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Anteprime 2017. Che Amarone ci aspetta?

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È di nuovo tempo di Anteprime e come di consueto è il rosso veronese ad aprire le danze. Appuntamento nell'ultimo fine settimanadi gennaio al Palazzo della Gran Guardia: sotto i riflettori l’annata 2013 e i consumi nel mercato Usa

All’epoca l’annata 2013 fu considerata di buona qualità, mentre il vino, secondo il parere di molti, sarebbe stato caratterizzato “più dalla finezza che dalla potenza”. Questo ultimo fine settimana di gennaio darà a tutti la possibilità di verificare i giudizi e le previsioni. Come di consueto, per molte aziende sarà il millesimo già in vendita – quindi relativamente anteprima – mentre per altre, essendo il vino ancora in corso di affinamento, sarà soltanto un campione da botte. Le possibilità di assaggiare, comunque, saranno numerose: 78 le cantine partecipanti, 150 i vini presentati oltre a qualche annata storica. Inoltre, per la prima volta ci sarà una giornata, il 30 gennaio, interamente dedicata agli operatori del settore (enoteche, ristoranti, ecc.). Il 29 il programma prevede un talk show sul vino e l’arte, e la presentazione del bicchiere, appositamente disegnato, per bere e degustare nelle migliori condizioni l’Amarone.

 

Lo stato di salute dell’Amarone della Valpolicella

Per il grande rosso veronese, gli indicatori economici continuano a essere ampiamente positivi: rispetto al 2015 il giro d’affari ha raggiunto 330 milioni di euro (+5%), l’export ha toccato il 65% (+3%) e la crescita del mercato domestico, che rappresenta il 35% del totale, è stata di un importante 10%. All’estero l’Amarone consolida la sua posizione nei mercati di riferimento quali Germania (18%), Usa e Svizzera (entrambi 11%), Uk (10%), Canada e Svezia (7%). In particolare, mentre nel 2005 si esportava il 54% della produzione, nell’ultimo anno si è raggiunto l’80%, grazie soprattutto a una sempre maggiore propensione all’export delle aziende medie (da 20.000 a 500.00 bottiglie) e grandi (oltre 500.000 bottiglie). Le piccole aziende, invece, sono sempre più portate alla vendita diretta, che in qualche caso rappresenta anche il 50% del fatturato. Nel 2016 rispetto al 2015, anche nella Gdo, secondo Wine Monitor che ha elaborato i dati IRI, la variazione in valore delle vendite ha situato l’Amarone in testa alla classifica (18,5%) con il Brunello al secondo posto (14,1%), Barolo al terzo (8,9%) seguito dal Chianti Docg (8,5%). Peccato che anche in quest’edizione non siano stati comunicati i dati relativi al valore di riferimento di ognuno dei vini presi in esame, ma solo il posizionamento in classifica. Basti pensare alle differenze di valore sullo scaffale tra l’Amarone e il Chianti Docg per capire quanto la forbice del valore possa essere larga, mentre si ignorano le reali distanze con i veri competitor, quali Bunello o Barolo.

 

Il lavoro di razionalizzazione della filiera

Un altro elemento importante è la crescita e la razionalizzazione della filiera produttiva avvenuta nell’ultimo decennio. Se nel 2005 le aziende produttrici di uve della Valpolicella erano 2646 delle quali 209 imbottigliatrici, nel 2016 sono diventate 2286, mentre le seconde ora sono 286. Anche i fruttai in attività – locali per l’appassimento delle uve per l’Amarone e il Recioto - adesso sono 478. Dati che si riflettono anche sulla produzione generale. Se gli ettari vitati, nel 2005 erano 5719, nel 2016 sono diventati 7844; i quintali di uva erano complessivamente 598.600 e ora sono 926.420 (+327.820 q.li).

