produttore di vino del mondo. La strada è quella dell’informazione e della formazione e noi da soli come Consorzio, non abbiamo la forza. Da qui la necessità di affrontare il problema come Paese. Bisogna tener conto che la distribuzione francese svolge un ruolo di primo piano in Cina e tende a promuovere i suoi prodotti mentre noi siamo un po’ relegati agli alberghi e ai ristoranti frequentati dagli stranieri.
Quali sono le strategie?
Già alcune aziende italiane stanno lavorando sul Web cinese e sicuramente è una esperienza da studiare ed approfondire. Comunque crediamo vada aggredito il settore Horeca. Nel frattempo abbiamo registrato la traslitterazione in ideogrammi delle parole Gallo Nero e alla fine del 2017 si concluderà l’iter per Chianti Classico. Ciò permetterà l’utilizzo completo del marchio verbale, Chianti Classico Gallo Nero, in lingua cinese. Un passo avanti per favorire la penetrazione nel mercato.
Qualche preoccupazione per il Trump protezionista del vino americano?
Spero non succeda nulla ma un pensiero remoto su un ordine esecutivo in difesa del vino locale contro le importazioni, c’è.
a cura di Andrea Gabbrielli