Dal punto di vista del vino imbottigliato, il numero delle fascette di Stato distribuite nel 2016, illustra la crescita generale (degli ettari vitati, della produzione di uve e del numero delle aziende imbottigliatrici/trasformatrici, ecc.) Infatti, quelle per Amarone della Valpolicella Docg sono state 14.553.752; per il Recioto della Valpolicella Docg: 389.535; per Valpolicella Ripasso Doc: 27.619.594; per il Valpolicella Doc: 18.253.128. Da mettere in luce la stabilizzazione del distacco, ormai definitivo, della tipologia Ripasso sul Valpolicella Doc, un fenomeno che negli ultimi anni si è andato accentuando. Anche il Consorzio di tutela, sul fronte degli associati, ha visto dei cambiamenti: dai 1743 iscritti del 2005 ai 1677 di oggi. Le 66 aziende di meno sono in parte dovute a scorpori a causa di successioni, oppure a cessione e acquisti di piccole proprietà, ma anche alla fuoriuscita di aziende per motivi di dissenso sulla gestione della denominazione, come nel caso degli aderenti alle Famiglie dell’Amarone d’Arte che infatti non partecipano all’Anteprima.

 

La crescita sul mercato domestico

A fronte di un mercato domestico spesso asfittico, l’Amarone porta a casa un incremento medio, tra tutti i canali, del 10% in valore. Soprattutto in HoReCa, che rappresenta il 25% delle vendite Italia di cui una quota (32%) è dei grossisti, i quali a loro volta rivendono proprio a ristoranti ed enoteche che non vogliono appesantire la cantina. Considerato marginale l’apporto della Gdo. Secondo IRI, nel 2016 sono state vendute in iper, super e negozi a libero servizio, meno di 470.000 bottiglie di Amarone e cioè circa il 3% del prodotto. In linea con le presenze di altri vini dello stesso lignaggio, quali Barolo (3,3%) o leggermente inferiore al Brunello (5%). “L’aumento in valore delle vendite di Amarone in Italia” commenta Olga Bussinello, direttore del Consorzio “è particolarmente lusinghiero vista la staticità del nostro mercato interno. Nella Gdo, è molto significativa la crescita in valore del 18,5% nel 2016 rispetto al 2015 dell’Amarone della Valpolicella, perché superiore a quella degli altri rossi blasonati che, probabilmente, sono stati più spesso oggetto di promozioni”.

 

L’indagine sui consumatori Usa

L'indagine 2016 dell'Osservatorio vini Valpolicella commissionata dal Consorzio di tutela a Wine Monitor-Nomisma, quest’anno è dedicata alle denominazioni della Valpolicella. Il campione di 750 consumatori di vino rosso, tra i 21 e i 65 anni, residenti in California, New York, Texas e Washington - aree rilevanti per consumo pro capite o per le dinamiche d’importazione di vino imbottigliato - hanno evidenziato che l’Amarone viene scelto perché “è italiano, è classico e versatile, tanto da essere perfetto sia per le cene con parenti e amici, sia per festeggiare le occasioni importanti anche tra le mura domestiche”.

L’indagine evidenzia una percezione assolutamente positiva dei nostri vini presso i consumatori di vino rosso statunitensi” sottolinea Christian Marchesini, presidente del Consorzio “se ben il 25% del campione associa le caratteristiche distintive di questo vino alla ‘qualità’ e un ulteriore 14% allo ‘stile italiano’, ci sono margini per aumentare le performance del nostro vino di punta”. Il direttore Bussinelloosserva che “gli Usa sono un mercato in cui la competizione con gli altri Paesi è molto agguerrita. Se allarghiamo lo sguardo all’export su tutti i mercati, l’Italia si posiziona al secondo posto dopo la Francia, in valore e volume. Un risultato a cui contribuiscono i vini della Valpolicella: se il 10% della produzione di Amarone raggiunge gli Usa, le percentuali salgono al 14% per il Valpolicella e al 21% per il Ripasso”.

Posto di fronte a un elenco di vini rossi italiani, l’11% del campione Usa riconosce e dichiara di aver consumato almeno una volta il Valpolicella nell’ultimo anno. Ben il 10% ha bevuto Amarone negli ultimi 12 mesi, mentre il tasso di penetrazione del Ripasso e del Recioto è leggermente inferiore: rispettivamente 9% e 6%. Complessivamente, il 17% dei consumatori americani ha bevuto almeno una volta i vini della Valpolicella. Prosit.

 

a cura di Andrea Gabbrielli

 

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 26 gennaio. Abbonati anche tu se sei interessato ai temi legali, istituzionali, economici attorno al vino. È gratis, basta cliccare qui.


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